Dazi: dichiarazione congiunta Ue-Usa potrebbe slittare

La dichiarazione congiunta tra l'Unione Europea e gli Stati Uniti, relativa all'accordo commerciale verbale raggiunto domenica scorsa a Turnberry, in Scozia, tra Ursula von der Leyen e Donald Trump, potrebbe non essere pubblicata domani come previsto, ma potrebbe subire un rinvio. Questa possibilità è stata confermata dal portavoce della Commissione Europea per il Commercio, Olof Gill, durante il consueto briefing stampa settimanale a Bruxelles. Gill ha specificato che i negoziatori dell'Ue e degli Usa stanno lavorando per finalizzare la dichiarazione congiunta, come previsto dall'accordo tra la presidente della Commissione e il presidente americano. Una tempistica precisa verrà comunicata quando i dettagli saranno definiti.

Gill ha sottolineato che se il documento richiedesse più tempo per la sua finalizzazione, l'Ue si aspetta comunque che gli Stati Uniti inizino ad applicare da domani i dazi generalizzati al 15% e le esenzioni al tetto dei dazi, come delineato nella dichiarazione della presidente von der Leyen. Questo rappresenta un importante alleggerimento dei dazi, che le autorità europee hanno lavorato a lungo per ottenere. Con l'attuazione di questi impegni da parte degli Stati Uniti, si prevede una maggiore stabilità e prevedibilità per le imprese e i consumatori europei. Tuttavia, i negoziati per ulteriori esenzioni dai dazi sono ancora in corso, con la palla ora nelle mani degli Stati Uniti per rispettare gli impegni presi.

Al Senato opposizioni chiedono informativa urgente sui dazi a Meloni

Opposizioni in ebollizione in Aule del Senato dove hanno richiesto un’informativa al governo, in particolare al presidente Giorgia Meloni, riguardo all’accordo sui dazi statunitensi annunciato tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti. I capigruppo del M5s, Pd, Italia Viva e il senatore di Avs, Tino Magni, hanno sollecitato una risposta sul tema. Lucio Malan, capogruppo di Fratelli d'Italia, ha ribattuto, sottolineando che il ministro degli Affari europei, Tommaso Foti, avrebbe presto riferito al Senato, con un’audizione già prevista per giovedì alle 8.15 presso la commissione Politiche Ue. Ha anche precisato che non ci sarebbe stata alcuna "fuga" da parte del governo, rimarcando che altri presidenti del Consiglio in passato avevano adottato comportamenti simili. Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha ricordato che l’intervento di Foti era già in programma, ma non era certo se avrebbe trattato l’argomento dei dazi. In caso affermativo, avrebbe avvisato i capigruppo.

Dal Pd, il capogruppo Francesco Boccia ha richiesto con urgenza che il presidente Meloni riferisse al Parlamento, lamentando che l'accordo fosse più una "tregua precaria" che una vera intesa, accusando l'Europa di aver accettato un'imposizione da parte degli Stati Uniti che, secondo Boccia, si basava su logiche bilaterali e ricattatorie. Ha criticato anche il silenzio dell’Italia, definendola "subalterna". Raffaella Paita di Italia Viva ha condiviso questa posizione, dichiarando che l'accordo rappresenta una "resa senza alcuna dignità" e commentando negativamente le dichiarazioni di Ursula von der Leyen che, a suo avviso, ha giustificato Trump. Il M5s, tramite il capogruppo Stefano Patuanelli, ha chiesto che, in alternativa alla premier, altri membri del governo come il ministro dell’Economia, Foti, o il ministro degli Esteri, intervenissero. Magni ha evidenziato come Meloni fosse l’unica tra i capi di governo a non aver ancora preso una posizione pubblica e ha insistito affinché riferisse in aula, così che il Parlamento potesse discutere e decidere come proseguire.

UniCredit: Giorgetti, golden power su Bpm non un veto ma prescrizioni 

Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, ha spiegato alla Camera che il Governo non ha posto un veto sull'operazione UniCredit-Bpm, che è sfumata nei giorni scorsi a seguito della rinuncia all'Ops da parte della banca guidata da Andrea Orcel, ma ha semplicemente introdotto delle prescrizioni attraverso l'uso del Golden Power. Secondo Giorgetti, la sicurezza economica è diventata un tema centrale nell'attuale contesto geopolitico, e l'azione del Governo si è concentrata su una gestione moderna ed evolutiva della sicurezza della Repubblica, un aspetto che è stato opportunamente ampliato dal legislatore nel 2022 attraverso l'adozione di misure specifiche.

Il ministro ha precisato che l'intervento del Governo era volto a mitigare i rischi derivanti dalla presenza di UniCredit in Russia, che ha portato alla necessità di prescrizioni per ridurre i potenziali danni legati agli investimenti della banca italiana in debito pubblico sovrano russo. Questi investimenti, infatti, espongono UniCredit a rischi di sanzioni internazionali, e l'approccio del Governo è stato ritenuto "proporzionato e ragionevole". Giorgetti ha sottolineato che la correttezza dell'operato del Governo è stata confermata dal TAR, e ha aggiunto che la lettera della Commissione Europea, che ha sollevato la questione, rappresenta solo una richiesta istruttoria alla quale il Governo risponderà nei tempi previsti. In merito alla situazione russa, Giorgetti ha ricordato che l'Europa sta attualmente affrontando il diciottesimo pacchetto sanzionatorio, il che dimostra l'importanza di considerare anche il settore creditizio nell'ambito delle misure di sicurezza economica. Ha concluso ribadendo che l'intervento non era volto a difendere una banca in particolare, ma piuttosto a tutelare l'interesse nazionale attraverso lo strumento del Golden Power.

UniCredit: caccia aperta in Europa per la partita del grande risiko

Dopo il fallimento dell'Ops su Banco Bpm, Unicredit, sotto la guida di Andrea Orcel, è al centro di speculazioni sul futuro della banca. Mentre alcuni ritengono che sia il momento di concentrarsi sulla crescita organica, altri tornano a parlare di operazioni di acquisizione, con il nome di Commerzbank che continua a circolare. Sebbene non vi sia ancora un consenso chiaro sul prossimo obiettivo, Unicredit sembra intenzionata a non chiudere la stagione delle fusioni. Tuttavia, non mancano le incertezze. Dopo il fallimento di tentativi di acquisizioni di banche commerciali a valutazioni favorevoli, molti si chiedono se sia sensato puntare su asset che trattano a multipli elevati.

Tra le possibilità italiane che continuano a circolare ci sono Mps, ma l'operazione richiederebbe un forte supporto governativo, rendendola complessa. Anche Bper potrebbe essere un'opzione interessante per rafforzare la presenza di Unicredit nel Nord e Centro Italia, ma il settore è già in fermento, con operazioni come quella della Banca di Papa su Popolare di Sondrio. Guardando oltre i confini italiani, gli osservatori ritengono che Unicredit possa essere interessata a creare un campione paneuropeo per competere con i colossi asiatici e statunitensi. Ipotizzabile un'integrazione con Société Générale in Francia, una banca con una capitalizzazione di circa 40 miliardi di euro e un potenziale di valorizzazione interessante. Altra soluzione percorribile per UniCredit è guardare in Grecia, verso Alpha Bank dove Unicredit possiede già partecipazioni, e a Raiffeisen in Austria, una banca solida nel cuore dell'Europa centrale, che potrebbe complementare bene la rete di Unicredit. Meno probabili sembrano invece operazioni in Spagna, con target come Sabadell considerati poco realistici.

Bce: staff accusa Lagarde di comportamenti antidemocratici

Nuove polemiche scuotono la Banca Centrale Europea, con i rappresentanti del personale che accusano l'istituzione di comportamenti antidemocratici e di violare i principi dello Stato di diritto che la presidente Christine Lagarde loda frequentemente nei suoi discorsi pubblici. In una lettera indirizzata a Lagarde, il presidente del comitato del personale, Carlos Bowles, critica la governance interna della BCE, sostenendo che l'istituzione "non pratica ciò che predica". Il cuore del conflitto riguarda il consiglio di rappresentanza del personale, con la BCE che intende ridurre il ruolo dei rappresentanti sindacali, chiedendo loro di tornare parzialmente ai compiti lavorativi, mentre secondo il diritto del lavoro tedesco i rappresentanti potrebbero continuare a dedicarsi a tempo pieno alla difesa dei colleghi, mantenendo il loro stipendio.

La BCE, in quanto istituzione extra-territoriale, non è vincolata dalle leggi nazionali dei paesi membri dell'Unione, il che ha portato Bowles a definire l'istituzione come una "fortezza legale inaccessibile", dove prevalgono favoritismi, contratti precari e un alto tasso di burnout tra i dipendenti. Questa lettera segna solo l'ultimo atto di una crescente tensione tra il personale e i vertici della BCE. Un sondaggio del sindacato Ipso ha rivelato che il 77% dei dipendenti ritiene che il successo professionale dipenda più dal "conoscere le persone giuste" che dalle competenze, con solo il 19% che pensa che le capacità siano davvero premiate. La situazione è peggiorata dopo la proposta della BCE di modificare le regole a partire dal prossimo anno, imponendo ai rappresentanti dei lavoratori di dedicare parte del loro tempo alle mansioni quotidiane pur continuando a occuparsi della difesa degli interessi dei dipendenti. La BCE giustifica questa modifica come un modo per mantenere un legame con il suo "mandato pubblico", ma sindacati come Epsu e Verdi hanno visto la proposta come un attacco all'autonomia storica dei consigli del personale, sancita dalla legge tedesca da oltre un secolo. In risposta, la BCE afferma di rispettare pienamente il diritto europeo e sottolinea di aver vinto la maggior parte dei ricorsi legali contro le sue decisioni.

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