Bce, Lane: opportuno ridurre tassi se aumenta fiducia su riduzione inflazione
“Se la nostra valutazione aggiornata delle prospettive di inflazione, delle dinamiche dell’inflazione di fondo e della forza di trasmissione della politica monetaria dovesse aumentare ulteriormente la nostra fiducia che l’inflazione stia convergendo verso il nostro obiettivo in modo duraturo, sarebbe opportuno ridurre l’attuale livello di politica monetaria. A condizione che si mantenga sufficiente fiducia nella convergenza duratura dell’inflazione verso il nostro obiettivo, la velocità e l’entità adeguate della riduzione del livello di restrizione dovranno tenere conto di diversi fattori”. Così Philip R. Lane, capo economista e membro del comitato esecutivo della Bce, durante un suo intervento alla Stanford Graduate School of Business. “In primo luogo, considerati i ritardi nella trasmissione, gli effetti restrittivi, derivanti dai nostri passati rialzi dei tassi di interesse, sono ancora in atto. Le simulazioni suggeriscono che, mentre l’impatto sulla crescita del Pil derivante dalla nostra azione cumulativa potrebbe aver raggiunto il suo livello massimo nel 2023, la maggior parte dell’impatto sull’inflazione è relativamente ritardato, con una sostanziale trasmissione prevista ancora nel futuro”, ha sottolineato Lane.
“In secondo luogo, proseguendo lungo il percorso disinflazionistico, l’evoluzione delle aspettative di inflazione ha implicazioni anche per la calibrazione delle restrizioni di politica monetaria. Poiché le aspettative sull’inflazione futura si normalizzano ulteriormente, lasciare invariati i tassi nominali implica un aumento meccanico dei tassi di interesse reali. Ad esempio - ha continuano il capo economista della Bce - se si ritenesse opportuno mantenere i tassi di interesse stabili in termini reali, i tassi nominali dovrebbero diminuire in linea con le aspettative di inflazione. A sua volta, ciò rafforzerebbe la normalizzazione delle aspettative di inflazione e contribuirebbe a mantenere le aspettative di inflazione a più lungo termine ben ancorate al target”. “In terzo luogo, ci sono rischi bilaterali nel procedere attraverso la fase successiva. In una direzione, allentare la politica monetaria troppo presto o procedere troppo rapidamente non sarebbe coerente con il ritorno sostenibile dell’inflazione al target se l’inflazione si rivelasse più persistente del previsto. Nella direzione opposta, mantenere i tassi eccessivamente restrittivi per troppo tempo potrebbe spingere l’inflazione al di sotto del target nel medio termine e comportare effetti collaterali eccessivi in termini di produzione, occupazione e investimenti sacrificati. Ciò richiederebbe un’azione correttiva attraverso una successiva accelerazione dei tagli dei tassi che potrebbe addirittura richiedere la necessità di scendere a livelli inferiori alla neutralità per correggere qualsiasi deriva persistente verso un trend di inflazione inferiore al target”, ha continuato Lane. Nell’affrontare questi rischi, dunque, si dovrà continuare a seguire un approccio dipendente dai dati e incontro per incontro per determinare il livello e la durata appropriati della restrizione, non impegnandoci preventivamente su un particolare percorso tariffario. “Questo approccio - ha concluso il capo economista della Bce- ci è stato utile nel ciclo di restringimento e molte delle stesse considerazioni si applicheranno durante la fase di svolgimento”.
Ocse: conferma in positivo per l’Italia, Pil a +0,7% quest'anno
L'Ocse conferma le stime di crescita per l'Italia e al tempo stesso consiglia al paese di spingere sulle riforme e sul Pnrr per progredire. Sullo sfondo un cauto ottimismo comincia prendere piede nell'economia globale, nonostante la crescita modesta e l'ombra persistente dei rischi geopolitici. L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico lascia invariate, rispetto a quanto riferito a febbraio, le previsioni per il Belpaese che dovrebbe registrare un Pil al +0,7% nel 2024 e al +1,2% nel 2025. Se da un lato, l'elevata inflazione, le condizioni finanziarie tese e il venir meno del sostegno fiscale eccezionale legato alla crisi Covid-19 e a quella energetica, gravano sui consumi e sugli investimenti, dall'altro i rischi risultano sostanzialmente bilanciati. La principale preoccupazione potrebbe arrivare dal 'Superbonus' o meglio dal ridimensionamento del credito d’imposta sull’edilizia che potrebbe innescare una contrazione maggiore del previsto negli investimenti immobiliari. La ricetta vincente per la crescita, secondo l'Organizzazione, vede la combinazione dell'attuazione degli investimenti pubblici e dei piani di riforma strutturale previsti dal Pnrr. L'unione due elementi “potrebbe sollevare durevolmente il Pil, il che avrebbe l'ulteriore vantaggio di esercitare una ulteriore pressione al ribasso sul rapporto debito/Pil”.
Infatti, i progressi con le riforme strutturali sono stati sostanziali, ma la spesa dei fondi del Next Generation Eu (Ngeu) è in ritardo rispetto al programma originale, il che riflette principalmente ritardi nell'attuazione dei progetti di investimento pubblico. Altro punto sul quale l'Italia deve fare attenzione è quello di riportare il rapporto debito/Pil su un percorso più prudente, rispettando le nuove regole fiscali imposte dalla Ue. Il debito pubblico, stando al report, rimane elevato ed è stimato al 139,1% nel 2024 dal 137,1% del 2023 e al 140% del 2025. Sarà quindi necessario, osserva l'Ocse, un aggiustamento fiscale ampio e duraturo nell'arco di diversi anni per far fronte alle future pressioni sulla spesa. In particolare, il Paese deve agire contro l'evasione fiscale, limitare la crescita della spesa pensionistica e portare avanti ambiziose revisioni della spesa. Per quanto riguarda il deficit, stando alle stime, si ridurrà ma rimarrà al di sopra del 3% fino al 2025 (al 4,4% nel 2024 e al 3,8% nel 2025, in calo rispetto al 7,4% del 2023). Buone notizie sul fronte dell'inflazione che è stimata in calo all'1,1% nel 2024 e al 2% nel 2025. Allargando la prospettiva, l'economia mondiale è in ripresa anche se in modo diverso a seconda delle regioni con il Pil globale stimato al 3,1% nel 2024 prima di salire al 3,2% nel 2025. Tuttavia, permangono preoccupazioni sostanziali dovute alle forti tensioni geopolitiche, in particolare in Medio Oriente, che potrebbero perturbare i mercati energetici e finanziari, provocando un'impennata dell'inflazione e un rallentamento della crescita.
Bankitalia: condizioni banche risultano buone, azzerato divario Npl con Ue
In Italia Le condizioni del sistema bancario si mantengono buone: la redditività è significativamente aumentata e resterebbe alta anche nell'anno in corso. Le grandi banche italiane sono riuscite a chiudere il divario, rispetto alle loro pari dell'eurozona, sulla quota di crediti deteriorati rispetto al totale, corretti per le rettifiche. Le principali fonti di vulnerabilità restano riconducibili sia al potenziale peggioramento della qualità dei prestiti, sui cui però le attese sono per sviluppi gestibili e non allarmanti, sia alle possibili difficoltà di raccolta in una fase di riassorbimento della liquidità in eccesso da parte dell'Eurosistema. È il quadro illustrato dalla Banca d'Italia nell'ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria, avvertendo che non si attenuano i rischi legati all'evoluzione della situazione geopolitica internazionale, che potrebbero avere ricadute rilevanti sul quadro macroeconomico. Secondo lo studio, il rapporto tra i crediti deteriorati e il totale dei finanziamenti (non-performing loans ratio, Npl ratio) al netto delle rettifiche è rimasto stabile all’1,4%. “Il divario dell'indicatore per i gruppi significativi italiani - si legge - rispetto a quello per il complesso degli intermediari soggetti alla supervisione diretta della Bce si è annullato”.
Dallo scorso giugno, aggiunge Bankitalia, l'ammontare dei prestiti nello “stadio 2” (indicatore di possibili peggioramenti) è rimasto invariato, al di sotto dei livelli osservati a dicembre del 2022; l'incidenza sul totale dei prestiti in bonis è tuttavia lievemente aumentata (di 20 punti base), risultando pari al 9,9% a dicembre del 2023. Il divario tra banche significative e meno significative si è sostanzialmente annullato. L'andamento degli altri indicatori anticipatori del deterioramento ha messo in evidenza deboli segnali di peggioramento della qualità del credito, prosegue Bankitalia. Il tasso di ingresso in arrears - che misura i ritardi di pagamento dei prenditori in bonis - è leggermente aumentato rispetto a giugno sia per i prestiti alle imprese, sia per quelli alle famiglie; per entrambe le controparti è cresciuto in misura maggiore per i finanziamenti a tasso variabile. Con riferimento alle imprese, il tasso di ingresso in arrears è salito maggiormente per il settore delle costruzioni, al 2,4 per cento (dal 2,1 di giugno del 2023). “Nostre proiezioni coerenti con lo scenario macroeconomico pubblicato ad aprile indicano un graduale incremento del tasso di deterioramento dei prestiti alle imprese, che raggiungerebbe il 2,8% nella media del 2025, guidato dall'aumento dell'onere del debito. Per le famiglie l'indicatore rimarrebbe contenuto, allo 0,9% nel 2025 - dice Bankitalia -. Il tasso di deterioramento resterebbe comunque ben inferiore a quello osservato in passati episodi di crisi sia per le famiglie sia per le imprese. La vulnerabilità delle banche italiane derivante dalle esposizioni al complesso del settore immobiliare si mantiene su livelli contenuti.