Da inflazione segnali contrastanti: per la Bce tagli solo a giugno
La data della prima riduzione dei tassi si avvicina e gli argomenti a favore di un taglio si stanno rafforzando. L'appuntamento sembra fissato per giugno. Aprile è considerato prematuro. Nel corso della riunione di marzo i governatori, come evidenziano i verbali dell'ultima riunione della Bce del 6-7 marzo, si sono trovati d'accordo “sul fatto che sarebbe stato prematuro discutere un taglio dei tassi già in quella occasione”. Sono infatti “ancora necessarie pazienza e cautela” sulla discesa dell'inflazione. Tuttavia, i dati dicono che nonostante la prudenza, non ci sarà da aspettare molto perché la situazione sa evolvendo rapidamente: a febbraio, infatti, i costi della produzione industriale nell'eurozona sono diminuiti dell'1% rispetto al mese precedente, più del -0,7% stimato dal mercato. In ragione d'anno, il calo è pari all'8,3% annuale contro stime di -8,6%. Questo risultato secondo quanto emerge dagli ultimi indici Pmi - basati sulle interviste ai direttori acquisti delle principali aziende che operano in Italia - è legato soprattutto al sistema della manifattura che è riuscito ancora a tagliare il costo delle forniture.
Ad ogni modo, a fronte di prezzi industriali in diminuzione c'è la crescita dei servizi: a marzo il settore ha registrato aumenti per il quarantaseiesimo mese consecutivo. Nell'eurozona il settore dei servizi è l'unico “in grado di trasferire almeno parte dei costi sui clienti”. Tuttavia - sottolinea Cyrus de la Rubia, capo economista di Hamburg Commercial Bank - il tasso di inflazione di marzo è in lieve discesa sia per i costi sia per le tariffe applicate ai clienti. Sulla base di questi dati, pertanto, gli esperti concordano sul fatto che sia prematuro prevedere una tendenza chiara e, infatti, ci aspettano che i tassi di interesse non verranno ridotti ad aprile ma a giugno. Esattamente quello che emerge dai verbali dell'ultima riunione della Bce, secondo cui “le ragioni per prendere in considerazione tagli dei tassi si stanno rafforzando”, ma “il Consiglio direttivo avrà a disposizione molti più dati e informazioni entro la riunione di giugno, soprattutto sulla dinamica salariale. Al contrario, le nuove informazioni disponibili in tempo per la riunione di aprile sarebbero molto più limitate, rendendo più difficile avere sufficiente fiducia sulla sostenibilità del processo di disinflazione per allora”. A giugno, inoltre, si scoprirà se la recente corsa dei prezzi delle materie prime, legato soprattutto a quanto accade nel Mar Rosso, riaccenderà l'inflazione. Il Consiglio direttivo Bce, in ogni caso, avverte che, “nel complesso, i membri hanno espresso maggiore fiducia nel fatto che l'inflazione sia sulla buona strada per scendere in modo sostenibile fino al target del 2% in modo tempestivo. Tuttavia, erano ancora necessarie pazienza e cautela, e ulteriori prove e dati affinché il Consiglio direttivo fosse sufficientemente sicuro che il compito fosse stato portato a termine”.
Conti pubblici: per Giorgetti procedura Ue scontata
“Una procedura Ue per deficit eccessivo a carico dell'Italia è scontata visto che già nel 2023 il disavanzo viaggiava a quota 7,2% del pil. Sotto infrazione anche altri 11 paesi partner, Francia inclusa. Intanto già martedì prossimo dovrebbe tenersi il Consiglio dei ministri per il via libera al Def in versione 'light' con le nuove stime su crescita e conti pubblici”. L'audizione del ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti davanti alle commissioni Bilancio congiunte di Camera e Senato sulla riforma della governance Ue è stata un'occasione per fare il punto sullo stato dell'arte delle regole di bilancio, su quanto è stato fatto, sul da farsi e sull'impatto nella programmazione e contabilità degli Stati membri. “Essendo terminata a fine 2023 la sospensione del Patto di Stabilità e la crescita introdotta a seguito della pandemia e prorogata per via della crisi energetica - spiega Giorgetti - in base all'indebitamento netto registrato dall'Italia lo scorso anno (7,2 per cento del pil secondo le prime stime Istat) è scontato che la Commissione europea raccomanderà al Consiglio di aprire una procedura per disavanzo eccessivo nei confronti del nostro come di diversi altri Paesi”.
Il nuovo aggiornamento sulle stime di crescita e conti pubblici arriverà, come detto, con il Def in versione 'snella' martedì o mercoledì e in quella sede si vedrà l'impatto del superbonus con lo stop alle cessioni del 4 aprile stabilito dal decreto salva-conti. Sarà un Def "assai asciutto", ha detto il ministro, preannunciando "numeri interessanti" ma nessuna indicazione sul debito. Di certo il suo alto livello “per evidenti ragioni di sostenibilità, richiede la massima ponderazione delle risorse da destinare alle singole politiche pubbliche e, oramai, l'innegabile necessità di misurare e monitorare gli effettivi benefici di ogni singola spesa”, ha sottolineato. Giorgetti si è soffermato, poi, sulla necessità di sostituire i crediti d'imposta con misure controllabili per “garantire il pieno rispetto del percorso di spesa netta previsto dal Piano fiscale-strutturale ed evitare interventi di correzione ex post”. Infine, lasciando la sala del Mappamondo il ministro ha escluso l'ipotesi di un incarico come commissario Ue a Bruxelles dopo le europee di giugno.
Def: conti sotto controllo con stop superbonus
Governo al lavoro per definire le stime del Documento di economia e finanza con l'obiettivo di approvarlo in Consiglio dei ministri intorno al 10 aprile. Lo stop alla remissione in bonis del 4 aprile è una finestra che si chiude sulle maxi-spese della detrazione permettendo di fare valutazioni più accurate in termini di impatto sui conti. Quanto all'impatto della revisione del Patto di stabilità e di crescita è tutto rimandato al post-elezioni europee di giugno. Il responso delle urne ridisegnerà infatti pesi e contrappesi in Europa tra falchi e colombe del risanamento delle finanze, impattando sulla valutazione finale dei piani nazionali di rientro e sull'attivazione delle attenuanti. Intanto il Governo, finita la stagione della detrazione al 110%, punta all'attuazione del Pnrr e alla domanda interna ed estera per sostenere il pil, complice il calo dell'inflazione e l'atteso allentamento della stretta monetaria della Bce che faciliterà l'accesso al credito da parte di famiglie ed imprese, oltre a ridurre i costi di rifinanziamento del debito per lo Stato.
Nel Def il pil 2024 verrebbe fissato all'1%, limato di due decimali di punto rispetto alla Nadef (+1,2%) ma risulterebbe comunque in salita rispetto +0,9% del 2023. Il Governo intende tenere il deficit e debito sotto controllo, nonostante il rischio che si aggravi l'onere del superbonus, attualmente di quasi 140 miliardi. La stima di disavanzo nel quadro programmatico della Nadef era al 4,3% nel 2024; quella del debito al 140,1% del pil nel 2024; al 139,9% nel 2025 e 139,6% nel 2026. Infine, entro giugno, ma il termine non è vincolante, è atteso il verdetto dell'Ufficio di statistica europeo sulla classificazione dei bonus edilizi del 2024, ovvero se andranno contabilizzati tutti nell'anno di sostenimento della spesa, come già accaduto per il 2023, o se sarà possibile spalmarli su più anni. Chiaramente, decadendo le deroghe ai vincoli di Maastricht, per il Governo sarebbe auspicabile la seconda opzione.
Istat: dati consumi e risparmio famiglie allarmanti
Il dato sui consumi delle famiglie, in calo secondo l'Istat nel quarto trimestre 2023, è allarmante. Lo afferma l'unione nazionale consumatori. “L'Istat nei conti trimestrali attesta un netto peggioramento nella parte finale dell'anno, con i consumi che scendono dell'1% sul trimestre precedente. Anche per l'apparente dato positivo rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente, +1,5%, si tratta in realtà di un dato tendenziale in caduta libera, in costante peggioramento: dal +12,6% del quarto trimestre 2022, al +11,7% del primo trimestre 2023, per poi scendere a +8,1%, poi +5,1% nel terzo trimestre 2023, fino al +1,5% di oggi. Niente di buono anche sul fronte del potere d'acquisto delle famiglie che scende dello 0,5% sul trimestre precedente. Quanto al fatto che sale del 2,1% sul quarto trimestre 2022, interrompendo una serie negativa che durava da sette trimestri consecutivi, si tratta solo di un effetto ottico, dovuto al fatto che nel quarto trimestre 2022 si era registrato un crollo tendenziale del 4% e congiunturale del 3,6%, con una caduta in appena un trimestre di oltre 10 miliardi”.
Secondo il Codacons, i dati Istat sui conti delle famiglie dimostrano, dunque, in modo inequivocabile, come il caro-vita che ha caratterizzato il 2023 abbia influito sulle condizioni economiche degli italiani, peggiorandole sensibilmente. “Il primo dato che emerge è la forte riduzione della propensione al risparmio, che raggiunge i livelli minimi degli ultimi 28 anni, ossia dall'inizio dei rilevamenti dell'Istat - afferma il presidente Carlo Rienzi - Gli italiani per sopravvivere al caro-vita e far quadrare i bilanci hanno dovuto quindi intaccare i propri risparmi, con l'indice che crolla al 7,8% dal 6,3% del 2022. La conferma arriva anche dai numeri sul potere d'acquisto: nonostante il reddito disponibile delle famiglie consumatrici sia aumentato del 4,7%, la capacità di spesa degli italiani si è ridotta dello 0,5%. Ciò a causa del forte aumento dei prezzi al dettaglio che ha caratterizzato il 2023 e che ha impoverito le famiglie”.