Il rapporto dell’OCSE sull’IA mette in luce le sfide per il mercato del lavoro
L’ultimo report dell’OCSE, intitolato "Job Creation and Local Economic Development 2024: The Geography of Generative AI", analizza il ruolo trasformativo dell’intelligenza artificiale generativa (IA) nei mercati del lavoro regionali, evidenziando il suo potenziale per affrontare le sfide economiche e occupazionali. Mentre l’occupazione raggiunge livelli record in molti Paesi OCSE, persistono forti disparità tra regioni, con divari significativi nell’accesso al lavoro, nella produttività e nelle competenze disponibili.
L’IA generativa, che si distingue per la capacità di automatizzare compiti complessi e creativi, rappresenta una svolta rispetto alle precedenti tecnologie di automazione. Secondo il report, il 25% dei lavoratori nei Paesi OCSE è esposto a questa tecnologia, con un impatto che potrebbe trasformare fino al 50% dei compiti in alcune occupazioni. Tuttavia, a differenza delle automazioni tradizionali, l’IA generativa incide maggiormente sui lavori cognitivi e non di routine, ampliando la sua influenza soprattutto nelle regioni urbane ad alta densità di industrie tecnologiche, educative e finanziarie.
Una delle principali sfide evidenziate riguarda la polarizzazione delle competenze nei mercati del lavoro. Il rapporto mostra che molti lavoratori si trovano sovraqualificati o sottoutilizzati nei loro ruoli, un fenomeno che si accentua nei contesti rurali e nelle regioni meno produttive. In particolare, l’aumento delle occupazioni altamente qualificate ha ridotto la quota di posti di lavoro intermedi, con un conseguente ampliamento delle disuguaglianze regionali. Questa dinamica è amplificata dalla crescita di settori ad alta intensità tecnologica, dove le competenze richieste non corrispondono a quelle disponibili.
Parallelamente, l’IA generativa si presenta come un’opportunità per affrontare carenze di manodopera e problemi legati all’invecchiamento demografico, fenomeni che stanno colpendo molte regioni OCSE. La capacità di questa tecnologia di aumentare la produttività potrebbe essere un elemento chiave per sostenere l’economia nei territori che affrontano un calo della forza lavoro attiva.
Il rapporto sottolinea la necessità di politiche mirate per massimizzare i benefici dell’IA generativa e ridurre i rischi di esclusione economica. Tra le raccomandazioni, emergono la promozione di programmi di formazione per l’upskilling e reskilling, il rafforzamento delle infrastrutture digitali, soprattutto nelle aree rurali, e l’adozione di strategie collaborative tra pubblico e privato per stimolare l’adozione delle tecnologie avanzate. Inoltre, il report evidenzia l’importanza di monitorare l’impatto dell’IA sulla qualità del lavoro e sui diritti dei lavoratori.
L’economia italiana stenta a decollare nonostante il PNRR
Secondo il nuovo rapporto dell’OCSE, l’economia italiana registrerà una crescita modesta nei prossimi anni, con il PIL reale previsto in aumento dello 0,5% nel 2024, dello 0,9% nel 2025 e dell’1,2% nel 2026. Questo andamento riflette un contesto economico caratterizzato da un equilibrio tra rischi al ribasso e opportunità di ripresa. La disinflazione degli ultimi mesi, unita a solidi aumenti salariali, dovrebbe sostenere i consumi delle famiglie, mentre condizioni finanziarie più favorevoli e l’attuazione degli investimenti pubblici legati ai fondi Next Generation EU (NGEU) potrebbero stimolare la formazione di capitale. Tuttavia, il rallentamento degli investimenti residenziali, dovuto alla progressiva eliminazione del Superbonus, rappresenta un rischio significativo per la crescita. L’OCSE sottolinea che, nonostante il calo dei costi di finanziamento, il consolidamento fiscale previsto nel 2025-2026 potrebbe attenuare l’impatto positivo sui consumi e sugli investimenti. Sul fronte inflazionistico, la recente stabilizzazione dei prezzi energetici ridurrà la pressione al ribasso sull’inflazione, che sarà sempre più determinata da fattori interni.
L’inflazione core è attesa attorno al 2% entro il 2026, sostenuta dalla crescita salariale non accompagnata da un aumento della produttività. Il mercato del lavoro si conferma resiliente, con un calo del tasso di disoccupazione previsto al 6,5% nel 2024 e al 5,8% nel 2026, nonostante persistenti carenze di manodopera, soprattutto nel settore delle costruzioni. I rischi per l’economia sono bilanciati: un’ulteriore contrazione degli investimenti residenziali e una domanda estera più debole potrebbero rallentare la crescita, mentre un’accelerazione degli investimenti pubblici legati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) potrebbe superare le aspettative, sostenendo una crescita più robusta nel biennio 2025-2026. In ambito fiscale, il deficit pubblico dovrebbe scendere sotto il 3% del PIL entro il 2026, ma il rapporto debito/PIL rimarrà elevato. L’OCSE raccomanda misure incisive per garantire la sostenibilità fiscale, tra cui una revisione del sistema pensionistico, un riallineamento delle tasse sulle proprietà e un rafforzamento delle misure contro l’evasione fiscale. Le riforme strutturali sono considerate essenziali: tra queste, l’ampliamento dei servizi per l’infanzia e il miglioramento dell’istruzione tecnica sono fondamentali per aumentare la partecipazione femminile e giovanile al mercato del lavoro. La piena implementazione del PNRR e un uso efficace dei fondi NGEU saranno determinanti per garantire una crescita sostenibile e inclusiva nei prossimi anni.
Giorgetti ad Atreju chiede ulteriori 400 milioni alle banche per la manovra
Nonostante il rallentamento della crescita economica, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti mantiene un atteggiamento ottimistico, convinto che l’Italia possa fare meglio delle previsioni attuali. Intervenendo ad Atreju, la festa di Fratelli d’Italia, Giorgetti ha sottolineato che le stime del governo erano "assolutamente prudenziali" e che anche con un Pil fermo allo 0,7%, i numeri della finanza pubblica rimarrebbero invariati. "Siamo convinti che otterremo risultati migliori", ha dichiarato, evidenziando il peso delle sfide geopolitiche e della transizione green sull’economia europea. "La vecchia Europa - ha aggiunto - affronta una riconversione industriale arrivata forse prima del previsto, che sta causando difficoltà soprattutto in Germania".
Nel frattempo, la legge di bilancio è al centro del dibattito politico, con modifiche e nuove proposte in corso di definizione.Tra queste, spicca l’introduzione dell’Ires premiale, una misura che prevede uno sconto fiscale per le imprese che reinvestono gli utili. "Se un imprenditore tiene gli utili in azienda, gli scontiamo le tasse", ha spiegato Giorgetti, aggiungendo che il provvedimento dovrebbe vedere la luce entro il fine settimana, con una copertura stimata in 400 milioni di euro. Questi fondi, secondo il ministro, saranno in parte reperiti da un contributo straordinario imposto alle banche e alle assicurazioni, già destinatari di altri oneri previsti dalla manovra. "La politica industriale la fanno gli imprenditori", ha sottolineato Giorgetti, ribadendo l’importanza di stimolare investimenti attraverso strumenti come l’Ires premiale, le Zone Economiche Speciali (ZES) e le transizioni 4.0 e 5.0.
Il contributo delle banche e delle assicurazioni alla manovra è un tema che ha suscitato sorpresa e disappunto nel settore. La decisione di aggiungere un ulteriore prelievo straordinario di 400 milioni, annunciata durante un vertice di maggioranza, non è stata accolta positivamente dal sistema bancario e assicurativo, che si è detto poco coinvolto nel processo. "Le modalità del prelievo devono ancora essere definite", ma sono già previsti contributi complessivi di 6 miliardi da parte del sistema creditizio tra il 2025 e il 2026.
Oltre a queste misure, la manovra contiene emendamenti per settori specifici e risorse destinate a infrastrutture sportive.Tra le proposte in discussione, vi è la possibilità di un prelievo sulle scommesse online per finanziare la ristrutturazione degli stadi, mentre prosegue la battaglia della Lega sulle multe agli allevatori per le quote latte. Nel frattempo, sono state bocciate tutte le proposte dell’opposizione, incluso il salario minimo legale, su cui il centrosinistra ha duramente criticato la maggioranza.
In un contesto di incertezza economica e politica, il governo punta a bilanciare incentivi alle imprese e rigore fiscale, con l’obiettivo di stimolare investimenti e occupazione stabile. Tuttavia, le tensioni con il settore bancario e assicurativo evidenziano le difficoltà di un equilibrio che tenga conto delle esigenze di tutti gli attori economici.
Aumenta la cassa integrazione nelle imprese, il Nord in testa alla classifica
Le ore di cassa integrazione richieste dalle imprese continuano a crescere. Nei primi nove mesi del 2024 sono state autorizzate oltre 350 milioni di ore di ammortizzatori sociali, con un incremento del 23,3% rispetto allo stesso periodo del 2023. La cassa integrazione ordinaria rappresenta la fetta più rilevante di queste richieste, con un aumento delle ore autorizzate del 30% su base annua, a sostegno dei lavoratori coinvolti in sospensioni o riduzioni dell’attività produttiva.
I settori più colpiti dall’aumento della cassa integrazione sono il comparto pelli, cuoio e calzature, dove le ore autorizzate sono cresciute del 139,4% su base annua, seguito dall’abbigliamento (+124,7%), dal tessile (+74,6%) e dalla meccanica (+48,3%). Questi dati evidenziano le difficoltà strutturali che stanno affliggendo le filiere industriali, molte delle quali già fragili a causa di pressioni sui costi e contrazioni dell’export.
La situazione varia sensibilmente a livello territoriale, rivelando le province più colpite dal rallentamento produttivo e dalle difficoltà nei mercati esteri. A Lecce si registra l’aumento più marcato delle ore richieste, pari al +275% rispetto al 2023, seguita da Biella (+188%) e Sondrio (+181,6%). Altri incrementi significativi si registrano a Reggio Emilia (+142%), Arezzo (+130,6%) e Ascoli Piceno (+111,5%).
In termini di ore autorizzate per azienda, Belluno è la provincia con il dato più alto, con una media di 279,7 ore per impresa, seguita da Biella (239,9 ore) e Taranto (200,9 ore). Questi numeri confermano che la pressione sui settori produttivi è distribuita in modo non uniforme, con alcune aree che soffrono particolarmente per l’impatto combinato di crisi settoriali e sfide economiche globali.