Affaire Boccia, il ministro Sangiuliano rimane in bilico

Dopo giorni di polemiche, l'intervista rilasciata da Gennaro Sangiuliano al Tg1 non ha archiviato il caso Boccia. Anzi, se possibile, ha alimentato ancora più un clima di incertezza attorno al Ministro della Cultura. Le polemiche che lo hanno inseguito durante il giorno e soprattutto le nuove rivelazioni di Maria Rosaria Boccia, continuano ad incombere sulle sue possibili dimissioni. Le sue vicende, scandite dalle martellanti storie Instagram e dalle interviste a La Stampa dell'imprenditrice di Pompei, continuano ad impensierire molto la premier, che comunque sembra prendere ancora tempo sulla vicenda. Ad appesantire un clima già molto teso ci sono l'esposto presentato dal verde Angelo Bonelli alla Procura della Repubblica di Roma (con allegati articoli di stampa, mail e screenshot dei social di Boccia) e suoi possibili risvolti giudiziari, con l'ipotesi di peculato. Sotto i riflettori c'è anche il messaggio criptico postato dall'imprenditrice su Instagram in cui sembrerebbe chiamare in causa Meloni o qualcuno a Palazzo Chigi. La linea ufficiale del partito, dettata da Meloni, è che Sangiuliano può restare al suo posto fintanto che restano solide le sue due verità: che Boccia non ha avuto accesso a documenti riservati, in particolare sul G7 cultura, e che per lei non siano stati spesi soldi pubblici. 

Se tutto ciò è confermato, il caso rimane “gossip” e non inciderà sull'assetto di governo, altrimenti l'addio sarebbe praticamente immediato. E quella sorta di fiducia a tempo accordata dalla premier fino al summit del 19-21 settembre a Napoli verrebbe immediatamente meno. Boccia non spiega, lascia in sospeso il warning. Secondo indiscrezioni riportate da Dagospia, la voce femminile che avrebbe chiesto di strappare la nomina sarebbe quella della moglie del ministro, giornalista della Rai. Il post di Boccia sembra indicare che sarebbe in possesso della registrazione. Ma quelle dell'imprenditrice di Pompei sono accuse che meritano un nuovo chiarimento tra la premier e il ministro: convocato a palazzo Chigi, Sangiuliano ne esce dopo un'ora e mezza e poi detta un comunicato ufficiale in cui ribadisce “la verità delle mie affermazioni” sull'inesistenza di circostanze che potrebbero prefigurare il danno erariale e mettere a repentaglio la sicurezza del G7 della Cultura che, intanto, nel dubbio, potrebbe vedere saltare l'evento clou del raduno: la visita agli scavi archeologici di Pompei. Dall'opposizione, intanto, continuano le accuse e la richiesta incessante di chiarimenti. 

Gli alleati stanno alla finestra e non mettono bocca: sanno che il terreno è scivoloso e che la questione è in mano a Meloni. Per tutto il giorno è stata a Palazzo Chigi: salvo un incontro istituzionale con il presidente dell'Azerbaigian, sempre chiusa nei suoi uffici dalla tarda mattinata fino a sera. L'atmosfera di incertezza avvolge anche i prossimi appuntamenti della premier, anche se per il momento la partecipazione al G7 dei Parlamenti è confermata. Nei giorni scorsi il Quirinale ha smentito la voce di una telefonata sul caso Sangiuliano fra il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e Meloni. Ma è evidente che se nei prossimi mesi dovessero cambiare tre ministri, servirebbe una nuova fiducia in Parlamento. Un'ipotesi che non si può escludere, considerando che su Daniela Santanchè (Turismo) pende una richiesta di rinvio a giudizio, e Raffaele Fitto andrà in Ue.

Fitto è ad un passo dalla vicepresidenza esecutiva in Ue

L'Italia è vicina ad ottenere una vicepresidenza esecutiva nella nuova Commissione Ue. La presidente Ursula von der Leyen ha ancora qualche giorno per scogliere gli ultimi nodi. La sua intenzione è quella di presentare la lista entro la prima metà di settembre. E, con l'avvicinarsi della deadline, la marcia di Raffaele Fitto verso una vicepresidenza esecutiva ha acquisito vigore. A confermarlo è stato il quotidiano tedesco Die Welt, secondo il quale il Ministro italiano sarà “vicepresidente esecutivo della Commissione e sarà responsabile dell'economia e degli aiuti alla ricostruzione del Covid”. “Per la prima volta un esponente della destra populista al vertice della Commissione”, è stata l'osservazione del Die Welt. Nei palazzi brussellesi l'indiscrezione è reputata “feasible”. Con qualche distinguo. È molto difficile che a Fitto sia assegnata la delega agli Affari Economici, ora di Paolo Gentiloni. È ben più percorribile, invece, l'ipotesi che la delega direttamente gestita dal ministro italiano uscente riguardi i fondi del Next Generation e che, in un'ottica più generale, la vicepresidenza esecutiva abbracci più settori economici. Il tema della composizione della Commissione è tradizionalmente complesso e, negli anni, ha cambiato diversi fattori. 

La scelta di un profilo come quello di Raffaele Fitto, e il pressing in Ue su Giorgia Meloni, ha reso la partita più semplice. La spagnola Teresa Ribera (con la delega alla transizione ecologica), il lettone Valdis Dombrovskis (con delega all'allargamento e alla ricostruzione dell'Ucraina) e il francese Thierry Breton (con la gestione dell'industria e dell'autonomia strategica in primis) sono gli altri nomi che, secondo Die Welt, si aggiungerebbero a Fitto. La possibilità di un quinto vicepresidente esecutivo è concreta ma qui la partita sembra più aperta. Anche perché sul tavolo della von der Leyen, resta una serie di problemi in sospeso, primo fra tutti quello della quota di donne tra i 27 commissari. La presidente aveva chiesto ai governi di proporle due nomi all'insegna dell'eguaglianza di genere. Solo la Bulgaria le ha dato ascolto. Di fronte ad una netta superiorità di uomini il pressing di von der Leyen è aumentato. Il Belgio, nel quale Didier Reynders nutriva speranze per una riconferma, ha optato per proporre la ministra degli Esteri Hadja Lahbib. La Romania ha cambiato candidato, passando da Viktor Negrescu a Roxana Minzatu. Malta e Slovenia hanno invece respinto la richiesta della presidente. Le donne commissario, a questo punto potrebbero essere dieci su 27, presidente inclusa. Probabilmente ancora troppo poche. 

Il Ppe supporta Fitto, ma i liberali di Renew non ci stanno

Si complicano i piani di Ursula von der Leyen sulla nuova Commissione. A quanto pare, è l'Italia a dividere la maggioranza. La nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo, con potenziali deleghe cruciali come quella ai dossier economici ha fatto drizzare i capelli ai liberali, convinti che un tassello così importante della futura Commissione Ue non possa andare ad un esponente di un partito che considerano come anti-Ue. E sulla mossa di Renew potrebbe esserci anche lo zampino di Emmanuel Macron, deus ex machina dietro le quinte del gruppo che fa capo a Valerie Hayer. Il tema è che sul ruolo da assegnare a Fitto (e quindi all'Italia) si scontrano due visioni: quella del Ppe, convinto che premiare il governo di Giorgia Meloni significhi avvicinarlo alle posizioni più moderate dei popolari; e quella di chi, come Renew, punta ad una maggioranza che anche in futuro resti quella che ha votato l'Ursula bis. Con FdI fuori e i Verdi dentro. Von der Leyen si è recata di persona all'Eurocamera dove ha visto i presidenti di Renew, dei Verdi e dei socialisti Ue. Ma al primo bilaterale in agenda, quello con Hayer, è arrivata subito la doccia fredda. 

Il Governo si prepara alla manovra, possibilità pensioni minime

In attesa dell'approdo in Cdm, la prossima settimana, del piano strutturale di bilancio a medio termine, le forze politiche della maggioranza continuano ad avanzare le loro priorità in vista della stesura della prossima legge di bilancio tra fisco, pensioni e welfare. Le opposizioni ipotizzano che si vada verso un testo fatto di tagli alla spesa sociale e chiedono interventi in favore del comparto sanità. La manovra, si parla di un documento poco superiore ai 25 miliardi, dovrebbe prevedere la conferma del taglio del cuneo fiscale e contributivo per i redditi fino a 35mila euro per contrastare l'inflazione. Tra le ipotesi allo studio ci sarebbe anche quella di provare a estenderlo ai redditi fino a 50-60mila euro. Ma le risorse sono limitate. E bisogna fare i conti con il piano di rientro dal deficit eccessivo per cui l'Ue ha aperto una procedura di infrazione. 

Tra le novità anche le pensioni minime. Lo fa sapere direttamente la premier Giorgia Meloni, che sposa così uno dei temi più cari a Forza Italia. “Le pensioni minime è una delle nostre priorità”, assicura la presidente del consiglio, ricordando che in due anni il governo ha lavorato “per una rivalutazione piena di tutte le pensioni che arrivavano fino a 2.270 euro, garantendo che fossero adeguate pienamente al costo della vita” e ha anche garantito “una rivalutazione al 120% per le pensioni minime, che sono cresciute in modo significativo”. L'economia che cresce più di altri paesi europei, l'occupazione in aumento, l'export a gonfie vele rafforzano peraltro la convinzione che le scelte fatte fin qui vadano nella giusta direzione. Per questo nella stesura della manovra si sta concentrando, oltre che sull'alleggerimento delle tasse, anche sulle misure a sostegno di chi assume e crea lavoro. Difficile, dunque, che si rinunci a confermare la maxi-deduzione per le imprese che assumono, in scadenza a fine anno. Mentre si starebbe lavorando a rimodulare i fringe benefit, con l'ipotesi di un tetto unico per tutti.

Il Governo trova l’accordo sui balneari e vara il decreto infrazioni

Le concessioni ai balneari vengono prolungate fino al 2027, le gare dovranno essere bandite entro il giugno precedente e chi subentra dovrà pagare un indennizzo a chi lascia e assicurare la continuità occupazionale dei lavoratori. Dopo giorni di tensione, il Governo trova una quadra sulla questione dei balneari. Per Palazzo Chigi “La collaborazione tra Roma e Bruxelles ha consentito di trovare un punto di equilibrio tra la necessità di aprire il mercato delle concessioni e l'opportunità di tutelare le legittime aspettative degli attuali concessionari, permettendo di concludere un'annosa e complessa questione di particolare rilievo per la nostra Nazione”. Subito arriva la ribattuta da Bruxelles che commenta positivamente la riforma e gli “scambi costruttivi” ma soprattutto sottolinea che si tratta di “una soluzione globale, aperta e non discriminatoria che copre tutte le concessioni da attuare entro i prossimi tre anni”. 

Tajani rilancia sulla Ius Scholae e prova a convincere gli alleati

Forza Italia va avanti sullo Ius ScholaeAntonio Tajani, nonostante l'invito a tutti i componenti della coalizione, arrivato da Giorgia Meloni nel vertice di maggioranza di venerdì, di attenersi al programma, non intende alzare bandiera bianca. Il vicepremier e segretario di FI ha dato mandato ai due capigruppo Paolo Barelli e Maurizio Gasparri di lavorare a una proposta che riveda la legge sulla cittadinanza. La prossima settimana dovrebbe tenersi una riunione tra i vertici del partito per scrivere il testo che FI presenterà “prima agli alleati e poi alla Camera”. Secondo le intenzioni, per fare richiesta di cittadinanza italiana sarebbe sufficiente ultimare un percorso scolastico complessivo di 10 anni. Ancora da decidere se inserire o meno un esame finale e se optare per un restringimento della norma attuale che prevede, per chi nasce in Italia, la possibilità di fare richiesta di cittadinanza al compimento dei 18 anni. Sarebbe questo il terreno sul quale Tajani intende convincere gli alleati, puntando a una riforma di buon senso. Dalle parti di FdI e Lega, però, il no resta. 

In Liguria prende forma il campo largo ma rimangono i nodi Renzi e Calenda

Il campo largo si sta schierando per la candidatura di Andrea Orlando alla guida della Liguria, ma la costruzione della coalizione non sarà semplice. L'ingresso di Italia viva potrebbe essere più vicino, visto che Matteo Renzi si è detto disponibile ad accettare la condizione posta dai potenziali alleati, cioè l'uscita di Iv dalla giunta di centrodestra che governa Genova. Ma il M5S resta fermo: con Renzi no. Il pallino è in mano alla segretaria del Pd, Elly Schlein, che sta cercando di mettere insieme l'alleanza più larga possibile, come terreno di prova della sfida a Giorgia Meloni, quando ci saranno le politiche. Per la segretaria in Liguria “ci sono stati passi significativi in avanti con una convergenza che si fa sempre più larga attorno al profilo solido e competente di Andrea Orlando”. Carlo Calenda non ha ancora deciso se sarà della partita: in un post, Orlando ha affrontato le sollecitazioni di Azione sulle infrastrutture, ma fra i big del partito c'è chi resta freddo all'ipotesi di entrare in coalizione. La costruzione del campo largo ligure resta quindi un cantiere. Calenda ha lasciato in sospeso la decisione sul sostegno all'ex ministro Pd Orlando per la guida della Liguria: “Non ho pregiudizi su Orlando ma mentre nelle altre due regioni” Emilia-Romagna e Umbria “ci sono candidati riformisti, nel caso della Liguria veniamo da mesi in cui la sinistra l'unica cosa che ha fatto è usare le inchieste per attaccare gli avversari. Prima viene il programma e poi vengono i nomi”.

Renzi incalza Schlein e la riconosce come unica guida del centrosinistra 

Matteo Renzi torna a Roma e rilancia Italia Viva come ala riformista e blairiana nel centrosinistra. Ma a condizioni chiare, e senza nessuna abiura sul passato. Il leader di Iv ripete una sorta di aut aut lanciato già nei giorni scorsi ai dem. “Vogliamo dialogare con il Pd e con Elly Schlein, dopodiché, non è che ce l'ha ordinato il dottore. Se prevalgono i veti, che scelga Conte o scelga Grillo, vuol dire che il centrosinistra non è governato dal Pd ma dal M5S”. Pressing che Iv tiene alto sulla segretaria dem, che viene riconosciuta come unica guida del centrosinistra nel tentativo di marginalizzare il ruolo pentastellato nella coalizione. Per Renzi “Se vince la linea Schlein andiamo a fare l'analisi dei contenuti. Se vince la linea Travaglio, noi ci facciamo la nostra bella lista riformista”. E se la strada per l'accordo in Liguria pare ancora in salita, sorge un caso sul posizionamento di Iv nelle elezioni provinciali di Matera. Poco prima che Renzi salga sul palco del Tempio di Adriano, da Matera arriva il comunicato di FdI che lancia la candidatura alla provincia di Matera di Arturo De Filippo

Grillo contro Conte. Nel M5S c’è aria di spaccatura

Il passaggio più velenoso Beppe Grillo lo ha lasciato nelle ultime righe di un intervento sul suo blog: nel caso in cui si metta mano a “elementi imprescindibili del M5S: il nome, il simbolo e la regola dei due mandati” non potrò che “esercitare i diritti che lo Statuto mi riconosce in qualità di Garante”. Insomma, siccome con la Costituente si potrà discutere di tutto ma proprio di tutto, allora Grillo ha lasciato intendere di essere pronto per le carte bollate. Questo sul piano legale. Sul piano politico, la lettura l'ha fatta l'ex ministro Danilo Toninelli, vicino al garante: “E' già in corso una rottura. Il Movimento, oggi, è fatto da due partiti e Grillo l'ha palesato”. Mentre il fondatore sembra preparare la battaglia legale, i vertici del Movimento studiano il contrattacco: sui valori fondamentali del M5S e sulla interpretazione autentica dello statuto, il garante può al massimo esercitare una “moral suasion”, ha spiegato il parlamentare Alfonso Colucci, coordinatore dell'area legale del M5S. E poi, ha aggiunto, con accordi “contrattuali con il M5S coperti da riservatezza, Grillo ha espressamente rinunciato ad ogni contestazione relativa all'utilizzo del simbolo come modificato e come in futuro modificabile”. 

I sondaggi della settimana

Gli ultimi sondaggi realizzati dall’Istituto SWG sono aggiornati al 2 settembre. Tra i partiti del centrodestra, Fratelli d’Italia registra la maggiore ripresa, con un +0,5%, confermandosi il primo partito italiano (30,3%). La Lega sorpassa Forza Italia, conquistando l’8,5% delle preferenze contro l’8,4% di FI. Perde ancora terreno il PD, che scende al 22,7%. Terza forza nazionale in continua crescita il Movimento 5 Stelle (11,6%). Cresce anche AVS (+0,2%), mentre registrano un calo di preferenze +Europa e IV (-0,1% per entrambe). Nessuna variazione rispetto al 29 luglio per il partito di Carlo Calenda (3,2%). Infine, il movimento di Michele Santoro Pace Terra e Dignità è dato all’1,3%, mentre il partito alleato di governo guidato da Maurizio Lupi Noi Moderati non è stato inserito nelle rilevazioni.

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La stima di voto per la coalizione di centrodestra (FdI, Lega e FI, insieme a Noi Moderati), già prima forza politica del Paese, registra un incremento dello 0,8%. Il centrosinistra in leggero calo raccoglie il 29,2% delle preferenze; fuori da ogni alleanza, il M5S, continua la sua crescita con un +0,2%. In lieve calo il Centro, che si ferma al 7,4%.

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