Meloni rilancia sugli interessi comuni tra Ue e Usa e sulla Pace in Ucraina

Una pace che preveda garanzie di sicurezza per l'Ucraina in modo che non possa tornare la guerra: è questo, ribadisce Giorgia Meloni all'indomani del vertice di Londra, l'obiettivo che alla fine “tutti condividono”. “I toni danno l'impressione che le posizioni siano molto distanti, ma in realtà non lo sono”, assicura la presidente del Consiglio, impegnata in un delicato esercizio di equilibrio tra le posizioni di Donald Trump e le mosse dell'Europa. La premier ammette però che “la questione centrale” è come si fa a costruire una “pace stabile, duratura, io direi definitiva”. Una pace del genere, evidenzia peraltro, “serve a tutti: all'Ucraina, ai paesi europei, particolarmente a quelli che si sentono minacciati giustamente dalla Russia” e, aggiunge, “serve a Trump che è un leader forte e che chiaramente non può permettersi di siglare un accordo che qualcuno domani potrebbe violare”. 

In attesa di programmare un nuovo viaggio a Washington (il bilaterale alla Casa Bianca non è ancora fissato in agenda ma potrebbe tenersi a fine mese o ai primi di aprile), Meloni torna a sottolineare che è “nell'interesse nazionale italiano evitare qualsiasi possibile frattura all'interno dell'Occidente perché ci renderebbero solamente tutti quanti più deboli”, rilancia la sua proposta di “incontro per parlarsi in modo franco di come si vuole affrontare le grandi sfide che Europa, Stati Uniti e l'Occidente hanno di fronte”, mentre respinge nuovamente la proposta franco-britannica d’invio di soldati europei in Ucraina: “L'Italia ha espresso le sue perplessità, secondo me è molto complessa nella realizzazione, non sono convinta dell'efficacia, è la ragione per la quale, come si sa, abbiamo detto che non manderemo i soldati italiani”. Dopo aver confessato che lo scontro in mondovisione tra Trump Zelensky alla Casa Bianca “non ha aiutato” perché “non sono dibattiti che normalmente si fanno davanti alle telecamere”, Meloni affronta l'altro dossier, assieme a quello relativo a Kiev, che preoccupa le cancellerie europee, ovvero i dazi

“Il nostro interesse è completamente opposto a quello che sta dichiarando Trump, poi vedremo che cosa accadrà nei fatti. Anche se io sono convinta che in realtà quello che può produrre l'avvio di dazi, con una risposta europea, cioè una guerra commerciale, non convenga in realtà a nessuno, non conviene neanche agli Stati Uniti, però su questo ci possono essere punti di vista differenti”. La premier si dice fiduciosa e afferma che il nodo si può “risolvere in modo positivo, con degli accordi piuttosto che avviando un'escalation. È uno dei temi che affronterò, che in parte ho già affrontato con il presidente degli Stati Uniti”, in quella logica di ponte tra Usa e Ue che Meloni cerca da prima del ritorno di Trump alla Casa Bianca. Intanto, a proposito di pace, Matteo Salvini ha lanciato per sabato e domenica un weekend di mobilitazione della Lega “in mille piazze in tutta Italia” per la pace in Ucraina e la “pace fiscale in Italia”. Giovedì, intanto, Meloni volerà a Bruxelles per partecipare al Consiglio europeo straordinario

Sulle auto l’Ue va verso la neutralità tecnologica e la flessibilità sulle multe Co2

Un'alleanza per dare una spinta nel software e nell'hardware per la guida autonoma, flessibilità sugli standard di Co2 per affrontare il tema delle multe del 2025, il principio della neutralità tecnologica nella revisione del target del 2035 e la valutazione del supporto diretto per i produttori di batterie dell'Ue. Sono le anticipazioni date dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen all’uscita dal secondo incontro del Dialogo strategico sul futuro dell'industria automobilistica, sul Piano d'azione per il settore che il commissario Ue Apostolos Tzitzikostas, presenterà più nel dettaglio. Annunci letti con favore a Roma: “Salvata l'industria auto europea, la Commissione dà ragione all'Italia”, sintetizza il Ministro alle Imprese e al Made in Italy Adolfo Urso, “Eliminata la tagliola delle multe che avrebbe determinato il collasso del settore. Ora avanti con la piena neutralità̀ tecnologica, l'autonomia strategica nella produzione di batterie e un piano incentivi europeo”, aggiunge. E il vicepremier e Ministro dei Trasporti Matteo Salvini commenta: “Multe evitate, ci hanno ascoltato con grave ritardo. Adesso occorre azzerare la follia della messa al bando dei motori benzina e diesel dal 2035”. 

Sul fronte dell'innovazione “abbiamo concordato che abbiamo bisogno di una grande spinta nel software e nell'hardware per la guida autonoma” e “che creeremo e sosterremo un'alleanza di settore”, precisa Ursula von der Leyen. “Le aziende saranno in grado di mettere in comune le risorse. Svilupperanno software, chip e tecnologia di guida autonoma condivisi. Da parte nostra, perfezioneremo le regole di test e distribuzione”. Rispetto alla transizione, poi, “c'è una chiara richiesta di maggiore flessibilità sugli obiettivi di Co2” e per affrontare “in modo equilibrato” il tema degli obiettivi del 2025 e delle relative sanzioni in caso di inadempienza “questo mese proporrò un emendamento mirato”, che Parlamento e Consiglio dovranno approvare, “al regolamento sugli standard di Co2” che al posto “della conformità annuale” introdurrà un tempo di tre anni per le aziende. “Allo stesso tempo, ci prepareremo ad accelerare i lavori sulla revisione del 2035, con la piena neutralità tecnologica come principio fondamentale”. Infine, sulla competitività, “esploreremo il supporto diretto per i produttori di batterie dell'Ue”. 

Beppe Sala rilancia il dibattito sul centro e spinge sul federatore

Giuseppe Sala riaccende il dibattito sul centro, che va a braccetto con quello sul federatore. “Una nuova forza moderata deve nascere, non ho dubbi”, ha detto il sindaco di Milano al Foglio, sottolineando poi un dettaglio temporale che ha lasciato intendere una sua disponibilità a interpretare un ruolo da collante: “Il mio mandato da sindaco finirà a maggio 2027, le politiche saranno sostanzialmente contemporanee: i tempi possono combaciare”. Il perimetro di partenza è quello classico: “Mettendo insieme AzioneIvPiù Europa si arriva all'8% - ha spiegato - il tema è dare una dimensione unitaria a queste realtà”. Di primo impatto, le risposte non sono state d'entusiasmo. Azione ha detto “No” a un'alleanza con Iv, Italia Viva non ha stappato champagne all'ipotesi Sala: “La riproposizione dell'alleanza del vecchio terzo polo, ha detto il deputato di Azione Ettore Rosato, si scontra con la scelta che Iv ha fatto di entrare nel campo largo e dalla scelta di Azione di non entrarci”. 

Per il vicepresidente del partito di Renzi Enrico Borghi “le leadership nascono dai processi e dalle politiche, non dalle alchimie nei laboratori”, quindi “prima serve la politica, poi si definiscono i contenitori e solo successivamente le leadership”. Il dibattito è comunque più ampio di quello sul federatore del centro e sconfina, spesso confondendosi, in quello sul federatore del centrosinistra. A vario titolo, fra i nomi che sono circolati ci sono quelli di Sala, dell'ex premier Paolo Gentiloni e dell'ex direttore dell'Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, oltre, ovviamente, a quello della segretaria del maggior partito di opposizione Elly Schlein. Su questa opzione Sala ha frenato: “Non ci sono automatismi. Bisogna avere il coraggio di uscire dagli schemi. Emergerà una figura diversa? Vedremo”. Se quel “vedremo” comprende anche Sala, il M5S dice già “no”. “Nell'area progressista di infiltrati nelle destre ce ne sono già abbastanza”, ha detto l'europarlamentare del M5S Gaetano Pedullà

L'Ue lancia il piano da 800 miliardi per la difesa comune

La Commissione Ue ha presentato il piano sulla difesa comune. “Viviamo in tempi pericolosi, la nostra sicurezza è minacciata in modo serio”, ha messo in guardia Ursula von der Leyen presentando la sua proposta da 800 miliardi di euro tra risorse nazionali liberate dalla deroga al Patto di stabilità e fondi comunitari presi a prestito dall'esecutivo Ue sui mercati. Insomma, i famigerati eurobond alla fine si sono manifestati, benché in misura molto ridotta e con alcune limitazioni. Von der Leyen ora porterà la sua proposta, articolata su cinque pilastri impacchettati col nome-titolo Rearm Europe, al vertice straordinario dei leader di giovedì prossimo per un primo confronto, con l'intenzione di lavorare ai testi legislativi in tempo per il Consiglio Europeo di fine marzo. La Commissione vuole andare in fretta e dunque ha scelto la procedura d'urgenza per la creazione del nuovo strumento finanziario sulla base dell'articolo 122 del Tfeu, che permette di accorciare le procedure. 

Entrando nel dettaglio, tra le cifre note ci sono sostanzialmente due tronconi: con le deroghe al Patto di stabilità si stima possano generarsi in quattro anni 650 miliardi di investimenti nella difesa Ue grazie ai bilanci nazionali. Palazzo Berlaymont proporrà di attivare per tutti i 27 le clausole di salvaguardia nazionali che permettono di deviare dai limiti di spesa pubblica. Ci sarà un tetto massimo di spesa in deroga, ma solo per la difesa, pari all'1,5% del Pil: un'enormità che vale in teoria 257 miliardi l'anno a livello Ue ma che Bruxelles stima possa liberarne realmente meno. I tempi sono immediati: dalla proposta del Berlaymont il Consiglio Ue si esprime entro quattro settimane (a maggioranza qualificata). Le deroghe saranno comunque temporanee mantenendo tutti i paletti Ue su debito e deficit, oltre alle procedure per disavanzo eccessivo già in corso. 

Altri 150 miliardi verranno da prestiti concessi da Bruxelles agli Stati con eurobond emessi dalla Commissione e garantiti dal bilancio Ue. Non ci saranno sovvenzioni come già nel Recovery, ma solo prestiti, che saranno però comunque vantaggiosi. Ci saranno poi tutta una serie di misure non quantificate, che potrebbero sbloccare altri fondi, a partire da una riforma dei programmi di Coesione con l'ipotesi di eliminare le restrizioni all'uso per la difesa, un ruolo della Banca europea per gli investimenti e la mobilitazione di finanziamenti privati grazie al completamento dell'Unione dei mercati dei capitali. Il piano, inoltre, sosterrà anche l'Ucraina sia nei progetti congiunti e sia consentendo agli Stati di dare rapidi aiuti militari a Kiev.  

Il piano di difesa europea divide il Governo, Salvini è contro

La proposta di rilancio della difesa europea è stata al centro di un vertice a Palazzo Chigi tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini. I leader della Lega continua ad apprezzare la posizione del presidente Usa Donald Trump e si chiede: tra Russia e Ucraina “qualcuno vince sul campo? No, nessuno vince sul campo”, anche se “mi è ben chiara la distinzione tra aggressore e aggredito”, assicura, sottolineando che “Trump ha interesse a chiudere i due fronti di conflitto. Prima Russia e Ucraina arrivano al tavolo della trattativa e meglio è”. Il leader della Lega on nasconde la sua contrarietà al piano di von der Leyen: “Vuole riarmare l'Europa con una potenza di fuoco di 800 miliardi lasciando la possibilità agli Stati di fare debito per comprare armi. È questa la via maestra per lasciare ai nostri figli un continente in pace?”. 

Sul fronte opposto l'altro vicepremier Antonio Tajani: “Bene von der Leyen: finalmente si fanno concreti passi in avanti per costruire un’indispensabile difesa europea. Era il grande sogno di De Gasperi e Berlusconi. Ora bisogna realizzarlo, senza indugi, nel modo migliore possibile per rendere più forte l'Europa nel contesto di una solida alleanza con gli Stati Uniti”. Per FdI interviene il co-presidente dei Conservatori al Parlamento europeo Nicola Procaccini, secondo il quale “con il nuovo piano per la difesa Ue esposto da Ursula von der Leyen, finalmente l'Ue si risveglia dal sogno bucolico di poter essere una sorta di superpotenza erbivora in un mondo di carnivori. Giusto aumentare gli investimenti in difesa e sicurezza”, anche perché “sono da sempre un formidabile veicolo di crescita in campo civile”. 

Il piano von der Leyen agita anche le opposizioni 

Il piano ReArm Europe da 800 miliardi di euro annunciato da Ursula von der Leyen scombussola ulteriormente i già delicati equilibri delle opposizioni. Il netto no alla corsa al riarmo mette d'accordo Elly SchleinGiuseppe Conte e Avs, mentre si smarca Carlo Calenda, e Più Europa e Italia viva provano a mediare. La segretaria Pd ha un partito fatto di posizioni diverse da tenere insieme e non è un compito facile. Da una parte ci sono i riformisti che spingono perché l'Europa si faccia protagonista, con tutti gli strumenti necessari, del sostegno a Kiev; dall'altra c'è chi continua a invocare un'Ue voce della diplomazia, forte sì di una difesa comune ma che sia conseguenza di una visione strategica realmente europea. 

Elly Schlein prova a tenere insieme le due istanze: “Quella presentata da Von Der Leyen non è la strada che serve all’Europa. All’Ue serve la difesa comune, non il riarmo nazionale. Sono due cose molto diverse. Questa non è la strada giusta. Manca ancora la volontà politica dei Governi di fare davvero una difesa comune e in questo piano della Commissione mancano gli investimenti europei finanziati dal debito comune, come durante la pandemia. Così rischia di diventare il mero riarmo nazionale di 27 paesi e noi non ci stiamo”. La leader dem insiste sulla necessità di un grande piano di investimenti comuni che renda l'Europa davvero autonoma a partire da cooperazione industriale, coesione sociale, transizione ambientale e digitale, sicurezza energetica e lotta alle disuguaglianze. “Porteremo la nostra posizione già al prossimo vertice dei socialisti e democratici a Bruxelles dopo aver parlato a lungo con il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez

Non intende mediare su nulla Giuseppe Conte: “Noi siamo per l'Europa di Next generation che ha portato all'Italia 209 miliardi. Adesso invece abbiamo l'Europa della von der Leyen che vuole investire 800 miliardi per il riarmo, questo significa 30 miliardi per l'Italia sottratti a sanità, istruzione, scuola, sottratti agli aiuti, ai sostegni per famiglie e le imprese che sono vessati dal caro bollente e dal carovita. È una furia bellicista che noi contrasteremo in ogni modo. Il blu dell'Europa si tinge di verde militare”, attacca. Carlo Calenda è di tutt'altro avviso: “Dal 1945 a oggi gli Stati Uniti hanno tutelato l'indipendenza dell'Europa insieme all'Europa. Ora questa alleanza non c'è più e per fare in modo che i russi non attacchino direttamente noi dobbiamo essere forti. Lo insegnavano i romani: se vuoi la pace devi preparare la guerra. E quello che sta facendo la von der Leyen va nella direzione giusta. “Calenda metta l'elmetto e vada a fare la guerra” è la replica di Angelo Bonelli di Avs. Le opposizioni si ricompattano solo quando chiedono che Giorgia Meloni riferisca in aula sulla situazione internazionale e sul Consiglio europeo straordinario di giovedì.   

Salvini ha deciso: il congresso federale della Lega sarà a Firenze ad aprile

Sarà Firenze ad ospitare il congresso federale della Lega, in cui Matteo Salvini va incontro a una scontata conferma nel ruolo di segretario. L'appuntamento era stato prospettato inizialmente per fine 2024, poi per inizio 2025, e ora sono ufficiali le date: 5 e 6 aprile. E la marcia di avvicinamento all'appuntamento, che nel partito viene vissuto come occasione di rilancio, s’intreccerà inevitabilmente con le evoluzioni della situazione internazionale, su cui il leader sta prendendo posizioni decisamente marcate, dagli elogi a Donald Trump alle critiche a Ursula von der Leyen. La Lega è reduce da mesi in cui non sono mancate fibrillazioni interne, riscontrate anche quando si è trattato di eleggere il segretario regionale in Lombardia. E il dibattito al congresso federale si annuncia una nuova occasione di confronto fra chi vuole insistere sulle rivendicazioni nordiste e chi ha abbracciato il progetto di un partito nazionale, senza escludere possibili mozioni anche da parte dei leghisti del Sud. Di fatto sarà il primo congresso federale della Lega Salvini Premier. Sarà programmatico ed elettivo, spiegano dal partito, e verrà valorizzato il fatto che molti temi della Lega, automotive e guerra per esempio, ora sono patrimonio condiviso. 

Tensione tra Tajani e Salvini sul progetto Rearm Europe

Il progetto di von der Leyen va in linea di massima nella direzione auspicata, filtra dai piani alti del Governo, “perché è da anni che chiediamo la difesa europea”. Ma il nome non aiuta, “parlare di riarmo è come tornare al combustibile fossile”; “Io lo chiamerei piano per la sicurezza europea”, spiega il vicepremier Antonio Tajani. Secondo alcuni ragionamenti che si fanno nell'esecutivo, l'ideale sarebbe dare vita a un piano europeo coordinato e integrato, sulla falsariga del Pnrr: Bruxelles fissa gli standard sugli acquisti già in alcuni casi in ambito Nato, gli Stati presentano i propri piani, e una volta approvati si procede, coinvolgendo l'industria bellica europea. Il Ministro Giancarlo Giorgetti al G20, peraltro, aveva immaginato un vero e proprio “Recovery Plan per la difesa”. 

Gli scenari sono stati affrontati da Meloni all'antivigilia con i due vicepremier, ma se la presidente ha fatto appello a muoversi compatti, le ore successive hanno dimostrato che nella maggioranza restano sensibilità diverse, come dimostra un botta e risposta ruvido tra Tajani e Salvini. “Le tifoserie servono a poco”, taglia corto il segretario di Forza Italia che sull'esercito comune la pensa all'opposto del suo omologo leghista; Matteo Salvini chiede cautela, se oggi “avessimo un esercito comune, Francia e Germania ci avrebbero già portato in guerra”. E poi, insiste, quegli 800 miliardi di euro anziché per la spesa militare “si possono utilizzare in altro modo”. Nel mirino c'è sempre von der Leyen, ancor di più per la prospettiva di bypassare il Parlamento europeo: basta con decisioni così importanti prese dall'alto, il senso dell'avvertimento della Lega. 

Gentiloni sfida Schlein sul progetto Rearm Europe

Paolo Gentiloni ha fatto il controcanto a Elly Schlein. L'ex premier e Commissario europeo ha promosso il piano per il riarmo presentato da Ursula von der Leyen, scegliendo parole esattamente opposte a quelle usate dalla segretaria Pd. Per il partito il tema è spinoso ma, finora, i distinguo erano arrivati con toni non dirompenti. Gentiloni, invece, è stato netto: la proposta della presidente della Commissione Ue “va nella direzione giusta”. Ventiquattr'ore prima, Schlein aveva sentenziato: “Questa non è la strada giusta”. Tanto che il presidente del M5S, Giuseppe Conte, ha subito ironizzato: “Si mettessero d'accordo. Il M5S è stato sempre contrario a investire soldi nelle armi”. La posizione di Schlein è chiara: “All'Ue serve la difesa comune, non il riarmo nazionale”. La segretaria Pd pensa a una politica coordinata dall'Ue, con spese e direzione condivise, non a una somma di singole politiche di Stati che comprano armi ognuno per conto proprio. Una prospettiva che convince praticamente ogni area del partito. 

Su modi e tempi le differenze ci sono e potrebbero mostrarsi in maniera plateale anche a livello di famiglia socialista europea, di cui fa parte il Pd. “La sicurezza dell'Europa richiede investimenti immediati, sostanziali e congiunti” ha scritto su X il gruppo dei Socialisti Ue, “Il piano ReArmEU è un punto di partenza, non un traguardo”. Per Schlein “Noi insisteremo per cambiare quelle proposte e naturalmente speriamo di farlo anche insieme alle altre forze socialiste”. Gentiloni è tornato alla carica un paio di mesi dopo l'intervento di Orvieto e anche stavolta l'ex premier ha dato voce alle aree del partito che, specie sulle questioni militari, tengono d'occhio le mosse della segretaria, temendo l'influenza delle posizioni M5S, e che si stanno ritrovando nell'appello “Per un'Europa libera e forte” promosso dall'eurodeputata Pina Picierno

Fra i firmatari, il deputato Lorenzo Guerini, il senatore Alessandro Alfieri, che coordina l'area Energia Popolare guidata da Stefano Bonaccini, e il collega Filippo Sensi, vicino a Gentiloni. “La posizione di Schlein è ipocrita, il Pd si è grillinizzato”, ha detto il segretario di Azione Carlo Calenda. Anche Gentiloni ha dato una stoccata, criticando M5s e Avs: “Un conto è dire che” il piano ReArmEU “va migliorato e un conto è dire che l'Europa è bellicista o guerrafondaia”. Sibillino il capogruppo Pd al Senato Francesco Boccia, riferendosi a chi critica la segretaria: “Con Schlein il partito ha una chiara reputazione, che viene davanti a qualsiasi ambizione personale”. Anche Dario Franceschini si è schierato a difesa di Schlein: “Condivido le sue affermazioni: il piano di riarmo di von der Leyen va profondamente rivisto”. 

Meloni è netta. Sulla separazione delle carriere si andrà avanti rapidi

Dopo gli incontri a Palazzo Chigi tra la premier Giorgia Meloni e i rappresentanti dell'Unione delle Camere penali e dell'Associazione nazionale dei magistrati, Governo e centrodestra non prevedono ostacoli sul cammino della separazione delle carriere e, anzi se le opposizioni faranno le barricate, l'intenzione è di accelerare e andare in Aula, al Senato, senza mandato al relatore. 6 audizioni in Commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, guidata da Alberto Balboni (FdI), tra cui quelle all'ex pm di Mani Pulite Antonio Di Pietro, dell'ex presidente della Camera Luciano Violante e dell'ex senatrice dem Anna Finocchiaro. La settimana prossima si completerà poi il ciclo con il termine degli emendamenti e con il via libera della Commissione entro fine mese con la possibilità, quindi, che tra gli ultimi giorni di marzo e inizio aprile il provvedimento andrà in aula al Senato. Poi la spinta è per gli ulteriori passaggi delle Camere entro fine anno e, infine, si tirerà dritto fino al referendum. 

Nel centrodestra, tra l'altro, c'e' la convinzione che nella partita sulla riforma della Giustizia la maggioranza si possa allargare anche alle forze moderate del centrosinistra. Intanto Giorgia Meloni ha tenuto il punto a Palazzo Chigi prima davanti ai penalisti ribadendo che la “separazione delle carriere” è un elemento “ineludibile” perché il “giusto processo si attua, in contraddittorio, davanti ad un giudice che non deve solo essere terzo, ma che deve anche apparire terzo”. Poi nell'incontro di oltre due ore con la delegazione dell'Anm (arrivata nella sede del Governo con tanto di coccarda tricolore sulla giacca): nessuna trattativa né offerta, è emerso dalla riunione, sui capisaldi della riforma ma la disponibilità dell'esecutivo ad aprire un tavolo di confronto sulle leggi ordinarie di attuazione e sul documento in otto punti presentato dall'Anm che riguarda l'amministrazione della giustizia. 

Un colloquio “franco e proficuo”, lo definisce Palazzo Chigi, “un momento di chiarezza” per l'Anm, dove comunque le posizioni tra esecutivo e magistrati rimangono distanti. Tanto che, se da una parte il governo spinge per approvare “in tempi rapidi” la riforma della Giustizia, la Magistratura associata conferma la mobilitazione contro la separazione delle carriere con “manifestazioni di vario tipo, interventi televisivi, sui social, pubblicazioni, opuscoli e incontri con la gente”, spiega il presidente dell'Anm Cesare Parodi. All’incontro di hanno partecipato anche i due vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, il ministro Carlo Nordio e il sottosegretario Alfredo Mantovano.

La maggioranza apre sul fine vita

Primo spiraglio concreto per il fine vita, dopo quasi un anno. Al Senato il centrodestra, attraverso il Comitato ristretto, mette sul tavolo uno schema di legge, per ora solo due articoli, e inverte la rotta seguita finora. No al suicidio assistito tout court, sì a condizioni che definiscono quando e come può essere legale in Italia, limitando magari i casi di non punibilità. Gran parte delle opposizioni apprezza l'apertura e forte della legge sul fine vita varata in Toscana chiede una norma nazionale, dopo i “ritardi” e l'“ostruzionismo” attribuiti alla maggioranza. Un anno fa il provvedimento è stato assegnato alle Commissioni Sanità e Giustizia del Senato e a settembre, su richiesta del Pd, era stato fissato l'approdo in Aula, saltato più volte tra ritardi, audizioni e il mancato accordo su un testo base di discussione. Ora la novità: il Comitato ristretto ha proposto un testo che riprende i criteri ammessi dalla Corte costituzionale, in una sentenza del 2019, per consentire la morte assistita attraverso una legge che i giudici sollecitano da sette anni. 

E sulla scia della “eccezionalità del ricorso al suicidio assistito”, il testo abbozza un profilo dei potenziali papabili: maggiorennimalati irreversibili e con “sofferenze fisiche e psicologiche che reputano intollerabili”, capaci di prendere “decisioni autonome, libere e consapevoli”, persone tenute in vita con trattamenti ad hoc e che siano “in un programma di cure palliative”. Un aspetto, quest'ultimo, che uno dei due relatori, il meloniano Ignazio Zullo, definisce “una conditio sine qua non”, insomma, quasi un obbligo. Più cauto il resto della maggioranza. “Approfondiremo i primi contributi al testo base, prendendoci tutto il tempo che serve”, è il mood di Massimiliano Romeo che guida i senatori leghisti, anche in nome delle “diverse sensibilità che ci sono in ogni partito” e che ad esempio hanno spinto Matteo Salvini a riconoscere libertà di coscienza ai suoi. In ogni caso, il centrosinistra apprezza le novità: “Sono passi avanti significativi”, riconosce il senatore Alfredo Bazoli, del Pd.

Al vertice dei 27 Meloni ribadisce il no alle truppe e il no ai fondi di coesione

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni lascia il vertice straordinario dell'Ue sulla difesa e sull'Ucraina con una certa soddisfazione. L'Italia ha portato a casa diversi risultati per il finanziamento della difesa ma chiede di più: la sospensione del patto di stabilità e crescita, che riconosce elementi di perplessità già segnalati dall'Italia in passato, non deve limitarsi alle spese della difesa; così come viene escluso che l'Italia possa dirottare i fondi di Coesione al riarmo. “Abbiamo condotto una battaglia per escludere i fondi di coesione, cioè per escludere la possibilità che venissero forzatamente dirottate risorse dai fondi di coesione alle spese sulla difesa. È rimasta una clausola per cui volontariamente le Nazioni possono fare questa scelta”, ha spiegato la premier in un punto stampa. “Chiaramente noi non possiamo impedire che altre Nazioni decidano di fare questa scelta, soprattutto quelle che sono più esposte, ma per quello che mi riguarda io proporrò al Parlamento di chiarire fin da subito che l'Italia non intende dirottare fondi della coesione, sono fondi importantissimi per noi, sull'acquisto di armi. E questa sarà ovviamente una decisione che poi prenderemo insieme al Parlamento, sicuramente sarà la proposta che io porterò avanti”, ha assicurato. 

Un'altra questione posta sul tavolo alla riunione dei ventisette riguarda il problema del debito. Buona parte delle proposte nel piano di ReArm Eu sono infatti basate su nuovo debito degli Stati, seppure scorporato dal deficit e favorito in parte dal prestito comune dei 150 miliardi. La presidente del Consiglio ha incaricato il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti di presentare già al prossimo Ecofin una proposta per istituire una garanzia europea per favorire gli investimenti nel settore, puntando quindi sui fondi privati, come avviene con InvestEu. Meloni, che ha raccolto molto interesse sulla proposta di convocare un vertice Ue-Usa sul futuro di Kiev, ha ribadito che trova “complessa e inefficace” la proposta di inviare delle truppe sul territorio ucraina come garanzia di sicurezza, preferirebbe l'estensione dell'articolo 5 della Nato, senza adesione al Paese. “Penso che la questione ovviamente centrale della pace in Ucraina, sulla quale penso che dobbiamo fare tutti gli sforzi possibili per favorire un processo di pace, chiaramente salutando favorevolmente, dall'iniziativa americana, tutti coloro che vogliono arrivare a un processo di pace. Ma una pace giusta ha bisogno di garanzie di sicurezza certe”. 

“Le garanzie di sicurezza certe, secondo me, stanno sempre nell'alveo dell'alleanza atlantica, l'unico modo serio per garantirle è quello, poi ci sono diversi modi per farlo in cui stiamo portando avanti le nostre proposte ma, secondo me, quella di inviare truppe non meglio identificate, truppe europee poi, insomma francesi, britanniche, è la soluzione più complessa e forse la meno efficace. L'ho detto e l'ho ribadito. Ho anche escluso la possibilità che in questo quadro possano essere inviati soldati italiani e penso che dobbiamo ragionare anche su soluzioni più durature anche di quelle che potrebbero rappresentare oggi un invio di truppe”, ha spiegato. “Altro tema sono le questioni delle missioni di peacekeeping delle Nazioni Unite ma è tutta altra materia perché sono missioni che intervengono quando c'e' un processo di pace iniziato e non è la proposta di cui si sta parlando in queste ore”, ha precisato ancora.  

La politica italiana resta divisa sul piano Rearm Europe

Mentre a Bruxelles si discute il piano di Ursula von der Leyen sulla Difesa e si cerca una linea comune sui prossimi passi da compiere sul conflitto in Ucraina, la politica italiana resta divisa. Alle opposizioni, tutte contrarie (con l'eccezione di Azione), seppure con diverse sfumature, a dirottare fondi sul riarmo, si unisce da tempo la voce del leader della Lega Matteo Salvini, che ribadisce che “il Rearm Europe è una scelta sbagliata, a partire dal nome. È il paradosso europeo: non si poteva investire un euro in più per sanità e scuola, mentre ora si possono spendere 800 miliardi per la difesa comune?”. Salvini non fa mistero di non fidarsi di alcuni Paesi: “Se oggi avessimo un esercito europeo, Francia e Germania ci avrebbero già mandato in guerra. L'Italia deve difendere i suoi interessi, non farsi trascinare”. E lancia per sabato e domenica i gazebo della pace della Lega: “Se dobbiamo investire miliardi non lo facciamo sulle armi ma su scuole, strade e ospedali”. 

Sul fronte opposto l'altro vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani che a Bruxelles ha incontrato la von der Leyen poco prima del Consiglio straordinario. “Il messaggio è che siamo favorevoli al quadro disegnato da von der Leyen per garantire la sicurezza dell'Europa. Noi siamo sempre stati a favore della difesa europea. Era il grande sogno di De Gasperi e poi di Berlusconi e quindi se adesso si concretizza questo sogno non può che essere un fatto positivo”. Secondo Tajani, i fondi di coesione non sono a rischio: “Non li useremo perché devono essere destinati a fare altre cose, quindi non c'è alcuna preoccupazione da questo punto di vista”. Una cosa però, sottolinea, è inevitabile e necessaria: “Dobbiamo arrivare al 2% del Pil per rispettare gli impegni presi con la Nato e dobbiamo lavorare per garantire la nostra sicurezza”. 

Dal centrosinistra è forte la contrarietà al piano da parte della segretaria dem Elly Schlein, anche lei a Bruxelles per mettere a punto una strategia comune con il gruppo dei Socialisti. “Confermiamo le critiche del Pd alle proposte avanzate da Ursula von der Leyen. Lavoriamo con socialisti e democratici per cambiare le proposte e farle andare nella direzione che serve, che non è quella indicata da Ursula von der Leyen”. Schlein spiega che i dem sono “favorevoli a una difesa comune, ma anche contrari al riarmo dei 27 Stati europei”. Una posizione non da tutti condivisa al Nazareno, ma la segretaria non mostra preoccupazione. Il leader del M5S, Giuseppe Conte, attacca direttamente il Governo: “Il piano von der Leyen per spese folli in armi dei Paesi europei non cade improvvisamente dal cielo. Il governo Meloni ne è totalmente e pienamente responsabile”, scrive sui social.

Eutelsat annuncia una trattativa con Roma. Il governo smentisce

Eutelsat Communications annuncia di essere in pista nella trattativa con Roma per la rete satellitare diventando il diretto competitor di Starlink ma il Governo smentisce questa ipotesi. Ci sono “colloqui molto positivi” con l'esecutivo italiano sull'ipotesi di fornire comunicazioni satellitari sicure, annuncia la Ceo Eva Berneke, in un'intervista a Bloomberg Television, e sottolinea che “i contatti con il Governo indicano che l'Italia ha necessità di una costellazione di satelliti, e sta valutando le sue opzioni”. 

L'operatore francese starebbe intensificando i rapporti con l'Ue anche per sostituire Starlink in Ucraina. Da Palazzo Chigi non filtra nulla, mentre su Andrea Stroppa, referente italiano di Elon Musk, interviene postando una serie di faccine e brevi commenti perplessi e la foto con il patron di Tesla “Always by your side”. In serata intervengono però con nettezza fonti di Governo chiarendo lo stato dell'arte: “Le recenti notizie circolate su presunte trattative tra il Governo italiano ed Eutelsat non corrispondono al vero. Al momento, non sono in corso trattative con Eutelsat né con altre aziende del settore. È naturale che diverse aziende possano manifestare interesse a proporsi, ma ciò non implica l'avvio di negoziazioni formali. Qualsiasi eventuale decisione in questo ambito verrà presa nel pieno rispetto delle procedure istituzionali e con la massima trasparenza”. 

Si riparte quindi da zero, dopo le polemiche che avevano coinvolto proprio Stroppa, protagonista nei giorni scorsi di una serie di contestati post a proposito del ddl sulla space economy che ha avuto il suo primo via libera alla Camera. Il corposo provvedimento cha creato non poche polemiche e ha spinto le opposizioni a parlare di un “regalo a Musk”. Niente di tutto ciò, replica la maggioranza con il relatore di FdI Andrea Mascaretti, che specifica che il ddl di fatto colma un vuoto normativo e consentirà agli investitori privati di entrare in un mercato che ad oggi non ha regolamentazione. “Siamo il primo Paese” commenta il ministro Adolfo Urso “a dotarsi di una legge sulla Space economy, che rafforza la nostra sovranità tecnologica e proietta il nostro sistema industriale nel futuro. Un modello che ispirerà la normativa europea e consoliderà la nostra leadership”. ì

La Cabina di regia sul Pnrr si è riunita per un focus sulla Missione Salute

Si è riunita a Palazzo Chigi la Cabina di regia PNRR dedicata esclusivamente alla Missione Salute, presieduta dal Ministro per gli Affari europei, il PNRR e le politiche di coesione Tommaso Foti, alla presenza del Ministro della Salute Orazio Schillaci, oltre che dei presidenti delle Regioni e dei rappresentanti della Conferenza delle Regioni, per una puntuale verifica dello stato dell’arte degli interventi in sede territoriale. La Cabina di regia Salute rientra nell’ambito del monitoraggio rafforzato degli investimenti finanziati dal PNRR, che vedono le Regioni parte attiva come soggetti attuatori. Nel corso della riunione è stato fatto il punto sulla messa a terra di opere strategiche, quali l’attivazione degli Ospedali e delle Case di Comunità, delle grandi apparecchiature sanitarie, degli interventi di riqualificazione e di messa in sicurezza degli edifici per ospedali sicuri e della digitalizzazione dei DEA di I e II livello, interventi che rivestono una significativa importanza per il potenziamento dell’intero Ssn. 

Al fine di agevolare le Regioni nella verifica dei cronoprogrammi e nel conseguimento degli obiettivi programmati, è stata predisposta un’attestazione per asseverare lo stato di attuazione e il raggiungimento degli obiettivi e dei traguardi del Piano. Tale puntuale ricognizione del Governo consentirà alle Regioni di indicare eventuali profili di attenzione legati alle specificità attuative delle proprie misure e di rappresentare possibili soluzioni e azioni mirate al conseguimento degli obiettivi previsti. La Struttura di Missione PNRR della PCM, in raccordo con il Ministero della Salute, assicura la massima collaborazione alle Amministrazioni titolari per un adeguato supporto nella redazione delle attestazioni. Fermo restando gli obiettivi da traguardare con la nona e la decima rata, i dati ufficiali 2024 confermano l’attivazione di 480 Centrali Operative Territoriali, delle prime Case e Ospedali di Comunità aperte sull’intero territorio italiano e di circa 2.500 grandi apparecchiature sanitarie, che risulteranno determinanti per ridurre i divari territoriali e per efficientare le prestazioni erogate dal sistema sanitario nazionale. 

L'Anm si mobilita in vista sul referendum sulla separazione delle carriere 

Una mobilitazione culturale per sensibilizzare l'opinione pubblica, anche in scuole e università e sui social, in vista del probabile referendum sulla riforma costituzionale della Giustizia, ma anche una manifestazione nazionale, che forse nei prossimi mesi vedrà sfilare le toghe. L'Associazione nazionale dei magistrati studia la strategia per la nuova mobilitazione contro il provvedimento del Governo che punta alla separazione delle carriere dei magistrati: il ddl è attualmente in discussione in Parlamento ma l'iter della sua approvazione alle Camere potrebbe terminare entro l'estate. In tal caso, secondo quanto auspicato anche dall'Esecutivo, scatterà poi il percorso che porterà al referendum. Chiarite le intenzioni del Governo dopo il faccia a faccia a Palazzo Chigi, la partita dell'Anm si gioca ora proprio sulla quasi certa consultazione diretta dei cittadini che andranno alle urne per bocciare o promuovere il disegno di legge costituzionale. Le proposte sulle nuove iniziative del sindacato delle toghe saranno già lanciate sabato prossimo, quando si riunirà il Comitato direttivo centrale dell'Associazione, che ha fissato come primo punto all'ordine del giorno un dibattito sui risultati dell'incontro con la premier Giorgia Meloni. Archiviato lo sciopero dello scorso 27 febbraio e il confronto con la politica, la fase due della protesta prevede una sensibilizzazione dell'opinione pubblica “sui pericoli della riforma”.

I sondaggi della settimana

Negli ultimi sondaggi realizzati dall’Istituto SWG il 3 marzo, tra i partiti del centrodestra si arresta Fratelli d’Italia che perde uno 0,2% e scende al 30,0%. In seconda battuta il Partito Democratico insegue guadagnando 0,3 punti e attestandosi al 22,5%. Terza forza nazionale il Movimento 5 Stelle che perde lo 0,2% e si ferma all’12,0%. Avanzano Forza Italia, che guadagna lo 0,2% (9,4%) e la Lega che guadagna lo 0,3% (8,3%). Nella galassia delle opposizioni, AVS perde rimane stabile al 6.5%, mentre i centristi sono rilevati singolarmente con Azione (3,4%)IV (2,6%) e +Europa (1,8%). Chiudono il quadro settimanale le rilevazioni con Noi Moderati all’1,0%.

sondaggi-partiti-7-3-25.jpeg

La stima di voto per la coalizione di centrodestra (FdI, Lega, FI e NM), continua a crescere rispetto alla scorsa settimana salendo al 48,7%. Il centrosinistra (Pd, All. Verdi Sinistra) registra il 29,0% delle preferenze guadagnando 0,3 punti; fuori da ogni alleanza, il M5S perde lo 0,2% e si attesta all’12,0%. A chiudere il Centro continua a scendere, perdendo 0,1 punti scendendo all’ 7,8%.

 Screenshot_2025-03-07_alle_12.51.51.png

  1. Meloni rilancia sugli interessi comuni tra Ue e Usa e sulla Pace in Ucraina
  2. Sulle auto l’Ue va verso la neutralità tecnologica e la flessibilità sulle multe Co2
  3. Beppe Sala rilancia il dibattito sul centro e spinge sul federatore
  4. L'Ue lancia il piano da 800 miliardi per la difesa comune
  5. Il piano di difesa europea divide il Governo, Salvini è contro
  6. Il piano von der Leyen agita anche le opposizioni 
  7. Salvini ha deciso: il congresso federale della Lega sarà a Firenze ad aprile
  8. Tensione tra Tajani e Salvini sul progetto Rearm Europe
  9. Gentiloni sfida Schlein sul progetto Rearm Europe
  10. Meloni è netta. Sulla separazione delle carriere si andrà avanti rapidi
  11. La maggioranza apre sul fine vita
  12. Al vertice dei 27 Meloni ribadisce il no alle truppe e il no ai fondi di coesione
  13. La politica italiana resta divisa sul piano Rearm Europe
  14. Eutelsat annuncia una trattativa con Roma. Il governo smentisce
  15. La Cabina di regia sul Pnrr si è riunita per un focus sulla Missione Salute
  16. L'Anm si mobilita in vista sul referendum sulla separazione delle carriere 
  17. I sondaggi della settimana