Draghi presenta l’atteso report sulla competitività europea

“O agiamo ora o l'Europa va verso una lenta agonia. Non una morte improvvisa, ma è compromesso il benessere dei cittadini, già eroso negli ultimi decenni”: è il grido d'allarme lanciato a Bruxelles da Mario Draghi. Il suo Rapporto sul futuro della competitività europea, affidatogli un anno fa dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, è ora realtà, un documento di quasi 400 pagine che servirà da guida, assieme al Rapporto Letta sul Mercato unico, per il prossimo mandato della Commissione Ue. L'idea è che l’Europa sia rimasta indietro agli altri grandi attori globali, a cominciare da Usa e Cina, e che i suoi cittadini si stanno impoverendo. Bisogna agire. “Dovremmo abbandonare l'illusione che solo la procrastinazione possa preservare il consenso. Ha prodotto solo una crescita più lenta e non ha certamente ottenuto più consenso. Siamo arrivati al punto in cui, senza azione, dovremo compromettere il nostro benessere, il nostro ambiente o la nostra libertà”, scrive Draghi. 

Le sfide principali ruotano attorno ad alcuni assi, a partire dalla necessità di accelerare l'innovazione: “Il divario di produttività tra l'Ue e gli Stati Uniti è in gran parte spiegato dal settore tecnologico. Solo quattro delle prime 50 aziende tecnologiche al mondo sono europee”. La necessità di aumentare la produttività è dettata anche dal calo demografico in Europa: “L'Ue sta entrando nel primo periodo della sua storia recente in cui la crescita non sarà sostenuta dall'aumento della popolazione. Entro il 2040, si prevede che la forza lavoro si ridurrà di quasi 2 milioni di lavoratori ogni anno”. In secondo luogo, l'Europa deve abbassare i prezzi elevati dell'energia continuando a decarbonizzare e passare a un'economia circolare, ma le mosse della transizione devono essere coordinate altrimenti sono controproducenti. Infine, l'Europa deve reagire a un mondo di geopolitica meno stabile, dove le dipendenze stanno diventando vulnerabilità e non può più contare sugli altri per la sua sicurezza; insomma, più autonomia strategica, a cominciare da materie prime e difesa. C'è poi la semplificazione delle norme per le imprese, l'estensione del voto a maggioranza qualificata su molte aree che ora richiedono l'unanimità e il completamento del Mercato unico, come illustrato anche da Enrico Letta

Per fare tutto ciò serve una mole di investimenti mai vista prima, che riporta lo scenario a quello del dopoguerra. Servono investimenti annuali di almeno 750-800 miliardi di euro, in base alle ultime stime della Commissione, corrispondente al 4,4-4,7% del Pil dell'Ue nel 2023, sostanzialmente più del doppio del Piano Marshall. La quota di investimenti dovrebbe aumentare da circa il 22% del Pil attuale a circa il 27%, invertendo un declino pluridecennale nella maggior parte delle grandi economie dell'Ue, osserva il Rapporto. Come farlo? Per Draghi, favorevole a nuovo debito comune, la strada è quella di asset sicuri comuni, titoli pubblici comunitari che raccolgano capitali privati sul mercato, degli eurobond, sul modello del Next Generation Eu, con un'emissione che dovrebbe rimanere “specifica per missione e progetto”. L’idea registra la cautela di von der Leyen, che parla di “finanziamenti comuni per alcuni progetti europei comuni”, ma da raccogliere tramite nuovi contributi nazionali o nuove risorse proprie, le due fonti del bilancio dell'Ue. Sul piano politico le famiglie della maggioranza Ursula (Ppe, S&D, Renew e Verdi) plaudono al Rapporto, ognuna ponendo l'accento sui temi più cari, mentre l'ostacolo più grande saranno gli Stati membri, i decisori politici da dover convincere. Draghi dovrebbe illustrare il suo Rapporto ai leader Ue, potrebbe essere al Consiglio europeo del 17-18 ottobre oppure all'informale dell'8 novembre a Budapest, che la presidenza ungherese vorrebbe incentrare proprio su un nuovo accordo per la competitività.

Il nome di Fitto frena la presentazione della nuova Commissione Ue

È tensione a Bruxelles a neanche un mese dalla elezione per il bis alla testa della Commissione di Ursula von der Leyen. Veti incrociati, malumori bipartisan e il nodo delle quote rosa hanno alla fine costretto la presidente dell'esecutivo Ue a rinviare di una settimana la presentazione del suo nuova squadra di commissari. Il pressing su von der Leyen e sull'idea di assegnare la vicepresidenza esecutiva a Raffaele Fitto è fortissimo: “Con Ecr nel cuore della Commissione, non la voteremo”, hanno avvertito i socialisti. La presentazione del team ci sarà il 17 settembre, a Strasburgo, alle prime battute di una plenaria che si preannuncia caldissima. Formalmente a causare lo slittamento è stato il fatto che il Parlamento sloveno solo venerdì voterà il suo nuovo candidato, Marta Kos, dopo la rinuncia di Tomaz Vesel. Contro il ministro italiano il rischio è che si crei un'asse tra socialisti, liberali e verdi. Tutti e tre i gruppi sono parte della maggioranza che, a dispetto dei conservatori, ha eletto von der Leyen. Tutti e tre sono contrari ad una europeizzazione di Ecr e pretendono che la nuova Commissione rispecchi la maggioranza al Pe, sebbene tra i 27 Paesi membri, a prevalere nettamente, siano i governi di centrodestra. 

“Ignorare il processo dello Spitzenkandidat, minare l'equilibrio di genere nel collegio, mettere un Commissario per l'occupazione il cui impegno nei confronti dei diritti sociali è a dir poco discutibile, portare proattivamente l'Ecr nel cuore della Commissione: questa sarebbe la ricetta per perdere il sostegno dei progressisti”, ha tuonato Iratxe Garcia Perez. Tradotto: il gruppo S&D spinge affinché von der Leyen convinca il Lussemburgo a candidare lo Spitzenkandidat socialista Nicolas Schmit al posto del popolare Christophe Hansen; vuole il portafoglio per gli Affari Sociali ed è contrario a Raffele Fitto come vicepresidente esecutivo. La galassia socialista non è compattissima: sulle barricate ci sono le delegazioni tedesche e francese mentre più morbida è la linea del Pd, che dopo una riunione degli eurodeputati ha spiegato che “valuterà Fitto senza pregiudizi” e che non sono stati gli italiani a porre il problema sul Ministro. Fitto, ha avvertito la delegazione, “dovrà però dare segnali ampiamente europeisti” nel corso della sua audizione. In serata è stata però la stessa Elly Schlein a indurire la posizione dei dem: “Abbiamo sempre sostenuto un portafoglio di peso per l'Italia” ma “von der Leyen dovrà tenere conto della maggioranza che l'ha votata in Parlamento”. Su posizioni non tanto dissimili da S&D ci sono i Liberali e i Verdi. Sulla sponda opposta il Ppe mantiene un cauto silenzio. Su Fitto non c'è nessun ripensamento.  

Giorgetti incontra Fi sulla manovra. Pesa il calo della produzione industriale 

La corsa per la terza manovra economica del governo Meloni è partita: la sfida è trovare i circa 10 miliardi mancanti per confermare e sostenere le misure dell'esecutivo. Giancarlo Giorgetti è al lavoro ma nel percorso a ostacoli della legge di bilancio andrà anche considerato il calo della produzione industriale. A luglio l'indice complessivo scende in termini tendenziali del 3,3%, dati prevedibili e in linea con una contrazione generalizzata. Va peggio se si guarda a un periodo più lungo: da maggio 2022 a luglio 2024 l'indice crolla complessivamente al 6,7%. Al di là di numeri e stime, resta la corsa a trovare le risorse che servono a confermare i must del governo e cioè taglio del cuneo fiscale, riduzione dell'Irpef e bonus per la natalità. I forzisti, incontrando Giancarlo Giorgetti, hanno insistito sui sostegni alla classe media, come il taglio dell'Iperf dal 35 al 33%, e gli aiuti ai giovani sul fronte dei mutui per l'acquisto della prima casa e con interventi contro il caro affitti. Le parti riferiscono di “un dialogo sereno” con il Ministro e senza alcun pressing da parte loro: “Nessuna sparata o richiesta eccessiva”, sintetizza Maurizio Gasparri, presente al confronto. 

Per quanto riguarda i tempi della manovra, secondo fonti di maggioranza, sarebbe confermato al 17 settembre l'ok del Cdm al Piano strutturale di bilancio a sette anni, richiesto dalle nuove regole europee. Step successivo, il passaggio in Parlamento ma forse anche per questo potrebbe slittare di qualche giorno l'invio del Piano a Bruxelles, finora fermo alla deadline del 20 settembre. La dilazione, di conseguenza, consentirebbe al Governo di prendersi più tempo, oltre a garantire al Parlamento una discussione più approfondita sul Piano. Altra data cui Palazzo Chigi guarda è il 23 settembre: allora l'Istat ha annunciato la revisione generale delle stime annuali dei Conti nazionali 1995-2023, un elemento di cui il governo dovrà tenere conto nella messa a punto del Piano strutturale e del Documento programmatico di bilancio, che va presentato entro il 15 ottobre.  

Le nomine Rai rimangono bloccate. Slitta la seduta alla Camera e al Senato 

Giorgia Meloni ha altre due settimane per sbrogliare i nodi sulle nomine Rai. Alla vigilia del voto per i quattro membri di nomina parlamentare del cda, Camera e Senato hanno fatto slittare al 26 settembre le sedute, un rinvio necessario davanti allo stallo politico. Nulla, al momento, lascia intravedere soluzioni nel muro contro muro fra maggioranza e opposizione, con conseguenti fibrillazioni nel centrodestra. La situazione è ormai cristallizzata da giorni e le Conferenze dei capigruppo di Montecitorio e Palazzo Madama non hanno potuto che prenderne atto, rinviando l'elezione. D'altronde, dopo le nomine delle due Camere, il centrodestra avrebbe bisogno di tre voti di opposizione in Commissione di vigilanza per far passare l'indicazione di Simona Agnes come presidente. Ma le opposizioni chiedono che prima di procedere alle nomine dei vertici si definisca la riforma della governance

La linea dettata da Elly Schlein non cambia neanche davanti all'ipotesi messa sul piatto dalla premier di individuare un presidente di garanzia condiviso anche dalle minoranze, rinunciando alla soluzione Agnes. Una mossa vana, notano fonti dem, per provare a rimuovere dalla tv pubblica l'etichetta di TeleMeloni. Il dialogo è difficile e la premier sta cercando una via d'uscita e al momento la strategia è quella di prendere tempo. E non è detto che si tratti dell'ultimo rinvio. In questa strada stretta, con i vertici ormai scaduti, per Meloni si è aperto un fronte interno al governo, perché Antonio Tajani non intende cedere su Agnes. Fra i nomi che più rimbalzano in questi giorni c'è quello di Giovanni Minoli, oltre a Milena GabanelliNino Rizzo NervoRoberto Natale e Antonio Di Bella. Da settimane le strategie di FI sono guardate con sospetto nel partito della presidente del Consiglio. 

Il centrodestra presenterà il sindaco di Genova Bucci alle regionali in Liguria 

Ieri mattina il sindaco di Genova Marco Bucci ha detto sì alla proposta di candidatura alle regionali in Liguria che gli è arrivata dai leader del centrodestra e dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. L'annuncio ufficiale è arrivato con una nota congiunta della premier, di Matteo SalviniAntonio Tajani e Maurizio Lupi: “Siamo convinti che i cittadini liguri sapranno apprezzare le sue capacità amministrative e politiche e sostenere il percorso di cambiamento avviato dal centrodestra”. Il colpo di scena è arrivato dopo settimane di stallo nella definizione della candidatura per il dopo Toti: una serie di veti incrociati, di indicazioni sondaggistiche poco rassicuranti sui nomi degli altri possibili candidati (la deputata totiana Ilaria Cavo, il viceministro Edoardo Rixi, il vicesindaco di Genova Pietro Piciocchi) e di equilibri nazionali che includevano anche altre regioni come il Veneto avevano gettato il centrodestra nel caos. 

Negli ultimi giorni è maturata l'idea di tornare su Bucci che, in realtà, era già stato un'opzione a maggio, con il deflagrare della maxinchiesta per corruzione che ha portato alla caduta del governo regionale. “Qualche mese fa ho rinunciato a candidarmi per due motivi precisi: la volontà di rispettare l'impegno preso con i genovesi sino a giugno 2027 e le mie condizioni di salute” ha spiegato Bucci “Ma in queste ultime settimane mi sono accorto che il modo migliore per garantire il completamento delle opere e dei progetti che abbiamo iniziato è quello di estendere il nostro metodo di lavoro a tutta la Liguria”. Dunque, la strada indicata è quella di portare anche in Regione il cosiddetto “modello Genova”, quello per cui Bucci è diventato “l'uomo del ponte”. “Mi candido contro i signori del no a tutto”, ha ribadito il sindaco e Commissario, che al momento non è indagato dalle vicende giudiziarie che hanno portato all'arresto, tra gli altri, di Giovanni Toti

Movimento nelle opposizioni, Marattin lascia IV, PD e M5S convergenza sui temi 

Difesa della sanità pubblica, istruzione e ricerca, lavoro e salari, politiche industriali, diritti sociali e civili: è sui “cinque punti” lanciati dal palco della festa dell'Unità di Reggio Emilia che Elly Schlein intende lavorare all'alternativa, “per mandare a casa il Governo più a destra della storia repubblicana”. Il tentativo della leader dem è quello di riportare l'attenzione di protagonisti ed elettori sui temi, partire dai dossier, dalle battaglie comuni per dimostrare che la “credibilità” di una (possibile) alleanza sta nelle cose da fare e non nel toto nomi di chi è dentro o chi è fuori. La prima occasione utile è la prossima legge di bilancio sulla quale già attaccano: “Riteniamo sbagliato che il Piano strutturale di bilancio che deve essere presentato all'Europa e che indica gli impegni economici del nostro Paese a medio termine non venga discusso in Parlamento prima di essere presentato in CdM. Le scadenze temporali sono strette ma non così rigide da non poter prevedere prima un confronto parlamentare oltre che con le forze sociali ed economiche” è la linea. Sulle battaglie concrete, in ogni caso, il M5S apre: “Le priorità elencate dalla leader Pd sono un po' vaghe, ma noi sui temi ci siamo sempre stati e ora riprenderemo le battaglie comuni. Certo la costruzione dell'agenda programmatica è frutto di un confronto, va scritta a più mani. Deve essere condivisa per essere credibile” è la linea dei pentastellati. 

Anche da Avs arrivano risposte positive: “Bene le parole di Schlein sull'unità del centrosinistra. Avs ha sempre sostenuto la necessità e l'urgenza dell'unità delle opposizioni in Parlamento a partire dalla manovra economica. Noi siamo pronti al confronto”, assicura Angelo Bonelli che però poi tiene a puntualizzare che tra le priorità “non rientra sicuramente il nucleare”, con un riferimento a Carlo Calenda, che dal palco di Cernobbio ha invece insistito per l'utilizzo di questo tipo di energia. Il leader di Azione, invece, non perde occasione per ribadire che il suo partito “non è e non sarà nel campo largo”. Non la pensa così Matteo Renzi, che proprio per la scelta di tornare nel centrosinistra, perde Luigi Marattin che dà vita all'associazione Orizzonti liberali che punta alla creazione di “un'interfaccia politica” del rapporto presentato da Mario Draghi in Ue. Un no al campo largo, sia pur per motivi diversi, arriva anche da Virginia Raggi: “Non credo in questo esperimento, in questo percorso. Abbiamo sempre combattuto i partiti tradizionali quindi oggi andare a braccetto direttamente con loro francamente mi sembra una regressione totale, quasi un tradire la missione del Movimento”. 

I sondaggi della settimana

Gli ultimi sondaggi realizzati dall’Istituto SWG sono aggiornati al 9 settembre. Tra i partiti del centrodestra, Fratelli d’Italiaregistra un lieve calo, con un -0,1%, confermandosi il primo partito italiano (30,2%). Forza Italia pareggia la Lega, conquistando l’8,5% delle preferenze. Riprende terreno il PD, che sale al 22,5%. Terza forza nazionale in calo il Movimento 5 Stelle (11,4%). Cresce anche AVS (+0,3%), mentre registra un calo di preferenze +Europa (-0,2%) mentre IV sale (+0,3% per entrambe). Nessuna variazione rispetto per il partito di Carlo Calenda (3,2%). Infine, il movimento di Michele Santoro Pace Terra e Dignità è dato all’1,1%, mentre il partito alleato di governo guidato da Maurizio Lupi Noi Moderati non è stato inserito nelle rilevazioni.

sondaggi-partiti-13-9-24.jpegLa stima di voto per la coalizione di centrodestra (FdI, Lega, FI e NM), registra un lieve calo dello 0,1%. Il centrosinistra in aumento raccoglie il 29,7% delle preferenze; fuori da ogni alleanza, il M5S, arretra con un -0,2%. In lieve crescita il Centro, che si ferma al 7,5%.

 

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  1. Draghi presenta l’atteso report sulla competitività europea
  2. Il nome di Fitto frena la presentazione della nuova Commissione Ue
  3. Giorgetti incontra Fi sulla manovra. Pesa il calo della produzione industriale 
  4. Le nomine Rai rimangono bloccate. Slitta la seduta alla Camera e al Senato 
  5. Il centrodestra presenterà il sindaco di Genova Bucci alle regionali in Liguria 
  6. Movimento nelle opposizioni, Marattin lascia IV, PD e M5S convergenza sui temi 
  7. I sondaggi della settimana