Il Commissario Gentiloni è certo che ci sarà una ripresa forte
Ottimista. Così si è detto l'altro giorno Paolo Gentiloni, commissario Ue agli Affari economici, commentando sui social i dati relativi alle previsioni di crescita dei principali Paesi europei. Il peggio sembra alle spalle e l'Europa torna a crescere. “Parlavo di ottimismo nel commentare dei dati ancora negativi”, spiega il commissario, “nel senso che abbiamo avuto sia nel quarto trimestre dell'anno scorso che nel primo trimestre di quest'anno, un lievissimo segno meno: 0,5 per cento di crescita negativa. Ricordavo tuttavia che la ripresa è in atto e sarà particolarmente forte nella seconda metà dell'anno. Quindi sì, si torna a crescere. La reazione molto veloce e forte delle istituzioni Ue e di conseguenza dei singoli Paesi, ha attutito le conseguenze di un 2020 drammatico per l'economia reale”.
“Naturalmente dietro questi numeri ci sono ferite sociali molto gravi da rimarginare. Penso al lavoro di giovani e donne o a settori tuttora in crisi nel commercio, nel turismo, nella ristorazione, nella cultura. Tuttavia l'ondata è stata contenuta e io credo che il vento di ripresa potrebbe anche esser più forte del previsto. La sfida sarà la qualità di questa crescita: se sarà sostenibile e se sarà duratura, non sarà solo un rimbalzo post crisi”. Quanto all'Italia, “potrebbe avere un buon livello e godere in particolare di una ripresa forte. Però il tasso di crescita è importante: il Fmi ha parlato per l'Eurozona di un tasso di crescita superiore al 4 per cento, numeri che non vedevamo dal secolo scorso in Europa. Ma tutto ciò deve corrispondere a una economia più verde e a una crescita che non sia solo una fiammata dopo la caduta”, ha concluso Gentiloni.
La Bce resta prudente, la ripresa è ancora fragile
La ripresa dell'Eurozona sarà graduale, gli indicatori danno un'accelerazione dopo il primo trimestre 2021 ancora negativo ma c’è ancora elevata incertezza, legata principalmente agli sviluppi della pandemia. Lo dice la Banca centrale europea, in un Bollettino economico ancora improntato alla prudenza che tiene conto del fatto che “la tempistica dell'allentamento delle misure di contenimento non è ancora chiara e non si possono escludere ulteriori sviluppi avversi associati alla pandemia”. E se l'inflazione è data in accelerazione nei prossimi mesi, Francoforte torna a ribadire che non vede un andamento dei prezzi durevolmente al di sopra del 2%. Anzi: “gli indicatori delle aspettative di inflazione a più lungo termine ricavati dai mercati rimangono su livelli contenuti”. È in questo scenario di estrema cautela, di fronte ai segnali di ripresa, all'accelerazione dei vaccini e al venir meno delle misure di contenimento sociale più rigorose, che la Bce conferma “l'orientamento molto accomodante della politica monetaria”. È per questo che l'ultimo Consiglio direttivo ha mantenuto i tassi invariati ai minimi storici promettendo di non toccarli fino a quando le prospettive d'inflazione “non convergeranno saldamente” verso il target del quasi 2%. Nonostante le pressioni dei componenti falchi siano tornate a salire, inoltre, la Bce tira dritto sul programma di acquisti per l'emergenza pandemica da 1.850 miliardi di euro, che ha appena girato la boa dei 1.000 miliardi, che durerà fino a marzo 2022 e da qui a giugno proseguirà a ritmo accelerato.
Un orientamento più prudente di quello della Bank of England: sebbene la crescita attesa per il 2021 sia di oltre il 7%, il comitato di politica monetaria non ha toccato i tassi, né la riduzione graduale degli acquisti di debito, di cui però si comincia a parlare. Ma, soprattutto, l'orientamento della Bce si discosta sempre più da quello della Fed, di fronte a un gap creato dal massiccio stimolo fiscale dell'amministrazione Biden negli Usa: dove persino il segretario al Tesoro Janet Yellen si era lasciata scappare un accenno alla possibilità di un rialzo dei tassi se fosse necessario raffreddare l'economia. Nulla di tutto ciò in Europa, dove per lo stimolo del recovery fund bisognerà aspettare almeno giugno e la Bce deve continuare a sostenere l'economia. Lo stimolo passa anche dal settore bancario, dove il forte impulso alla liquidità potrebbe accompagnarsi a un meccanismo sempre più strutturale di tassi sdoppiati nei maxi-prestiti Tltro. E dove, nel frattempo, la Vigilanza guidata dall'italiano Andrea Enria deve fare i conti con una pandemia che lascerà sui bilanci delle banche una mole di prestiti bancari insoluti.
L’Istat certifica il calo della popolazione: con Covid almeno 99 mila morti in più
La pandemia Covid ha avuto un impatto netto sulla popolazione italiana che è scesa sotto i 60 milioni, arrivando a 59,2 milioni (59.258.000) al 1° gennaio 2021, confermando una tendenza in atto da 7 anni e facendo registrare una diminuzione di 384mila unità sull'anno precedente (-6,4 per mille residenti). A dirlo è il report Istat sugli indicatori demografici 2020 che mette in fila tutti i numeri legati agli effetti della pandemia a livello demografico. Il calo, precisa l'Istituto nazionale di statistica, è avvenuto quasi ovunque in Italia, con un minimo di nascite e un massimo di decessi che ha creato una dinamica naturale negativa di 342mila unità. Il maggior effetto negativo della pandemia, precisa Istat, è quello sui decessi: 746mila le morti registrate nell'anno passato, il 18% in più di quelli rilevati nel 2019, e con 99mila vittime causate direttamente o indirettamente dal virus. L'impatto del Covid è stato tale che è diminuita anche la speranza di vita degli italiani, passata a 82 anni, ben 1,2 anni sotto il livello del 2019: un dato, sottolinea ancora l'Istituto, che non si registrava dal 2012.
A livello nazionale l'eccesso di mortalità rappresenta il 13% della mortalità riscontrata nell'anno, ma la situazione è molto varia sul piano territoriale. Nel Nord rappresenta il 19%, nel Centro l'8% e nel Mezzogiorno il 7% del totale. Particolarmente significativo il dato della Lombardia al 25% (un decesso su quattro). In quest'ultima regione, peraltro, emergono le aree più colpite: nella provincia di Bergamo l'eccesso di mortalità costituisce il 36% del totale, in quella di Cremona il 35%, in quella di Lodi il 34%. Altro dato che conferma il calo demografico, in atto da anni ma amplificato dal Covid, è quello relativo alle nascite: solo 404mila i nuovi nati nel 2020, ben il 30% in meno in 12 anni. In discesa anche il tasso di fecondità totale sceso lo scorso anno a 1,24 figli per donna da 1,27 del 2019 (era 1,40 nel 2008): si tratta, precisa l'Istat, del dato più basso dal 2003.
Per l’Istat: a marzo vendite al dettaglio stabili sul mese, ma +22,9% sull’anno
A marzo 2021 l’Istat stima una variazione congiunturale pressoché nulla per le vendite al dettaglio (-0,1% in valore e +0,1% in volume), che sintetizza una crescita per i beni alimentari (+1,9% in valore e +1,7% in volume) e un calo per i non alimentari (-1,6% in valore e -1,1% in volume). Nel primo trimestre del 2021, in termini congiunturali, le vendite al dettaglio aumentano dello 0,2% in valore e diminuiscono dello 0,3% in volume. Quelle di beni alimentari calano dello 0,6% in valore e dello 0,4% in volume, mentre le vendite dei beni non alimentari crescono in valore (+0,9%) ma segnano una lieve flessione in volume (-0,2%). Su base tendenziale, a marzo 2021, le vendite al dettaglio aumentano del 22,9% in valore e del 23,5% in volume.
Tale risultato è dovuto in particolar modo alle vendite dei beni non alimentari che registrano un fortissimo aumento sia in valore sia in volume (rispettivamente +49,7% e +50,3%); in crescita, seppur in modo più contenuto, anche le vendite dei beni alimentari (+3,7% in valore e in volume). Tra i beni non alimentari, si registrano variazioni tendenziali positive per tutti i gruppi di prodotti. Gli aumenti maggiori riguardano Giochi, giocattoli, sport e campeggio (+110,7%), Foto-ottica e pellicole, supporti magnetici, strumenti musicali (109,2%), mentre per i prodotti farmaceutici si evidenzia la crescita di minore entità (+0,7%). Rispetto a marzo 2020, il valore delle vendite al dettaglio aumenta in tutti i canali distributivi: la grande distribuzione (+17,0%), le imprese operanti su piccole superfici (+27,8%), le vendite al di fuori dei negozi (+43,8%) e il commercio elettronico (+39,9%).