Per la Georgieva del Fmi il primo obiettivo è ridurre l’inflazione

L'inflazione ha iniziato a scendere dai livelli storicamente elevati, ma è ancora ben al di sopra dell'obiettivo. L'incertezza rimane elevata e il rischio è inclinato verso il basso per la crescita e verso l'alto per l'inflazione. Lo ha detto la direttrice esecutiva del Fondo monetario internazionale (Fmi), Kristalina Georgieva, in una conferenza a margine dell'Ecofin a Lussemburgo. “Il nostro obiettivo principale a breve termine e nei mesi e negli anni che ci attendono, è continuare a far scendere l'inflazione verso l'obiettivo, cosa che prevediamo avverrà solo nel 2025, preservando al contempo la stabilità finanziaria. La politica monetaria dovrebbe continuare a stringere e rimanere in territorio restrittivo per qualche tempo, fino a quando le aspettative di inflazione non saranno saldamente ancorate e l'inflazione non tenderà verso l'obiettivo”. 

“Accogliamo con favore la decisione di ieri della Bce di inasprire la politica monetaria”. “La mia raccomandazione è di adottare un orientamento restrittivo per assicurarci che l'inflazione sia saldamente su una tendenza al ribasso, per cui la Bce continuerà a monitorare”. Per la Georgieva, nell'attuale contesto economico “la politica fiscale deve rimanere rigida, fino oltre il 2023-2024, per ridurre la domanda complessiva, spingere l'inflazione verso il basso e fare pressione sui tassi di interesse”. “In questo modo possiamo ridurre i rischi per la stabilità finanziaria e, naturalmente, porre solide basi per la crescita”. A proposito di stabilità finanziaria, Georgieva ha sottolineato che il sistema bancario dell'eurozona è complessivamente resistente. “La stabilità finanziaria nell'area europea richiede il rafforzamento dell'architettura finanziaria, l'attuazione di Basilea 3, progressi significativi nell'Unione bancaria e dei mercati dei capitali. 

L’inflazione è ancora troppo alta, la Bce aumenta i tassi al 4%

La Bce alza ancora i tassi d'interesse, portandoli ai massimi dal 2001, ma spiazza con nuove stime sull'inflazione, molto peggiorate rispetto alle precedenti. E la linea dei falchi si rafforza, spinta dai dati che vedono il target del 2% mancato anche nel 2025. La presidente Christine Lagarde spiega che un altro rialzo a luglio è “molto probabile”, e per la decisione di settembre si prepara già un nuovo scontro all'interno del Consiglio direttivo. Tra i governatori delle banche centrali, stavolta, c'è stato un “consenso molto molto ampio” sulla scelta di aumentare di altri 25 punti base il costo del denaro che ora è al 4%. Gli esperti dell'Eurosistema si attendono che l'inflazione complessiva si attesti in media al 5,4% nel 2023, al 3,0% nel 2024 e al 2,2% nel 2025. Basta per far concludere ancora una volta al Consiglio direttivo che, anche se l'inflazione mensile è in calo, “rimarrà troppo alta per troppo tempo”. 

La colpa, spiega Lagarde, è dei passati rincari sui prezzi dell'energia, che ancora stanno trasmettendo i loro effetti all'economia, e delle spinte che arrivano dal mercato del lavoro. A pesare è “il costo del lavoro per unità di prodotto”, di cui i salari sono soltanto un elemento. Sebbene i passati rialzi dei tassi si stiano trasmettendo con forza all'economia reale, l'inflazione al 2,3% nel 2025 “non è soddisfacente” e quindi “a meno che non ci sia un cambiamento concreto del nostro scenario”, è “molto probabile” che a luglio ci sarà un nuovo rialzo. Tassi più alti significano mutui più cari, e per il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini la Bce “sta danneggiando famiglie e imprese”. Il sottosegretario al Mef Federico Freni chiede di avviare “una riflessione, responsabile e puntuale, sulla durata di una politica monetaria restrittiva che sta scaricando contraccolpi pesantissimi sull'economia reale”. 

L’Italia chiede all’Ue più risorse in bilancio pluriennale e Fondo Sovrano

Ampliare le risorse del bilancio Ue di lungo termine e istituire subito un Fondo Sovrano. Sono queste le richieste dell'Italia contenute in un documento inviato alla Commissione Ue, di cui il Ministro degli Affari europei Raffaele Fitto ha discusso assieme al Commissario al Bilancio Johannes Hahn a Strasburgo. Il mese scorso il Parlamento Ue aveva lanciato l'allarme sull'insufficienza dei fondi stanziati per far fronte alle spese a causa dall'aumento dei tassi sul debito del Recovery e chiesto di introdurre nuove risorse proprie, tra cui una tassa sulle criptovalute, una sulle transazioni finanziarie e un'ammenda per le società che importano beni nell'Ue e pagano i lavoratori al di sotto della soglia di povertà. “Per evitare la frammentazione del mercato unico” l'Italia chiede anche “la rapida istituzione di un Fondo di sovranità, per colmare il deficit di finanziamento degli investimenti strategici, anche in infrastrutture”. Si tratta di uno strumento “fondamentale” che “risponderà all'appello urgente più volte lanciato dal Consiglio Ue. Le sue risorse finanziarie potrebbero essere fornite usando “una maggiore flessibilità nell'uso delle risorse esistenti mobilitando quelle messe a disposizione dal bilancio dell'Ue o nell'ambito degli strumenti esistenti”. Il Fondo Sovrano, annunciato da Ursula von der Leyen, torna ora in auge nel quadro della revisione del bilancio settennale. 

Intanto c’è stato l'incontro dei tecnici della Commissione Ue a Roma con il Ministro Raffaele Fitto. La visita fa parte del sistema di monitoraggio classico sui piani di ripresa e resilienza da parte dell'Esecutivo Ue nei Paesi membri e prevede un punto sullo stato di avanzamento del piano, compreso il pagamento della terza rata da 19 miliardi. Lo sblocco, su cui il Governo italiano si dice ottimista, dovrebbe avvenire entro il mese, a detta del Commissario Paolo Gentiloni. Nella riunione si è parlato delle modifiche al piano, compresa l'introduzione del nuovo capitolo del RePower, che la Commissione si attende avvenga il prima possibile. Ieri Bruxelles è tornata a parlare anche della ratifica del nuovo trattato del Mes da parte dell'Italia e si è detta felice dell'inizio dell'iter parlamentare. 

ISTAT: Prezzi al consumo per maggio 2023

A maggio 2023, si stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registri un aumento dello 0,3% su base mensile e del 7,6% su base annua. La decelerazione del tasso di inflazione si deve, in prima battuta, al rallentamento su base tendenziale dei prezzi dei beni energetici non regolamentati (da +26,6% a +20,3%) e, in misura minore, di quelli degli alimentari lavorati (da +14,0% a +13,2%), degli altri beni (da +5,3% a +5,0%), dei servizi relativi ai trasporti (da +6,0% a +5,6%) e dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +6,9% a +6,7%). Tali effetti sono stati solo in parte compensati dalle tensioni al rialzo dei prezzi degli alimentari non lavorati (da +8,4% a +8,8%) e di quelli dei servizi relativi all’abitazione (da +3,2% a +3,5%).

L’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, registra un lieve rallentamento da +6,2% a +6,0%, così come quella al netto dei soli beni energetici, che passa da +6,3% a +6,2%. Si attenua la crescita su base annua dei prezzi dei beni (da +10,3% a +9,3%) e in misura minore quella relativa ai servizi (da +4,8% a +4,6%), portando il differenziale inflazionistico tra il comparto dei servizi e quello dei beni a -4,7 punti percentuali, da -5,5 di aprile. I prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona rallentano in termini tendenziali (da +11,6% a +11,2%), come anche quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +7,9% a +7,1%). L’inflazione acquisita per il 2023 è pari a +5,6% per l’indice generale e a +4,7% per la componente di fondo.

Commercio con l’estero e prezzi all’import, aprile 2023

Ad aprile 2023 si stima una flessione congiunturale per le esportazioni (-1,7%) e una crescita per le importazioni (+5,3%). La diminuzione su base mensile dell’export è dovuta al calo delle vendite verso entrambe le aree, Ue (-1,5%) ed extra Ue (-2,0%).

Ad aprile 2023, l’export diminuisce su base annua del 5,4% in termini monetari e segna una contrazione più ampia in volume (-10,3%). La riduzione dell’export in valore riguarda sia i mercati Ue (-5,7%) sia quelli extra Ue (-4,9%). L’import registra una flessione tendenziale del 12,3% in valore – molto più marcata per l’area extra Ue (-19,4%) rispetto all’area Ue (-5,6%) –, mentre in volume mostra un calo più contenuto (-4,8%).

Su base annua, i paesi che forniscono i maggiori contributi alla flessione dell’export nazionale sono: Germania (-8,7%), Belgio (-23,0%) e Regno Unito (-13,7%). Per contro, crescono le esportazioni verso Stati Uniti (+6,5%), Svizzera (+4,1%), Spagna (+3,6%) Turchia (+8,6%).

Nei primi quattro mesi del 2023, le esportazioni registrano una crescita tendenziale del 5,9%, cui contribuisce in particolare l’aumento delle vendite di macchinari e apparecchi n.c.a. (+14,2%), articoli farmaceutici, chimico-medicali e botanici (+17,6%), autoveicoli (+22,7%) e prodotti alimentari, bevande e tabacco (+10,5%).

Nel mese di aprile 2023 i prezzi all’importazione diminuiscono dell’1,0% su base mensile e del 6,2% su base annua (era -2,6% a marzo).



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