De Guindos (Bce): “andiamo verso fine rialzi tassi, ma serve ancora cautela” 

La BCE è "arrivata alla fase finale dell'inasprimento monetario". Lo ha detto il vicepresidente Luis de Guindos in un'intervista al Sole24ore, riconoscendo come quella adottata è stata una stretta "molto forte" che "risponde alla situazione dell'inflazione, che resta alta". "Le banche dell'area dell'euro - riconosce - sono resilienti in termini di capitale, di liquidità. E ora anche la redditività è in risalita, grazie ai margini più alti per il rialzo dei tassi. Ma non è il caso di abbassare la guardia, dobbiamo essere molto cauti". Finora - spiega il banchiere spagnolo - "non abbiamo visto alcun problema di stabilità finanziaria. I rendimenti dei titoli di Stato sono saliti, ma gli spread sono rimasti abbastanza stabili. Non si è visto un aumento della frammentazione in seguito a questo rialzo dei tassi. Inoltre, i bilanci delle banche europee stanno migliorando, nel primo trimestre di quest'anno la redditività è risultata migliore delle attese".

 "Le imprese - riconosce - hanno iniziato a risentire del rialzo dei tassi d'interesse ma non c'è stata un'ondata di default" e neanche di bocciature di rating: "in quanto alle famiglie, la buona performance del mercato del lavoro continua a essere di supporto per affrontare l'inasprimento delle condizioni di finanziamento. Quindi, finora tutto bene direi. Ma è chiaro che continuiamo a monitorare la situazione, guardando a un'ampia gamma di indicatori". Commentando le richieste dei falchi per un aumento da 50 punti durante la riunione di maggio del Consiglio direttivo, de Guindos osserva che quello da 25 punti base "è stata la decisione corretta da prendere" e spiega di essere "stato favorevole anche durante le discussioni preliminari all'interno del Comitato esecutivo. La grande maggioranza del Consiglio direttivo è stata favorevole alla proposta". "Si potrebbe dire che c'è stato quasi un appoggio pieno per un quarto di punto" conclude. 

Mes: cresce pressing UE per ratifica, Giorgetti cerca una soluzione

Cresce il pressing sull'Italia affinché ratifichi la riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità, l'ultimo passaggio che consentirebbe l'entrata in vigore del trattato che amplierebbe la potenza di fuoco del Fondo di Risoluzione Unico, rendendo l'area euro meno fragile di fronte ad una eventuale crisi bancaria su vasta scala. "Rispettiamo pienamente - ha ribadito il presidente dell'Eurogruppo Paschal Donohoe - il fatto che singoli Paesi possano decidere di non avvalersi della capacità aggiuntiva del Fondo di Risoluzione Unico" che verrebbe assicurata dalla riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità, ma la riforma riguarda "il rafforzamento delle reti di sicurezza" nell'economia dell'area euro "anche per altri governi". Pertanto, ha aggiunto "è in questo spirito che continueremo a interagire con il ministro Giancarlo Giorgetti. Siamo tutti al corrente del fatto che è un tema molto sensibile nel Parlamento italiano e continueremo a lavorare con lui". Il direttore del MES, Pierre Gramegna, ha fatto riferimento ad un rapporto del Single Resolution Board, in cui si ricorda che l'ammontare delle risorse attualmente disponibili per il Fondo di Risoluzione Unico, "77 mld di euro, non è sufficiente probabilmente" ad affrontare una crisi bancaria estesa ed è quindi "utile avere un backstop", vale a dire un pagatore o garante di ultima istanza. Il backstop che verrebbe introdotto dalla riforma del MES "potrebbe raddoppiare questa potenza di fuoco". 

A quanto si apprende a Bruxelles, i partner dell'area euro si attendono dal ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti non certo la ratifica domani da parte dell'Italia, perché tutti si rendono conto delle difficoltà politiche, ma almeno l'indicazione di un percorso chiaro, con elementi concreti, per arrivarci. Giorgetti, hanno fatto sapere fonti del Mef, ha ricordato oggi che il Parlamento italiano è contrario alla ratifica della riforma, aggiungendo però di essere in contatto con il presidente dell'Eurogruppo, Paschal Donohoe, e con il direttore del MES, Pierre Gramegna, alla ricerca di una soluzione

Debito pubblico a un nuovo record: 2.790 miliardi a marzo

A marzo il debito pubblico è salito di 17,8 miliardi rispetto al mese precedente, sfiorando i 2.790 miliardi e toccando un nuovo record a 2.789,8 miliardi dai 2.772 miliardi di febbraio. Lo comunica Bankitalia precisando che il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche (31,3 miliardi) e l'effetto degli scarti e dei premi all'emissione e al rimborso, della rivalutazione dei titoli indicizzati all'inflazione e della variazione dei tassi di cambio (0,4 miliardi) hanno più che compensato la riduzione delle disponibilità liquide del Tesoro (13,9 miliardi, a 29,4). 

Con riferimento alla ripartizione per sottosettori, la Banca d'Italia precisa che il debito delle amministrazioni centrali è aumentato di 18 miliardi, mentre quello delle Amministrazioni locali è diminuito di circa 0,1 miliardi. Il debito degli enti di previdenza è rimasto invece sostanzialmente stabile. Alla fine di marzo la quota del debito detenuta dalla Banca d'Italia era pari al 25,8 % (dal 26,2 % del mese precedente); quella detenuta dai non residenti era pari a febbraio (ultimo mese per cui questo dato è disponibile) al 26,6 %. A marzo la vita media residua del debito è rimasta stabile a 7,7 anni

Fisco, Bankitalia: possibile flat tax poco realistica, rischio su equità

"Restano aspetti non del tutto chiariti in tema di tassazione personale. Il modello prefigurato dalla delega come punto di arrivo – un sistema ad aliquota unica insieme a una riduzione del carico fiscale – potrebbe risultare poco realistico per un paese con un ampio sistema di welfare, soprattutto alla luce dei vincoli di finanza pubblica; comunque, ne andranno attentamente valutati gli effetti redistributivi. La sfida sarà tradurre in pratica i principi cui si ispira la delega tenendo insieme i vincoli di bilancio pubblico, l’equità orizzontale e verticale. Nelle more dell’introduzione della flat tax, l’estensione dei regimi sostitutivi potrebbe ridurre l’equità del sistema". Lo ha detto il capo del Servizio Assistenza e consulenza fiscale della Banca d’Italia, Giacomo Ricotti, in audizione sulla delega fiscale in commissione Finanze alla Camera. 

"Allo stato, non si dispone di elementi sufficienti per fornire una valutazione completa e puntuale dell’effetto dell’introduzione di un sistema ad aliquota unica sulla progressività e sulla redistribuzione - ha spiegato - Tale effetto dipenderà dalla misura dell’aliquota e dall’articolazione delle detrazioni e delle deduzioni. Sotto questo profilo, nel disegno della riforma a regime occorrerà prestare attenzione a che la capacità redistributiva dell’imposta personale non risulti indebolita, anche alla luce della riduzione del prelievo e tenuto conto del contributo dell’imposta personale alla redistribuzione complessiva dell’intero sistema tax and benefit". "Non è chiaro poi se con l’applicazione della flat tax permarrebbero regimi sostitutivi ad aliquote differenziate, oppure se tutto convergerebbe in un’unica flat tax. Nel primo caso si riproporrebbero i problemi di equità orizzontale già oggi esistenti", ha sottolineato. 

Inflazione: Istat rivede in lieve calo dato di aprile, più 8,2% su anno

Ad aprile l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,4 % su base mensile e dell'8,2 % su base annua, da +7,6 % nel mese precedente. La stima preliminare era +8,3 %. Lo rende noto l'Istat. "Ad aprile la fase di rientro dell'inflazione si interrompe, principalmente a causa di una nuova accelerazione della dinamica tendenziale dei prezzi dei Beni Energetici non regolamentati, il cui andamento riflette un aumento su base mensile del 2,3 % (che si confronta con un -3,9 % dell'aprile 2022). Nel settore alimentare - spiega l'Istat - i prezzi dei prodotti lavorati, come anche quelli dei beni non lavorati, evidenziano un'attenuazione della loro crescita in ragione d'anno, che contribuisce al rallentamento dell'inflazione di fondo (che si attesta a +6,2 %). 

Si accentua, infine, la decelerazione su base tendenziale dei prezzi del "carrello della spesa", che è scesa a +11,6 %". L'accelerazione del tasso di inflazione si deve, in prima battuta, all'aumento su base tendenziale dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati (da +18,9 % a +26,6 %) e, in misura minore, a quelli dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +6,3 % a +6,9 %) e dei Servizi vari (da +2,5 % a +2,9 %). Tali effetti sono stati solo in parte compensati dalla flessione più marcata dei prezzi degli Energetici regolamentati (da -20,3 % a -26,7 %) e dal rallentamento di quelli degli Alimentari lavorati (da +15,3 % a +14,0 %), degli Alimentari non lavorati (da +9,1 % a +8,4 %), dei Servizi relativi all'abitazione (da +3,5 % a +3,2 %) e dei Servizi relativi ai trasporti (da +6,3 % a +6,0 %). 



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