Bce: sale timore inflazione, può restare sopra il 2%

La Bce invita ancora una volta a tenere i nervi saldi di fronte a un'inflazione record che oggi Eurostat certifica al 5% a dicembre: la presidente Christine Lagarde ribadisce la natura transitoria della fiammata dei prezzi. Ma dai resoconti della riunione dello scorso dicembre, emerge un nervosismo crescente per il rischio che i prezzi si mantengano oltre l'obiettivo del 2% ancora per tre anni.

L'inflazione - ha detto Lagarde in un'intervista a France Inter - si stabilizzerà e poi scenderà gradualmente nel corso di quest'anno. Le stime della Bce danno poi un 1,8% nel 2023 e 2024 nello scenario principale. E dunque abbiamo "ogni motivo per non agire velocemente e inesorabilmente" come la Fed, che si appresta ormai ad alzare i tassi. È in quest'ottica che le minute, che riassumono le grandi linee della riunione del Consiglio direttivo, confermano l'orientamento accomodante concordato nel meeting del 15 e 16 dicembre: "L'accomodamento monetario è ancora necessario perché l'inflazione si stabilizzi sull'obiettivo del 2% nel medio termine". In fondo gran parte della fiammata inflazionistica, è il ragionamento, è dovuta a dinamiche di offerta (prezzi energetici e strozzature al commercio), non da eccessiva domanda come invece starebbe accadendo negli Usa. Non tutti sono d'accordo nel Consiglio direttivo, però. E una frase delle minute rivela le divisioni fra le “colombe”, i “falchi” e forse alcuni governatori che iniziano a temere che troppa inflazione rischia di indebolire i consumi e dunque la crescita. L'inflazione - si legge - nello scenario di base, nel 2023 2024 "è già relativamente vicina al 2%, e considerando i rischi al rialzo della previsione, potrebbe facilmente risultare superiore al 2%". Da Francoforte trapela che è la linea solo di alcuni governatori. Ma se si avvicinasse alla realtà, rimetterebbe tutto in discussione. Perché la Bce può lasciare i tassi ai minimi record fintanto che i prezzi non si riavvicinano stabilmente al 2% restandoci fino alla fine dello scenario di previsione. 

Bce: Lagarde, serve capacità di bilancio comune europeo

La presidente della Banca Centrale europea, Christine Lagarde, torna a promuovere la creazione di una capacità di bilancio comune europeo. Quanto al patto di stabilità, dice che le regole torneranno, ma non saranno le stesse. Intervistata da radio France Inter sulla riforma dei criteri di Maastricht sospesi fino al 2023 a causa della pandemia, l'ex ministra francese ha detto: "Penso che delle regole torneranno, mi pare evidente, perché l'Europa è un club e la zona euro lo è ancora di più perché condividiamo la stessa moneta". Saranno le stesse regole? "Probabilmente no. Ora c’è un negoziato che è stato aperto, ci sono proposte sul tavolo, il presidente Macron e il presidente Draghi hanno presentato una proposta. Organismi internazionali tra cui il Fondo Monetario Internazionale, la Banca centrale europea e il Mes hanno presentato delle proposte. Non saranno certamente le stesse regole". 

Alla domanda se la regola del 3% fosse ormai decaduta, Lagarde ha tuttavia sottolineato che "non possiamo dire così. "Le regola del 3% (nel rapporto tra deficit e Pil) e del 60% (nel rapporto tra debito e Pil) sono iscritte in dei testi" la cui modifica richiede l’unanimità degli Stati membri ma si può "intervenire su altre leve, come le modalità di interpretazione o le linee guida che sono a maggioranza più ristretta". "Penso che si debba agire su questi elementi per fare qualcosa di più semplice ed efficace", che si adatti ai cicli economici. "Per questo - ha detto Lagarde a France Inter - dico che è molto importante attuare i piani di rilancio. Perché in questo modo, quegli Stati membri che oggi sono scettici, si diranno, “ma vedi, dopo tutto, una capacità di bilancio comune, a cui possiamo ricorrere in caso di crisi, forse ne vale la pena...". Lagarde esclude tuttavia la necessità di un nuovo piano di rilancio per rispondere alla variante Omicron.

Ue: sul Patto di Stabilità prime aperture tra i frugali. Gentiloni, ottimista

Il fronte del rigore alle regole di bilancio inizia a scricchiolare. Con le prime aperture dell'Olanda a una modifica dei rigidi criteri di rientro del debito e la forte spinta della Francia a un nuovo Patto di Stabilità che favorisca la crescita. La prima discussione all'Eurogruppo sulla revisione delle regole di bilancio europee è stata positiva. Ad affermarlo è il commissario Ue all'Economia, Paolo Gentiloni, che si dice ottimista "sul fatto che questa nuova storia possa essere scritta". Ovviamente si tratta solo di un primo giro di visioni tra i ministri dell'Economia e delle finanze della zona euro, perché la vera discussione sarà in primavera inoltrata dopo che la Commissione avrà presentato la sua proposta per il nuovo Patto di Stabilità. "Penso che ci sia la consapevolezza del fatto che non siamo in un nuovo capitolo della vecchia storia dove ognuno sottolinea solo la propria posizione", ha rimarcato Gentiloni. Apertura al dialogo ribadita anche dal presidente dell'Eurogruppo, Paschal Donohoe: "Abbiamo avuto un buon tono in questa discussione e i colleghi erano consapevoli della necessità di trovare un accordo in quest'area nel 2022", ha riferito il ministro irlandese. Alla riunione dell'Eurogruppo hanno fatto il loro esordio ben quattro nuovi ministri: quello tedesco, Christian Lindner, l'olandese Sigrid Kaag, l'austriaco Magnus Brunner e la lussemburghese Yuriko Backes. Un cambio che può fare la differenza nel dibattito sulle politiche economiche europee. 

L'Austria si candida a guida del gruppo dei frugali, definiti dal neoministro Magnus Brunner "responsabili". "Responsabilità significa che dobbiamo tornare alle regole più rigorose del Patto di stabilità e crescita". A guidare invece il fronte degli aperturisti è la Francia, con il ministro Bruno Le Maire che ha ribadito in più interventi anche sulla stampa la necessità di favorire gli investimenti e la crescita e definito le regole del debito "obsolete". Bisogna partire dalla necessità di un nuovo Patto, e questo è il primo punto evidenziato dal ministro francese, ma soprattutto occorre definire che "la crescita viene molto prima della stabilità, una crescita che sia durevole e giusta", ha detto Le Maire al suo arrivo alla riunione. Parole riprese dal collega tedesco, anche lui al suo esordio. 

Lavoro: Istat, nel 2020 tra 15-64enni forte contrazione occupati. -464mila rispetto al 2019

L'anno di inizio della pandemia è stato caratterizzato da eccezionali cambiamenti che hanno coinvolto la sfera sociale ed economica. Lo ha evidenziato l'Istat nel focus sull'occupazione. Con l'obiettivo di analizzare le dinamiche nella partecipazione al mercato del lavoro secondo la prospettiva delle condizioni reddituali degli individui, si considerano i tassi di occupazionedisoccupazione e inattività, nel complesso e per quinti di reddito. Nel 2020 si è manifestata una caduta del tasso di occupazionedella popolazione 15-64 anni (dal 59% al 58,1%), accompagnata dalla riduzione del tasso di disoccupazione (dal 10,2% al 9,4%) e da un consistente incremento del tasso di inattività (dal 34,3% al 35,9%). Articolando queste dinamiche per quinti di reddito equivalente percepito nel 2019, le classi di reddito più basse si caratterizzano per riduzioni più marcate della disoccupazione e aumenti dell’inattività, dovuti presumibilmente allo scoraggiamento nel cercare lavoro, alla chiusura di attività con opportunità di impiego per professionalità meno qualificate, al minore accesso a mezzi di ricerca di lavoro mediante Internet. Nel quinto più povero si manifesta un'accentuata riduzione del tasso di disoccupazione (-3,3 p.p.) e un contestuale aumento dell’inattività (+2,4 p.p.). 

Nella classe centrale di reddito assume maggiore importanza la caduta del tasso di occupazione (-1,6 p.p.) compensata, quasi totalmente, da un incremento del tasso di inattività (+1,6 p.p.). Anche nelle classi di reddito più elevate, ha rilevato l’Istat, il bacino degli occupati si riduce di almeno 1 p.p. a vantaggio degli inattivi. Si conferma la peculiarità della crisi occupazionale conseguente alla pandemia che ha interessato anche strati sociali meno vulnerabili. La contrazione del tasso di occupazione è stata più forte per i lavoratori dipendenti a tempo determinato (dal 7,9% al 6,9% degli individui di 15-64 anni) ma ha toccato anche gli indipendenti (dal 12,6% al 12,3%), mentre i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato hanno registrato un lieve incremento (dal 38% al 38,4%). La caduta dell'occupazione indipendente è concentrata nelle classi estreme: nel quinto più povero il tasso è sceso dal 14,3% al 13,8% e in quello più ricco dal 16,2% al 15,%. A fronte della crisi sanitaria si è esteso il lavoro a distanza. Nel 2020 il lavoro da casa ha segnato un eccezionale incremento raggiungendo il 13,6% per gli occupati 15-64enni (4,6% nel 2019). 

Commercio: Istat, +2,7% export a novembre, +1,7% import

A novembre l'Istat stima una crescita per entrambi i flussi commerciali con l'estero, più intensa per le esportazioni (+2,7%) che per le importazioni (+1,7%). L'aumento su base mensile dell'export è dovuto all'incremento delle vendite verso entrambe le aree, Ue (+2,4%) ed extra Ue (+2,9%). L'import registra un incremento tendenziale più marcato (+27,9%), che coinvolge sia l'area Ue (+21,6%) sia, in misura molto più ampia, l'area extra Ue (+37,8%). Tra i settori che contribuiscono maggiormente si segnalano: prodotti petroliferi raffinati (+197,9%), metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+19,8%), sostanze e prodotti chimici (+24,1%), prodotti alimentari, bevande e tabacco (+15,8%), macchinari e apparecchi n.c.a. (+6,9%) e articoli di abbigliamento (+26,5%).

Inflazione: Confimprese "Istat certifica la gelata dei consumi"

“Con l'inflazione al +0,4% su base mensile e al 3,9% su base annua si torna a parlare di gelata dei consumi”. Così Mario Resca, presidente di Confimprese. Secondo le rilevazioni del centro studi Confimprese, continua anche l'ondata negativa dei saldi, che non riescono a controbilanciare l'andamento negativo dei consumi. "Nell'abbigliamento - prosegue Resca - il 78% dei retailer dichiara un trend negativo tra -30 e -40% sullo stesso periodo 2020 pre-Covid e come media del settore, sia pure con i dovuti distinguo da insegna a insegna, non si registrano incrementi dello scontrino medio".  "I retailer ritengono che il peggioramento del contesto economico abbia influito negativamente sulle vendite durante i saldi. A inasprire il quadro l'assenteismo causa Covid con malattie e quarantene, che tocca il 20% del totale personale di negozio, tanto che circa la metà delle insegne ha dovuto ridurre gli orari o chiudere dei punti vendita, stimati al 10% della rete, e inoltre anche lo scontrino medio è rimasto invariato", conclude Resca.



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