Per la Bce la ripresa rimane fragile e rilancia chi fa debito buono

L'Europa non è ancora fuori dalla crisi pandemica, fra contagi ancora elevati e una campagna di vaccinazione che accelera, si trova al momento in una fase interlocutoria. Motivo per cui l'economia continua ad avere bisogno “di entrambe le stampelle”, quella monetaria e quella di bilancio, e la Bce promuove i Paesi che, per superare lo shock pandemico e per facilitare riforme, fanno debito buono. Christine Lagarde, intervenuta dopo il Consiglio direttivo che ha lasciato i tassi fermi, la mette così: i 19 Paesi dell'Euro devono ancora “attraversare il ponte” che li porterà fuori dalla crisi pandemica. Il primo trimestre, per colpa della seconda ondata, si sarebbe chiuso con un Pil negativo. Le stime degli economisti della Bce di marzo, però confermano che il secondo trimestre dovrebbe già tornare in positivo: si parla di un 1,3% di crescita. Ma “abbiamo ancora un bel po' di strada da fare” prima di poter dire di esserne usciti, dice Lagarde. Nonostante le aspettative, confermate, di una ripresa solida nei prossimi mesi, specie nel secondo semestre, le prospettive restano “offuscate da incertezza”. 

Sul piano della politica di bilancio ciò implica due cose: Lagarde torna in pressing sui governi europei con “l'urgenza che diventi operativo senza ritardo” il pacchetto Next Generation Eu, cosiddetto Recovery fund: vuole una ratifica “tempestiva” da parte dei parlamenti nazionali della decisione sulle risorse proprie che darà luce verde agli eurobond necessari alla Commissione europea per finanziare il Recovery. E poi c’è lo stimolo di bilancio delle politiche nazionali. Dove l'Italia gioca un ruolo di primo piano, Paese fra i più colpiti dalla pandemia, e dove il presidente del Consiglio Mario Draghi spinge con decisione sulle leve dello scostamento al costo di un debito record che sfiorerà il 160% del Pil. Lagarde non entra nello specifico dei Paesi ma sembra in sintonia con il concetto di debito buono di Draghi quando afferma che, più che il livello del debito, “la vera domanda è che uso si fa del debito”: se, dopo la fase iniziale in cui occorreva tamponare le perdite, lo si usa per superare lo shock pandemico e per riforme che spingono la produttività, contribuendo a tenere bassi i tassi d'interesse. 

La Von der Leyen accoglie con entusiasmo la presentazione del piano portoghese di ripresa

La presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen ha accolto la presentazione del primo piano di ripresa e resilienza, quello del Portogallo. “In tutta Europa, possiamo vedere un'accelerazione delle campagne di vaccinazione. Parallelamente, ora è ancora più importante avviare Next Generation Eu”, ha dichiarato von der Leyen in una nota. “La ripresa economica deve andare di pari passo con un miglioramento della situazione sanitaria sul campo”, ha affermato. “Accolgo con favore il piano di ripresa e resilienza del Portogallo come il primo presentato ufficialmente alla Commissione. La presentazione segna l'inizio di una nuova fase nel processo di realizzazione dello strumento di recupero e resilienza. La Commissione attende con impazienza di valutare il piano portoghese, che si concentra su resilienza, clima e transizioni digitali e comprende progetti in quasi tutte le aree faro europee”, ha aggiunto. “Continueremo a impegnarci intensamente con gli Stati membri per aiutarli a realizzare piani di alta qualità. Il nostro obiettivo resta quello di adottare tutti i piani entro l'estate”, ha proseguito. “Per poter effettuare i primi pagamenti, è necessario che tutti gli Stati membri abbiano approvato la decisione sulle risorse proprie. Sono fiduciosa che tutto sarà a posto entro l'estate”, ha concluso la presidente della Commissione europea. Il piano di ripresa e resilienza del Portogallo è il primo piano presentato ufficialmente alla Commissione e definisce le riforme e i progetti di investimento pubblico che il Portogallo intende attuare con il sostegno del dispositivo di ripresa e resilienza. 

Nonostante le fibrillazioni politiche, Draghi è pronto per il rush finale sul Pnrr

Mario Draghi porta in Consiglio dei ministri un Piano nazionale di ripresa e resilienza da 221,5 miliardi totali, di cui 191,5 riferibili al Recovery fund e 30 miliardi per finanziare le opere “extra Recovery”; la spinta stimata alla crescita è di 3 punti di Pil nel 2026. L'obiettivo, secondo le slides inviate dal ministro Daniele Franco ai colleghi Ministri, è non solo “riparare i danni della pandemia” ma affrontare anche “debolezze strutturali” dell'economia italiana. Il grosso del piano è definito, con 135 linee di investimento e “non cambierà”, sottolineano dal Governo, di fronte alla mole di richieste che emerge in queste ore dai partiti. Il M5S annuncia battaglia sul Superbonus, il Pd vuole vederci chiaro sulla Rete unica, FI chiede welfare per le famiglie, la Lega annuncia che presenterà in Cdm “altri progetti da aggiungere” al Pnrr. E resta da sciogliere il nodo della governance, che agita i Ministri, in un clima sempre più teso in maggioranza, dopo l'astensione della Lega sul decreto per le aperture. All'indomani del netto stop al tentativo di Matteo Salvini di modificare l'accordo raggiunto nel Governo, Draghi registra un clima costruttivo nella riunione della cabina di regia sul Recovery che ieri mattina ha visto al tavolo tutti i capi delegazione. Il premier, nelle prossime ore, farà la sua informativa in Cdm sul Pnrr e ascolterà le proposte che verranno messe sul tavolo, ma il Piano nell'impianto non è destinato a cambiare. Il via libera arriverà solo dopo un secondo Consiglio dei ministri, che si svolgerà a metà della prossima settimana, dopo l’intervento che il premier svolgerà lunedì e martedì alle Camere. Ci sono per la digitalizzazione 42,5 miliardi; per il Green 57 miliardi (il 30% del totale); per infrastrutture 25,3 mld; per istruzione e ricerca 31,9 mld; per inclusione e coesione 19,1 mld; per la salute 15,6 mld (in totale 19,7 miliardi, sommando altri fondi). 

Per l’Istat l’indebitamento netto delle PA è pari al 9,5% del pil

Nel 2020 l'indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche (-156.860 milioni di euro) è stato pari al 9,5% del Pil, in aumento di circa 129 miliardi rispetto al 2019 (-27.901 milioni di euro, corrispondente all'1,6% del Pil). Il saldo primario (indebitamento netto al netto della spesa per interessi) è risultato negativo e pari al -6% del Pil, con un peggioramento di 7,8 punti percentuali rispetto al 2019. La spesa per interessi, che secondo le attuali regole di contabilizzazione non comprende l'impatto delle operazioni di swap, è stata pari al 3,5% del Pil, con un aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al 2019. Lo rileva l'Istat nel rapporto “Notifica dell'indebitamento netto e del debito delle amministrazioni pubbliche secondo il trattato di Maastricht - Anni 2017-2020”. I dati del debito delle Amministrazioni Pubbliche per gli anni 2017-2020 sono quelli pubblicati dalla Banca d'Italia e sono anch'essi coerenti con il Sistema Europeo dei Conti (Sec 2010). A fine 2020 il debito pubblico, misurato al lordo delle passività connesse con gli interventi di sostegno finanziario in favore di Stati Membri della UEM, era pari a 2.573.386 milioni di euro (155,8% del Pil). Rispetto al 2019 il rapporto tra il debito delle AP e il Pil è aumentato di 21,2 punti percentuali. 

Per l’Istat il fatturato dell’industria è in leggero aumento: +0,2% a febbraio e +0,9% sull’anno

A febbraio si stima che il fatturato dell'industria, al netto dei fattori stagionali, registri un aumento dello 0,2%, risultante da una crescita sul mercato interno (+0,9%) e da un calo su quello estero (-1,3%). Nella media degli ultimi tre mesi l'indice complessivo segna un incremento del 2,4% rispetto ai tre mesi precedenti (+2,6% sul mercato interno e +1,9% su quello estero). Con riferimento ai raggruppamenti principali di industrie, gli indici destagionalizzati segnano aumenti congiunturali per l'energia (+6,3%), per i beni di consumo (+0,7%) e per i beni intermedi (+0,3%), mentre registrano un calo dell'1,5% per i beni strumentali. Corretto per gli effetti di calendario (i giorni lavorativi sono stati 20 come a febbraio 2020), il fatturato totale cresce in termini tendenziali dello 0,9%. Il risultato è la sintesi di un aumento del 2,3% sul mercato interno e di una diminuzione dell'1,8% su quello estero. Per quanto riguarda gli indici corretti per gli effetti di calendario riferiti ai raggruppamenti principali di industrie, si registra una marcata crescita tendenziale per i beni intermedi (+5,7%) e un modesto incremento per i beni strumentali (+0,3%), mentre risultano in calo i beni di consumo (-1,6%) e l'energia (-14,0%).  

Quanto al comparto manufatturiero, i settori che registrano la crescita tendenziale più marcata sono quelli delle apparecchiature elettriche e non (+14,8%) e della metallurgia (+10,3%), mentre i risultati peggiori si rilevano per l'industria tessile e dell'abbigliamento (-8,9%) e per le raffinerie (-16,5%). A febbraio il fatturato dell'industria, al netto della stagionalità, segna il terzo incremento consecutivo su base congiunturale. Nella media degli ultimi tre mesi la crescita è più sostenuta sul mercato interno. Nel confronto tendenziale è significativo l'apporto positivo proveniente dalla metallurgia e dal settore dei macchinari e attrezzature; si conferma, invece, la performance negativa delle industrie tessili, abbigliamento, in flessione tendenziale da febbraio 2020. Anche al netto della componente di prezzo, il settore manifatturiero evidenzia una crescita congiunturale sia su base mensile sia su base trimestrale.



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