Il FMI mantiene invariate le stime del Pil globale 2021 +6% 

Il Fondo monetario internazionale stima che la crescita globale per il 2021 sarà di circa il 6%, confermando così le previsioni di aprile, ma con alcuni paesi che crescono più velocemente e altri più lentamente. Lo ha dichiarato il direttore generale Kristalina Georgieva a un evento online sponsorizzato dal Peterson Institute for International Economics. Georgieva ha fatto presente che la ripresa economica è però a rischio frenata, qualora il ritmo delle vaccinazioni non riprenda speditamente. L’FMI aveva previsto ad aprile che la crescita globale del 2021 avrebbe raggiunto il 6%, un tasso mai visto dagli anni '70, con una maggiore disponibilità di vaccini, con la riapertura delle economie e con l'aiuto di uno stimolo fiscale senza precedenti, in particolare negli Stati Uniti. Ma proprio la carenza dei vaccini nei paesi in via di sviluppo e la rapida diffusione della variante Delta minacciano di rallentare lo slancio della ripresa.  

Il FMI dovrebbe rilasciare il suo prossimo aggiornamento sulle previsioni del World Economic Outlook il 27 luglio, ma Georgieva ha affermato che il tasso di crescita globale previsto dal FMI per quest'anno rimarrebbe al 6%: «È il 6% a luglio, ma tra aprile e luglio la composizione di questo 6% è cambiata in quanto alcuni paesi si prevede che crescano più velocemente, altri invece meno. Sono principalmente la velocità e l'efficacia delle vaccinazioni e gli stimoli fiscali. Inoltre - ha aggiunto - l'obiettivo dell'FMI e della Banca mondiale di fornire 50 miliardi di dollari per aumentare le somministrazioni dei vaccini richiederà probabilmente più degli 11 miliardi di dosi inizialmente previste, perché ora potrebbero essere necessari altri dosi per i richiami e anche perché in alcuni paesi, che non dispongono di sufficienti celle frigorifere, i vaccini purtroppo sono andati persi». 

La Bce lancia la nuova strategia per sostenere la ripresa e il rientro del debito

Scatta la nuova strategia della Bce. Un nuovo corso imperniato sulla revisione della forward guidance sui tassi di interesse in risposta alla strategy review sull'obiettivo di inflazione fissato ora al 2% simmetrico nel medio termine. Un passo decisivo che allontana lo spettro di scelte rigoriste e consente alla Banca centrale europea di ricalibrare l'azione su tassi e misure di stimolo, con l'obiettivo prioritario di continuare ad assicurare il sostegno di una politica accomodante in uno scenario di ripresa economica ancora offuscato dalle “ombre della pandemia” dovute ai rischi connessi alla variante Delta. A creare allarme è anche l'esplosione del debito pubblico dell'area euro schizzato per la prima volta oltre la soglia del 100% del Pil (100,5% nel primo trimestre) con in testa Grecia (209,3%) e Italia (160%). 

In un simile contesto, il messaggio chiaro che la Bce ha voluto inviare è che Francoforte sarà “paziente” perché “nessuno di noi vuole una stretta prematura” della politica monetaria. La presidente della Bce, Christine Lagarde, ha poi puntualizzato garantendo che «i tassi rimarranno ai livelli attuali o inferiori fino a quando non vedrà l'inflazione raggiungere il 2% ben prima della fine del suo orizzonte di proiezione e durevolmente per il resto dell'orizzonte di proiezione».

Nella riunione del Consiglio direttivo, si è deciso di lasciare i tassi di interesse invariati, con il tasso principale fermo a zero, quello sui depositi a -0,50% e quello sui prestiti marginali allo 0,25%. Riconfermati i programmi di acquisto di attività, il classico quantitative easing al ritmo di 20 miliardi di euro mensili, e quello creato per l'emergenza pandemica (Pepp) che conta su una dotazione complessiva di 1.850 miliardi e che sta procedendo a un ritmo «significativamente più elevato rispetto ai primi mesi dell'anno» ha spiegato Lagarde.  

Ma, deludendo le attese del mercato, «non si è discusso» del futuro del Pepp perché «sarebbe prematuro» ha chiarito, ricordando come il programma «continuerà fino alla fine del marzo 2022 e, in ogni caso, fino a quando non giudicherà conclusa la fase di crisi del coronavirus». Come prevedibile, tutto è rinviato a settembre quando saranno diffuse le nuove stime su economia e inflazione. Ma il clima all'interno del Board non è dei più distesi. La decisione sulla nuova guidance non è stata unanime con un fronte minoritario che avrebbe contestato la scelta della Bce di rimanere troppo a lungo con le mani legate persistendo in una politica ultra accomodante sui tassi e acquisti di titoli. Come preannunciato nella strategy review lo scorso 8 luglio, viene abbandonata la formula di un obiettivo “vicino ma inferiore al 2%” e introdotto il parametro del 2% simmetrico. Simmetrico sottintende che scostamenti al rialzo o al ribasso dell'inflazione sono consentiti anche se "non desiderabili". Ma comunque viene incorporata la possibilità di tollerare tassi d'inflazione “moderatamente” superiori al 2% in via “transitoria”, neutralizzando così il rischio di una stretta che potrebbe soffocare la ripresa. 

Per l’Istat la ricchezza non finanziaria in 2019 è stabile

A fine 2019 la ricchezza in attività non finanziarie in Italia è pari a 10.377 miliardi di euro, sostanzialmente stabile rispetto al valore registrato nel 2018 (-0,1% il tasso di variazione). Lo rileva l'Istat sottolineando che lo stock di attività non finanziarie è costituto per il 54% dalle abitazioni, per il 21% dagli immobili non residenziali e per il 9% dalle altre opere del genio civile. Gli altri beni di capitale fisso, materiale e immateriale, rappresentano il 9% del totale, le scorte il 4% e i terreni coltivati meno del 3%. La dinamica negativa dell'ultimo triennio (-0,1% in media annua) è sensibilmente inferiore a quella registrata negli anni precedenti (-1,3% in media annua nel periodo 2011-2017). Diminuisce nel 2019 il valore degli immobili (-0,2% e -0,6% rispettivamente per le abitazioni e per gli immobili non residenziali) a seguito della discesa, pur se contenuta, dei prezzi registrati sul mercato immobiliare. Per l’Istat, nel 2019 prosegue la discesa dei prezzi del mercato immobiliare che determina una ulteriore riduzione del valore medio delle abitazioni e delle unità non residenziali.  

Tuttavia, il mercato immobiliare è caratterizzato da una dinamica positiva delle compravendite che bilancia parzialmente l'effetto della riduzione dei prezzi. Il valore delle abitazioni, in discesa a partire dal 2012, diminuisce nel 2019 dello 0,2% (dopo il calo dello 0,5% nel 2018) e risulta inferiore di circa il 10% rispetto a quello del 2011, anno in cui si è registrato il livello più alto in serie storica. Il valore degli immobili non residenziali si riduce dello 0,6% (-1,2% nel 2018). Nel 2019, le famiglie consumatrici risultano proprietarie dell'81% del valore del patrimonio residenziale: si tratta di unità residenziali utilizzate come abitazione principale o a disposizione delle famiglie come seconde case (soprattutto case per vacanza). Il restante 12% circa di proprietà delle famiglie è costituito da unità detenute dalle famiglie a scopo prevalente di investimento e di attività di locazione che, coerentemente con i criteri di classificazione adottati nei conti nazionali, sono classificate come proprietà delle famiglie produttrici.

Sul fatturato industriale l’Istat segna un -1% a maggio e un +40,2% sull’anno

A maggio l’Istat stima che il fatturato dell'industria, al netto dei fattori stagionali, diminuisca dell'1%, in termini congiunturali. Il calo è determinato dall'andamento del mercato interno (-1,9%) mentre si rileva un moderato incremento su quello estero (+0,7%). Nella media del trimestre marzo-maggio l'indice complessivo è cresciuto del 4,7% rispetto al trimestre precedente. Con riferimento ai raggruppamenti principali di industrie, a maggio gli indici destagionalizzati del fatturato segnano un aumento congiunturale per l'energia (+5,6%), i beni di consumo (+1%) e i beni intermedi (+0,8%). I beni strumentali registrano invece una marcata flessione rispetto al mese precedente (-6,2%). Corretto per gli effetti di calendario (i giorni lavorativi sono stati 21 contro i 20 di maggio 2020), il fatturato totale aumenta in termini tendenziali del 40,2% (+41,0% sul mercato interno e +38,6% su quello estero). I principali raggruppamenti di industrie registrano marcati incrementi tendenziali per tutti i settori: +77,2% l'energia, +49,6% i beni strumentali, +42,0% i beni intermedi e +24,8% i beni di consumo. Con riferimento al comparto manifatturiero, si evidenziano aumenti tendenziali per tutti i settori di attività economica.



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