Maxiemendamento del Governo alla Manovra e inizio delle votazioni in Aula
Una lunga notte di votazioni in Commissione Bilancio al Senato, poi il via libera in tarda mattinata di lunedì mattina. La manovra, dopo aver incassato il primo ok, oggi è in esame in Aula, dove sono in corso le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia posta dal Governo sul maxiemendamento, poi il voto di fiducia. “È la prima volta in vent'anni che il maxiemendamento alla manovra è stato depositato senza rilievi dalla Ragioneria dello Stato", è il commento del sottosegretario all'Economia Federico Freni al termine della riunione della Commissione. Poi toccherà alla Camera, con l'approvazione definitiva attesa prima di Capodanno per scongiurare l'esercizio provvisorio e un veloce Cdm per l'approvazione delle tabelle con i saldi.
Passano tutte le maggiori modifiche presentate dai relatori e dal Governo, oltre all'emendamento unitario delle opposizioni contro la violenza sulle donne. Nulla di fatto invece per il Superbonus, anche se non si esclude un intervento col Milleproroghe o addirittura un provvedimento ad hoc. Le principali modifiche al testo vengono approvate durante la notte; cambia innanzitutto la discussa norma sulle pensioni di medici, enti locali, maestri e ufficiali giudiziari: si salvano dai tagli gli assegni di vecchiaia, mentre restano penalizzate le pensioni anticipate ma con un taglio più soft per i sanitari. Dirigenti medici e infermieri, inoltre, potranno restare al lavoro fino ai 70 anni; nella notte spunta anche la proposta di portare l'asticella a 72 anni, poi il dietrofront in extremis del Governo. I correttivi però non bastano e i sindacati sono pronti a tornare in piazza.
Per il Ponte sullo Stretto arriva la rimodulazione dei fondi. A circa 200 Comuni è concesso un po' di tempo in più per fissare le aliquote Imu. La specifica sugli affitti brevi, voluta da FI, salva la prima casa dall'aumento della cedolare secca al 26%. Via libera alle agevolazioni per i mutui sulla prima casa per famiglie numerose e in base all'Isee. Con emendamenti bipartisan vengono poi approvate le nuove risorse per il fondo Alzheimer, 5 milioni per borse di studio favore di giovani studenti dei paesi africani, 2 milioni per le retribuzioni del personale del Ministero degli esteri e fondi per le malattie rare e i tumori. Risorse anche per il contrasto al disagio abitativo e per il fondo vittime dell'amianto.
La Camera boccia il Mes, la maggioranza si spacca e Giorgetti sostiene il no
Dopo mesi di tensioni e rinvii a sorpresa la proposta di ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità presentata dalle opposizioni arriva al voto in Aula e viene bocciata da una parte della maggioranza che si divide, con FdI e Lega che votano contro e Forza Italia che si astiene. Anche l'opposizione si divide, con Pd, Iv, Azione e +Europa che votano a favore, Avs che si astiene e M5S, come annunciato da Giuseppe Conte, che vota contro. L'ordine sembrava quello di tenere sospeso il parere e rimandare a gennaio in assemblea, ma già iniziava a circolare l'intenzione della maggioranza di arrivare al voto. I capigruppo di maggioranza si sono presentati in commissione Bilancio con un “parere contrario” motivato con l'assenza di coinvolgimento delle Camere che perderebbero la possibilità di monitorare eventuali impatti sulla finanza pubblica (non riscontrati nel parere tecnico del Mef).
Quando Giancarlo Giorgetti ha preso atto della decisione politica del suo Governo di dire no, nelle varie riunioni ai vertici dell'esecutivo avrebbe spiegato che questo era il momento più adatto per sciogliere il nodo, ora che è stato chiuso il nuovo Patto di Stabilità, senza trascinare ulteriormente la questione e rispettando la scadenza del 31 dicembre. Le novità del Mes non lo hanno mai entusiasmato, ma ora ci saranno delle conseguenze per l'Italia, è l'avvertimento che comunque il Ministro dell'Economia ha condiviso con i colleghi. Non si temono reazioni negative dei mercati, e ad esempio lo spread, se non poco dopo il voto della Camera, ha chiuso quasi ai livelli di giovedì. Più che altro, non mantenere un impegno preso tre anni fa può avere ricadute sotto il profilo dell'affidabilità e della reputazione nei confronti dei partner. Negli incontri internazionali il Ministro ha sempre manifestato tutte le difficoltà a far convergere una maggioranza sulla ratifica, ma la scelta era stata devoluta al Parlamento.
Giorgetti pensa solo a portare all'approvazione la manovra entro la fine dell'anno e rivendica sul Mes un atteggiamento pragmatico. In quest'ottica vanno letti i ragionamenti condivisi ripetutamente con i colleghi di partito e di Governo, inclusi i rischi impliciti nella bocciatura della ratifica; per sei mesi almeno non se ne parlerà. Nei consessi europei presto Giancarlo Giorgetti e Giorgia Meloni ne misureranno gli effetti, a partire dall'Eurogruppo del 15 gennaio e dal Consiglio europeo del primo febbraio. Giorgetti è convinto che il meccanismo di salvataggio previsto dalla modifica respinta non sarebbe servito al sistema bancario italiano. “Gli impegni presi con gli altri Stati andrebbero rispettati ma”, sostiene Giorgetti, “ci sarà un motivo se Draghi non ha voluto procedere con la ratifica e perfino Conte, che aveva dato il via libera alla modifica sul Salva-banche, ora ha portato il M5S a votare contro.”
L’Europa trova un accordo storico sul Patto di stabilità. Italia decisiva
Nell'ultimo pomeriggio disponibile l'Ue è riuscita a trovare l'intesa al nuovo Patto di stabilità, arrivata in un inusuale Ecofin straordinario convocato dalla presidenza spagnola. L'Italia ha confermato quanto auspicato da Francia e Germania: il Ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti si è detto d'accordo e il nuovo Patto di stabilità è stato approvato all'unanimità. “È stato trovato un compromesso di buonsenso, il Patto è migliorativo rispetto al passato”, ha sottolineato in serata la premier Giorgia Meloni non mancando di rammaricarsi per il “no” dell'Europa alla golden rule sugli investimenti.
Il nuovo patto di stabilità è più complesso di quello precedente: da un lato mantiene una rigida sostenibilità fiscale, dall'altro non affoga la crescita tenendo presente investimenti, in ambiti prioritari come transizione verde e digitale, sociale e difesa, e interessi del debito, in particolare in un periodo transitorio triennale dal 2025 al 2027. Il percorso di rientro strutturale del deficit, ovvero sotto il tetto del 3%, per i Paesi come l'Italia ha un parametro fisso, lo 0,5% annuo, ma la velocità della correzione può cambiare: un Governo, è la novità dell'ultima ora, può chiedere, se vuole, alla Commissione di concordare una traiettoria tecnica che non blocchi gli investimenti e tenga conto dell'aumento degli interessi, secondo un modello molto simile a quello usato dall'esecutivo europeo con il Pnrr. Berlino ha ottenuto un dato chiave: la cosiddetta ancora di salvaguardia che obbliga i Paesi che sono già rientrati sotto la soglia del 3% ad arrivare all'1,5% del deficit/Pil per avere un cuscinetto anti-crisi. Ma, anche in questo caso, per i paesi con debito superiore al 90% del Pil c'è una exit strategy: ridurre il deficit dello 0,25% annuo su un totale di sette anni invece dello 0,4% su un totale di 4 anni.
L'Italia, per dirla come Gentiloni, è stata “decisiva”, perché Giancarlo Giorgetti ha dovuto scegliere tra il compromesso o il mettersi di traverso, unico tra i 27 e dopo un fortissimo pressing da parte di Francia, Germania e Bruxelles. A gennaio il Pe approverà la sua posizione negoziale, poi cominceranno i triloghi tra Consiglio, Commissione ed Eurocamera. “Non c'è tempo da perdere”, ha avvertito il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis ribadendo la priorità di Bruxelles: chiudere definitivamente sul Patto prima di aprile.
Bce positiva sull’inflazione, ma l’eurozona ha un problema di crescita strutturale
I dati sull'inflazione sono stati "positivi", ma non ancora sufficienti per modificare la politica monetaria ed è quindi troppo presto per parlare di un taglio dei tassi d'interesse. Il vicepresidente della Bce, Luis de Guindos, riporta che i tassi di interesse stanno facendo il loro dovere, abbassare l’inflazione. La politica monetaria opera inasprendo le condizioni di finanziamento: tassi di interesse più elevati influiscono sui livelli di attività economica. E quando l’attività economica viene frenata, l’inflazione rallenta. Una volta che vedremo che l’inflazione sta chiaramente convergendo in modo stabile verso il nostro obiettivo del 2%, la politica monetariapotrebbe iniziare ad allentarsi. “Ma è ancora troppo presto e i tassi andranno mantenuti per un periodo di tempo sufficientemente lungo, seguendo l’andamento dei dati". De Guindos ha affermato che la Bce non si aspetta una recessione tecnica, definita come due trimestri consecutivi di crescita negativa, ma che la questione principale è che l’economia europea ha un problema di crescita strutturale. Le proiezioni di Bce e Commissione Europea vedono una crescita molto moderata, intorno all’1% fino al 2026. Questi livelli di crescita potenziale sono bassi perché la produttività sta migliorando a malapena", ha detto ancora il vicepresidente della Bce, sottolineando che l’Europa ha bisogno di importare più energia rispetto ad altre economie, aggravando la posizione europea nella competitività globale. Sono necessarie riforme strutturali. Lo scopo della politica monetaria è ridurre l’inflazione, ma per raggiungere la crescita è necessario mettere in gioco altri fattori", ha continuato de Guindos, evidenziando la necessità del completamento dell’unione bancaria, progressi verso l’unione dei mercati dei capitali e anche nel mercato unico dell’Ue.