Dalle prime stime del Def il Pil crollerà a -8%

Pil in caduta libera, con perdite per 126 miliardi e chiusura a fine anno, se tutto andrà bene, a -8%, debito che schizza al 155,7% del Pil e un indebitamento a due cifre, attorno al 10,4%, compreso l'extradeficit fino a 55 miliardi che servirà per finanziare le nuove misure anti-virus. Si compone di cifre “mai viste prima” il nuovo quadro macroeconomico tratteggiato nel Documento di Economia e Finanza, che il Governo ha messo a punto non senza intoppi sia per la complessità dell'elaborazione delle stime in un contesto più che mai incerto sia per le difficoltà nel ricomporre le spinte della maggioranza. Il virus avrà effetti a lungo sull'economia, che si esauriranno nel primo trimestre del prossimo anno: nel frattempo bisognerà continuare con il distanziamento sociale e i protocolli di sicurezza per evitare il riaccendersi di nuovi focolai. Il nuovo scenario presuppone dunque un rimbalzo nel secondo semestre dell'anno, con l'epidemia sotto controllo e la ripartenza graduale di tutte le attività

E mette in conto per il 2021 un recupero della crescita al 4,7% e l'eliminazione definitiva delle clausole di salvaguardia sull'Iva, complice la sospensione delle regole del Patto di stabilità nell'emergenza che si presume non sarà riattivato già dal prossimo anno. Superata l'emergenza il quadro sarà rivisto: intanto il Governo lavora a misure per attenuare i danni economici del virus e mette in conto semplificazioni strutturali e riforma delle tasse che contribuiranno a mantenere la credibilità sui mercati e a riportare (in 10 anni) il debito alla media europea. Le riunioni si susseguono da giorni e nelle ultime ore rispuntano tensioni tra i partiti davanti alle scelte da fare per distribuire i circa 3 punti aggiuntivi di scostamento dagli obiettivi di deficit che il Parlamento voterà all'inizio della prossima settimana. 

Il Consiglio Ue dice sì a un piano da migliaia di miliardi, ma le distanze restano 

Restano le distanze tra i leader Ue sul Recovery Fund, il fondo europeo di risposta alla crisi economica legata al coronavirus. Al termine del quarto vertice europeo in poche settimane, i 27 hanno concordato di affidare alla Commissione europea il mandato di presentare una proposta entro il 6 maggio (e non il 29 aprile come annunciato in questi giorni) che metta insieme un piano che contenga il Fondo per la ripresa e il bilancio pluriennale della Ue per il 2021-27. Dopo che l'esecutivo di Ursula von der Leyen avrà messo sul tavolo il suo piano (che secondo un documento interno dovrebbe essere composto da diversi strumenti finanziari per generare 2.000 miliardi di euro d’investimenti, prestiti e spese) saranno discusse le caratteristiche, le finalità, il finanziamento e le dimensioni del Fondo, e su gran parte di questi punti le posizioni dei governi restano distanti.  L'Italia incassa politicamente la formula secondo cui la costituzione del Fondo deve essere considerato “necessario e urgente”, e il premier Giuseppe Conte parla di “grandi progressi”. Secondo il presidente del Consiglio, la dotazione del Recovery Fund dovrebbe essere di 1.500 miliardi e dovrebbe fornire agli Stati non solo prestiti ma anche finanziamenti a fondo perduto. 

Sul punto la posizione italiana si salda con quella francese e spagnola: il fronte sud chiede che il Fondo finanzi non dei prestiti agli Stati ma dei trasferimenti a fondo perduto, ma il blocco nord (Olanda, Germania, Austria e Svezia) rimane contrario. Ursula von der Leyen assicura che si cercherà un punto di equilibrio, così come resta vaga la dimensione finanziaria del Recovery Fund anche se la stessa presidente della Commissione promette che si parla di “migliaia di miliardi e non di miliardi”; ma anche la cifra è ancora da negoziare e inoltre non sono ancora sul tavolo i tempi e la durata. Un Eurogruppo sarà convocato entro le prossime due settimane e i ministri delle Finanze cercheranno di avvicinare le posizioni. Il vertice di ieri infine, ha dato il via libera, come previsto, alle prime tre gambe del pacchetto Ue di risposta alla pandemia: sì dunque alla linea di prestiti del Mes agli Stati che ne faranno richiesta (240 miliardi), al fondo SURE contro la disoccupazione (100 miliardi) e ai prestiti alle imprese garantiti dalla Bei (200 miliardi); tutti questi strumenti saranno operativi dal primo giugno.

Per il MEF il 44% degli italiani guadagna meno di 15mila euro 

Oltre 12 milioni e mezzo di italiani non pagano un euro di Irpef. Merito della no tax area ma anche delle agevolazioni fiscali. Secondo i dati pubblicati dal MEF sulle dichiarazioni dei redditi 2018, oltre 10,2 milioni di persone hanno un'imposta netta pari a zero, prevalentemente contribuenti con livelli reddituali compresi nelle soglie di esenzione, o coloro la cui imposta lorda si azzera per effetto delle detrazioni. A questi si aggiungono i lavoratori dipendenti la cui imposta netta è interamente compensata dal bonus 80 euro, facendo così salire la platea di chi non versa l'Irpef a circa 12,6 milioni. La fotografia dei redditi che emerge dalle elaborazioni del ministero mostra come il 44% dei contribuenti, che dichiara il 4% dell'Irpef totale, si sia collocato anche nel 2018 nella classe di reddito fino a 15.000 euro; la fetta più grande, pari al 50% dei contribuenti e al 56% dell'Irpef totale, si colloca tra i 15.000 e i 50.000 euro, mentre solo circa il 6% dei contribuenti dichiara più di 50.000 euro, versando il 40% dell'Irpef totale. Pochissimi i contribuenti con un reddito complessivo maggiore di 300 mila euro sono infatti lo 0,1% del totale. La tradizionale rappresentazione statistica dell'Italia del fisco viene letta da molti come la conferma di un forte tasso di evasione ma arriva mentre il Paese è alle prese con il Covid e sale la polemica per il rischio che, cancellata dal Cura Italia la norma che fermava le cartelle, possa arrivare una valanga di notifiche a giugno. Complessivamente, il reddito complessivo dichiarato dagli italiani nel 2018 ammonta a circa 880 miliardi di euro (+42 miliardi rispetto all'anno precedente, in aumento del 5%). 

L'incremento è stato registrato in un anno positivo per l'economia, con il Pil in crescita dell'1,7% in termini nominali e dello 0,8% in termini reali. Il valore medio dei redditi è pari 21.660 euro, in crescita del 4,8% rispetto al reddito complessivo medio dichiarato l'anno precedente. L'analisi territoriale conferma che la regione con reddito medio complessivo più elevato è la Lombardia (25.670 euro), seguita dalla Provincia Autonoma di Bolzano (24.760 euro), mentre la Calabria presenta il reddito medio più basso (15.430 euro); anche nel 2018, quindi, il Mef riconosce una distanza cospicua tra il reddito medio delle regioni centro-settentrionali e quello delle regioni meridionali. Tra i lavoratori, gli autonomi hanno guadagnato due anni fa più del doppio dei dipendenti. Il reddito medio più elevato è infatti proprio quello da lavoro autonomo, pari a 46.240 euro, mentre il reddito medio dichiarato dagli imprenditori(titolari di ditte individuali) è pari a 20.940 euro. Il reddito medio dichiarato dai lavoratori dipendenti è invece pari a 20.820 euro e quello dei pensionati a 17.870 euro. I redditi medi da lavoro autonomo sono aumentati del 6,3% rispetto al 2017, il reddito medio da pensione mostra una crescita del 2,5%, confermando il trend degli anni precedenti, mentre continua a rilevarsi una contrazione del numero di pensionati (oltre 73.500 soggetti in meno, -0,5%), effetto della riforma delle pensioni Monti-Fornero che ha posticipato il raggiungimento dei requisiti per il pensionamento.

Istat: a marzo forte calo per l'import e l'export

Crolla l'export extra Ue a marzo.  Le rilevazioni diffuse dall'Istat mostrano un registro nero per l'interscambio commerciale con i paesi extra Ue27, segnalando una netta riduzione congiunturale sia per le esportazioni (-13,9%) sia per le importazioni (-12,4%). La forte contrazione su base mensile dell'export interessa tutti i raggruppamenti principali di industrie ed è più accentuata per beni strumentali (-24,6%) e beni di consumo durevoli (-21,8%). Analogamente, dal lato dell'import, si rilevano ampie diminuzioni congiunturali per tutti i raggruppamenti, con cali di maggiore entità per beni di consumo durevoli (-26,2%), energia (-24,2%), e beni strumentali (-14,1%). A marzo 2020 l'export verso paesi Opec (-24,3%), Svizzera (-18,8%), paesi Asean (-18,3%), Cina (-15,0%) e Giappone (-12,7%), è in forte calo su base annua. Gli acquisti da paesi Opec (-45,6%), Cina (-27,4%) e Turchia (-22,0%) registrano flessioni tendenziali molto più ampi della media delle importazioni dai paesi extra Ue27. A marzo 2020, per l'area extra Ue, al netto del Regno Unito, si stima che l'export diminuisca del 15,8% su base mensile e del 13,4% su base annua. Anche l'import registra ampie flessioni sia sul mese (-13,4%) sia sull'anno (-20,2%). Il saldo commerciale è pari a + 3.920 milioni (+3.405 milioni a marzo 2019). A marzo 2020, l'export è in deciso calo anche su base annua (-12,7%). La caduta, generalizzata, è particolarmente ampia per beni di consumo durevoli (-28,0%) e beni strumentali (-20,8%). L'import registra una flessione tendenziale ancora più estesa (-19,8%), con forti riduzioni per tutti i raggruppamenti, particolarmente marcate per beni di consumo durevoli (-36,7%) e energia (-33,5%). Il saldo commerciale a marzo 2020 è stimato pari a +5.213 milioni (era +4.699 milioni a marzo 2019). Diminuisce l'avanzo nell'interscambio di prodotti non energetici (da +7.872 milioni per marzo 2019 a +7.202 milioni per marzo 2020).

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Settimana Economica 18 - 24 aprile 2020



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