Draghi e Macron rilanciano un nuovo Patto Ue per la crescita
Cambiare le regole per poter sostenere anche con il debito gli investimenti pubblici e la crescita senza aumentare le tasse e tagliare la spesa sociale ma portando avanti riforme strutturali che consentano di ridurre la spesa: questa, in sintesi, la ricetta proposta dal presidente del Consiglio Mario Draghi e dal leader francese Emmanuel Macron per riformare il Patto di stabilità e le altre norme che fino allo scoppio della pandemia hanno regolato la gestione dei conti pubblici nazionali.
Draghi e Macron hanno scoperto le carte a pochi giorni dall'avvio della presidenza di turno francese dell'Ue che ha tra le sue priorità proprio la riforma del Patto; lo hanno fatto con una lettera cofirmata e pubblicata sull'edizione online del Financial Times a breve distanza dalla firma del Trattato del Quirinale. Il testo, hanno precisato fonti dell'Eliseo, è stato condiviso con altri leader europei, in primo luogo il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Il documento, che qualcuno ha definito una svolta, è destinato a segnare una tappa importante del dibattito sulla riforma delle attuali regole, in parte frutto della stretta decisa all'indomani della crisi del 2008, che nel 2020 sono state sospese per consentire all'Ue e ai suoi Stati membri di affrontare con politiche adeguate la crisi innescata dal Covid. Esse in futuro, sottolineano Draghi e Macron, “non dovranno impedirci di fare tutti gli investimenti necessari” in settori quali la ricerca, le infrastrutture, la digitalizzazione e la difesa. “La capacità di mettere in campo politiche di bilancio per proteggere i nostri cittadini e trasformare le nostre economie è e resta al centro della nostra strategia”. Già prima della pandemia le regole fiscali europee “avevano bisogno di essere riformate” perché “oscure e troppo complesse”: “Non c’è dubbio sulla necessità di ridurre il livello del nostro indebitamento ma non possiamo pensare di farlo attraverso maggiori tasse o tagli insostenibili alla spesa sociale. Piuttosto la nostra strategia è quella di mantenere sotto controllo la spesa pubblica ricorrente attraverso riforme strutturali ragionevoli”.
Occorre quindi, per Italia e Francia, avere più “spazio di manovra e margini di spesa sufficienti per prepararci al futuro”. “Il debito per finanziare tali investimenti dovrà essere favorito dalle regole di bilancio” poiché così si sosterranno le future generazioni e la crescita, e si contribuirà anche “alla sostenibilità del debito”. Per Roma e Parigi, l'Ue deve “rilanciare lo spirito che ha guidato le sue azioni all'inizio della pandemia” per affrontare le sfide geopolitiche, militari e demografiche che, al di là della crisi del Covid, l'attendono sul lungo termine. Per Draghi e Macron “Il programma Next Generation EU è stato un successo per i meccanismi che ha introdotto per la valutazione della qualità della spesa pubblica e per le sue modalità di finanziamento” e “offre un utile modello per il futuro”. Ora la parola passa agli altri leader europei per sviluppare una “discussione approfondita” che Draghi e Macron auspicano non sia “offuscata da ideologie” così da arrivare ad un accordo entro la fine del 2022.
Il Senato approva la legge di bilancio 2022
Il Senato ha approvato con 215 voti favorevoli la fiducia posta dal Governo sul maxiemendamento alla Legge di Bilancio 2022. I contrari sono stati 16, nessun astenuto; ora il testo passa alla Camera per il via libero definitivo entro il 31 dicembre. La manovra, da 30 miliardi di euro, prevede un indebitamento programmatico rispetto al Pil pari al 5,6% per il 2022, al 3,9% per il 2023 e 3,3% nel 2024, entrate previste per 2,2 miliardi nel 2022 e 0,5 miliardi nel 2023, spese in aumento di 47,8 miliardi nel 2022, di 53 miliardi nel 2023 e 38,1 miliardi nel 2024.
Confermate tutte le misure principali previste, a partire dal taglio per 8 miliardi di euro dell'Irpef sui lavoratori dipendenti, autonomi, partite Iva e pensionati, per un taglio del cuneo fiscale destinato a favorire in particolare i ceti medi: le aliquote diventano solo quattro, al 23% per redditi fino al 15mila euro, al 25% tra 15mila e 28mila, al 35% tra 28mila e 50mila, al 43% oltre i 50mila; nella terza fascia il taglio arriverà fino a un massimo di mille euro annuo risparmiati in busta paga. Inoltre stop all'Irap per quasi un milione di professionisti. Prorogato il Superbonus 110%, esteso alle villette monofamiliari per le quali salta il tetto Isee. Previsto anche un bonus del 75% per abbattere le barriere architettoniche, per l'installazione di ascensori o montacarichi e interventi di automazione degli impianti degli edifici. Sale il tetto di spesa detraibile del bonus mobili, che passa da 5 a 10mila euro, e viene rifinanziato il bonus televisori per una spesa di 68 milioni. Operai edili e ceramisti potranno andare in pensione tramite Ape sociale con 32 anni di contributi e 63 di età. Per il caro bollette si interviene con altri 1,8 miliardi di euro, oltre ai 2 inizialmente previsti, per un totale di 3,8: sarà inoltre possibile rateizzare in dieci tranches il pagamento delle bollette. Confermato e rifinanziato, infine, il reddito di cittadinanza.
Il Governo è al lavoro sul Recovery: 24 mld entro marzo e 102 target nel 2022
Obiettivi raggiunti, accordo operativo firmato, e primo assegno da 24,1 miliardi in arrivo, se tutte le verifiche andranno a buon fine, entro marzo: la macchina del Recovery Plan italiano si avvia a lavorare a pieno regime, forte dei 51 target concordati con Bruxelles tutti realizzati grazie a uno sforzo “collettivo” che ora deve continuare “quotidianamente” fino al 2026. Il premier Mario Draghiinvita a non abbassare la guardia, a “non adagiarsi”, chiedendo ai Ministri di preparare le amministrazioni a un lavoro che proseguirà e sarà anche più intenso nei prossimi anni, visto che già nel 2022 gli obiettivi raddoppiano: in tutto l'anno ne andranno centrati altri 102, di cui 66 riforme, per incassare i 40 miliardi stabiliti.
Intanto però la sottoscrizione dell'accordo operativo apre la strada al versamento della prima di dieci rate da parte della Commissione, che ha stabilito le regole d’ingaggio per vagliare i progetti e dare l'ok definitivo al pagamento. Ci vorranno però ancora 2 o 3 mesi per le verifiche e i fondi dovrebbero arrivare, al più tardi, entro marzo. Nel frattempo l'Italia potrà sfruttare le risorse del fondo di rotazione creato appositamente per evitare rallentamenti o intoppi in attesa delle nuove tranches. La prima rata ufficiale (l’Italia ha già avuto un anticipo del 13%, circa 25 miliardi) sarà divisa a metà tra sovvenzioni e prestiti (11,5 miliardi di grant e 12,6 miliardi di loan) e servirà a portare avanti i progetti del primo semestre, 47, che sbloccheranno, una volta superato il check di Bruxelles, la seconda rata da 19 miliardi. Impegnativo il programma di riforme per il prossimo anno, dalle carriere degli insegnanti alla revisione del Codice appalti fino alla legge sulla concorrenza, arrivata in Senato.
Pil: Istat, nel 2020 in diminuzione dell' 8,9% rispetto al 2019
Nel 2020, il Pil in volume a livello nazionale è diminuito dell'8,9% rispetto all'anno precedente. Il Nord-est mostra la flessione più marcata, con una riduzione del Pil del 9,2%, influenzata da andamenti particolarmente negativi del commercio, pubblici esercizi, trasporti e comunicazioni (-15,3%) e dell'industria (-10,5%). Lo ha reso noto l'Istat. Nel Nord-ovest il Pil si è ridotto del 9%, poco più della media nazionale. Anche in questa ripartizione, la contrazione è legata in primo luogo alla dinamica negativa del commercio, pubblici esercizi, trasporti e comunicazioni (-12,7%) e dell'industria (-11,6%), mentre l'agricoltura ha mostrato la riduzione meno marcata (-3,7%). La riduzione al Centro è pari all'8,9%, in linea con la media nazionale, con le flessioni più consistenti, come nel resto del Paese, nel commercio (-13,5%) e nell'industria (-11,2%) e quella più limitata negli Altri servizi (-5,2%). Il calo meno accentuato si registra nel Mezzogiorno, dove il Pil si è ridotto del 8,6%. Alla contrazione dell’attività produttiva si è accompagnato, nel 2020, una riduzione in volume dei consumi finali delle famiglie dell'11,7% a livello nazionale. Anche in questo caso il Nord-estha mostrato la contrazione più consistente (-12,6%) e il Mezzogiorno quella più contenuta (-10,7%). Nel 2020, il reddito disponibile delle famiglie è diminuito del 2,9% a livello nazionale, come sintesi di cadute superiori alla media al Centro (-3,2%) e al Nord (-3,4%), e di una flessione molto più ridotta per il Mezzogiorno (-1,5%).
Pil: Istat, nel 2020 occupazione in calo in tutte le aree del paese
A livello nazionale nel 2020, l'input di lavoro complessivo, misurato in termini di numero di occupati, è diminuito del 2,1%. Il calo ha toccato in maniera piuttosto omogenea tutte le ripartizioni. Più nel dettaglio, la ripartizione che contribuisce maggiormente al calo occupazionale è il Mezzogiorno, dove il numero degli occupati è diminuito del 2,2%. Nelle rimanenti ripartizioni, il Nord-est e il Centro hanno subito cali leggermente inferiori alla media nazionale, pari rispettivamente all'1,9% e al 2%, mentre il Nord-ovest, con una contrazione degli occupati pari al 2,1%, risulta in linea col dato nazionale. Lo si legge in un report dell'Istat su conti economici territoriali.
Nel Nord-est il calo relativamente meno marcato rispetto alle altre aree del paese è dovuto essenzialmente alla crescita del numero degli occupati dei settori delle costruzioni e dell'agricoltura, pari rispettivamente allo 0,9% e allo 0,2%. Nel comparto industriale la riduzione dell'occupazione è stata meno accentuata rispetto al resto del paese (-0,4%). Nel Nord-ovest la diminuzione complessiva dell'input di lavoro è in parte attutita dalla crescita sopra la media nazionale nei settori dell'agricoltura (+1,0%) e delle costruzioni(+1,9%) mentre l'industria ha evidenziato la contrazione più accentuata rispetto alle altre aree del paese, con un calo dello 0,9%. Al Centro la flessione dell'occupazione nel 2020, meno accentuata rispetto a quella registrata nelle altre ripartizioni, si è concentrata essenzialmente nel settore dei servizi (-2,5%). L'agricoltura, al contrario, ha segnato un lieve aumento (+0,4%) mentre sono risultati sostanzialmente stabili i settori dell'industria e delle costruzioni. Anche nel Mezzogiorno la diminuzione occupazionale è legata soprattutto all'andamento del settore dei servizi, che in quest'area ha registrato il calo più consistente (-3%). Da segnalare inoltre l'andamento in controtendenza del settore dell'agricoltura, che ha fatto registrare una flessione dello 0,5%, mentre le costruzionihanno mostrato una crescita più vivace rispetto alle altre ripartizioni (+2,4%).
Istat: a dicembre lieve aumento clima fiducia dei consumatori, in flessione per le imprese
A dicembre 2021 si stima un lieve aumento dell'indice del clima di fiducia dei consumatori (da 117,5 a 117,7), mentre l'indice composito del clima di fiducia delle imprese flette da 114,8 a 113,1. Il modesto incremento dell'indice di fiducia dei consumatori è dovuto essenzialmente ad un miglioramento del clima personale (da 110,0 a 110,4) e di quello corrente (da 115,2 a 115,6). Lo ha rilevato l'Istat. Il clima economico e quello futuro sono, invece, in leggero peggioramento (i relativi indici calano, rispettivamente, da 139,8 a 139,6 e da 121,0 a 120,8). Con riferimento alle imprese, l'indice di fiducia è in diminuzione nell'industria manifatturiera (da 115,9 a 115,2) e nei servizi di mercato (da 111,3 a 110,2) mentre aumenta nelle costruzioni (da 157,4 a 159,1) e nel commercio al dettaglio (da 106,8 a 107,4).