L'accordo da 750 miliardi sul Recovery Fund è realtà, 209 andranno all’Italia
Dopo quattro giorni di negoziati i leader europei hanno trovato l'intesa e hanno approvato un pacchetto da 750 miliardi di euro che dovrà servire alla ricostruzione post-pandemia e che sarà suddiviso in 390 miliardi di sovvenzioni e 360 miliardi di prestiti per i Paesi colpiti dalla crisi. La somma è inferiore rispetto ai 500 miliardi di euro proposti da Francia e Germania a maggio e poi avallati dalla Commissione europea, ma porterà comunque in dote all'Italia circa 209 miliardi (28%), 82 di sussidi e 127 di prestiti. E, soprattutto, sdogana per la prima volta il principio secondo cui un’istituzione europea, la Commissione, viene autorizzata a fare debito comune, un tabù che sarebbe stato impensabile solo qualche mese fa.
Arrivare al risultato non è stato facile e il vertice di Bruxelles, che per poco non ha battuto il record di durata di quello di Nizza nel 2000, che durò quattro giorni e quattro notti, passerà alla storia per la feroce battaglia condotta dai frugali (Paesi Bassi, Austria, Svezia e Danimarca, col sostegno della Finlandia) contro il resto d'Europa. I nordici hanno frenato fino all'ultimo ogni ipotesi di compromesso al rialzo sui sussidi da concedere ai Paesi più colpiti dalla pandemia e sono riusciti a ottenere forti aumenti dei rabates, gli sconti sul bilancio voluti da Margareth Tatcher e poi tramandati nei decenni a vantaggio di alcuni Paesi, Germania compresa. Per piegare la resistenza dei 4, Angela Merkel e Emmanuel Macron hanno fatto fronte comune, con l'appoggio forte di Italia e Spagna e poi nel corso delle ore di tutti gli altri leader europei. I frugali hanno affermato un loro ruolo politico all'interno dell'Ue e messo in difficoltà l'asse franco-tedesco che per tutto il vertice ha sostenuto le ragioni del fronte sud. La Merkel è riuscita anche a tirare le fila del negoziato con i Paesi di Visegrad sulle condizionalità legate al rispetto dello Stato di diritto e alla fine l'accordo che soddisfa tutti è arrivato.
Per Gentiloni l’Italia dovrebbe prendere i fondi del Mes
“I fondi arriveranno nella seconda metà del 2021, l'Italia prenda il Mes, conviene”. È l'indicazione che arriva dal Commissario europeo all'Economia Paolo Gentiloni. In un’intervista a Repubblica Gentiloni sottolinea che “c'è grande soddisfazione per un risultato arrivato dopo mesi straordinari iniziati con le prime modifiche delle regole europee e sfociati nella decisione del Consiglio europeo sul Recovery Fund. Io non dimentico gli anni '10 dell'Unione, con una crisi finanziaria affrontata in ordine sparso, con la Brexit e con l'incapacità di gestire i flussi migratori. Ora, di fronte alla peggiore delle crisi, di fronte alle vittime e alle ferite sociali devastanti, siamo passati dal rifiuto della condivisione dei rischi alla solidarietà”, sottolinea. “Le erogazioni del Recovery inizieranno nella seconda parte del 2021 ad eccezione di un 10% che verrà anticipato con l'approvazione del Piano. Prima dobbiamo aspettare il percorso di ratifica dei Parlamenti, quindi dovremo riuscire a rispettare il calendario con l'approvazione dei Piani di riforme dei singoli Paesi entro aprile e andare sui mercati con titoli europei comuni”.
“C'è una terza sfida decisiva, anche se successiva: dovremo essere in grado di approvare nuove risorse proprie dell'Unione, come la digital tax e la tassa sulle emissioni di CO2”. E, in attesa dei fondi, sulla possibilità e sul consiglio al governo italiano di accedere ai 36 miliardi del Mes Gentiloni precisa: “Il pacchetto è composto da 390 miliardi del Recovery di aiuti a fondo perso e da 360 miliardi di prestiti e poi dai crediti agevolati del Mes e di Sure, rispettivamente fino a 240 e 100 miliardi. In tutto 700 miliardi di prestiti. Se c'è un Paese in Europa che può trarre vantaggio da questi prestiti è l'Italia e all'interno di questo pacchetto uno strumento è già disponibile, ovvero il Mes. Abbiamo eliminato dalle sue linee di credito le vecchie condizionalità macroeconomiche e ora è chiaramente vantaggioso per un Paese con i tassi di interesse come quelli italiani. Ma la decisione ovviamente non si prende a Bruxelles”.
Conte accerchiato su fondi che arriveranno sul Recovery Plan
Appena Giuseppe Conte si chiude a Palazzo Chigi per lavorare sul Recovery Plan non tarda ad arrivare l'accerchiamento al premier per la gestione delle risorse europee. Il pressing dei partiti, dal Pd a FI, cresce di ora in ora e sembra convergere sulla necessità di istituire una Commissione bicamerale per il Recovery Fund. L'ipotesi vede concorde anche il presidente della Camera ma, forse, con una sfumatura diversa: se per Roberto Fico la Commissione deve avere un ruolo d’indirizzo, il sospetto, soprattutto nel M5S, è che nella strategia del Pd l'organismo sia un modo non solo per aumentare l'influenza su Conte ma arrivare al Mes. In queste ore Giuseppe Conte si sta muovendo su un doppio binario: quello del Recovery Plan, che sarà presentato solo dopo la pausa estiva, e quello del decreto agosto che prevede uno scostamento di bilancio di 25 miliardi, sul quale a fine luglio le Camere si esprimeranno.
Proprio al Senato, la maggioranza assoluta necessaria per il sì al nuovo extra-deficit è tutt'altro che scontata; nei corridoi parlamentari non tira aria di ribaltone, ma i numeri sono stretti: Pd, M5S, Leu e Iv necessitano dell'aiuto di una parte dei componenti del Misto e dei senatori a vita. E non è detto che basti. Per questo, “silenziosamente”, il Governo cerca il supporto di FI, l'opposizione “dialogante” più volte citata da Conte. Comunque sia, la task force annunciata da Conte continua a non convincere gli alleati. Di fatto il tema non è stato ancora ufficialmente messo sul tavolo del Governo, ma il gruppo Pd passa già all'attacco presentando una mozione in Senato per l'istituzione di una commissione Bicamerale sul Recovery, posizione sulla quale Dem, Renziani e Fi sono pienamente allineati; la proposta nel M5S viene accolta nel silenzio.
Il CdM approva uno scostamento di bilancio da 25 miliardi
Sale a 25 miliardi l’entità della manovra estiva che il Governo è pronto a varare ad agosto. Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera a una richiesta di deficit aggiuntivo che porterà il livello dell'indebitamento netto dal 10,4% all'11,9% mentre il debito salirà dal 155,7% al 157,6%. Con la Relazione che sarà inviata alle Camere, sentita la Commissione europea, il governo chiederà l'autorizzazione per un ulteriore ricorso all'indebitamento di 25 miliardi di euro per l'anno 2020, 6,1 miliardi nel 2021, 1 miliardo nel 2022, 6,2 miliardi di euro nel 2023, 5 miliardi di euro nel 2024, 3,3 miliardi nel 2025, e 1,7 miliardi dal 2026. Il nuovo sforamento per l'anno in corso, superiore ai 20 miliardi preventivati, si colloca nella scia dell'esito positivo del negoziato europeo sul Recovery fund che ha portato in dote all'Italia circa 209 miliardi. La decisione di alzare l'asticella è stata presa nel corso del vertice dei capidelegazione e dei responsabili economici con il premier Giuseppe Conte e il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri che ha preceduto il Cdm di mercoledì. Il via libera del Parlamento alla nuova richiesta di extra deficit, la terza dopo i 20 miliardi del dl Cura Italia e i 55 miliardi del decreto Rilancio, arriverà mercoledì 29, contestualmente al Piano nazionale di riforma, che potrà così essere ufficialmente trasmesso a Bruxelles.
Priorità sarà data alla proroga della Cig, ma arriveranno anche i fondi per far ripartire le scuole in sicurezza e una rimodulazione delle tasse sospese e rinviate a settembre per le imprese più colpite. Inoltre, “verrà garantito il necessario sostegno agli enti territoriali”. L'esecutivo “conferma l'obiettivo di ricondurre verso la media dell'area euro il rapporto debito/PIL nel prossimo decennio, attraverso una strategia che, oltre al conseguimento di un adeguato surplus primario, si baserà sul rilancio degli investimenti, pubblici e privati”. Per finanziare la nuova cassa integrazione Covid serviranno tra i 6 e gli 8 miliardi: dovrebbe essere estesa per altre 18 settimane, ma con dei paletti per l'accesso, a partire dal calo del fatturato; in alternativa le imprese potranno contare su meccanismi di incentivi per le nuove assunzioni, sotto forma di decontribuzione. In arrivo anche un rafforzamento del Fondo di garanzia centrale per le Pmi. Dovrebbe poi essere prorogato fino a fine anno il blocco dei licenziamenti che potrebbe valere, però, solo per le aziende che utilizzano la cassa integrazione. Il Governo conta poi di inserire nel prossimo decreto una norma per prorogare lo smart working anche nel settore privato, così come previsto per il 50% della PA dal dl Rilancio. Sul fronte fisco, il Governo intende alleggerire i versamenti delle tasse, rinviate a settembre per le imprese più colpite, con una sforbiciata che dovrebbe valere circa 4 miliardi.