Savona sarà il nuovo Presidente della Consob. Critiche le opposizioni
Paolo Savona risolve il nodo Consob. In un Consiglio dei ministri lampo che ha affidato anche l'interim del dicastero degli Affari europei nelle mani del premier Giuseppe Conte, è avvenuto il passaggio che spiana la strada a Paolo Savona alla presidenza della Commissione nazionale per le società e la Borsa. Il dossier Consob arriverà sulla scrivania di Mattarella dopo che la nomina sarà passata al vaglio delle Commissioni Finanze di Camera e Senato e della Corte dei conti, chiamati a formulare un parere, non vincolante. Su Savona si scatenano però le opposizioni. Sul caso di fatto pesano tre questioni: le nuove regole della riforma Madia sulla PA che permettono di dare un incarico pubblico ai pensionati solo a titolo gratuito e per la durata massima di un anno, contro i sette del mandato di presidente della Consob. Poi c'è la legge Frattini sul conflitto d’interessi che non permette a Ministri e sottosegretari di ricoprire incarichi in Enti pubblici anche economici per un anno dopo la scadenza del mandato. E infine c'è la legge istitutiva della Consob, che vieta di assumere incarichi nell'Ente a chi nei due anni precedenti ha avuto ruoli di vertice in società vigilate dalla stessa Consob: Savona, fino al maggio del 2018, era presidente del Fondo Euklid, di cui l’ex Ministro sarebbe ancora in parte azionista. Tutte problematiche che però sarebbero già state vagliate e risolte dal Governo.
Per l’Fmi la crescita non supererà lo 0,6% nel 2019
Per il Fondo Monetario Internazionale la nostra economia crescerà quest'anno dello 0,6% dopo il +1,0% del 2018. Il Fmi conferma, nell'Article IV (stilato a dicembre 2018), le stime di crescita per il Belpaese, ma prevede per il Pil una crescita inferiore all'1% nel 2020 e fino al 2023 (+0,9% nel 2020, +0,7% nel 2021, +0,6% nel 2022 e +0,6% nel 2023). Il rallentamento della crescita nel 2018 “riflette una crescita più lenta dell'area euro e una maggiore incertezza politica interna come evidenziato dagli elevati costi del finanziamento del debito sovrano. Sul reddito di cittadinanza, il Fmi indica che la misura è un passo nella giusta direzione, ma prevede benefit molto alti, soprattutto al Sud dove il costo della vita è più basso: questo fa sì che rischi di essere un “disincentivo al lavoro” o di creare un vero e proprio effetto di “dipendenza dal welfare”. Per quota 100 si parla di un rischio dell'aumento dei costi pensionistici. Il timore, inoltre, è che le politiche del Governo lascino “l’Italia vulnerabile a una nuova perdita di fiducia del mercato anche in assenza di ulteriori shock”. In caso di un acuto stress dell'Italia, per l’Fmi l'effetto contagio potrebbe essere globale e significativo: “Uno stress acuto in Italia potrebbe spingere i mercati globali in territori inesplorati”. Per l’Fmi, quindi, all'Italia servono riforme strutturali per aumentare la produttività e sbloccare il potenziale del Paese.
La Commissione conferma: Italia fanalino di coda europeo. Crescita allo 0.2%
Era dalle turbolenze del 2012 che la Commissione dell’Unione Europea non rivedeva le stime di crescita in maniera così drastica: 0,2% per il 2019, un taglio netto dell'1% rispetto all'autunno scorso e molto lontano dall'1% previsto dal Governo. Anche Germania e Olanda tirano il freno ma lo stop italiano è record in Ue, lascia il Paese ultimo in classifica e unico con un Pil sotto il punto percentuale. Bruxelles spiega che la revisione è dovuta a “un rallentamento peggiore del previsto nel 2018, incertezza di policy globale e domestica e a una prospettiva degli investimenti molto meno favorevole”. Il commissario agli affari economici Pierre Moscovici non usa molte parole: “I fatti parlano. Non sembra che l'espansione keynesiana prevista si stia materializzando in modo forte, malgrado un miglioramento della situazione finanziaria e dello spread. E credo che su questo si dovrebbe riflettere”. D'accordo il collega Valdis Dombrovskis che spiega come in Italia si stiano materializzando gli effetti delle incertezze politiche, e ricorda al Governo che servono “politiche responsabili per sostenere stabilità, fiducia e investimenti”. Obiettivi che non si raggiungeranno con le due riforme cardine del Governo gialloverde: il reddito di cittadinanza avrà un impatto solo marginale sul Pil, mentre quota cento non ha proprio impatto, anzi, potrebbe essere controproducente perché Bruxelles ritiene sovrastimato l'effetto sostituzione di un pensionato con un giovane assunto.
Tria rassicura: battuta d'arresto, non recessione
La frenata del Pil, attestata dalle ultime stime dell'Istat, è “una battuta d'arresto, più che una vera recessione”. Il Ministro dell'Economia Giovanni Tria, nel corso di una movimentata informativa nell'Aula della Camera, ha tentato di rassicurare parlamentari, risparmiatori, imprenditori. Il capo del Mef ha spiegato che “secondo i nostri calcoli il taglio dall'1,2% allo 0,2% dipende per 0,6 punti dai dati peggiori del previsto nella seconda metà del 2018 e per soli 0,4 punti per una valutazione meno ottimistica legata al profilo trimestrale della crescita nel 2019”. La turbolenza degli ultimi mesi del 2018, per di più, “è stata anche causata da fraintendimenti sulle intenzioni di questo Governo nei confronti dell'Unione Europea e sulla sostenibilità dei nostri conti pubblici”. Come spiega Tria, tra le fortissime polemiche, la flessione del Pil “potrebbe attenuarsi anche nel trimestre in corso”, riportando il segno positivo nei prossimi mesi, quando si dispiegheranno gli effetti di reddito di cittadinanza e quota 100. Queste misure avranno “effetti positivi sulla domanda interna, aumentando il reddito disponibile delle famiglie, e con la politica fiscale contribuiremo a dare sostegno a un’ampia platea d’imprese soprattutto piccole”. Di conseguenza, al momento non c'è necessità di adottare manovre correttive, anche perché nel caso di rallentamento globale uno sforamento del deficit non inciderebbe sul saldo strutturale e non violerebbe l'accordo sui conti pubblici ottenuto con il dialogo tra Roma e Bruxelles.
Istat: nel 2018 vendite al dettaglio in leggera crescita +0,2%
Nel 2018 il valore delle vendite al dettaglio è leggermente cresciuto (+0,2%) rispetto all'anno precedente, registrando tuttavia dinamiche piuttosto eterogenee tra le diverse forme distributive. Lo ha reso noto l'Istat. In particolare, mentre per la grande distribuzione si registra una crescita, seppure moderata, rispetto al 2017 (+0,8%), le vendite delle piccole superfici risultano in flessione per il secondo anno consecutivo (-1,3%). D'altra parte, il settore del commercio elettronico continua a mostrare incrementi significativi (+12,1%). Nel quarto trimestre 2018, rispetto al trimestre precedente, le vendite al dettaglio registrano un aumento dello 0,1% in valore e dello 0,3% in volume. Le vendite di beni alimentari registrano una variazione negativa dello 0,3% in valore e dello 0,1% in volume, mentre quelle di beni non alimentari aumentano dello 0,2% in valore e dello 0,5% in volume. Su base annua, le vendite al dettaglio registrano una variazione negativa dello 0,6% in valore e dello 0,5% in volume. Risultano in flessione le vendite di beni alimentari (-0,8% in valore e -1,3% in volume), mentre quelle di beni non alimentari diminuiscono dello 0,6% in valore e aumentano dello 0,2% in volume.
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