Fmi e Ue sono in missione in Italia, Barbieri debutta al Tesoro

Doppia missione del Fmi e della Commissione Ue in Italia. I rappresentanti delle due istituzioni internazionali stanno incontrando separatamente in questi giorni a Roma i rappresentanti di Bankitalia e del Mef per analizzare e discutere alcune delle principali problematiche macroeconomiche, dall'inflazione all'approvvigionamento energetico, dall'andamento dei tassi alle prospettive di bassa crescita, che porteranno poi alla messa a punto delle previsioni d'inverno della Commissione e dell'Article IV del Fondo. Nel caso del Fmi si tratta della prima delle due visite che tradizionalmente portano alla redazione entro l'estate del rapporto dedicato al nostro Paese. La staff visit è guidata dalla capo missione Rachel Van Elkan e tra gli interlocutori il team di Washington si troverà davanti per la prima volta in veste di direttore del Tesoro l'appena nominato Riccardo Barbieri. Anche la Commissione ha inviato come di routine i suoi rappresentanti in vista delle prossime previsioni macroeconomiche da pubblicare nella prima metà di febbraio. Le ultime stime di Bruxelles davano per l'Italia una crescita dello 0,3% nel 2023 e dell'1,1% nel 2024, senza tenere tuttavia conto della manovra di bilancio e del recente calo dei prezzi energetici che potrebbe ora influire sulle nuove previsioni. In entrambi i casi gli incontri non saranno a livello politico ma esclusivamente tecnico, con i dirigenti della Banca d'Italia e del ministero dell'Economia e nello specifico proprio della Direzione del Tesoro. 

Per Riccardo Barbieri si tratta dunque del debutto istituzionale dopo la successione ad Alessandro Rivera. L'esperienza in questo caso però non manca, considerando i viaggi a Bruxelles e a Washington in cui, in qualità di capo economista, Barbieri ha già accompagnato i ministri dell'Economia con cui ha lavorato. Ora toccherà a lui illustrare la situazione economica italiana direttamente da Via XX Settembre, dopo le recenti scelte della legge di bilancio e in vista di possibili nuovi interventi di politica fiscale. Le riunioni con il Fondo saranno in generale l'occasione per fare il punto sulla situazione dell'economia italiana alla luce del contesto internazionale, partendo dalle principali emergenze causate dalla guerra: l'approvvigionamento energetico, la carenza di materie prime e l'inflazione. Un tema quest'ultimo legato indissolubilmente alle scelte di politica monetaria che si stanno scontrando in questi mesi con le prospettive di bassa crescita e la crescente frammentazione del quadro economico mondiale. Il team del Fmi raccoglierà più informazioni possibili, impostando il lavoro che lo porterà di nuovo in Italia in primavera, questa volta per una più lunga missione politica in cui saranno coinvolti anche il governatore di Bankitalia Ignazio Visco e il ministro Giancarlo Giorgetti. Solo al termine della seconda missione e della conseguente riunione del board a Washington sarà pubblicato il tradizionale e atteso rapporto sull'Italia con le raccomandazioni per la politica economica del nostro Paese. 

Le colombe della Bce tornano alla carica, ma l'economia tiene

È presto per parlare di ripresa, ma i dati economici segnalano che l'economia dell'area euro tiene e che sembra scongiurato il tracollo che ci si attendeva pochi mesi fa. Legna al fuoco dell'ala della Bce che preme per un rialzo aggressivo dei tassi, ma con Fabio Panetta le 'colombe' del Consiglio direttivo tornano a farsi sentire. I segnali di 'resilienza' europea c'erano da tempo, e hanno a che fare con il calo del prezzo del gas che ha allontanato lo spettro di un inverno di razionamenti energetici di cui si era parlato in autunno. Una conferma ufficiale arriva da S&P Global, il cui indice Pmi che misura l'attività economia nel manifatturiero e nei servizi a gennaio segna il terzo aumento consecutivo. E sale da 49,3 di dicembre a 50,2, superando quindi la soglia di 50.0, che separa la contrazione economica dall'espansione e tornando ai massimi da luglio 2022. Crescita marginale, dunque, per l'economia dei 20 (con l'ingresso della Croazia proprio a gennaio), ma pur sempre crescita, un dato che, per ora, smentisce le previsioni di una recessione nei due trimestri a cavallo di fine d'anno. E se il Pmi della sola Germania resta in negativo (sale da 49 a 49,7), le prospettive per il 2022 migliorano anche per il motore economico d'Europa: il governo tedesco, secondo l'agenzia Bloomberg, si appresta ad aggiornare le previsioni per il 2022 a una crescita dello 0,2%, rispetto a un -0,4% che aveva messo in conto lo scorso ottobre. 

Rispetto a quella che dovrebbe essere una buona notizia per i bilanci, tuttavia, la reazione dei mercati non è di gran festa: Borse europee contrastate, con Milano e Parigi che guadagnano poco più dello 0,20% e Francoforte lievemente negativa (-0,07%). E spread in calo a 176, con rendimento del Btp che torna sotto al 4% al 3,9%. A spiegare l'atteggiamento tiepido degli investitori è l'impatto che questi numeri avranno sulle prossime mosse della Bce. Christine Lagarde ha promesso che "manterrà la rotta" delineata a dicembre, quando aveva preannunciato rialzi dei tassi al ritmo di mezzo punto per volta. Intanto, però, fra numerose dichiarazioni dei 'falchi' che chiedono di non rallentare, le ‘colombe' tornano a farsi sentire. Prima col governatore di Bankitalia Ignazio Visco, che invoca più prudenza. Poi con Panetta, membro del Direttorio della Bce, critico sulla tendenza di numerosi governatori, nelle ultime settimane, a 'impegnare' la Bce sul ritmo della normalizzazione monetaria. "Qualsiasi indicazione incondizionata - ossia slegata dall'evoluzione prospettica dell'economia - che vada oltre febbraio si discosterebbe dal nostro approccio basato sui dati", afferma. Dalla stretta Bce "è difficile immaginare un rischio Paese" per l'Italia se il governo manterrà una politica fiscale che nella manovra è "rimasta prudente". 

Ue: i leader chiederanno un nuovo fondo Sure

Ci sarà anche un invito a considerare un nuovo Fondo Sure da parte dei leader al vertice Ue di febbraio. Sembra pertanto arrivata a dama l'idea dei commissari Gentiloni e Breton di replicare lo strumento di prestiti agevolati che durante la pandemia ha salvato milioni di posti di lavoro e che ha visto l'Italia come primo beneficiario con 27,4 miliardi ricevuti sui 96 complessivi del fondo. Di pari passo si procederà alla creazione del Fondo sovrano, annunciato dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, per cui ci vorrà del tempo, e nel frattempo i leader chiedono di sfruttare al massimo i fondi esistenti del RePower e del Next Generation. Un fondo che dovrà "sostenere gli investimenti nelle aree strategiche, sfruttando appieno il potenziale della Banca europea per gli investimenti", si legge nella prima bozza delle conclusioni del vertice del 9 e 10 febbraio che sta circolando a Bruxelles. Quindi non solo allentamento delle regole sugli aiuti di Stato, che rischierebbero di favorire gli Stati con più spazio fiscale, in primis la Germania, ma nuovi fondi e strumenti per evitare la frammentazione del mercato interno.

Il governo di Roma si dice soddisfatto della direzione che l'Ue sta prendendo su questo fronte. Bene questa risposta perché, per dirla con il ministro delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, agendo solo sul quadro degli aiuti di Stato, "non spaccheremmo solo l'Occidente, ma spaccheremo l'Europa tra chi può e chi non può e non ce lo possiamo permettere". Nella bozza delle conclusioni "l'Italia ritrova le indicazioni più significative che aveva già presentato in alcuni consessi e nell'incontro che ho avuto con il commissario Breton settimane fa", ha anticipato il ministro Urso, durante la sua visita a Bruxelles, "perché riteniamo importante che l'Europa abbia una risposta assertiva, attiva, significativa sul piano finanziario e che sia una risposta comune dell'Ue come ha già fatto durante la pandemia".

Focus Pnrr, l'Istat lancia l’allarme sui divari insostenibili nel Mezzogiorno 

Se è vero che la 'questione meridionale' è un punto qualificante del Piano nazionale di ripresa e resilienza, è altrettanto vero che la situazione di partenza non è delle migliori. A lanciare l'allarme è l'Istat nel focus 'I divari territoriali nel Pnrr: dieci obiettivi nel Mezzogiorno'. Un piano in cui viene dedicata una priorità trasversale e che destina risorse ingenti - circa il 40% del totale - per finanziare riforme e interventi, talvolta esclusivi per le otto regioni del Sud. "Il Mezzogiorno - dice l'istituto di statistica - è il territorio arretrato più esteso dell’area euro", nel quale esistono "divari strutturali di vario genere e livello, anche molto ampi”. Ma quali possono essere le conseguenze di questi divari? La maggiore, rileva l'Istat, è l'aumento di un eccessivo "e non reversibile impoverimento demografico". Basti pensare che fra il 2011 e il 2020 si è registrato il primo calo di popolazione nella storia recente del Mezzogiorno. Un fenomeno che "se non governato" può portare a "un’involuzione radicale e molto problematica nella funzionalità e sostenibilità della propria struttura sociale". 

Considerando le macroaree del Pnrr, il quadro che emerge è più che problematico. A partire dal Pil pro capite che, ad esempio, colloca la Calabria in coda alla classifica delle regioni italiane con 16.168 euro (in testa c'è il Trentino, con 40.904 euro). Non va meglio sul fronte delle infrastrutture: quelle idriche hanno un tasso di inefficienza superiore alla media nazionale, anche a causa degli sprechi, e quelle ferroviarie sono carenti, soprattutto nell'alta velocità. Nell’ultimo ventennio, poi, il processo di digitalizzazione è stato molto rapido, ma il Mezzogiorno non ha ancora recuperato il gap di partenza. Il livello d’istruzione nel Mezzogiorno, prosegue Istat, "conferma questa grave arretratezza": migliora nelle giovani generazioni ma lo svantaggio è ancora molto ampio. La condizione lavorativa vede fortemente penalizzati i giovani che abitano dal sud e ne scaturisce una "preoccupante ripresa dell'emigrazione di massa". Differenze territoriali rilevanti, poi, caratterizzano l’efficienza, l'appropriatezza e la qualità dei servizi sanitari. Ecco allora che - è la sintesi dell'Istat - "sembra emergere una difficile sostenibilità dei divari, per l’impatto inedito sulla struttura demografica della società meridionale, che appare sempre più fragile nelle prospettive future".

Per l’Istat il fatturato dell’industria aumenta dello 0,9% a novembre, +11,5% sull’anno

A novembre si stima che il fatturato dell'industria, al netto dei fattori stagionali, aumenti dello 0,9% in termini congiunturali, registrando una dinamica positiva su entrambi i mercati (+0,6% sul mercato interno e +1,3% su quello estero). Nel trimestre settembre-novembre 2022 l'indice complessivo è cresciuto dello 0,8% rispetto al trimestre precedente (+0,4% sul mercato interno e +1,7% sul mercato estero). Lo rende noto l'Istat. Con riferimento ai raggruppamenti principali di industrie, a novembre gli indici destagionalizzati del fatturato segnano un aumento congiunturale per i beni strumentali (+2,7%) e per i beni di consumo (+1,5%), mentre registrano una flessione su base mensile per l'energia (-1,8%) e per i beni intermedi (-0,5%). Corretto per gli effetti di calendario, il fatturato totale cresce in termini tendenziali dell'11,5%, con incrementi del 10,1% sul mercato interno e del 14,3% su quello estero. I giorni lavorativi sono stati 21 come a novembre 2021. Per quanto riguarda gli indici corretti per gli effetti di calendario riferiti ai raggruppamenti principali di industrie, si registrano incrementi tendenziali marcati per l'energia (+19,5%), per i beni strumentali (+17,6%) e i beni di consumo (+13,3%), più contenuti per i beni intermedi (+4,5%). Con riferimento al comparto manifatturiero, tutti i settori di attività economica mostrano una crescita tendenziale. A novembre si stima che l'indice destagionalizzato del fatturato in volume, relativo al settore manifatturiero, registri un aumento in termini congiunturali (+1,2%). Corretto per gli effetti di calendario, il volume del fatturato per il comparto manifatturiero cresce in termini tendenziali dello 0,5%, con un incremento molto più contenuto di quello in valore (+11,4%).



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