Lane (Bce): "non è il momento" di fermare i rialzi dei tassi

"Non è ancora il momento" di porre fine agli aumenti dei tassi di interesse, anche se l'inflazione nella zona euro inizia a rallentare. Lo ha affermato il capo economista della Bce, Philip Lane. L'Eurotower ha alzato i tassi di 350 punti base dal luglio dello scorso anno in un'azione senza precedenti di inasprimento monetario volta a frenare l'aumento dei prezzi al consumo. La Banca Centrale terrà la sua prossima riunione il 4 maggio, e con l'allentamento dell'inflazione nei 20 paesi della zona euro, tutti gli occhi sono puntati sui suoi membri per vedere se aumenteranno ancora e in che misura. I dati attuali "indicano che i tassi di interesse dovranno essere nuovamente alzati", ha detto Lane, "ora non è il momento di fermarsi". A marzo i prezzi al consumo nella zona euro sono aumentati del 6,9% su base annua. Si tratta del tasso più basso registrato da un anno, e ben al di sotto del picco del 10,6% toccato a ottobre. Lane ha affermato che il "significativo" calo è "benvenuto in quanto riduce la pressione sul costo della vita". Tuttavia, si tratta "prima di tutto" di garantire un ritorno all'obiettivo di inflazione della Bce del 2% "entro un lasso di tempo ragionevole", ha affermato. 

Lane stima che la stretta monetaria varata un anno fa stia progressivamente producendo effetto "per le famiglie, stiamo assistendo a un forte calo della domanda di mutui. Per le imprese, stiamo assistendo a un calo significativo degli investimenti". "Tutti questi impatti continueranno a diffondersi gradualmente nell'economia, non è finita", ha aggiunto. Martedì, anche Isabel Schnabel, membro del comitato esecutivo della banca centrale, ha lasciato intendere che l'istituto di Francoforte non esiterà a procedere con ulteriori aumenti dei tassi.  

L’Ue rassicura, con il nuovo Patto di stabilità ci sarà meno rigore

Dopo la presentazione del nuovo Patto di Stabilità, Bruxelles prova a rassicurare i Paesi ad alto debito come l'Italia. Il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis ha sottolineato che le nuove regole accolgono le richieste italiane di un maggiore margine di manovra nei percorsi di rientro del debito. Le cifre circolate in queste ore hanno suscitato molto clamore ma il fatto è che dopo tre anni di sospensione delle regole di bilancio europee per l'Ue è arrivato il momento di tornare a pensare a ricostituire finanze pubbliche sane. Seguendo il nuovo principio della titolarità del debito, il prossimo anno il Governo italiano concorderà con la Commissione una traiettoria di taglio: se si considerasse l'ipotesi di una riduzione in quattro anni, il taglio sarebbe dello 0,85% del Pil ovvero allo stato attuale di 14-15 miliardi l'anno, nell'ipotesi più probabile dei 7 anni, invece, l'aggiustamento sarebbe dello 0,45%, pari a 8 miliardi all'anno. 

A ben guardare, il Def presentato dal Governo la settimana scorsa già prevede una traiettoria nel medio termine per portare il deficit sotto al 3% nel 2026 e questo dovrebbe evitare la procedura per debito eccessivo. Da Bruxelles chiariscono che nel computo della spesa netta non rientrano gli interessi sul debito e nemmeno i fondi europei, come il Pnrr, tranne per la parte cofinanziata a livello nazionale che il governo italiano chiede di scorporare. L'obiettivo della Commissione è portare a casa la riforma entro l'anno, per essere pronti a negoziare i piani quadriennali di rientro con i singoli Stati già ad aprile, che verranno poi valutati dall'esecutivo Ue nei due mesi successivi e approvati poi dal Consiglio. L'idea sarebbe quella di avere il piano in atto con tutti i passaggi prima del bilancio 2025. 

La Camera boccia il Def per le troppe assenze. È corsa contro il tempo per rivotarlo

Dopo sei mesi, la coalizione di centrodestra va sotto per la prima volta: sono mancati 6 voti alla Camera, dove è stata così respinta la risoluzione di maggioranza sullo scostamento di bilancio, i 3,4 miliardi per il 2023 a copertura del taglio del cuneo nel decreto da varare nel Cdm del primo maggio. Al Senato era filato tutto liscio (hanno votato a favore 5 del Terzo polo, fra cui Matteo Renzi), a Montecitorio no: in Transatlantico si fanno i conti degli assenti non giustificati: 25 alla fine, 11 della Lega, 9 di FI e 5 di FdI. Senza contare quelli in missione.  “È stato un brutto scivolone” ma non “un segnale politico”, il commento a caldo di Giorgia Meloni. In una riunione lampo, il Governo ha nuovamente approvato il Def e Camera e Senato completeranno l'esame al massimo entro sabato: un iter rapido, che ha preso corpo nelle interlocuzioni fra governo e Quirinale

L'irritazione è forte nella maggioranza. “Una brutta figura”, per un “eccesso di sicurezza”, il pensiero della Meloni, secondo cui “tutti vanno richiamati alle loro responsabilità”. Dopo questo incidente vuole “organizzare meglio tutta la filiera”. “Io ho in testa un calendario di riforme chiaro e abbastanza serrato, e credo che sia un lavoro su cui vanno coinvolti tutti quanti e mi prendo io la responsabilità di farlo”. Che sia “sciatteria” o la “prova conclamata delle divisioni della maggioranza”, comunque si “dimostra la totale inadeguatezza di questo Governo e di questa maggioranza”, l'attacco della Schlein. “Impreparazione e irresponsabilità politica”, dicono dal Terzo polo. “Il frutto di questa incapacità lo pagheremo noi”, avverte Giuseppe Conte.

Giorgetti: con nuovo Patto di stabilità dovremo rivedere anche gli investimenti

Giancarlo Giorgetti ha parlato della proposta della Commissione europea sul nuovo patto di stabilità. C’è sicuramente del disappunto perché gli investimenti del Piano nazionale di ripresa (Pnrr) non risultano esentati, né il loro peso è mitigato, nella valutazione dei conti pubblici: "E' un passo avanti – ha detto il ministro - ma noi avevamo chiesto l'esclusione delle spese d'investimento, incluse quelle tipiche del Pnrr su digitale e transizione verde, dal calcolo delle spese obiettivo su cui si misura il rispetto dei parametri. Prendiamo atto che così non è". Poi però il ministro ha mostrato anche una dose massiccia di realismo. "Il nuovo Patto di stabilità impone una rigorosa revisione della spesa (pubblica), di tutta la spesa, compresi gli investimenti". 

La spesa pubblica potrà crescere percentualmente negli anni a venire, in sostanza, meno di quanto sia cresciuta l'intera economia negli anni passati; e poiché' l'Italia quasi non è cresciuta nell'ultimo decennio, la spesa dovrebbe restare molto compressa e servirebbero tagli su altre voci se si volessero fare investimenti. Giorgetti ha osservato che "la spending review dovrebbe riguardare anche gli investimenti del Pnrr che hanno un impatto sugli obiettivi". In altri termini, quelli basati su prestiti europei (per circa 120 miliardi di euro) che entrano nel debito pubblico. E ha aggiunto: "Questo vale a maggior ragione per il fondo complementare al Pnrr (da circa 30 miliardi) che dobbiamo finanziare al costo in interessi del debito italiano".  

Renato Brunetta si insedia alla presidenza del Cnel

Renato Brunetta si è insediato alla presidenza del Cnel, il Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro, nel corso dell'Assemblea che si è svolta giovedì pomeriggio a Roma alla presenza di Tiziano Treu e del segretario generale Francesco Tufarelli. È stato il presidente uscente a dare l'annuncio della nomina a presidente dell'XI Consiliatura del Cnel del Professor Renato Brunetta che poi ha preso la parola rivolgendosi ai consiglieri presenti: “Daremo piena attuazione al ruolo costituzionale del Cnel, un organo di fondamentale importanza per la democrazia. Ringrazio il presidente Treu e i consiglieri per l'eccellente lavoro sviluppato nella X consiliatura. Valorizzeremo il ruolo di consulenza al Parlamento e al Governo attraverso il coinvolgimento delle forze sociali che sono la vera ossatura del Paese”. 

Pil: Istat, crescita dello 0,5% nel primo trimestre, +1,8% su anno

Nel primo trimestre il Prodotto interno lordo (Pil) è aumentato dello 0,5% rispetto al trimestre precedente, ed è cresciuto dell'1,8 % in termini tendenziali. Lo rende noto l'Istat. "L'economia italiana nel primo trimestre del 2023 - commenta l'Istat - registra una crescita dello 0,5% in termini congiunturali e dell'1,8 % in termini tendenziali. La stima preliminare, che ha come sempre natura provvisoria, riflette dal lato dell'offerta una crescita sia del comparto industriale, sia di quello dei servizi, mentre il settore primario registra una stazionarietà. Dal lato della domanda il contributo alla crescita del Pil risulta positivo sia per la componente nazionale, sia per la componente estera. Dopo la lieve flessione congiunturale dell'ultimo trimestre del 2022, la ripresa di inizio 2023 prospetta un tasso di crescita acquisito per il 2023 stimato allo 0,8".



Seguici sui Social


2

Nomos Centro Studi Parlamentari è una delle principali realtà italiane nel settore delle Relazioni IstituzionaliPublic Affairs, Lobbying e Monitoraggio Legislativo e Parlamentare 

Vuoi ricevere tutti i nostri aggiornamenti in tempo reale? Seguici sui nostri canali social