Fmi rivede stime su crescita al ribasso, Pil italiano scende a +3,8% nel 2022

Omicron, strozzature e caro prezzi dell'energiainflazione: i rischi per l'economia mondiale sono al ribasso e infatti il Fondo monetario internazionale dopo appena tre mesi ritocca in negativo le stime diffuse a ottobre per la crescita globale, e anche italiana. Il Pil mondiale aumenterà del 4,4% quest'anno, lo 0,5% in meno delle previsioni di ottobre, mentre nel 2023 del 3,8%, lo 0,2% in più di quanto ipotizzato nell'autunno scorso ma "l'aggiornamento riflette in gran parte una ripresa meccanica dopo che gli attuali ostacoli alla crescita si sono dissipati nella seconda metà del 2022", spiega l'istituto nell'aggiornamento del World economic outlook. L'economia italiana segue il trend: la stima è una crescita al 3,8% nel 2022 e al 2,2% nel 2023, rispettivamente -0,4% e +0,6% rispetto a quanto ipotizzato a ottobre. La crescita globale, segnala il Fmi, rallenta dal 5,9% nel 2021 al 4,4% nel 2022. Un'ipotesi su cui pesano le difficoltà del Build Back Better Usa, il ritiro anticipato della politica monetaria accomodante della Fed e la continua carenza di forniture che ha prodotto una revisione al ribasso di 1,2 punti percentuali per gli Stati Uniti. "L'economia globale entra nel 2022 in una posizione più debole del previsto - si legge nel rapporto -; con la diffusione della variante Omicron, i paesi hanno reimposto le restrizioni alla mobilità. L'aumento dei prezzi e le interruzioni nell'offerta dell'energia hanno portato a un'inflazionepiù elevata e più ampia del previsto". L'inflazione elevata secondo il Fmi dovrebbe persistere più a lungo di quanto previsto a ottobre, e dovrebbe gradualmente diminuire con l'attenuarsi degli squilibri tra domanda e offerta nel 2022 e le risposte di politica monetaria nelle principali economie. Focus anche sulla lotta al Covid: "L'enfasi su un'efficace strategia sanitaria globale è più importante che mai" e l'accesso in tutto il mondo a vaccini, test e trattamenti è essenziale per ridurre ulteriormente il rischio varianti pericolose di COVID-19. La politica monetaria in molti paesi dovrà continuare a frenare le pressioni inflazionistiche, mentre la politica fiscale dovrà dare la priorità alla spesa sanitaria e sociale."

Inflazione: Gentiloni, 5% tasso più alto da inizio euro

"I prezzi dell'energia ancora in aumento rimangono un'altra fonte di preoccupazione. Tali aumenti si traducono in un aumento dei prezzi al dettaglio dell'energia per produttori e consumatori, alimentando a loro volta l'inflazione, che a dicembre è ancora al di sopra delle aspettative. L'inflazione dei prezzi al consumo nell'area euro è stimata al 5%, il tasso più alto dall'introduzione dell'euro". Lo ha affermato il Commissario europeo per l'Economia, Paolo Gentiloni, nello scambio di opinioni sul pacchetto autunnale del semestre europeo 2022 con le Commissioni Affari economici e Occupazione del Parlamento europeo. "In generale l'inflazione complessiva nel quarto trimestre è stata quasi un punto percentuale al di sopra della nostra previsione. I prezzi dell'energia sono il fattore principale che fa salire il tasso ma il continuo aumento mensile del livello dei prezzi è ampiamente basato su tutte le principali categorie di inflazione. La nostra ipotesi che le strozzature nei settori dei trasporti e della maggior parte delle materie prime si allenteranno gradualmente quest'anno, mentre la carenza di semiconduttori potrebbe durare fino al 2023. Questa ipotesi deve essere confermata nella prossima previsione della Commissione", ha aggiunto.  

Covid. Gentiloni: usciremo da emergenza ma tutti insieme

"Usciremo, e forse stiamo già uscendo gradualmente, dal tempo dell'emergenza. Ne usciremo migliori, come qualcuno auspica? Penso sia possibile solo con il coraggio di chi ricostruisce e getta le fondamenta, che oggi deve fare i conti con un contesto unico anche dal punto di vista delle prospettive economiche". Lo ha detto il Commissario europeo per l'Economia, Paolo Gentiloni, in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico 2021/2022, alla sede di Roma dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Il Commissario ha precisato che "vogliamo uscire, non soltanto dalla crisi, tornando a quanto eravamo prima. E abbiamo un'occasione per farlo, perché l'Europa ha scelto, in questa crisi, un approccio completamente diverso da quello della crisi precedente, della crisi finanziaria dello scorso decennio, mettendo in comune 800 miliardi per la transizione verde, per la competitività, per l'innovazione, per l'inclusione sociale, in un grande programma di rinascita che prevede per l'Italia anche decine di miliardi per la ricerca, per l'Università e per i presidi sanitari sul territorio". Gentiloni ha poi precisato che "si tratta di una sfida che va affrontata innanzitutto dal governo ma anche dall'insieme del mondo economico, della società e della cultura, perché la rinascita o sarà un'impresa comune o non sarà. Deve essere una missione comune del paese, non un compito affidato soltanto alle autorità di governo". Secondo il Commissario europeo per l'Economia, infine, "quello spirito di comunità, ritrovato nella sua forza migliore di fronte alla crisi ed alla sofferenza, deve oggi guidarci verso il futuro", ha concluso. 

PA, a rischio investimenti Pnrr. Potenziare macchina pubblica

Il 2021 è stato un anno di transizione per la pubblica amministrazione, chiamata ad attuare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ma per come è strutturata oggi - con il minimo storico di dipendenti, alta anzianitàscarse competenze digitali e manageriali - la macchina pubblica rischia di non riuscire a spendere in maniera efficace e nei tempi richiesti gli oltre 300 miliardi di euro di risorse tra Pnrr e Fondi strutturali 2021-2027, se si pensa che nel periodo 2014-2020 l'Italia è stata capace di assorbire solo il 44% dei fondi europei e oggi prevede una capacità di spesa (30 miliardi l'anno nei prossimi 9) dieci volte superiore rispetto a quella dimostrata negli ultimi sette anni (circa 3 miliardi l'anno di fondi strutturali). Per attuare il Pnrr è urgente il potenziamento della capacità amministrativa, aumentando le competenze interne della PA, la digitalizzazione e la semplificazione amministrativa. È quanto emerge dalla settima edizione dell'Annual Report di Fpa, società del Gruppo DIGITAL360: il volume, presentato questa mattina, riassume i principali fenomeni del 2021 e gli scenari futuri della PA italiana. 

Nel 2021 nuove importanti iniziative hanno supportato la macchina pubblica, a partire dal nuovo "alfabeto della PA" del Ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta (Accesso, Buona amministrazione, Capitale umano, Digitalizzazione), poi lo sblocco dei concorsi, lo snellimento delle procedure, i rinnovi dei contratti collettivi del pubblico impiego. Sono cresciuti gli strumenti nazionali per la PA digitale con 27,4 milioni di identità Spid rilasciate, 24,5 milioni di download dell'app IO, 182 milioni di transazioni su pagoPA. Ma come risultati si evidenziano ancora segnali di reazione e non di trasformazione radicale. Nel lavoro pubblico, a fine 2021 nessuno dei concorsi sbloccati si è ancora concluso con le assunzioni previste e si è appiattito il confronto sul tema dello smart working. Nel campo della trasformazione digitale, alla crescita della domanda di servizi digitali non sempre è corrisposta una maturità di offerta da parte delle amministrazioni. "Dopo anni di indebolimento del settore pubblico e mancati investimenti in persone, competenze e innovazione organizzativa, oggi è necessario sostenere le amministrazioni nella grande sfida del Pnrr - dice Gianni Dominici, Direttore generale di FPA -. Un piano che è stato calato dall'alto e oggi richiede un potenziamento della capacità amministrativa, con nuove competenze, semplificazione e accompagnamento costante per ovviare al ritardo e all'impreparazione con cui siamo arrivati all'appuntamento". "Nel 2021 non sono mancati alcuni importanti rinnovamenti per la PA italiana - afferma Carlo Mochi Sismondi, presidente di Fpa -. In particolare, l'alfabeto per la PA proposto dal ministro Brunetta è un'opera di rigenerazione delle amministrazioni, che punta a sanarne i deficit più gravi con una forte attenzione alle persone. È necessaria però anche una riforma della dirigenza, grande assente dal panorama legislativo degli ultimi decenni, e una nuova valorizzazione dei manager pubblici che dovranno trasformare gli obiettivi del Pnrr in programmi e progetti". 

Economia: Bankitalia, nel 2020 ricchezza netta delle famiglie italiane in lieve crescita

Alla fine del 2020, la ricchezza netta delle famiglie italiane è pari a 10.010 miliardi di euro, 8,7 volte il loro reddito disponibile, registrando una crescita dell'1% rispetto al 2019. È quanto si legge nella pubblicazione "La ricchezza dei settori istituzionali in Italia", diffusa oggi dalla Banca d'Italia. Le abitazioni, che hanno costituito la principale forma di investimento delle famiglie, rappresentano quasi la metà della ricchezza lorda, per un valore di 5.163 miliardi. Le attività finanziarie hanno raggiunto 4.800 miliardi, in crescita rispetto all'anno precedente, soprattutto per l'aumento di depositi e riserve assicurative. Nel confronto con alcune economie avanzate, la ricchezza netta delle famiglie italiane resta elevata se rapportata al reddito lordo disponibile mentre è tra le più basse se rapportata alla popolazione. La ricchezza netta delle società non finanziarie, sempre a fine 2020, è risultata pari a 1.053 miliardi di euro, mentre il totale delle attività del settore ammonta a 4.934 miliardi, di cui il 60 per cento costituito da attività non finanziarie. La componente finanziaria pari a 1.965 miliardi, si legge nel documento, ha registrato un aumento rispetto al 2019, grazie principalmente all'incremento dei depositi. Sempre nel 2020, le società finanziarie hanno una ricchezza netta pari a 739 miliardi di euro, originata principalmente dal saldo tra attività e passività finanziarie. La ricchezza lorda è cresciuta di circa l'8%, soprattutto per effetto dell'aumento di depositi e titoli. 

Industria: Istat, +0,8% prezzi produzione a dicembre, +22,6% su anno

A dicembre 2021 i prezzi alla produzione dell'industria aumentano dello 0,8% su base mensile e del 22,6% su base annua. Lo ha riferito l'Istat in una nota. Secondo l'Istituto di statistica, sul mercato interno i prezzi aumentano dello 0,9% rispetto a novembre 2021 e del 27,8% su base annua. Al netto del comparto energetico, i prezzi crescono dello 0,5% in termini congiunturali e del 9,6% in termini tendenziali. Sul mercato estero i prezzi aumentano su base mensile dello 0,5% (+0,7% area euro, +0,5% area non euro) e registrano un incremento su base annua del 9,5% (+10,4% area euro, +8,8% area non euro). Nel quarto trimestre 2021, rispetto al trimestre precedente, i prezzi alla produzione dell'industria segnano un aumento del 9,6%, dovuto principalmente dall'incremento dei prezzi sul mercato interno (+12,2%), mentre la crescita dei prezzi sul mercato estero è più contenuta (+2,3%). 

Secondo l'Istat, a dicembre 2021 si rilevano aumenti per quasi tutti i settori del comparto manifatturiero; i più marcati riguardano coke e prodotti petroliferi raffinati (+33,8% mercato interno, +15,3% area euro, +55,7% area non euro), metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (+23,8% mercato interno, +36,1% area euro, +27,5% area non euro), prodotti chimici (+17,1% mercato interno, +18,9% area euro, +16,7% area non euro), industrie del legno, carta e stampa (+12,7% mercato interno, +12,0% area euro, +10,4% area non euro) e articoli in gomma e materie plastiche (+9,1% mercato interno, +7,0% area euro, +11,6% area non euro). A dicembre 2021 i prezzi alla produzione delle costruzioni per edifici residenziali e non residenziali crescono dello 0,3% su base mensile e del 4,7% su base annua. I prezzi di strade e ferrovie diminuiscono dello 0,1% in termini congiunturali e aumentano del 4,0% in termini tendenziali. 

Istat: nel 2021 commercio extra-Ue sopra livelli pre-Covid. A dicembre -2,1%

L'export italiano torna a far segnare una ripresa al di fuori dei confini della Ue, superando i livelli pre-pandemia. Nel 2021 cresce del 16,3% grazie al contributo, per circa 10 punti percentuali, degli aumenti delle vendite di beni strumentali e beni intermedi. Stando ai dati dell'Istat, un aumento più marcato si registra nell'import che chiude il 2021 con +27,7%, spiegato dagli incrementi degli acquisti di prodotti energetici e beni intermedi. Se si guarda al solo mese di dicembre, invece si stima, per l’interscambio commerciale con i paesi extra Ue, un calo congiunturale per le esportazioni (-2,1%) e un aumento per le importazioni (+4,3%). La flessione su base mensile dell’export riguarda tutti i raggruppamenti principali di industrie, a eccezione di beni di consumo non durevoli (+5,8%), ed è determinata in particolare dal calo delle vendite di energia (-27,3%) e beni strumentali (-3,9%). Dal lato dell’import si rilevano aumenti congiunturali diffusi, tranne che per l’energia (-1,1%). Nello stesso mese l’export cresce su base annua del 12,6%. L’aumento, diffuso a tutti i raggruppamenti, è particolarmente elevato per energia (+63,9%). L’import segna una crescita tendenziale del 45,8%, anch’essa estesa a tutti i raggruppamenti e molto sostenuta per energia (+115,6%). 



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