Il Fmi conferma le stime della crescita globale

Il Fondo monetario conferma nel suo ultimo outlook una crescita globale robusta ma connotata da crescenti diseguaglianze: solo i paesi più ricchi crescono, allargando il divario con le economie più povere. E l'effetto contagi potrebbe avere ripercussioni pesanti a livello globale. In questo quadro per l'Italia arriva però la notizia di un Pil che sale a livelli crescenti, facendo meglio nel 2021 anche della locomotiva tedesca. Nel dettaglio, la crescita globale è prevista al 6% per il 2021, invariata rispetto alla precedente previsione di aprile mentre l'anno prossimo, la crescita sarà al 4,9%. Analogo livello per il Pil dell'Italia che crescerà del 4,9% nel 2021 e del 4,2% nel 2022 dopo aver chiuso il 2020 in calo dell'8,9%. Un andamento che consente al nostro Paese di far meglio della Germania dove il Pil salirà del 3,6% quest'anno e del 4,1% l'anno prossimo. Dati che il direttore generale del Fondo Gita Gopinath legge con cautela, segnalando alcuni rischi: “La crescita globale dovrebbe essere del 6% quest'anno, che è invariata rispetto alle nostre previsioni di aprile. Tuttavia, la composizione è cambiata. Stiamo migliorando la crescita per le economie avanzate, e questo è quasi interamente compensato da un declassamento per i mercati emergenti e le economie in via di sviluppo. L'anno prossimo, abbiamo aumentato la crescita al 4,9%, e questo è principalmente guidato dal previsto ulteriore sostegno fiscale negli Stati Uniti”. L'ombra pandemia rischia comunque di avere effetti pesanti, sottolinea la Gopinath. 

Al Direttivo Bce i governatori sono unanimi ai nuovi obiettivi sull’inflazione

I membri del Consiglio direttivo Bce hanno sostenuto all’unanimità la nuova formulazione dell'obiettivo di stabilità dei prezzi, giudicando il nuovo obiettivo di inflazione del 2% in linea con la prassi internazionale e in grado di fornire un adeguato equilibrio tra l'evitare il costo sociale dell'inflazione e il mantenimento di un margine di manovra sufficiente per la politica monetaria di fronte a shock avversi. È quanto si legge nelle minute della riunione del 7 luglio in cui il Consiglio direttivo Bce ha presentato i risultati della strategy review. I governatori hanno ritenuto che la formulazione simmetrica dell'obiettivo di inflazione avrebbe confermato e rafforzato la credibilità dell'impegno del Consiglio direttivo alla simmetria, impegno entrato a far parte delle comunicazioni Bce a partire dal forum di Sintra del 2019. “È stato inoltre riconosciuto che l'esistenza di un effettivo limite inferiore sui tassi di interesse nominali richiedeva una reazione particolarmente energica o persistente a forti shock avversi, il che potrebbe anche implicare che l'inflazione potrebbe superare moderatamente il 2% per un periodo transitorio” si legge nel documento. I governatori hanno inoltre convenuto che sebbene l'insieme dei principali tassi di interesse rimanga lo strumento principale del Consiglio direttivo, le indicazioni prospettiche, gli acquisti di attività e le operazioni di rifinanziamento a più lungo termine rimangono parte integrante degli strumenti da utilizzare in modo appropriato e sulla base di attente valutazioni di proporzionalità, compresa l'analisi dei benefici e dei possibili effetti collaterali delle misure di politica monetaria.  

Per Panetta nel 2022 la crescita tornerà a livelli pre crisi

L'Europa può essere ambiziosa e tornare a crescere come prima della pandemia già l'anno prossimo con i giusti investimenti pubblici. Per Fabio Panetta, membro del Comitato esecutivo della Bce, “con investimenti pubblici aggiuntivi pari all'1,6% del Pil, l'Eurozona potrebbe essere già nel 2022 sul trend di crescita pre-crisi”. È quanto dichiara in un'intervista al Corriere della sera in cui precisa: “Se l'economia non cresce, soffrono soprattutto i più deboli”, ma grazie al Next generation Eu “possiamo essere ambiziosi”. Alla domanda se il Recovery Fund andrebbe reso permanente? “Sarebbe un progresso importante, ma non tutti sono d'accordo”, afferma l'ex direttore generale della Banca d'Italia, che sottolinea come sia “essenziale” che soprattutto Italia e Spagna utilizzino i fondi europei per “ristrutturare l'economia e avviare una fase di crescita di cui tutti possano beneficiare”. Non ha dubbi, poi, sulla bontà del Pnrr italiano: “Il piano presentato dal presidente Draghi si basa su un'analisi lucida dei problemi dell'economia italiana: una bassa produttività che si traduce in una bassa crescita, e una distribuzione del reddito e delle opportunità insoddisfacente”. I finanziamenti europei saranno erogati solo se utilizzati in maniera coerente con il piano e “non c’è bisogno di dire che il Presidente Draghi capisce molto bene l'importanza di utilizzare al meglio ogni euro dei 200 miliardi disponibili”. 

L’Istat stima una crescita del Pil del 2,7% nel II trimestre

Nel secondo trimestre del 2021 l’Istat stima che il Pil, espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2015, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, sia aumentato del 2,7% rispetto al trimestre precedente e del 17,3% in termini tendenziali. È quanto rileva l'Istituto di statistica nella stima preliminare, spiegando che il secondo trimestre ha avuto una giornata lavorativa in più sia rispetto al trimestre precedente sia rispetto al secondo trimestre del 2020. La variazione congiunturale è la sintesi di una sostanziale stazionarietà del valore aggiunto nel comparto dell'agricoltura, silvicoltura e pesca e di un aumento sia in quello dell'industria, sia in quello dei servizi. Dal lato della domanda, vi è un contributo positivo sia della componente nazionale (al lordo delle scorte), sia della componente estera netta. 

Nel mese di giugno l’occupazione sale al 57,9%

Per l’Istat, nel mese di giugno 2021, rispetto al mese precedente, c’è stato un aumento degli occupati e una diminuzione sia dei disoccupati sia degli inattivi. La crescita dell'occupazione (+0,7%, pari a +166mila unità) si osserva per gli uomini, le donne, i dipendenti, gli autonomi e per tutte le classi d'età. Il tasso di occupazione sale al 57,9% (+0,5 punti). Anche la diminuzione del numero di persone in cerca di lavoro (-5,1% rispetto a maggio, pari a -131mila unità) riguarda entrambe le componenti di genere e tutte le classi d'età. L'Istituto, diffondendo la stima provvisoria, spiega che si rafforza la tendenza alla crescita dell'occupazione iniziata a febbraio 2021 e che in cinque mesi si registra un aumento di oltre 400 mila occupati. La risalita nei 5 mesi non coinvolge i lavoratori autonomi, che nello stesso periodo hanno registrato una diminuzione di 44 mila unità, nonostante il recupero di 39 mila unità nell'ultimo mese. 

Tra maggio e giugno si riduce anche il numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni (-0,3%, pari a -34mila unità); in questo caso il calo coinvolge le donne, i minori di 24 anni e gli ultra 50enni. Il tasso di inattività scende al 35,8% (-0,1 punti). Confrontando il secondo trimestre 2021 con il precedente, il livello dell'occupazione è più elevato dell'1%, con un aumento di 223mila unità. 

Rallenta il cammino delle riforme, rinviate a settembre fisco e concorrenza

Sono le distanze tra i partiti, oltre ai motivi di calendario, a far segnare il primo rallentamento nell'agenda delle riforme di Mario Draghi e così fisco e concorrenza arriveranno a settembre. Il premier decide di far calmare le acque dopo lo scontro sulla giustizia e rinvia a dopo la pausa estiva due dei provvedimenti chiave legati al Pnrr. Si tratta di una scelta “coerente” con la road map indicata nel Piano, minimizzano da Palazzo Chigi, nelle ore in cui infuria la lotta tra i partiti sulla prescrizione. L'Italia però si era impegnata formalmente con la Commissione Europea a presentare alle Camere le due riforme entro il 31 luglio, secondo un preciso cronoprogramma indicato nel Pnrr. Ma si tratta di riforme complesse, e poi il Parlamento è “intasato” da molti decreti, ribadisce la sottosegretaria al Mef Maria Cecilia Guerra, assicurando che si tratta solo di prendersi “qualche settimana in più”. Entrambi i provvedimenti sono attesi da anni ma su entrambi le intese tra le forze della maggioranza sono ancora tutte da costruire.  

Il ddl sulla concorrenza andrà a toccare alcuni settori sensibili, come le concessioni per le dighe, ma anche i criteri per l'assegnazione dei servizi pubblici locali che troppo spesso le Amministrazioni preferiscono gestire in-house anziché mettere a gara. Per la riforma del fisco il nodo principale sono le risorse: una base condivisa sarebbe anche stata individuata dai partiti, attraverso un documento delle commissioni Finanze di Camera e Senato che però, osserva Guerra parlando a Class Cnbc, contiene “quasi tutte richieste di riduzione” del carico fiscale che “secondo le mie valutazioni potrebbero costare tra i 40 e i 60 miliardi”. Sul tavolo, invece, per il momento ce ne sono appena 2-3, stanziati con l'ultima manovra appositamente per la riforma del fisco, tanto che il ministro Franco ha già delineato una riforma “graduale” da attuare via via che si renderanno disponibili le risorse. Sulle priorità, superamento dell'Irap, calo dell'Irpef, intervento sul ceto medio (tra i 28mila e i 55mila euro di reddito), tutta la maggioranza converge, ma i fondi non bastano e le posizioni politiche sulle priorità sono differenti.

 



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