La Commissione Europea fa pressione sull’Italia

È arrivata la lettera della Commissione europea indirizzata al Governo italiano con la richiesta d’informazioni sugli avvenimenti che possano spiegare la mancata riduzione del debito pubblico: si tratta dei cosiddetti “fattori rilevanti” come un tasso di crescita inferiore alle attese o un tasso d’inflazione troppo contenuto. È stata questa la decisione presa in seguito alla discussione che i Commissari europei hanno avuto sui bilanci pubblici e delle politiche economiche degli Stati membri. A firmare il documento sono il vice presidente della Ue Valdis Dombrovskis e il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici. La risposta del ministro dell’Economia Giovanni Tria è attesa per oggi. La brevità della scadenza è dovuta anche al fatto che la Commissione ha deciso di rimandare la richiesta a dopo le elezioni, per evitare strumentalizzazioni in campagna elettorale.

L'invio della lettera fa parte di una procedura standard con cui la Commissione, com’era già avvenuto a novembre, chiede informazioni prima di emettere un giudizio. La missiva non dovrebbe quindi contenere, per ora, alcuna richiesta di misure correttive. Il debito italiano, secondo le previsioni della Commissione Ue, è salito dal 131,4% del Pil nel 2017 al 132,2% del 2018 e crescerà al 133,7% quest'anno e al 135,2% nel 2020; il deficit strutturale dell'Italia, che secondo le norme europee dovrebbe ridursi dello 0,6% del Pil l'anno fino all'equilibrio, è aumentato costantemente dal 2015. Quanto al disavanzo strutturale, che esclude entrate e spese una tantum e gli effetti del ciclo economico, dovrebbe raggiungere il 2,4% del Pil quest'anno e il 3,6% nel 2020, a meno che le politiche non cambino.

Con un compromesso raggiunto alla fine dello scorso anno, l’Italia era stata autorizzata a mantenere il disavanzo strutturale invariato con una flessione marginale del debito nel 2019, ipotizzando uno scenario di crescita economica. Con debito e deficit strutturale in aumento e il vicepremier Matteo Salvini che chiede tagli fiscali il prossimo anno, la Commissione Ue rivaluterà la posizione di bilancio italiana il prossimo 5 giugno. E a questo punto sembra probabile che avvierà una procedura d’infrazione contro l’Italia che potrebbe portare a una multa dello 0,2% del Pil, pari a circa 3,5 miliardi di euro, anche se quest’ultima ipotesi sembra al momento lontana.

Per Tria non serve una manovra aggiuntiva

Dopo l'arrivo della lettera da Bruxelles, il Ministro Giovanni Tria si è presentato al Festival dell'economia a Trento con la volontà di rassicurare l'Europa a poche ore da un incontro con il vicepremier Matteo Salvini e i plenipotenziari economici della Lega in cui il Carroccio ha messo nuovamente sul tavolo le sue proposte in tema di riforma fiscale e flat tax e che entrambe le parti hanno giudicato sostanzialmente costruttivo. Il messaggio principale che Tria vuole mandare a Bruxelles è che “una manovra aggiuntiva non serve, non ne sentiamo il bisogno visto che le cose stanno andando per il verso giusto”. Tria esprime quindi massima tranquillità sull'esito della vicenda.

Incalzato dalle domande il Ministro evita di entrare nei dettagli dei contenuti della risposta, ma si dice sicuro di poter spiegare le buone ragioni del nostro Paese. “Dietro il mancato raggiungimento dei target per il 2018 c'è il forte rallentamento delle economie; questo è il motivo centrale e non avremo problemi a spiegarlo a Bruxelles”. Per il 2019 Tria si dice sicuro sul raggiungimento degli obiettivi di deficit fissati nel Def; qualche incertezza in più la dimostra sulla possibilità di poter arrivare a rivedere le regole Ue, come più volte sollecitato dal vicepremier leghista: “Su questo sono meno ottimista di Salvini”.

La Bce guarda con timore e preoccupazione l’Italia

L'Italia torna prepotentemente sotto i riflettori della Bce. Con un richiamo sui conti pubblici che testimonia con quanta attenzione si segua a Francoforte il nuovo braccio di ferro fra Roma e la Commissione europea. E con osservazioni sullo spread, i rischi per le banche e persino sulle proposte di monetizzazione del debito del vicepremier Matteo Salvini che raccontano una preoccupazione crescente all'Eurotower. Era l'ottobre scorso quando il presidente della Bce, Mario Draghi, aveva avvertito che le parole di esponenti di Palazzo Chigi contro le regole europee fanno danni. Poi, a dicembre la Bce aveva tirato un sospiro di sollievo quando l'accordo con la Commissione Ue aveva scongiurato una procedura d'infrazione contro l'Italia, facendo abbassare i toni e con questi il differenziale. Ora il risultato delle europee ha fatto saltare la tregua. Matteo Salvini, galvanizzato dal voto, ha lanciato un attacco alle regole europee di bilancio generando la fortissima preoccupazione di Francoforte.

Ma ad alzare la tensione ci ha pensato nuovamente Salvini proponendo, proprio come nei tweet dei no-euro più radicali fra le file leghiste, che la Bce diventi garante del debito: un'idea rigettata fin dal dopoguerra dalla Fed e, a seguire, dalle banche centrali del mondo industrializzato. Un'idea che a Francoforte preoccupa, essendo contraria allo Statuto della Bce come ha ricordato il governatore finlandese (e candidato alla successione di Draghi) Olli Rehn. Il solo evocarla, agli occhi dei banchieri centrali, equivale a togliere responsabilità alla politica di bilancio, un liberi tutti che svuota il Patto di stabilità che è alla base dell'euro.

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Settimana Economica 25 - 31 maggio 2019



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