Per la Lagarde nel 2022 ci sono vere possibilità miglioramento dell’economia

La presidente della Bce Christine Lagarde, intervenendo al Brussels Economic Forum, è chiara: “nel 2022 ci sono delle reali possibilità per il miglioramento dell'economia”. L’occasione di un rilancio dopo la crisi pandemica che faccia fare alla crescita europea un salto di qualità nella sua intima forza e nella sua direzione (verso digitale e azione pro clima) chiama in causa il settore privato e su questo Lagarde ha messo il dito nella piaga: “il Next Generation EU aiuterà a canalizzare gli investimenti pubblici verso i settori in trasformazione ma è attualmente meno chiaro se il settore finanziario privato può fare la stessa cosa. La frammentazione dei mercati finanziari nazionali in Europa può limitare la capacità di finanziare futuri investimenti in volumi sufficienti”. Man mano che recede la pandemia, dice Lagarde, “dobbiamo spostare l'attenzione dalla conservazione dell'economia alla sua trasformazione. Ciò richiederà di reindirizzare la spesa del settore pubblico e privato verso i settori verde e digitale del futuro. In particolare, abbiamo bisogno di investimenti per circa 330 miliardi di euro all'anno entro il 2030 per raggiungere gli obiettivi climatici ed energetici dell'Europa e circa 125 miliardi di euro all'anno per realizzare la trasformazione digitale”. 

Non basta certo il Next Generation EU che vale 800 miliardi di euro ai valori attuali spalmati in diversi anni. Di qui la preoccupazione avanzata dalla presidente della Bce. Per quanto riguarda il futuro dell'economia, Lagarde ha ricordato che l'Europa è tutt'altro che ferma e ciò fa ben sperare: “le aziende hanno digitalizzato le proprie attività da 20 a 25 volte più velocemente di quanto ritenessero possibile in precedenza. Si prevede che un giorno lavorativo su cinque prevederà attività a casa dopo la fine della pandemia, rispetto a solo uno su 20 prima. La richiesta di stili di vita più ecologici è diventata più forte. Dopo aver accettato dure restrizioni per combattere la pandemia, il 70% degli europei è ora a favore di misure governative più severe per combattere il cambiamento climatico”. “L'Europa desidera da tempo passare a un'economia più sostenibile e più produttiva, e ora abbiamo l’opportunità concreta di farlo. Se sfruttiamo questo momento, la pandemia potrebbe accelerare la crescita della produttività del lavoro di circa l'1% all'anno entro il 2024, più del doppio del tasso raggiunto dopo la grande crisi finanziaria”.

Per Gentiloni sul Pnrr manca ancora un sentimento di una missione nazionale

Il Governo grazie alla leadership di Mario Draghi “fa la sua parte” sul Recovery fund ma quello che serve e che ancora manca, secondo il Commissario europeo Paolo Gentiloni, “è il sentimento di una missione nazionale: se diciamo che il piano è senza precedenti che un terzo delle risorse arrivano all'Italia che è il paese che più di altri deve uscire da questa situazione di bassa crescita, allora dobbiamo avere l'idea che siamo all'inizio di una vera e propria missione nazionale nella quale il Parlamento, le classi dirigenti, il mondo del lavoro, la cultura, tutti dovrebbero sentirsi mobilitati”. Gentiloni interviene ad un seminario online organizzato dalla fondazione Astrid e aggiunge: “diciamo la verità, questa dimensione non è ancora del tutto presente, può darsi che io me ne accorga poco vivendo a Bruxelles, però la dimensione della sfida che non riguarda solo il governo dovrebbe essere fondamentale se siamo convinti che la posta in gioco è così alta”. Il piano italiano aggiunge Gentiloni rivolgendosi ai partecipanti del panel tra i quali anche il Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco, “è di certo ambizioso; guardate gli obiettivi e le scadenze di riforme del primo anno del piano, mi riferisco a fisco, pubblica amministrazione, giustizia, concorrenza: se li guardate tirerete un sospiro di sollievo perché non fate parte del governo in questo momento”.  

Draghi punta sulla ripartenza del Paese e su una crescita del 5% del Pil

All'Accademia dei Lincei, davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il presidente del consiglio Mario Draghi ha puntato su un moderato ottimismo. La crisi sanitaria è in fase calante quindi, “possiamo finalmente pensare al futuro con maggiore fiducia. L'economia e l'istruzione sono ripartite”. Però, c’è un però: “Dobbiamo essere realistici. La pandemia non è finita. Anche quando lo sarà, avremo a lungo a che fare con le sue conseguenze”. E poi c’è l'incognita varianti: “Rimaniamo pronti a intervenire con convinzione nel caso ci fosse un aggravarsi della pandemia”, ha assicurato Draghi. Se il lato in ombra è legato all'evoluzione del virus, quello in luce si basa sui numeri: “Le previsioni della Commissione indicano un aumento del Pil quest'anno in Italia e nell'Ue del 4,2%. Credo che queste stime verranno riviste al rialzo, anche in maniera significativa”. Il premier si è limitato all'accenno, mentre il ministro dell'Economia Daniele Franco è sceso nel dettaglio: “L'andamento dell’attività economica va verso una crescita nel 2021 sopra il 4,5% indicato nel Def” ha detto intervenendo all'assemblea generale di Assolombarda, “Il 5% appare ora raggiungibile”. Una delle incognite per l'economia, ha sottolineato però Draghi, è quella dell'inflazione, che oggi è sotto controllo ma in futuro potrebbe eccedere gli obiettivi fissati dalla Bce. 

L'altra incognita con cui ci sarà da fare i conti a lungo è il debito pubblico, che dovrà essere uno dei temi al centro della riforma del patto di stabilità. “Secondo le stime della Commissione Europea aumenterà dal 135% del Pil al 160%, un incremento maggiore rispetto a quello della grande crisi finanziaria”. E poi, ha aggiunto il ministro Franco, c’è “la posizione debitoria delle imprese italiane, che è una questione critica. Faremo quanto necessario per sostenerle”. La parola “debito”, ha comunque sottolineato Draghi, non ha per forza una connotazione negativa, c’è anche quello “buono”, ha sottolineato il premier citando un suo noto intervento, legato agli interventi del Recovery, indispensabili al rilancio dell'Italia: “Dobbiamo puntare in particolare sugli investimenti che permettono un rilancio della domanda e un miglioramento dell'offerta. Il Governo ha già cominciato a farlo, con la presentazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”. 

Ma non saranno solo soldi del Recovery: con la prossima legge di bilancio, ha anticipato il ministro Franco, “integreremo ulteriormente le risorse disponibili per gli investimenti, in particolare per gli anni successivi al 2026”; per accelerare la crescita, che poi è l'antidoto all'aumento del debito, “non ci sono soluzioni facili” ha detto Franco e anche i fondi europei non vanno visti come una “panacea”. Intanto, per investire subito e bene i miliardi in arrivo dall'Europa c’è da cambiare gli ingranaggi della macchina: “I prossimi passi sono la riforma della giustizia civile, della concorrenza e degli appalti”, ha ricordato Draghi. L'obiettivo è duplice: “Intendiamo contribuire a ricreare un clima di fiducia tra Stato e imprenditori”, ha detto Il premier, e “intendiamo mettere in campo politiche attive del lavoro che permettano a chi non ha un'occupazione di acquisire le conoscenze necessarie per le professioni del futuro”, ha aggiunto.  

Per l’Istat nei conti economici trimestrali il rapporto deficit-pil è al 13,1%

Nel primo trimestre 2021 l'indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche in rapporto al Pil è stato pari al 13,1% (10,6% nello stesso trimestre del 2020). Il saldo primario delle AP (indebitamento al netto degli interessi passivi) è risultato negativo, con un'incidenza sul Pil del -9,7% (-7,5% nel primo trimestre del 2020). Il saldo corrente delle AP è stato anch'esso negativo, con un'incidenza sul Pil del -8,6% (-7,3% nel primo trimestre del 2020). La pressione fiscale è stata pari al 37,9%, sostanzialmente stabile rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente (+0,1%). Il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato dell'1,5% rispetto al trimestre precedente, mentre i consumi sono diminuiti dello 0,6%. Di conseguenza, la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è stata pari al 17,1%, in aumento di 1,8% rispetto al trimestre precedente. 

A fronte di una variazione dello 0,6% del deflatore implicito dei consumi, il potere d'acquisto delle famiglie è cresciuto rispetto al trimestre precedente dello 0,9%. La quota di profitto delle società non finanziarie, stimata al 42,6%, è diminuita di 0,8% percentuali rispetto al trimestre precedente. Il tasso di investimento, pari al 22,3%, è aumentato di 0,7% percentuali rispetto al quarto trimestre 2020. L'incidenza del deficit delle Amministrazioni pubbliche sul Pil è sensibilmente cresciuta in termini tendenziali per il consistente aumento delle uscite, dovuto alla prosecuzione delle misure di sostegno al reddito di famiglie e imprese, che è risultato superiore all'incremento delle entrate. Il reddito disponibile delle famiglie e il potere d'acquisto, dopo il calo registrato nel quarto trimestre 2020, hanno segnato un aumento ma restano ancora al di sotto dei livelli precedenti la crisi. Il tasso di risparmio è ulteriormente salito per la contrazione della spesa per consumi delle famiglie.

L’Istat certifica un nuovo aumento dell’occupazione

Continua la crescita dell'occupazione in Italia, iniziata a febbraio. Secondo i dati diffusi dall'Istat, a maggio si registra un aumento degli occupati e una diminuzione sia dei disoccupati sia degli inattivi. La crescita dell'occupazione (+0,2%, pari a +36mila unità) coinvolge gli uomini, i dipendenti a termine e i minori di 35 anni; diminuiscono, invece, le donne, gli autonomi e gli ultra 35enni. Il tasso di occupazione sale al 57,2% (+0,1%). Il tasso di disoccupazione scende al 10,5% (-0,1%), tra i giovani al 31,7% (-1,1%). A maggio, rispetto ad aprile, diminuisce anche il tasso di inattività, pari al 36,0% (-0,1 %). Nel corso dei quattro mesi il numero di occupati è aumentato di 180mila unità, coinvolgendo entrambe le componenti di genere, tutte le classi di età (ad eccezione dei 35-49enni), ma solo i dipendenti a termine. Rispetto a febbraio 2020, mese precedente a quello di inizio della pandemia, il numero di occupati è ancora inferiore di oltre 700mila unità e il tasso è più basso di 1,5% percentuali. Nonostante il calo della disoccupazione e il proseguimento della contrazione dell'inattività, i tassi rimangono superiori, rispettivamente di 0,7 e 1,2%, a quelli registrati prima della pandemia. 

 



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