Inflazione, Bce pronta ad accantonare il tabù del 2%

Anche il 2% d’inflazione, l’obiettivo d’inflazione della Bce sancito dai Trattati e linea rossa della Bundesbank, potrebbe saltare sotto i colpi della grande crisi pandemica, assieme alle regole di bilancio che la stessa Eurotower chiede di non ripristinare finché le economie avranno bisogno dello stimolo della spesa pubblica. È la stessa Lagarde a invocare in Europa politiche di bilancio espansive in tandem con quelle monetarie della Bce “fin tanto che servirà”. Una rottura non del tutto inattesa: i segnali c’erano da un po’. E la strada che la revisione strategica dell’Eurotower potrebbe intraprendere è appena stata imboccata dalla Fed di Jay Powell: le banche centrali, incapaci di risollevare l’inflazione compressa dalla crisi e dal trend secolare della globalizzazione e dell’eCommerce che abbattono i prezzi, cominciano a non fissare più il raggiungimento di un livello d’inflazione puntuale. Comunicano invece che guarderanno a una media, promettendo quindi che quell’obiettivo verrà superato in futuro, per un certo periodo di tempo. Lagarde, precisando che la review è ancora in corso e nulla è deciso (c’è da fare i conti con l’opposizione dei falchi, tornata ad essere rumorosa), ha spiegato che l’obiettivo d’inflazione “vicina, ma inferiore al 2%” scritto nello statuto, e fissato nell’ultima review del 2003, “era adeguato” ad altri tempi.

Una posizione, quella della francese, che non necessariamente (come nel caso della Fed) risolleverà l’inflazione, ma che guarda implicitamente allo stabilizzare l’economia, “perché’ la promessa di un’inflazione che rompe il tetto alza le attese d’inflazione e dunque abbassa i tassi reali”. Già l’effetto annuncio, insomma, è una manovra di politica monetaria. Ma non finisce qui: Lagarde ha ipotizzato di rimettere in discussione la finestra temporale di medio termine su cui misura la stabilità dei prezzi. E persino la possibilità di guardare all’inflazione ‘core’, depurata da alimentari ed energia, nel valutare l’andamento dei prezzi. Pesa la disillusione, fra gli investitori, rispetto alla capacità reale di incidere delle banche centrali, che potrebbero trovarsi nella totale impotenza di una trappola della liquidità. E c’è il nodo politico di una minoranza, nella Bce, che vede il rischio - non del tutto campato in aria - di un’istituzione che, esaurita la leva dei tassi, finirà per sottoscrivere così tanto debito pubblico da finire in pasto agli appetiti della politica. 

Mes, per Gentiloni un vantaggio per l’Italia

L’Italia dovrebbe sfruttare i soldi messi a disposizione dal Mes. Ne è convinto il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, il quale nel corso della conferenza stampa di presentazione della strategia di rilancio dell’Unione doganale, ha invitato il premier Conte a non scartare a priori l’ipotesi di utilizzare questi fondi. “Certamente l’Italia ha bisogno di migliorare il proprio sistema sanitario, che ha offerto un’ottima prova durante la crisi, ma contemporaneamente ha messo in luce anche i suoi limiti”, ha detto. Rispondendo alle remore di una parte del governo (Movimento 5 Stelle) e delle opposizioni (Lega e Fratelli d’Italia), Gentiloni ha ricordando che alla speciale linea di credito del Mes “sono state tolte le condizionalità previste dalla vecchia versione del meccanismo, mentre prendere a prestito questi soldi sarebbe molto vantaggioso per l’Italia”. A proposito del piano di rilancio doganale dell’Ue, il progetto di Gentiloni prevede tra l’altro una stretta sulle frodi Iva - che solo nel 2018 ha provocato 140 miliardi di mancate entrate - soprattutto per quelle online. Gli obblighi per i fornitori di servizi di pagamento e le piattaforme di vendita via internet, saranno rafforzati per aiutare a combattere i dazi doganali e le frodi fiscali nel commercio elettronico. 

L’obiettivo è che dal 2024 operatori come Paypal e Amazon Pay, siano obbligati a fornire i dati dei loro clienti alle autorità fiscali degli Stati membri. La Commissione proporrà inoltre piani per introdurre nuovi requisiti di dichiarazione doganale per le piattaforme. La Commissione Europea intende inoltre connettere le banche dati degli Stati membri nei settori doganale e non doganale, in modo da creare un nuovo hub di analisi così da prevenire le frodi. “Oggi, le nuove sfide significano che dobbiamo rendere le nostre regole doganali più intelligenti e garantire che funzionino meglio per gli Stati membri, i cittadini e le imprese legittime. Ciò richiede un migliore utilizzo dei dati, migliori strumenti e attrezzature e una maggiore cooperazione all’interno dell’Ue e con le autorità doganali dei paesi partner. Richiede anche una migliore lungimiranza, in modo che le dogane dell’Ue possano affrontare il futuro con fiducia”, ha concluso Gentiloni.

Su Nadef il Governo è ancora al lavoro. Gualtieri punta alla riforma fiscale

Il percorso della Nadef, ovvero la nota di aggiornamento al documento di economia e finanza, si fa quest’anno più tortuoso: se due anni fa i Ministri pentastellati si affacciavano al balcone di palazzo Chigi al grido di “abbiamo abolito la povertà” ora il Governo tira un sospiro di sollievo per una contrazione del Pil al -9%, una sola cifra anziché due, e guarda con preoccupazione al percorso del rientro dal debito che si allunga considerevolmente. Questa è la cornice e per riempirla il calendario sarà serratissimo visto che il 15 ottobre bisogna presentare il progetto di bilancio, il 30 la manovra vera e propria alla luce del lavoro sul Pnrr; poi bisognerà capire cosa fare con i soldi del Recovery fund, che comunque arriverebbero a metà 2021, e se usare o meno le nuove linee di credito Mes

Stando alla tabellina della Nadef, il rapporto Deficit/Pil è stimato al 10,8% nel 2020 ma scenderà al 7% programmatico nel 2021 con un’espansione di 1,3 punti rispetto al tendenziale, poi al 4,7% programmatico nel 2022, al 3% programmatico nel 2023. Il Pil è atteso al -9% nel 2020, con un rimbalzo al +6% nel 2021. Il rapporto Debito/Pil è stimato al 158% nel 2020, in discesa già nel 2021 e per il prossimo triennio. Calcolatrice alla mano, per l’anno venturo il Governo prevede una manovra economica con 21-22 miliardi in deficit, su un totale di almeno 40 miliardi. Oltre alle cosiddette spese indifferibili, servono circa 3 miliardi per il taglio del cuneo fiscale partito a luglio, mentre di più potrebbe costare il prolungamento degli ammortizzatori sociali e del sostegno al reddito per chi è stato maggiormente colpito dalla pandemia, e anche il 2021 ne vedrà gli effetti. Un capitolo fondamentale, su cui sono già partite le discussioni, è quello della riforma del fisco: è un piano complesso, hanno ribadito più volte premier e Ministro dell’Economia, ed entro fine anno dovrebbe arrivare una legge delega ad hoc per avviarlo. 

Inflazione, Bce pronta ad accantonare il tabù del 2%

Anche il 2% d’inflazione, l’obiettivo d’inflazione della Bce sancito dai Trattati e linea rossa della Bundesbank, potrebbe saltare sotto i colpi della grande crisi pandemica, assieme alle regole di bilancio che la stessa Eurotower chiede di non ripristinare finché le economie avranno bisogno dello stimolo della spesa pubblica. È la stessa Lagarde a invocare in Europa politiche di bilancio espansive in tandem con quelle monetarie della Bce “fin tanto che servirà”. Una rottura non del tutto inattesa: i segnali c’erano da un po’. E la strada che la revisione strategica dell’Eurotower potrebbe intraprendere è appena stata imboccata dalla Fed di Jay Powell: le banche centrali, incapaci di risollevare l’inflazione compressa dalla crisi e dal trend secolare della globalizzazione e dell’eCommerce che abbattono i prezzi, cominciano a non fissare più il raggiungimento di un livello d’inflazione puntuale. Comunicano invece che guarderanno a una media, promettendo quindi che quell’obiettivo verrà superato in futuro, per un certo periodo di tempo. Lagarde, precisando che la review è ancora in corso e nulla è deciso (c’è da fare i conti con l’opposizione dei falchi, tornata ad essere rumorosa), ha spiegato che l’obiettivo d’inflazione “vicina, ma inferiore al 2%” scritto nello statuto, e fissato nell’ultima review del 2003, “era adeguato” ad altri tempi.

Una posizione, quella della francese, che non necessariamente (come nel caso della Fed) risolleverà l’inflazione, ma che guarda implicitamente allo stabilizzare l’economia, “perché’ la promessa di un’inflazione che rompe il tetto alza le attese d’inflazione e dunque abbassa i tassi reali”. Già l’effetto annuncio, insomma, è una manovra di politica monetaria. Ma non finisce qui: Lagarde ha ipotizzato di rimettere in discussione la finestra temporale di medio termine su cui misura la stabilità dei prezzi. E persino la possibilità di guardare all’inflazione ‘core’, depurata da alimentari ed energia, nel valutare l’andamento dei prezzi. Pesa la disillusione, fra gli investitori, rispetto alla capacità reale di incidere delle banche centrali, che potrebbero trovarsi nella totale impotenza di una trappola della liquidità. E c’è il nodo politico di una minoranza, nella Bce, che vede il rischio - non del tutto campato in aria - di un’istituzione che, esaurita la leva dei tassi, finirà per sottoscrivere così tanto debito pubblico da finire in pasto agli appetiti della politica. 

Mes, per Gentiloni un vantaggio per l’Italia

L’Italia dovrebbe sfruttare i soldi messi a disposizione dal Mes. Ne è convinto il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, il quale nel corso della conferenza stampa di presentazione della strategia di rilancio dell’Unione doganale, ha invitato il premier Conte a non scartare a priori l’ipotesi di utilizzare questi fondi. “Certamente l’Italia ha bisogno di migliorare il proprio sistema sanitario, che ha offerto un’ottima prova durante la crisi, ma contemporaneamente ha messo in luce anche i suoi limiti”, ha detto. Rispondendo alle remore di una parte del governo (Movimento 5 Stelle) e delle opposizioni (Lega e Fratelli d’Italia), Gentiloni ha ricordando che alla speciale linea di credito del Mes “sono state tolte le condizionalità previste dalla vecchia versione del meccanismo, mentre prendere a prestito questi soldi sarebbe molto vantaggioso per l’Italia”. A proposito del piano di rilancio doganale dell’Ue, il progetto di Gentiloni prevede tra l’altro una stretta sulle frodi Iva - che solo nel 2018 ha provocato 140 miliardi di mancate entrate - soprattutto per quelle online. Gli obblighi per i fornitori di servizi di pagamento e le piattaforme di vendita via internet, saranno rafforzati per aiutare a combattere i dazi doganali e le frodi fiscali nel commercio elettronico. 

L’obiettivo è che dal 2024 operatori come Paypal e Amazon Pay, siano obbligati a fornire i dati dei loro clienti alle autorità fiscali degli Stati membri. La Commissione proporrà inoltre piani per introdurre nuovi requisiti di dichiarazione doganale per le piattaforme. La Commissione Europea intende inoltre connettere le banche dati degli Stati membri nei settori doganale e non doganale, in modo da creare un nuovo hub di analisi così da prevenire le frodi. “Oggi, le nuove sfide significano che dobbiamo rendere le nostre regole doganali più intelligenti e garantire che funzionino meglio per gli Stati membri, i cittadini e le imprese legittime. Ciò richiede un migliore utilizzo dei dati, migliori strumenti e attrezzature e una maggiore cooperazione all’interno dell’Ue e con le autorità doganali dei paesi partner. Richiede anche una migliore lungimiranza, in modo che le dogane dell’Ue possano affrontare il futuro con fiducia”, ha concluso Gentiloni.

Sul Nadef il Governo è ancora al lavoro. Gualtieri punta alla riforma fiscale

Il percorso della Nadef, ovvero la nota di aggiornamento al documento di economia e finanza, si fa quest’anno più tortuoso: se due anni fa i Ministri pentastellati si affacciavano al balcone di palazzo Chigi al grido di “abbiamo abolito la povertà” ora il Governo tira un sospiro di sollievo per una contrazione del Pil al -9%, una sola cifra anziché due, e guarda con preoccupazione al percorso del rientro dal debito che si allunga considerevolmente. Questa è la cornice e per riempirla il calendario sarà serratissimo visto che il 15 ottobre bisogna presentare il progetto di bilancio, il 30 la manovra vera e propria alla luce del lavoro sul Pnrr; poi bisognerà capire cosa fare con i soldi del Recovery fund, che comunque arriverebbero a metà 2021, e se usare o meno le nuove linee di credito Mes

Stando alla tabellina della Nadef, il rapporto Deficit/Pil è stimato al 10,8% nel 2020 ma scenderà al 7% programmatico nel 2021 con un’espansione di 1,3 punti rispetto al tendenziale, poi al 4,7% programmatico nel 2022, al 3% programmatico nel 2023. Il Pil è atteso al -9% nel 2020, con un rimbalzo al +6% nel 2021. Il rapporto Debito/Pil è stimato al 158% nel 2020, in discesa già nel 2021 e per il prossimo triennio. Calcolatrice alla mano, per l’anno venturo il Governo prevede una manovra economica con 21-22 miliardi in deficit, su un totale di almeno 40 miliardi. Oltre alle cosiddette spese indifferibili, servono circa 3 miliardi per il taglio del cuneo fiscale partito a luglio, mentre di più potrebbe costare il prolungamento degli ammortizzatori sociali e del sostegno al reddito per chi è stato maggiormente colpito dalla pandemia, e anche il 2021 ne vedrà gli effetti. Un capitolo fondamentale, su cui sono già partite le discussioni, è quello della riforma del fisco: è un piano complesso, hanno ribadito più volte premier e Ministro dell’Economia, ed entro fine anno dovrebbe arrivare una legge delega ad hoc per avviarlo. 

ANSA, +83mila occupati ad agosto, ma -425mila in un anno

Riprende fiato il mercato del lavoro, ma non basta a recuperare il crollo post-Covid. Ad agosto, secondo l’Istat, prosegue la crescita degli occupati, che già si era affacciata a luglio, con un aumento di 83 mila (+0,4% su base mensile). Ma, nel confronto con agosto dell’anno scorso, la contrazione resta “rilevante” e si contano 425 mila occupati in meno (-1,8%). La perdita resta forte anche rispetto al pre-lockdown: nonostante l’ultimo recupero messo a segno, il livello dell’occupazione “è ancora inferiore di oltre 350 mila unità” rispetto a febbraio 2020. E il numero delle persone con un lavoro rimane sotto la soglia dei 23 milioni. A farne le spese sono ancora i giovani e i contratti a termine. Se in generale il tasso di disoccupazione scende al 9,7% (-0,1 punti rispetto a luglio) con 23 mila persone in meno in cerca di un posto, tra i giovani, nella fascia d’età 15-24 anni, sale al 32,1% (+0,3 punti). In calo è anche il tasso di inattività, ossia di coloro che non si mettono a caccia di un impiego, che scende al 35,5% (-0,1 punti), mentre nel complesso il tasso di occupazione sale al 58,1% (+0,2 punti). 

L’emorragia occupazionale colpisce soprattutto i più deboli nel mercato del lavoro: un calo che infatti non riguarda i lavoratori permanenti, che crescono dello 0,9% (+135 mila), ma soltanto i dipendenti a termine (-14,0% pari a -425 mila) e gli indipendenti(-2,5% pari a -135 mila). I dati mensili fanno però intravedere segnali di ripresa: crescono rispetto a luglio i dipendenti a tempo indeterminato (+0,1% pari a +12 mila) ma anche quelli a termine (+0,2% pari a +5 mila) e gli autonomi (+1,3%, pari a +67 mila). La risalita riguarda tutte le classi d’età. E con un ritmo particolarmente intenso gli under 35. Una fase di recupero, dunque, con dei segnali “favorevoli” che però “non modificano le valutazioni sulla gravità della crisi e, soprattutto, sulle difficili prospettive di ripresa”, commenta Confcommercio, secondo cui “una più soddisfacente crescita dell’occupazione, la risalita della spesa per consumi come anche la riduzione del rapporto debito-Pil passano tutti dalla rapidità, dall’efficacia e dall’efficienza nei processi di investimento delle risorse europee”.

ANSA, +83mila occupati ad agosto, ma -425mila in un anno

Riprende fiato il mercato del lavoro, ma non basta a recuperare il crollo post-Covid. Ad agosto, secondo l’Istat, prosegue la crescita degli occupati, che già si era affacciata a luglio, con un aumento di 83 mila (+0,4% su base mensile). Ma, nel confronto con agosto dell’anno scorso, la contrazione resta “rilevante” e si contano 425 mila occupati in meno (-1,8%). La perdita resta forte anche rispetto al pre-lockdown: nonostante l’ultimo recupero messo a segno, il livello dell’occupazione “è ancora inferiore di oltre 350 mila unità” rispetto a febbraio 2020. E il numero delle persone con un lavoro rimane sotto la soglia dei 23 milioni. A farne le spese sono ancora i giovani e i contratti a termine. Se in generale il tasso di disoccupazione scende al 9,7% (-0,1 punti rispetto a luglio) con 23 mila persone in meno in cerca di un posto, tra i giovani, nella fascia d’età 15-24 anni, sale al 32,1% (+0,3 punti). In calo è anche il tasso di inattività, ossia di coloro che non si mettono a caccia di un impiego, che scende al 35,5% (-0,1 punti), mentre nel complesso il tasso di occupazione sale al 58,1% (+0,2 punti). 

L’emorragia occupazionale colpisce soprattutto i più deboli nel mercato del lavoro: un calo che infatti non riguarda i lavoratori permanenti, che crescono dello 0,9% (+135 mila), ma soltanto i dipendenti a termine (-14,0% pari a -425 mila) e gli indipendenti(-2,5% pari a -135 mila). I dati mensili fanno però intravedere segnali di ripresa: crescono rispetto a luglio i dipendenti a tempo indeterminato (+0,1% pari a +12 mila) ma anche quelli a termine (+0,2% pari a +5 mila) e gli autonomi (+1,3%, pari a +67 mila). La risalita riguarda tutte le classi d’età. E con un ritmo particolarmente intenso gli under 35. Una fase di recupero, dunque, con dei segnali “favorevoli” che però “non modificano le valutazioni sulla gravità della crisi e, soprattutto, sulle difficili prospettive di ripresa”, commenta Confcommercio, secondo cui “una più soddisfacente crescita dell’occupazione, la risalita della spesa per consumi come anche la riduzione del rapporto debito-Pil passano tutti dalla rapidità, dall’efficacia e dall’efficienza nei processi di investimento delle risorse europee”.



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