Per l’Ocse l’Italia è in stallo: Pil 2019 -0,2%, deficit al 2,5%

Negli ultimi anni l'Italia ha “registrato una ripresa modesta che ora si sta indebolendo tanto che nel 2019 il Pil dovrebbe registrare una contrazione dello 0,2% e un aumento dello 0,5% nel 2020”. La politica di bilancio espansiva e una debole crescita faranno lievitare il disavanzo delle finanze pubbliche, che passerà dal 2,1% del Pil nel 2018 al 2,5% nel 2019” mentre il debito pubblico salirà al 134%. Sono le stime aggiornate dell'Ocse, contenute nel Rapporto sull'Italia.

L’Ocse critica anche quota 100 e reddito di cittadinanza

Secondo l’istituto, uno dei fattori maggiormente critici è l'abbassamento dell'età pensionabile a 62 anni con almeno 38 anni di contributi che avrà l’effetto di rallentare la crescita nel medio termine, riducendo l'occupazione tra le persone anziane, e se non applicata in modo equo aumenterà la diseguaglianza intergenerazionale e farà aumentare inevitabilmente il debito pubblico. Nel rapporto l’Ocse esprime un giudizio molto duro sulla cosiddetta quota 100 e invita il Governo ad abrogare immediatamente la misura e a mantenere il nesso tra l'età pensionabile e la speranza di vita. Secondo le stime, una marcia indietro sul regime di pensionamento anticipato consentirebbe di liberare risorse per 40 miliardi di euro da qui al 2025. Per l’Ocse, però, ci sono anche altri fattori critici come quello della salute del settore bancario che è strettamente connesso alla finanza pubblica e ai suoi effetti sui rendimenti dei titoli di stato. E’ poi necessario attivare politiche più vigorose per ridurre e contrastare l’evasione fiscale, per esempio abbassando la soglia massima per i pagamenti in contanti, così da aumentare il gettito fiscale, consentire di ridurre le aliquote fiscali e rendere il sistema tributario più equo. Ma non solo, perché a essere criticato è anche il reddito di cittadinanza che secondo l’Istituto rischia di incoraggiare l'occupazione informale.

Junker attacca: l'economia italiana continua a regredire

Il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker e il segretario dell'Ocse Angel Gurrìa hanno portato a Palazzo Chigi e al Quirinale le loro preoccupazioni per la progressiva regressione dell'economia italiana. Gurrìa, dopo aver incontrato Conte, dice di non essere riuscito a far cambiare idea al premier: per l'Ocse la crescita italiana sarà sotto lo zero, per il Governo più alta. Juncker è ben più duro e, se concede una sponda sul supplemento di riflessione chiesto da Roma sulla Tav, sulla necessità di agire per evitare la stagnazione (o peggio) è ben più netto. Lo dice a Conte e anche in conferenza stampa. Poi in un'intervista radiofonica si spinge oltre dichiarando, dopo i numerosi attacchi di M5S e Lega, che: “Alcuni ministri italiani sono bugiardi quando non rivelano i fondi europei dati all'Italia”.

Il Governo studia contromisure per far riprendere la crescita

Giuseppe Conte tiene il punto: la “frenata era prevista in relazione al rallentamento dell’economia globale”. E aggiunge che sui conti pubblici “l'impalcatura non cambia” e assicura che il Governo è al lavoro per adottare le opportune contromisure. Ieri è stato approvato, anche se con la dicitura “salvo intese”, il decreto crescita. Provvedimento che nelle intenzioni del governo dovrebbe avere un impatto significativo sull’andamento del pil. Per l’esecutivo se si sommano le altre misure in campo, dallo sblocca cantieri, ai 15 miliardi d’investimenti previsti, alle deleghe sulla semplificazione e agli effetti previsti da quota 100 e reddito di cittadinanza, la crescita sarà superiore a quella stimata dagli osservatori. Ma il percorso che porterà, attraverso il decreto crescita, al varo del Def, è tutt'altro che lineare. Tra una settimana dovrebbe essere pronto il Documento di Economia e Finanza che dovrebbe certificare una crescita in netto calo rispetto all'1% previsto. Il Pil tendenziale sarà al +0,1% ma sul dato programmatico, che potrà essere più alto di qualche decimale per effetto del decreto crescita, già si litiga. La tensione è altissima tra M5S e Giovanni Tria: la vicenda della consigliera del ministro Claudia Bugno, che il M5S chiede di allontanare dallo staff del Ministro, è solo la punta di un iceberg; sul tavolo ci sarebbero anche i decreti attuativi per il rimborso dei truffati dalle banche, una questione centrale per i pentastellati, sul quale il capo del MEF ha moltissime perplessità.

Per l’Istat cala ancora il reddito delle famiglie

Sul fronte delle rilevazioni dell’Istat arrivano ancora brutte notizie. Per l'Istituto di statistica il reddito disponibile delle famiglie consumatrici nel quarto trimestre 2018 è diminuito dello 0,2% in termini nominali e dello 0,5% in termini reali, rispetto ai tre mesi precedenti. Secondo l'Istat, il reddito nell'ultima parte dell'anno scorso ha subito una nuova diminuzione, riportandosi sul livello registrato all'inizio dell'anno. Le famiglie hanno tuttavia mantenuto una dinamica espansiva dei consumi, alimentata da una nuova diminuzione della propensione al risparmio. La spesa per consumi delle famiglie è aumentata dello 0,5% in termini nominali che determina una flessione di 0,6 punti della propensione al risparmio scesa al 7,6% (8,2% nel terzo trimestre).

Aumenta ancora il debito pubblico

L'Istat ha anche aggiornato i parametri principali delle finanze pubbliche. Nel 2018, le Pubbliche amministrazioni hanno registrato un indebitamento netto pari al 2,1% del Pil, in miglioramento rispetto al 2,4% del 2017. Anche il debito pubblico è confermato al 132,1% del Pil in aumento rispetto al 131,1% del 2017. Nel quarto trimestre dell'anno scorso il deficit è stato pari al 2% del pil (1,9% nello stesso trimestre del 2017). Il saldo primario delle Pa è risultato positivo, con un'incidenza sul pil dell'1,7% (1,9% nel quarto trimestre del 2017), mentre nell'intero anno è salito all'1,6% dall'1,4% del Pil. Nel complesso dello scorso anno, la pressione fiscale si è attestata al 42,1% del Pil, in riduzione dello 0,1% rispetto al 42,2% del 2017. Nel 2016 era stata pari al 42,4% e nel 2015 al 43%. Nel solo quarto trimestre dell'anno scorso, tuttavia, la pressione fiscale risultava al 48,8%, in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

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Settimana Economica 30 marzo - 5 aprile 2019



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