La Bce prevede una forte crescita dell’Eurozona ma rimane l’incognita varianti

Dopo i dati macro, arriva la conferma della Banca centrale europea, che nell'ultimo Bollettino economico snocciola una visione estremamente ottimista sul ritmo di crescita delle principali economie dell'area euro. Francoforte stima una forte crescita a partire dal terzo trimestre e un ritorno ai livelli pre-crisi nella prima parte del 2022, anche se la pandemia non può ancora dirsi alle spalle. A preoccupare è soprattutto la diffusione della variante delta, che potrebbe accentuare la disomogeneità di crescita già evidente tra i Paesi della moneta unica. Tra i contraccolpi della pandemia l'Eurotower segnala anche il rialzo dell'inflazione. A giugno si è collocata all'1,9% nell'area euro “e dovrebbe aumentare ancora nei prossimi mesi, per poi tornare a diminuire il prossimo anno”, spiega la Bce. Per Francoforte “l’attuale incremento è determinato perlopiù dai rincari dei beni energetici e dagli effetti base legati alla brusca diminuzione dei corsi petroliferi e all’impatto della riduzione temporanea dell’Iva in Germania lo scorso anno”. 

Lo slancio della ripresa globale rimane solido, garantisce comunque la Bce, anche se “il ritmo della crescita ha subito un leggero rallentamento a giugno per effetto di una certa normalizzazione dell’attività in diverse importanti economie”. L’economia dell’area dell’euro “ha registrato un recupero nel secondo trimestre dell’anno e, con l’allentamento delle restrizioni, procede verso una forte crescita nel terzo trimestre”. Intanto la Bank of England ha confermato la sua politica monetaria. Come d’attesa, la Banca centrale inglese ha lasciato i tassi di riferimento invariati allo 0,10%, confermando anche il target del piano di acquisti di titoli di stato al valore di 875 miliardi di sterline. La decisione è stata unanime per quanto riguarda i tassi, mentre sul Quantitative Easing sette su otto membri hanno votato per lasciarlo invariato. Solo Michael Sanders ha votato contro. La BoE prevede un ulteriore aumento dell'inflazione nei prossimi mesi, ma ha ribadito che il rialzo sarà temporaneo. 

L’Ocse certifica che la crescita dei redditi personali è trainata dagli Stati Uniti

I redditi personali nell'area Ocse nel primo trimestre hanno segnato in media una crescita del 5,8%, la maggiore dal 2008, che tuttavia riflette principalmente il forte incremento segnato negli Usa, per effetto dei programmi di sostegno governativi. Come sottolinea l'Ocse, lo straordinario aumento dei redditi dei primi tre mesi del 2021 (dopo la flessione dell'1,2% nel trimestre precedente) sorpassa nettamente quello del Pil pro-capite che nel periodo è stato pari solo a +0,5% in media nei Paesi industrializzati (dopo +1% nel quarto trimestre). La netta divergenza tra l'andamento dei redditi e quello del Pil pro-capite è in atto dall'inizio della crisi del Covid-19, che ha visto da un lato le economie in grandi difficoltà e dall'altro i Governi intervenire con massicci programmi di sostegno. Dal quarto trimestre del 2019, il reddito pro-capite medio dell'area Ocse è così aumentato dell'8,2%, mentre il Pil pro-capite ha segnato una contrazione del 2,7%. Gli Stati Uniti sono nettamente i capofila della crescita. 

Tra gli altri Paesi del G7, solo il Canada (+1,5%) e l'Italia (+1%) segnano un aumento dei redditi personali e un aumento del Pil pro-capite (+1,3% e +0,4% rispettivamente). Per contro, le diminuzioni dei redditi registrate dalla Germania (-1,4%), dal Regno Unito (-1,1%) e dalla Francia (-0,6%) sono associate a una contrazione del Pil pro capite (-2%, -1,7%% e -0,1% rispettivamente). Tra gli altri Paesi dell'Ocse, in evidenza l'aumento del reddito pro-capite in Danimarca (+6,7%), Ungheria (+3,1%) e Polonia (+2,9%). Le flessioni maggiori sono state registrate in Austria (-11,6%), Cile (-8,7%), Belgio (-2,2%) e Repubblica Ceca (-1,7%). Se poi si calcola l'evoluzione dei redditi a partire dal quarto trimestre 2019, cioè prima della crisi del Covid-19, gli Usa si confermano nettamente al primo posto con una crescita cumulativa del 18,4%, seguiti dal Canada (+8,2%). La Francia è sopra la linea di galleggiamento con +0,8%, mentre la Germania registra -0,4%, l'Italia -0,7% e la Gran Bretagna -1,8%. Un andamento in netta divergenza con quello del Pil pro-capite dello stesso periodo, tutto con il segno meno, con la Gran Bretagna maglia nera con -9,4% e gli Usa con la flessione più contenuta (-1,3%), passando per il -5,6% dell'Italia, il -4,9% della Germania e il -4,5% della Francia.  

L’Upb stima una crescita del 5,8% per il 2021 ma un rallentamento nel 2022

L’Upb nella nota sulla congiuntura di agosto stima che quest'anno il pil italiano aumenterebbe del 5,8%. Nel 2022 il pil rallenterebbe (al 4,2%), ma continuerebbe a essere sospinto dalle misure finanziate con il bilancio pubblico e con i fondi europei del Recovery Plan. Dopo la contrazione nello scorcio finale del 2020 e la stabilizzazione nel periodo invernale, l'economia italiana ha velocemente imboccato un sentiero di espansione, favorito dal progredire della campagna vaccinale e dal graduale allentamento delle restrizioni alle attività. I dati preliminari sul Pil del secondo trimestre, diffusi dall'Istat a fine luglio, delineano un balzo dell'attività economica (2,7% in termini congiunturali; 17,3% rispetto al corrispondente periodo del 2020). Il ritmo di crescita dell'economia italiana è risultato più marcato di quello dell'area dell'euro (2,0%), consentendo quindi una sostanziale convergenza del nostro paese con le altre maggiori economie continentali sul gap rispetto ai livelli precedenti all'emergenza sanitaria. Il trascinamento statistico sul Pil per l'anno in corso è di 4,8 punti percentuali. Dal lato della domanda la crescita è stata alimentata sia dalle esportazioni nette sia, plausibilmente in maggiore misura, dalla spesa nazionale (al lordo delle scorte).  

A giugno cresce dell’1% la produzione industriale 

Nel consueto report sulla produzione industriale, l’Istat stima che a giugno 2021 l'indice destagionalizzato della produzione industriale aumenti dell'1,0% rispetto a maggio. Per l’istituto di statistica, l'indice destagionalizzato mensile mostra aumenti congiunturali in tutti i raggruppamenti principali di industrie, con una crescita del 4,1% per l'energia, dell'1% per i beni di consumo, dello 0,6% per i beni intermedi e dello 0,3% per i beni strumentali. Corretto per gli effetti di calendario, a giugno 2021 l'indice complessivo aumenta in termini tendenziali del 13,9% (i giorni lavorativi di calendario sono stati 21 come a giugno 2020). Incrementi tendenziali rilevanti caratterizzano quasi tutti i comparti: +20 punti per i beni intermedi, +16,2% per i beni strumentali e +10,0% per i beni di consumo; più contenuta è la crescita per l'energia (+2,1). Gli incrementi maggiori riguardano la fabbricazione di apparecchiature elettriche (+25,5%), quella di computer, prodotti di elettronica e ottica (+25,3%) e la produzione di articoli in gomma e materie plastiche (+23,0%). 



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