Il Governo dà il via libera al decreto liquidità: 400 Mld alle imprese
Dopo gli annunci del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte è stato varato dal Cdm il decreto liquidità che prevede duecento miliardi di prestiti garantiti dallo Stato fino al 90% per tutte le imprese, 200 miliardi di garanzie per l'export, potenziamento e semplificazione del Fondo centrale di garanzia per le Pmi, partite Iva con prestiti garantiti fino al 100%. “Con il decreto approvato dal Consiglio dei Ministri, il Governo realizza un intervento senza precedenti a sostegno del sistema produttivo italiano. Un vero e proprio bazooka di liquidità, con oltre 400 miliardi di garanzie che portano a più di 750 miliardi il credito mobilitato”, ha dichiarato il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri in una nota pubblicata sul sito del Mef che illustra in sintesi le misure del decreto liquidità. Misure che prevedono garanzie da parte dello Stato per 200 miliardi, concesse attraverso Sace, in favore di banche che effettuino finanziamenti alle imprese. In particolare, la garanzia coprirà tra il 70% e il 90% dell'importo finanziato, a seconda delle dimensioni dell'impresa, ed è subordinata a una serie di condizioni come la necessaria destinazione del finanziamento per sostenere spese ad attività produttive localizzate in Italia. Le imprese con meno di 5.000 dipendenti in Italia e un fatturato inferiore a 1,5 miliardi di euro ottengono una copertura pari al 90% dell'importo del finanziamento richiesto e per queste è prevista una procedura semplificata per l'accesso alla garanzia.
La copertura scende all'80% per imprese con oltre 5.000 dipendenti e un fatturato fra 1,5 e 5 miliardi di euro e al 70% per le imprese con fatturato sopra i 5 miliardi. L'importo della garanzia non potrà superare il 25% del fatturato registrato nel 2019 o il doppio del costo del personale sostenuto dall'azienda. Per le PMI, anche individuali o Partite Iva, sono riservati 30 miliardi: l'accesso alla garanzia rilasciata da Sace sarà subordinato alla condizione che le stesse abbiano esaurito la loro capacità di utilizzo del credito rilasciato dal Fondo Centrale di Garanzia. Viene disposto un ulteriore potenziamento del Fondo di Garanzia per le Pmi. Sono infatti ammessi al Fondo, con copertura al 100% e senza procedura di valutazione da parte del medesimo, i nuovi finanziamenti di durata massima di 6 anni a favore di Pmi e piccoli professionisti, per un importo massimo di 25.000 euro e comunque non superiore al 25% dei ricavi del beneficiario; il rimborso del capitale non decorre prima di 18 mesi dall'erogazione del prestito. Il Fondo può ora concedere garanzie a titolo gratuito fino a un importo massimo di 5 milioni di euro anche alle imprese con numero di dipendenti inferiore a 499; la garanzia è pari al 90% dell'importo. Il decreto potenzia anche il sostegno pubblico all'esportazione: l'intervento introduce un sistema di coassicurazione in base al quale gli impegni derivanti dall'attività assicurativa di Sace sono assunti dallo Stato per il 90% e dalla stessa società per il restante 10%, liberando fino a ulteriori 200 miliardi di risorse da destinare al potenziamento dell'export.
L’Istat lancia l’allarme “Shock economico senza precedenti. In Italia crollano i consumi
Le misure di contenimento adottate per contrastare l’emergenza da Covid-19 hanno causato uno shock economico che ha costretto a rivedere a ribasso le stime di crescita del Pil mondiale. Lo sottolinea l'Istat nella nota di marzo sull'andamento dell'economia. “Le necessarie misure di contenimento del virus adottate con tempistiche eterogenee tra i Paesi stanno causando uno shock di natura reale che investe contemporaneamente l’offerta (chiusura di attività e interruzione delle catene del valore) e la domanda (crollo dei consumi, riduzione dei redditi) e la cui rapidità e intensità non ha precedenti storici. Questo contesto ha determinato significative revisioni al ribasso delle previsioni del Pil mondiale che è atteso registrare nel 2020, senza eccezioni, una flessione” si legge nella nota. Con una stretta da parte del governo contro l'epidemia che coinvolge il 34% della produzione italiana, l'Istat prevede uno “shock rilevante e diffuso sull'intero sistema produttivo”.
Infatti, non ci saranno solamente gli effetti diretti legati allo stop della produzione in diversi settori economici, ma anche quelli indiretti legati alle relazioni intersettoriali. L'Istat segnala che al momento è stata sospesa l'attività di 2,2 milioni di imprese, lasciando a casa 7,4 milioni lavoratori (di cui 4,9 milioni di dipendenti): la sospensione delle attività produttive “ha quindi amplificato le preoccupazioni e i disagi derivanti dall’emergenza sanitaria, generando un crollo della fiducia di consumatori e imprese”. Allo stesso tempo l'economia italiana deve fare il conto con il crollo dei consumi: se il lockdown si limitasse ai mesi di marzo e aprile la riduzione dei consumi si fermerebbe al 4,1% su base annua. Ma se le misure di chiusura proseguissero fino a giugno, si potrebbe avere un calo fino al 9,9%. “La rapida evoluzione della pandemia rende difficile rilevare l’intensità degli effetti sull’economia reale”, ha spiegato l'Istat, sottolineando però che il mese di marzo è stato segnato da una “forte e diffusa flessione” per quanto riguarda il commercio estero extra Unione europea e le vendite al dettaglio.
La produzione industriale è calata dell'1,2%, dice l'Istat
A febbraio l'Istat stima che l’indice destagionalizzato della produzione industriale diminuisca dell’1,2% rispetto a gennaio. Corretto per gli effetti di calendario, in termini tendenzial, l’indice complessivo è diminuito del 2,4% (i giorni lavorativi sono stati 20, come a febbraio 2019). Nella media del trimestre dicembre-febbraio, il livello destagionalizzato della produzione diminuisce dello 0,8% rispetto ai tre mesi precedenti. Per l’Istituto di statistica, a febbraio si rileva una flessione della produzione industriale sia su base congiunturale sia in termini annui. Tra i principali settori di attività solo per l’energia si osserva un incremento congiunturale. In termini tendenziali l’indice corretto per gli effetti di calendario prosegue una lunga fase di contrazione che raggiunge il dodicesimo mese consecutivo. I beni strumentali compensano solo parzialmente la dinamica negativa degli altri settori, risultando l’unico comparto in crescita su base annuale. Nel dettaglio, l’indice destagionalizzato mensile cresce su base congiunturale solo per l’energia (+2,7%); diminuiscono, invece, i beni intermedi (-1,1%) e i beni di consumo (-0,9%) mentre i beni strumentali risultano stabili. Su base tendenziale e al netto degli effetti di calendario, a febbraio 2020 si registra una contenuta crescita solo per i beni strumentali (+1,4%). Diminuiscono, in misura marcata, i beni di consumo (-3,0%) e i beni intermedi (-2,3%); cala, in maniera più contenuta, l’energia (-0,6%). I settori di attività economica che registrano i maggiori incrementi tendenziali sono la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+8,3%), l’industria del legno, della carta e stampa (+6,0%) e le altre industrie (+5,7%). Le flessioni più ampie si registrano nelle industrie tessili e di abbigliamento (-12,1%), nella fornitura di energia (-6,2%) e nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-3,7%).
L’Eurogruppo trova l’accordo sulle misure anti-crisi dopo giorni di polemiche
Giovedì sera durante una videoconferenza dell'Eurogruppo aperta anche ai Paesi non appartenenti all'Eurozona, i Ministri europei delle finanze hanno raggiunto un accordo su un pacchetto di misure complessivo da circa 500 miliardi di euro per la risposta immediata alle conseguenze economiche della crisi del Covid-19. La riunione dell'Eurogruppo allargato, che era stata sospesa mercoledì dopo 16 ore di negoziati, era ripresa ieri alle 21.30 ma era durata solo mezz'ora; il negoziato vero, si è svolto sottotraccia, con colloqui ristretti fra il presidente dell'Eurogruppo Mario Centeno e i Ministri dei Paesi più coinvolti: da una parte Italia, Francia e Spagna, dall'altra l'Olanda e la Germania. I Ministri hanno redatto un rapporto di quattro pagine che contiene tutte le proposte concordate e che sarà consegnato ora al presidente del Consiglio europeo Charles Michel per essere discusso poi da capi di Stato e di governo dell'Ue. Il pacchetto comprende innanzitutto il nuovo meccanismo Sure proposto dalla Commissione per il sostegno (tramite prestiti per 100 miliardi di euro garantiti da 25 miliardi assicurati dagli Stati membri) ai sistemi nazionali di cassa integrazione. I Ministri si sono impegnati a completare in modo rapidissimo la procedura legislativa, affinché Sure sia operativo il più presto possibile, probabilmente già entro qualche settimana.
A questo strumento per salvaguardare l'occupazione viene aggiunto poi un meccanismo finanziario per sostenere la liquidità delle imprese: una “garanzia paneuropea” da 25 miliardi di euro che permetterà di mobilitare prestiti per 200 miliardi di euro, con fondi raccolti sul mercato dalla Banca europea per gli investimenti (Bei) e destinati alle aziende, soprattutto le Pmi, tramite le banche nazionali di promozione come la CDP italiana. Il terzo elemento del pacchetto, il più controverso, consiste nell'apertura di una linea di credito dedicata al Fondo salva-Stati (Mes) da 240 miliardi di euro in totale, attivabile da qualsiasi Paese membro che lo voglia. Questa linea di credito, battezzata “Pandemic Crisis Support”, non richiederà alcuna “condizionalità macroeconomica”, sarà accessibile a tutti gli Stati membri in base a termini standardizzati e uguali per tutti, ma avrà un campo d'applicazione circoscritto al finanziamento della spesa sanitaria e di prevenzione diretta e indiretta, fino a un ammontare pari al 2% del loro Pil. La chiave dell'accordo sull'assenza di condizionalità del Mes (l'Olanda non accettava che i Paesi beneficiari non s’impegnassero a rispettare la disciplina di bilancio) sta nella formula usata nel rapporto dell'Eurogruppo, che ribadisce semplicemente che tutti gli Stati membri dovranno sottostare alle stesse regole di sostenibilità finanziaria nel periodo post-crisi.
Bankitalia: il 40% delle famiglie italiane finanziariamente povero
Secondo Bankitalia, la diffusa sospensione dell'attività economica causata dalle misure di contenimento adottate pressoché ovunque nel mondo inciderà significativamente sulla capacità delle famiglie europee di fare fronte autonomamente alle proprie esigenze economiche. Una costatazione ribadita nell'articolo “Le condizioni finanziarie delle famiglie europee di fronte alla pandemia”, curato da ricercatori della Banca d'Italia. “Tutte le economie avanzate hanno ormai adottato misure variamente restrittive per contenere la diffusione del contagio da coronavirus. Tali misure tentano di bilanciare l'esigenza di tutelare la popolazione con quella di non azzerare del tutto il tasso di attività economica garantendo, in particolare, l'offerta di beni e servizi essenziali; la loro severità viene pertanto progressivamente adeguata all'evoluzione del contagio. Ciononostante esse hanno profonde ricadute sulle opportunità lavorative e la capacità reddituale di larga parte della popolazione e il loro prolungarsi acuirebbe situazioni di disagio economico preesistenti e ne creerebbe potenzialmente di nuove”.
Secondo quanto riportato dall’articolo, in Italia e in Spagna, i Paesi europei al momento più colpiti dal contagio poco più del 40% della popolazione risulta finanziariamente povera; in Francia e in Germania, dove pure sono state adottate misure fortemente restrittive, sono finanziariamente povere circa il 40 e il 33% della popolazione. Le famiglie in poverta' finanziaria traggono però il loro reddito da fonti diversamente esposte alle misure di contenimento. Ad esempio, i redditi da trasferimenti, come le pensioni, sono senz'altro isolati dalle ricadute occupazionali; per contro, i lavoratori autonomi sono presumibilmente più esposti di quelli alle dipendenze perché difficilmente hanno accesso a strumenti assicurativi contro la mancanza di lavoro; tra i lavoratori dipendenti è infine presumibile che quelli con contratti a termine fatichino di più a raggiungere i requisiti minimi per l'accesso ai sussidi di disoccupazione. Allo stesso modo, è presumibile che nell'immediato, a parità di risorse economiche, le pressioni finanziarie siano maggiori per le famiglie che non possiedono l'abitazione di residenza”. Un fattore quest’ultimo che inevitabilmente peserà se non fosse tenuto in debita considerazione.
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