Istat, crescita a ritmi moderati nell’area Euro

Secondo gli ultimi dati Istat pubblicati l’8 gennaio, nel terzo trimestre del 2019 il Pil dell'area euro è lievemente aumentato (+0,2% come nel secondo trimestre), supportato dalla spesa per consumi privati mentre il contributo delle esportazioni nette è stato lievemente negativo.

La fase ciclica tra i settori manifatturiero e dei servizi mostra un calo della produzione industriale cui corrisponde tuttavia una maggiore vivacità dei servizi. Ciononostante, negli ultimi mesi, la fiducia delle imprese industriali sembra indicare una fase di sostanziale stabilità. La produzione industriale è calata nei mesi di settembre e ottobre (rispettivamente -0,1% e - 0,5%). Tuttavia, segnali di modesta ripresa dovrebbero registrarsi nel primo e secondo trimestre 2020 (rispettivamente +0,1% e +0,2%). In questo quadro, la crescita economica dell’area Euro è prevista mantenersi su ritmi moderati, con un incremento costante del Pil pari allo 0,3% per ciascun trimestre del 2020.

A sostenere la crescita saranno innanzitutto i consumi privati favoriti dall’andamento del mercato del lavoro, mentre la produzione industriale e gli investimenti dovrebbero mantenere un andamento negativo nel quarto trimestre del 2019 per poi riprendere con intensità contenute.

L’inflazione annuale rimane bassa nel 2019, ma si prospetta una modesta accelerazione nella prima metà del 2020.

L’allentamento della tensione tra USA e Cina nella guerra commerciale, unito ad una maggiore certezza sulla Brexit potrebbero favorire un aumento della domanda. Tuttavia, il quadro previsto potrà subire un’alterazione in virtù delle tensioni tra USA e Iran.

CGIA, carico fiscale delle PMI italiane quasi doppio rispetto alle multinazionali del web

Secondo uno studio pubblicato dal CGIA Mestre, le nostre Pmi hanno un carico fiscale complessivo pari al 59,1% dei profitti: quasi il doppio rispetto a quello delle controllate italiane delle principali multinazionali del web, che si attesta al 33,1%. “Un’ingiustizia che grida vendetta”, ha dichiarato il coordinatore dell’Ufficio Studi della CGIA, Paolo Zabeo, “non tanto perché su questi ultimi grava un peso fiscale relativamente contenuto, ma per il fatto che sulle nostre Pmi il peso delle tasse e dei contributi è tra i più elevati d’Europa”. Secondo i dati della Banca Mondiale, solo la Francia supera l’Italia con una pressione fiscale sui profitti delle imprese pari al 60,7% contro la media dei Paesi dell’Euro zona che si attesta al 42,8%: ben 16 punti percentuali in meno rispetto all’Italia. Il motivo principale per il quale le multinazionali del web con sede in Italia possono beneficiare di un tax rate al 33,1% è che la metà dell’utile ante imposte è tassato in Paesi a fiscalità agevolata che procura un decisivo risparmio fiscale. Ma i giganti tecnologici presenti in Italia non sono i soli a beneficiare di questa tassazione agevolata: anche grandi player italiani come FCA, ENI, Enel, Ferrero, Telecom ecc. hanno trasferito da anni la sede legale principale o di una loro consociata all’estero. In questo contesto, dunque, il risultato finale è stata una riduzione della base imponibile di coloro che pagano le tasse in Italia e, conseguentemente, una penalizzazione delle PMI che non hanno la possibilità di trasferire la propria sede legale altrove.

Giochi, allo Stato oltre 200 milioni dalle vincite non reclamate

È lo Stato il vincitore indiscusso delle vincite da giochi: secondo i dati dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, solo nel 2018 non sono stati reclamati ben 228 milioni di premi. Di questi, circa tre quarti (161 milioni di euro) provengono dai gratta e vinci. L’Agenzia dei Monopoli ha spiegato che questo dato non include i biglietti vincenti che per qualsiasi motivo non siano stati venduti prima della chiusura di una lotteria istantanea (termine tecnico per indicare i Gratta&Vinci). Si tratta dunque di tagliandi che qualcuno ha certamente comprato, ma non ha incassato. Quanto agli altri dati, dai Monopoli si riporta che l’ammontare delle vincite al Lotto non riscosse è pari a 41,2 milioni di euro, lo 0,73% del totale, mentre i vincitori inconsapevoli al Superenalotto hanno dimenticato premi pari a 25,5 milioni (il 2,71% del totale). Le somme dimenticate dagli Italiani sono finite direttamente nelle borse dell’Erario che, da questo comparto incassa oltre 10 miliardi di euro l’anno. Ciononostante, il beneficio per l’Erario è solo temporaneo – spiegano dall’Agenzia dei Monopoli: se alla chiusura di una lotteria istantanea la quota di vincite pagate è inferiore al previsto nella successiva sarà possibile offrire un payout, la percentuale di somme giocate da restituire in vincite, leggermente più alta. La legge infatti fissa una soglia complessiva massima per tutto l’universo Gratta&Vinci del 75%. Inoltre, il decreto dignità ha introdotto una modifica importante riguardante l’obbligo di specificare quanti biglietti è necessario acquistare prima di incontrarne uno vincente: la percentuale va calcolata non tra i tagliandi vincenti, ma tra quelli in cui la vincita è superiore al costo del biglietto, abbattendo così la probabilità mostrata dal 30% al 15% circa. In sintesi: una lotteria di Gratta&Vinci non vale l’altra. In alcune si ha più probabilità di vincere, in altre meno.

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Settimana Economica 4 - 10 gennaio 2020



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