Fmi: Pil Eurozona +3,9% nel 2022, rischi geopolitici 

L'economia di Eurolandia "sta recuperando con vigore" dopo la crisi provocata dalla pandemia, "ma le sfide non mancano", a partire dalle tensioni geopolitiche e dal surriscaldamento dell'inflazione. Il giudizio è del Fondo monetario internazionale, secondo cui il Pil della zona dell'euro salirà del 3,9% quest'anno, del 2,5% il prossimo e dell'1,7% nel 2024. A favorire la ripresa, si legge in un focus, le politiche economiche, che hanno "potentemente sostenuto i redditi delle famiglie e protetto i bilanci delle aziende", e "gli alti livelli di vaccinazione". A preoccupare gli economisti di Washington è innanzitutto l'inflazione. "Nel medio termine", si legge nel documento, la dinamica dei prezzi al consumo "dovrebbe indebolirsi", ma "i rischi verso l'alto sono chiaramente aumentati e la Banca centrale europea deve tenersi pronta ad aggiustare la propria politica come necessario". Per quest'anno la stima dell'aumento del costo della vita viene fissata al 3%. La sfida ora, aggiunge il Fondo, "è coordinare la normalizzazione della politica economica, nonostante l'elevata incertezza determinata dall'evoluzione e dai lasciti della pandemia e dalle tensioni geopolitiche in corso. La chiave sarà l’agilità, con le politiche che dovranno diventare sempre più mirate per contenere le cicatrici e mitigare un potenziale aumento di diseguaglianze e povertà". Sul fronte dell'occupazione, l'istituto di Washington sottolinea che "il mercato del lavoro ha recuperato velocemente, ma in modo diverso tra settori e gruppi di popolazione". Per questo, sono necessarie "politiche per riqualificare i lavoratori e proteggere i più vulnerabili". Il Fmi invita anche i Paesi più indebitati a ridurre i propri debiti "una volta che l'espansione sarà consolidata" e l'Unione europea a "riformare le proprie regole di bilancio". Decisive infine, conclude il focus, saranno le riforme strutturali previste dal pacchetto Next generation Eu per "rafforzare la resilienza, sostenere la transizione verde e digitale e far accelerare il potenziale di crescita" dell'economia. 

Ue taglia stime Pil 2022, “ma rallentamento sarà breve”

I "venti contrari" alla ripresa hanno soffiato più forte di quanto previsto e Bruxelles, nelle previsioni economiche d'inverno, rivede le stime del Pil di quest'anno dell'eurozona, dell'Ue e di 17 Paesi membri, Italia inclusa. Se nel novembre scorso la Commissione Ue stimava per Roma un Pil al 4,3% nel 2022, secondo Palazzo Berlaymont ora il livello di crescita è destinato a fermarsi al 4,1%. Confermato al 2,3% il Pil italiano per il 2023, sotto il livello dell'eurozona, al 2,7%. "Il rallentamento della ripresa è più acuto del previsto" e trainato dall'impennata del Covid, dall'inflazione e dalla strozzatura delle forniture ma "i venti contrari dovrebbero progressivamente diminuire, prevediamo che la crescita riprenda velocità già questa primavera", ha sottolineato il commissario Ue agli Affari Economici Paolo Gentiloni. "Incertezza e rischi restano elevati, notevolmente aggravati dalle tensioni geopolitiche in Est Europa", si legge nelle stime, nelle quali emerge innanzitutto un fattore: l'Ue, tre mesi fa, non si attendeva un quadro inflazionistico così negativo. In autunno prevedeva un'inflazione al 2,2% per il 2022, nelle attuali stime il dato sale drasticamente al 3,5% per scendere, altrettanto nettamente, all'1,7% nel 2023. Per l'Italia l'inflazione, dopo l'1,9% del 2021 è attesa sopra il livello dell'eurozona, al 3,8%, nel 2022, per andare poi a scendere all'1,6% nel 2023. Un'impennata su cui pesano due fattori, innanzitutto: il caro energia e le prolungate strozzature nelle forniture

Solo dall'ultimo trimestre dell'anno - ha chiarito Gentiloni - l'inflazione potrebbe cominciare a diminuire. Le curve di inflazione e crescita accomunano Eurolandia e Ue. A livello di Unione, infatti, l'inflazione nel 2022 toccherà addirittura il 3,9% mentre il Pil si fermerà al 4%, lo 0,3% in meno rispetto alle stime di novembre. E l'Italia? " "In un contesto non facile le previsioni per Roma sono rassicuranti", ha sottolineato l’ex premier rimarcando come, proprio in queste settimane, il Paese stia tornando ai livelli pre-pandemici. "Le previsioni di crescita positive sono collegate alla buona attuazione del Pnrr sul quale il governo è pienamente impegnato", ha spiegato Gentiloni soffermandosi, tra l'altro, sul dossier Balneari, altamente divisivo per la maggioranza e sul quale il pressing dell'Ue è costante. "Le concessioni vanno riassegnate attraverso meccanismi di gare, non si può ignorare che stiamo in un regime di competizione", ha osservato. 

Ma per Roma, nei prossimi mesi, sarà cruciale anche la revisione del Patto di stabilità. A marzo la Commissione elaborerà le linee guida transitorie in vista delle leggi di bilancio dell'autunno. E l'ipotesi circolata nelle ultime ore è che Bruxelles punti al congelamento delle regole del debito per il 2023, soluzione che sarebbe provvidenziale per Paesi ad elevato debito come Francia o, appunto, Italia. Ma i falchi non hanno abbassato la loro trincea e la Germania del post-Merkel ha finora mandato segnali tutt'altro che rassicuranti. 

Eurozona: nel 2023 inflazione sotto obiettivo Bce del 2%

L'inflazione nell'area dell'euro scenderà al di sotto dell'obiettivo del 2% della Banca Centrale Europea il prossimo anno, secondo una nuova bozza di proiezioni dell'Unione Europea. I prezzi al consumo aumenteranno in media dell'1,7% nel 2023 dopo un'impennata del 3,5% nel 2022, secondo una bozza della Commissione europea vista da Bloomberg. Le previsioni non sono finalizzate e possono ancora cambiare prima di essere pubblicate dall'esecutivo europeo e si confrontano con una previsione di novembre che ha stimato aumenti del 2,2% e dell'1,4%. Le previsioni vedono il tasso di inflazione raggiungere il picco del 4,8% in questo trimestre, rimanere sopra il 3% fino al terzo trimestre e scendere al 2,1% negli ultimi tre mesi del 2022. Si prevede che sarà sotto l'obiettivo del 2% della Bce per tutto il 2023. Per quanto riguarda la crescita economica, la Commissione vede ora il prodotto interno lordo dell'area dell'euro espandersi del 4% nel 2022 e del 2,7% nel 2023, un downgrade di 0,3 punti percentuali per la lettura di quest'anno. 

Bce, i falchi affilano le armi prima del board di marzo

C’è l'avvertimento della Bundesbank, occorre agire subito contro l'inflazione che corre a più del 5%, farlo dopo costerà molto di più. E c’è il ragionamento, più prudente, di Isabel Schnabel, che ribadisce la linea "graduale" nell'eventuale rialzo dei tassi, ma spiega anche le ragioni di un'eventuale stretta da parte della Bce. Dopo l'uscita, ieri, della “colomba” francese nel Consiglio Bce, François Villeroy de Galhau, secondo cui i mercati nel prezzare due rialzi dei tassi nel 2022 hanno fatto il paso più lungo della gamba, oggi tocca ai “falchi”. Lo è il presidente della Bundesbank Joachim Nagel, che ha fatto presente la stima della banca centrale per un'inflazione in Germania oltre il 4% in media d'anno nel 2022. Il doppio dell'obiettivo consacrato nei trattati. E ha preannunciato: "se il quadro non dovesse cambiare entro marzo mi pronuncerò per normalizzare la politica monetaria", perché i costi economici sono decisamente più alti, se si agisce troppo tardi, piuttosto che se si agisce tempestivamente". Non è il solo a pensarlo: anche economisti di tutt'altra cultura, come Mohamed El-Erian, pensano che la Bce e la Fed siano in grande ritardo rischiando di dover prendere misure tanto più draconiane quanto più tempo passa. Schnabel, consigliera della Bce tedesca ma tutt'altro che ortodossa, ribadisce la prudenza (vedremo con le stime di marzo, ogni mossa sarà graduale) della presidente Christine Lagarde. Ma ci tiene anche a chiarire alcuni punti: è vero che oltre metà dell'inflazione è dovuta ai prezzi energetici. Ma non esclusivamente per strozzature all'offerta di gas o petrolio, si deve anche allo stimolo (specie Usa) alla domanda che ha spinto la ripresa oltre le attese. E se un rialzo dei prezzi energetici innesca rincari generalizzati, finendo per disancorare le aspettative future d'inflazione, occorre alzare i tassi. Il dibattito è aperto, ma la stretta è innegabilmente sul tavolo. 

Istat: campanello d'allarme sul Pil, in calo nei prossimi mesi. L'industria frena

Dopo la cavalcata trionfale del 2021, l'anno in corso potrebbe riservare una serie di delusioni per l'economia nazionale, con il Pil in progressivo rallentamento, l'inflazione a livelli preoccupanti e l'occupazione in frenata. A far suonare un primo campanello d'allarme è l'Istat nella nota mensile di gennaio sull'andamento dell'economia. E a conferma delle incertezze lo stesso Istat fotografa già a dicembre un cambio di rotta per la produzione industriale, in calo dell'1% rispetto al mese precedente. Su anno il rimbalzo resta forte, con un +4,4%, ma le nubi che si stanno addensando sulla ripresa, secondo l'Istat cominciano a produrre le prime ombre. "Il percorso di ripresa dell'Italia potrebbe subire un rallentamento nei prossimi mesi" a fronte di un calo della fiducia tra famiglie e imprese che riflette il peggioramento delle attese sulla situazione economica. A questo si aggiungono le difficoltà sul fronte inflazione e occupazione. Sul primo l'Istat segnala che "le aspettative sull'andamento dei prezzi nei prossimi mesi sono al rialzo" e già a gennaio "l'inflazione ha mostrato una ulteriore crescita e il valore d’acquisito per l'anno corrente è +3,4%". Per quanto riguarda l'occupazione non si prevede un particolare slancio nel 2022 con le imprese che incontrano difficoltà nel reperire lavoratori con competenze adeguate. Un dato che per l'Istat potrebbe rappresentare un ulteriore freno. 

Industria: Istat, produzione a dicembre in calo dell'1%, +4,4% annuo

dicembre 2021 si stima che l'indice destagionalizzato della produzione industriale diminuisca dell'1,0% rispetto a novembre. Nella media del quarto trimestre il livello della produzione cresce dello 0,5% rispetto al trimestre precedente. Lo ha rilevato l'Istat. L'indice destagionalizzato mensile cresce su base congiunturale solo per l'energia (+0,1%), mentre diminuisce per i beni intermedi (-0,5%), i beni di consumo (-1,0%) e i beni strumentali (-2,2%). Corretto per gli effetti di calendario, a dicembre 2021 l'indice complessivo aumenta in termini tendenziali del 4,4% (i giorni lavorativi di calendario sono stati 22, contro i 21 di dicembre 2020). Incrementi rilevanti caratterizzano i beni di consumo (+10,4%) e l'energia (+8,9%); più contenuta è la crescita per i beni intermedi (+2,1%) e i beni strumentali (+0,3%). I settori di attività economica che registrano gli incrementi tendenziali maggiori sono la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+25,4%), l'industria del legno, della carta e stampa (+18,7%) e la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+16,5%). Flessioni si registrano nelle attività estrattive (-13,9%), nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-3,7%) e nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-3,4%). 



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