La ripresa non ferma il Qe, la Bce tira dritto anche se i falchi sono in agguato
“Teniamo la barra dritta”. Così Christine Lagarde ha sintetizzato la riunione del Consiglio Bce che ha deciso di mantenere l'accelerazione degli acquisti di debito per l'emergenza pandemica per tutta l'estate. “Una stretta sarebbe prematura e creerebbe rischi”, ha spiegato la presidente della Bce al termine dell'appuntamento nel quale di uscita futura dal programma pandemico, evocata da qualche membro falco nelle settimane scorse, non si è nemmeno parlato: “qualsiasi discussione sull'uscita dal Pepp è prematura”. Non c’è stata, dunque, discussione del futuro del programma lanciato nel marzo 2020, cui resta una potenza di fuoco da 700 miliardi da spendere fino a marzo 2022. Al contrario: la Bce ha deciso di mantenere anche nel terzo trimestre l'accelerazione data al Pepp lo scorso marzo. Un fattore di tranquillità in più, sotto forma di tassi di rifinanziamento del debito straordinariamente bassi, per i piani del Governo Draghi, che dopo il doppio maxi-stimolo dei due decreti Sostegni deve trovare margini di bilancio per affrontare alcuni nodi: dalla riforma delle tasse al futuro del superbonus, dai licenziamenti alle richieste di nuovi rinvii delle riscossioni.
Lo spread prende nota, chiudendo in calo a 105 con un tasso del Btp decennale sotto lo 0,8%, ai minimi da fine aprile. Restano piatte invece le Borse europee nonostante un balzo dell'inflazione al 5%, ai massimi dal 2008, oltre le attese e a livelli che fanno di nuovo parlare di un tapering, una riduzione graduale degli acquisti di bond, della Fed: se durasse a lungo, potrebbe anticipare il trend globale decennale di bassa inflazione e politiche monetarie iperespansive. Anche per questo il tema della exit strategy si riaffaccerà presto anche per la Bce. Non a caso Lagarde ha evitato qualsiasi previsione sulla discussione nella riunione di settembre quando sarà probabilmente sul tavolo il tapering prima della possibile chiusura del Pepp a marzo 2022. Già ieri c’è stata “qualche divergenza”, ha spiegato la presidente della Bce: molto probabilmente proprio la decisione di mantenere gli acquisti accelerati fino a settembre, dove invece l'hanno spuntata le colombe.
L’Ue assicura: primi fondi Pnrr a luglio. La Commissione però vigilerà sulla spesa verde e digitale
Mostra ottimismo la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che di fronte a una plenaria semivuota, a Strasburgo, ha annunciato l'imminente approvazione dei piani nazionali di ripresa e resilienza. Già dalla prossima settimana verranno approvati i primi piani con l'obiettivo di iniziare a erogare i fondi del Next Generation Eu da luglio. Un lavoro enorme, dettato dalla necessità di fare presto, con una squadra di 300 funzionari che stanno analizzando i 23 singoli piani arrivati, e di fare bene. La Commissione, ha già fatto sapere il vicepresidente Valdis Dombrovskis, valuterà attentamente i piani e sarà vigile sulla loro attuazione. Non verranno approvati, è il monito, quei piani che non rispetteranno la destinazione del 37% per la transizione verde e il 20% per quella digitale. Cartellino rosso anche in caso di mancato rispetto del principio del nessun danno significativo, delle raccomandazioni specifiche per Paesi e degli obiettivi del Pilastro sociale europeo.
Sugli impegni relativi al clima e al digitale è intervenuto anche il commissario all'economia Paolo Gentiloni in una conferenza all'Euronext Esg Summit. Se il green deal era già tra le priorità del programma della Commissione a inizio mandato, dopo lo stop imposto dalla pandemia, l'Unione europea ha voluto rilanciare ampliando le sue ambizioni. Il precedente obiettivo di arrivare a una riduzione di emissioni del 40% entro il 2040 è stato sostituito con il nuovo target: arrivare a una riduzione del 55% entro il 2030. Per raggiungere la meta sono necessari forti investimenti, pubblici e privati”. Il motto di Gentiloni è “finanziare il verde e rendere la finanza verde”. La scelta di puntare sulla transizione verde e digitale poteva essere rischiosa, è stata la riflessione del commissario italiano, ma alla decisione dell'Europa si sono aggiunte quelle di altri attori internazionali che hanno adottato decisioni altrettanto ambiziose. Gli Stati Uniti sono rientrati negli accordi di Parigi e si sono posti l'obiettivo della neutralità nel 2050. A metà luglio la Commissione presenterà un pacchetto molto ampio di 12 proposte legislative per ridurre le emissioni. Un pacchetto che Gentiloni ha definito “di importanza storica” per il futuro dell'Unione europea. Storico come il Next Generation EU da 750 miliardi di euro. Il più grande piano di ripresa mai visto dal piano Marshall, come ha evidenziato von der Leyen.
La produzione industriale ad aprile cresce oltre i livelli pre-Covid
La produzione industriale cresce ancora e lo fa ad aprile per il quinto mese consecutivo: l'indice mette a segno un rialzo mensile dell'1,8% che non solo certifica la ripresa dell’attività nel Paese ma riesce a superare i livelli prepandemici di febbraio 2020. Il quadro positivo è negli ultimi dati dell'Istat che fotografano un incremento in tutti i principali settori ed anche il fortissimo rimbalzo tendenziale. Nel confronto annuo, che è però con il periodo di lockdown, l'indice complessivo arriva ad aumentare del 79,5%, in ragione del dato eccezionalmente basso di aprile 2020 quando ebbero luogo le maggiori restrizioni all’attività produttiva per il contenimento del Covid. “Il Paese è ripartito” commenta il presidente di Confindustria Carlo Bonomi “per il quinto mese consecutivo la produzione industriale aumenta, nei primi quattro mesi dell'anno l'industria manifatturiera ha assunto 123.000 persone in più. Credo che ormai il Paese sia indirizzato sulla crescita che dovrebbe essere il solo obiettivo che dobbiamo avere tutti noi”. Nella media del periodo febbraio-aprile, inoltre, la produzione cresce dell'1,9% rispetto ai tre mesi precedenti.
Guardando l'andamento mensile rispetto a marzo, gli aumenti si registrano in tutti i raggruppamenti principali di industrie: variazioni positive caratterizzano, infatti, i beni strumentali (+3,1%), l'energia (+2,4%), i beni intermedi (+1,1%) e, in misura meno rilevante, i beni di consumo (+0,5%). Nel confronto annuo, gli incrementi diventano straordinariamente ampi e in certi casi raggiungono le tre cifre e superano anche il +300%, come per l'industria tessile e la fabbricazione di mezzi di trasporto. Il segno più è, infatti, meno pronunciato per l'energia (+14,2%) ma molto elevato per i beni strumentali (+119,5%), i beni intermedi (+98,1%) e quelli di consumo (+62,2%). Cosi' anche tutti i principali settori di attivita' economica registrano aumenti su base annua, ad esclusione della produzione di prodotti farmaceutici di base (-3,2%). La crescita piu' ampia è per i settori delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (+363,2%), della fabbricazione di mezzi di trasporto (+327,3%), della fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche (+149,3%) e della metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (+132,8%).
L’Istat è chiara: nel 2020 è crollata la spesa per consumi delle famiglie
Nel 2020, la stima della spesa media mensile delle famiglie residenti in Italia è di 2.328 euro mensili in valori correnti (-9,0% rispetto al 2019). Considerata la dinamica inflazionistica (-0,2% la variazione dell'indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività nazionale), il calo in termini reali è appena meno ampio (-8,8%). Lo ha reso noto l'Istat spiegando che si tratta della contrazione più accentuata dal 1997 (anno di inizio della serie storica), che riporta il dato medio di spesa corrente al livello del 2000. Nel biennio 2012-2013, quando si registrò la flessione più ampia nel periodo considerato, il calo rispetto al 2011 era stato complessivamente del 6,4%. Poiché la distribuzione dei consumi è asimmetrica e più concentrata nei livelli medio-bassi, la maggioranza delle famiglie spende un importo inferiore al valore medio. Se si osserva il valore mediano (il livello di spesa per consumi che divide il numero di famiglie in due parti uguali), il 50% delle famiglie residenti in Italia ha speso nel 2020 una cifra non superiore a 1.962 euro (2.159 euro nel 2019). La flessione dei consumi riguarda in misura diversificata i capitoli di spesa: alcuni non hanno mostrato variazioni, altri hanno registrato diminuzioni molto marcate, risentendo tutti sia delle restrizioni imposte per contrastare la pandemia sia del diverso grado di comprimibilità delle spese stesse.
Nello specifico, rispetto al 2019, rimangono sostanzialmente invariate la spesa per alimentari e bevande analcoliche (468 euro al mese) e quella per abitazione, acqua, elettricità e altri combustibili, manutenzione ordinaria e straordinaria (893 euro mensili, di cui 587 euro di affitti figurativi). Si tratta, infatti, di spese difficilmente comprimibili, solo marginalmente toccate dalle restrizioni governative. La spesa per tutti gli altri capitoli, che nel 2020 vale complessivamente 967 euro al mese, scende invece del 19,3% rispetto ai 1.200 euro del 2019. Le diminuzioni più drastiche riguardano i capitoli di spesa sui quali le misure di contenimento hanno agito maggiormente e in maniera diretta, cioè servizi ricettivi e di ristorazione (-38,9%, 79 euro mensili in media nel 2020) e ricreazione, spettacoli e cultura (-26,4%, 93 euro mensili), seguiti da capitoli fortemente penalizzati dalla limitazione alla circolazione e alla socialità, come trasporti (-24,6%, 217 euro mensili nel 2020) e abbigliamento e calzature (-23,3%, 88 euro mensili).