La Bce conferma la linea espansiva e attenua la previsione sul crollo Pil 2020
Previsioni leggermente meno fosche e misure di politica monetaria confermate alla Bce, al primo Consiglio direttivo dopo la pausa estiva. Un direttorio che, come da attese, ha confermato l'impostazione fortemente espansiva della politica monetaria nell'area euro, decisa per contrastare gli effetti della crisi pandemica sulla stabilità dei prezzi. A questo scopo l'istituzione ha innanzitutto mantenuto a 1.350 miliardi di euro l'ammontare del programma di acquisto di titoli per l'emergenza Covid (Pepp), ribadendo l'intenzione di proseguirne gli acquisti netti almeno fino a giugno 2021 e finché non riterrà conclusa la fase critica legata al coronavirus. Confermati, poi, tutti i livelli dei tassi di interesse nell'area euro: zero sulle operazioni principali, 0,25% sulle operazioni marginali e meno 0,50% (tasso negativo) sui depositi presso la stessa banca centrale. Infine, ha ribadito che continuerà a fornire abbondante liquidità attraverso le proprie operazioni di rifinanziamento ai mercati.
La novità più rilevante ha però riguardato le previsioni aggiornate dei tecnici della Bce. Hanno ammorbidito le previsioni sul crollo del Pil di quest'anno, conseguente alla crisi pandemica: ora è atteso un meno 8% nell'area euro, a fronte del meno 8,7% indicato tre mesi fa. La stima sul recupero 2021 è stata limata al più 5%, dal precedente più 5,2% e quella sul 2022 al più 3,2%, dal precedente più 3,3% stimato. I dati delle ultime settimane suggeriscono forte rimbalzo dell'attività, ampiamente in linea con le attese anche se il livello dell'attività resta molto inferiore ai valori prepandemici, ha affermato Lagarde. La Bce ha poi confermato le previsioni sull'inflazione dell'area euro sul 2020, un limitato 0,3%, ha lievemente alzato la stima sul 2021 al più 1% e ha confermato l'attesa sul 2022 al più 1,3%. Secondo la presidente i rischi di deflazione si sono attenuati rispetto allo scorso giugno. Sempre sul fronte delle previsioni economiche, la Bce prevede un picco del tasso di disoccupazione al 9,5% sulla media del prossimo anno, a seguito della crisi pandemica e successivamente una moderazione all'8,8% nel 2022. Sulla media di quest'anno il tasso di disoccupazione è atteso in crescita all'8,5%, dal 7,6% del 2019, secondo le ultime previsioni dei tecnici di Francoforte.
Per l’Istat cala l’export delle Regioni in tutte le aree del Paese nel II trimestre
Non basta la ripresa economica registrata a maggio e giugno a riportare in territorio positivo il bilancio delle esportazioni a livello regionale. Nel secondo trimestre 2020, infatti, il rapporto Istat sulle esportazioni delle Regioni italiane stima una netta contrazione congiunturale per tutte le ripartizioni territoriali a causa del forte calo di aprile: -28,2% per il Sud e Isole, -26,6% per il Nord-ovest, -23,2% per il Nord-est e -23,1% per il Centro. Anche allargando l'analisi al periodo gennaio-giugno 2020, la diminuzione su base annua dell’export risulta marcata e diffusa a livello territoriale: rispetto alla media nazionale, è più ampia per le Isole (-20,4%) e il Nord-ovest (-16,1%), di pari entità per il Centro (-15,3%), più contenuta per il Nord-est (-14,3%) e il Sud (-13,4%).
Nei primi sei mesi dell’anno, la flessione tendenziale dell’export interessa quasi tutte le regioni italiane ed è più ampia per Basilicata (-36,8%), Sardegna (-35,3%) e Valle d’Aosta (-31,0%). Le performance negative di Piemonte (-21,2%), Lombardia (-15,3%), Veneto (-14,6%) ed Emilia-Romagna (-14,2%) spiegano i due terzi della flessione su base annua dell’export nazionale. Solo il Molise (+30,2%) e la Liguria (+3,7%) registrano, nel confronto con il primo semestre 2019, una dinamica positiva dell’export. Nei primi sei mesi del 2020, i contributi maggiori alla diminuzione su base annua delle esportazioni nazionali derivano dal calo delle vendite di Piemonte (-18,8%) e Lombardia (-16,5%) verso la Germania, di Lazio (-39,9%) e Piemonte (-22,7%) verso gli Stati Uniti e di Piemonte (-22,1%), Lombardia (-17,8%), Veneto (-17,2%) ed Emilia-Romagna (-15,9%) verso la Francia.
Lavoro, crollo degli occupati nel secondo trimestre
Dopo la sostanziale stagnazione dei primi due mesi del 2020, il sopraggiungere dell'emergenza Covid-19, ha investito il mercato del lavoro con cali dell'occupazione tra marzo e giugno senza precedenti si legge in un rapporto dell'Istat. Nel secondo trimestre 2020 si registra una variazione di -841mila occupati (-3,6% rispetto allo stesso trimestre del 2019), risultato del rallentamento della crescita occupazionale dalla seconda metà del 2019 e soprattutto dell'eccezionale calo generato dalle limitazioni imposte dall'emergenza sanitaria (chiusura dei settori produttivi non essenziali e limitazioni negli spostamenti). Malgrado gli ammortizzatori sociali e il blocco dei licenziamenti abbiano permesso di sostenere l'occupazione, la sospensione delle attività ha fortemente pregiudicato l'avvio di nuovi rapporti di lavoro, in particolare di quelli a termine e delle loro possibili proroghe o trasformazioni in contratti a tempo indeterminato. Difatti, in otto casi su dieci la diminuzione dell'occupazione riguarda i dipendenti a termine (-677 mila, -21,6%) e si concentra tra quelli con durata del lavoro non superiore ai sei mesi (-428 mila).
In sintesi, la gran parte del calo tendenziale del numero di occupati nel secondo trimestre 2020 è dovuto all'aumento delle cessazioni che si associa alla diminuzione di nuove attivazioni dei rapporti di lavoro a termine, concentrato tra quelli di breve durata. I settori maggiormente colpiti dall'emergenza sanitaria sono proprio quelli dove il lavoro a termine è più diffuso: commercio (-191 mila occupati, -5,8%) e, soprattutto, alberghi e ristorazione (-246 mila, -16,1%). Un altro settore che ha decisamente risentito degli effetti della pandemia, anche per la rilevante presenza di lavoratori non regolari, è quello dei servizi domestici alle famiglie (-125 mila, -16,7%). Sebbene di minore entità, una marcata diminuzione si osserva anche tra i servizi alle imprese e tra i servizi alla persona. Oltre la metà del calo occupazionale riguarda impieghi nei servizi e nel commercio (-10,2% in un anno). Il fatto che la crisi abbia colpito più duramente taluni tipi di lavoro si ripercuote sulle caratteristiche dei lavoratori più coinvolti. I giovani tra 15 e 34 anni hanno subìto il calo occupazionale più forte (-8,0% rispetto a -3,6% del totale) che in quasi un terzo dei casi è concentrato nel settore alberghiero e della ristorazione. La diminuzione dell'occupazione tra le donne è più consistente di quella rilevata per gli uomini (-4,7% rispetto a -2,7%) e si concentra nel terziario. Infine, la flessione dell'occupazione è stato più accentuata nel Mezzogiorno (-5,3%) rispetto al Nord (-3,0%) e al Centro (-2,9%).
Il Governo chiarisce che sul Recovery Plan le Camere voteranno a ottobre
Il Parlamento sarà profondamente e costantemente coinvolto nella messa a punto del Recovery Plan, così come Regioni, Province e Comuni: le linee guida saranno sottoposte all'attenzione delle Camere che forniranno suggerimenti e indirizzi ed esprimeranno il loro voto con risoluzioni in Aula entro i primi di ottobre, in tempo per l'apertura dell'interlocuzione con la Commissione Europea il 15 del prossimo mese. Poi potranno, se lo riterranno opportuno, portare avanti un monitoraggio sui progetti e sulle spese fino alla conclusione del piano, nel 2026. Il giorno dopo la riunione del Ciae e la discussa pubblicazione delle linee guida sulla stampa, il Governo rassicura sul ruolo centrale che il Parlamento avrà in tutto il percorso di definizione dei progetti cui saranno destinati i 209 miliardi del Recovery Fund; lo fa innanzitutto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte in una riunione con i capigruppo di maggioranza convocata per rassicurare gli alleati dopo lo strappo nato proprio a causa dell'annuncio delle linee guida prima delle audizioni parlamentari, e lo fa il ministro degli Affari europei Vincenzo Amendola, chiamato a illustrare il piano proprio davanti alle Commissioni Bilancio e Politiche Ue di Camera e Senato.
Conte non ha parlato direttamente, ma a prendere la parola sono stati i capigruppo Pd Andrea Marcucci e Graziano Delrio. “La centralità del Parlamento, in questo quadro, appare ancora più chiara ed essenziale”, ha sottolineato l'ex ministro, cui ha fatto eco il senatore: “Le Camere voteranno le linee d’indirizzo del Recovery Fund entro i primi di ottobre”, ha annunciato Marcucci. Amendola ha quindi chiarito la tempistica per ottenere le risorse: l'anticipo del primo 10% non potrà infatti arrivare che dopo alcuni mesi dalla presentazione, minimo tre, considerati tutti i passaggi; tra gennaio e aprile 2021 dovrà essere presentato alla Commissione europea il Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza e la Commissione avrà a disposizione fino a 8 settimane per esaminare e proporre al Consiglio Ecofin l'approvazione del Piano; l'Ecofin dovrà approvare quindi il piano a maggioranza qualificata entro 4 settimane. Dalla presentazione formale del piano “potrebbero quindi passare mesi per l'approvazione che poi darà la possibilità di accedere subito al 10% del finanziamento globale”, ha specificato. Ciò non vuol dire però che l'Italia sia in ritardo, come precisato anche dal ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, ma solo che sta seguendo la procedura prevista a livello comunitario. Salute, digitale, infrastrutture, ambiente, lavoro sono alcuni dei pilastri sui cui puntare per rimettere l'Italia in carreggiata adeguandosi ai ritmi di crescita dell'Unione Europea, ha ribadito Amendola, cui hanno fatto eco i ministri Sergio Costa e Roberto Speranza intervenuti davanti alle Commissioni parlamentari.