L’Ocse vede il Pil dell’Italia a +4,1%, più dei Paesi dell'eurozona

Segnali positivi per l'economia italiana: secondo le stime diffuse dall'Ocse, il Pil dell'Italia dovrebbe attestarsi al +4,1% nel 2021, con una sottile limatura di 0.2 punti rispetto alle precedenti stime di dicembre, e al +4% nel 2022, in rialzo di 0,8 punti rispetto alle previsioni di dicembre. Una crescita superiore a quella dell'eurozona con stime rispettive del 3,9% nel 2021 e del 3,8% nel 2022. Segnali di speranza arrivano anche dall'Istat nella nota mensile sull'andamento dell'economia italiana relativa al mese di febbraio, “Il miglioramento della fiducia di imprese e famiglie e la ripresa del commercio internazionale potrebbero costituire dei fattori a sostegno di un'evoluzione positiva dell’attività economica nei prossimi mesi”. Positiva anche la produzione industriale. A gennaio l'indice destagionalizzato è aumentato dell'1% rispetto a dicembre, consolidando "la lieve crescita nel mese precedente". Nella media del trimestre novembre-gennaio si registra, invece, una flessione dell'1,7% rispetto ai tre mesi precedenti. Corretto per gli effetti di calendario, l'indice complessivo diminuisce rispetto a gennaio 2020 del 2,4% (i giorni lavorativi di calendario sono stati 19, contro 21 a gennaio 2020). Presentando l’Interim Economic Outlook a Parigi, la capoeconomista dell'Ocse, Laurence Boone, ha promosso il programma dell'Italia. “Il governo Draghi vuole concentrarsi sulla campagna di vaccinazione. Vogliono anche un piano di rilancio verde e digitale e intendono riformare il settore pubblico affinché sia più efficace. Credo che non si possa far meglio in materia di raccomandazioni. È ciò che diciamo all'Italia da anni”. 

L'Ocse ha rivisto fortemente al rialzo le previsioni di crescita globali (5,6% per il 2021 contro il 4,2% stimato a dicembre), scommettendo sul doppio effetto del mega-piano di rilancio Usa e della campagna di vaccinazioni. Le previsioni di crescita restano invece praticamente invariate per la zona euro. Boone non mette in discussione l'importanza del recovery fund messo in campo da Bruxelles ma ha posto l’accento sulle lentezze legate alle vaccinazioni. Diversi Paesi non torneranno ai livelli di crescita pre-pandemia prima di fine 2021-2022. Per la Francia, l'organizzazione internazionale con sede a Parigi, prevede un Pil al 5,9% nel 2021, praticamente invariato rispetto alle ultime previsioni, del 5,7% in Spagna e del 3% in Germania. Motore della crescita mondiale, la Cina dovrebbe registrare una crescita del 7,8% ma la ripresa più spettacolare è quella stimata per l'India. Dopo un tonfo del 7,4% nel 2020, il Pil dovrebbe schizzare quest'anno del 12,6%. Oltre ai rischi legati alla lentezza delle vaccinazioni permane anche la possibile emergenza di nuove varianti che resistono ai vaccini esistenti, avverte l'Ocse.

Bce rilancia il Qe pandemico: più acquisti in prossimi mesi

Nel suo ultimo incontro di politica monetaria il consiglio direttivo della Bce ha confermato i tassi ma soprattutto deciso di aumentare la velocità degli acquisti nel prossimo trimestre. Un ritmo che, spiega Francoforte, sarà “significativamente più elevato rispetto ai primi mesi di quest'anno”. Sulla velocità di crescita Francoforte non si sbottona. Di quanto saranno aumentati gli acquisti la presidente Christine Lagarde in conferenza stampa non ha dato una risposta precisa, ricordando che la forza del Pepp sta proprio nella sua flessibilità. “Gli acquisti degli asset decisi con il piano Pepp saranno incrementati nel trimestre senza avere come obiettivo una cifra precisa”, spiega la numero uno dell'Eurotower. La mossa di Francoforte viene subito apprezzata dai mercati. La spinta di Lagarde è volta a mantenere le condizioni di finanziamento accomodanti, in un contesto in cui l'inflazione a medio termine rimane comunque estremamente contenuta, nonostante i picchi delle ultime settimane dovute alle speranze sui vaccini.  La Bce interviene anche riguardo la recente scossa al rialzo dell'inflazione. Lagarde chiarisce: “è possibile che in quest'anno, soprattutto a fine 2021, l'inflazione raggiunga il 2%. Ma per alcuni fattori tecnici e temporanei”, ma “è importante vedere cosa succede dopo e cosa succede a medio termine, dove vediamo un'inflazione contenuta. E questo dipende dalla domanda, dalla debolezza dell'economia, dalla pressione salariale e dall'impatto dell'apprezzamento dell'euro”. Francoforte stima un livello per l'eurozona pari a +1,5% nel 2021, a +1,2% nel 2022 e a +1,4% nel 2023. 

L’Europarlamento dà l’ok definitivo al programma InvestEu: 400 mln in 7 anni

Via libera definitivo dal Parlamento europeo, riunito in sessione plenaria, a InvestEu, il nuovo programma che mobiliterà investimenti pubblici e privati e garantirà un accesso più agevole ai finanziamenti. L'accordo, come concordato in sede negoziale tra Consiglio e Europarlamento, è stato approvato con 496 voti favorevoli, 57 contrari e 144 astensioni. Con 26 miliardi di euro (a prezzi correnti) accantonati come garanzia nel bilancio Ue, InvestEU, ricorda una nota del Parlamento europeo, dovrebbe mobilitare 400 miliardi di euro da investire in tutta l'Unione nel periodo dal 2021 al 2027. Il nuovo programma fa parte del pacchetto di ripresa Next Generation Eu da 750 miliardi di euro e promuoverà investimenti strategici, sostenibili e innovativi oltre ad affrontare le difficoltà di liquidità del mercato, le situazioni di investimenti non ottimali e le carenze di investimenti in settori specifici. InvestEu sosterrà gli investimenti strategici nella fabbricazione di prodotti farmaceutici, dispositivi medici e forniture così come la produzione di tecnologie, di componenti e dispositivi dell'informazione e della comunicazione. Una volta che anche il Consiglio avrà approvato formalmente il regolamento, questo entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Positivo il commento della Commissione europea. Per Valdis Dombrovskis, vicepresidente esecutivo della Commissione, “il voto del Parlamento europeo su InvestEu è un importante passo avanti sulla strada della ripresa europea, sbloccando più investimenti e potenziale di innovazione, creando e mantenendo posti di lavoro. Sarà fondamentale per sostenere un'economia più resiliente e sostenibile e rendere i finanziamenti dell'Ue più facili da accedere e più efficaci in un momento in cui è più necessario”.

Per l’Ocse la disoccupazione dell’area a gennaio è stabile al 6,8%

La disoccupazione nell'Ocse è rimasta stabile al 6,8% a gennaio, restando di 1,6 punti percentuali al di sopra del febbraio dello scorso anno, prima che la pandemia di Covid-19 colpisse il mercato del lavoro. I disoccupati nell'area che riunisce i 37 Paesi industrializzati nel primo mese del 2021 erano 44,69 milioni, in calo dai 54,69 milioni del secondo trimestre 2020, ma ancora in forte aumento rispetto ai 35,9 milioni di fine 2019. Nel caso delle donne la disoccupazione a gennaio è stata in media del 7%, dal 7,1% di dicembre e per i giovani è diminuita al 14% dal 14,2%. Più nel dettaglio, a gennaio il tasso di disoccupazione medio complessivo nell'area euro è invariato all'8,1% per il terzo mese consecutivo ed è di 0,8 punti percentuali superiore a quello del febbraio 2020. Le flessioni mensili più ampie sono state registrate in Belgio (5,6% dal 5,8%), Olanda (3,6% dal 3,9%) e Spagna (16% dal 16,2%). In aumento per contro il tasso di senza lavoro in Lettonia (8,5% dall'8,2%), Lituania (9,6% dal 9,2%), Portogallo (7,2% dal 6,8%) e Repubblica Slovacca (7,2% dal 7%). Risultano ancora non disponibili i dati dell'Italia, che a dicembre aveva segnato una disoccupazione del 9%. La Germania è stabile al 4,6% e la Francia segna un aumento di 0,1 punti al 7,9%. Il tasso di disoccupazione è poi diminuito di 0,4 punti negli Stati Uniti al 6,3%, con un ulteriore calo di 0,1 punti a febbraio al 6,2%. Sono diminuite le persone senza lavoro a gennaio anche in Australia (6,4% dal 6,6%), Colombia (14,3% dal 14,6%), Israele (4,5% dal 4,7%) e Giappone (2,9% dal 3%). Disoccupazione in aumento, invece, in Messico (4,5% dal 4,3%), in Canada (9,4% dall'8,8%) e soprattutto in Corea del Sud (dal 4,5% al 5,4%, il tasso piu' elevato dall'ottobre 1999). 

Per l’Istat nel IV trimestre 2020 tutte le Regioni crescono, ma registrano -9,7% sull’anno

Nel quarto trimestre 2020, si stima una crescita congiunturale delle esportazioni per tutte le ripartizioni territoriali: più ampia per ilNord-ovest (+6,5%) e il Sud e Isole (+5,7 %), più contenuta per il Centro (+3,6%) e il Nord-est (+3,4 %). Lo dice l'Istat nella nota relativa all'export delle Regioni italiane. Secondo le rilevazioni dell'istituto, nel 2020, rispetto all'anno precedente, l'export registra una contrazione marcata (-9,7%) e diffusa a livello territoriale: rispetto alla media nazionale, è più ampia per le Isole (-30,4%) e, in misura minore, per il Nord-ovest (-10,8%), più contenuta per Centro (-8,5%), Nord-est (-8,2%) e Sud (-6,4%). Nel complesso del 2020, tutte le regioni, a eccezione del Molise (+26,0%), registrano riduzioni dell'export: le più ampie per Sardegna (-40,6%) e Sicilia (-24,2%), le più contenute per Liguria (-0,7%) e Basilicata (-4,4%). Le performance negative di quattro regioni, Piemonte (-12,7%), Lombardia (-10,6%), Emilia-Romagna e Veneto (-8,2% per entrambe), spiegano circa i due terzi del calo dell'export nazionale. Nell'insieme dell'anno rileva l'Istat, i contributi maggiori alla contrazione dell'export nazionale derivano dal calo delle vendite della Lombardia verso la Germania (-10,9%) e la Francia (-12,8%) e del Lazio verso gli Stati Uniti (-36,0%). Per contro, apporti positivi provengono dall'aumento delle vendite della Liguria verso gli Stati Uniti (+95,2%), del Lazio verso Belgio (+18,5%), Germania (+7,9%) e Polonia (+46,5%) e della Toscana verso Cina (+20,9%) e Francia (+3,7%). 



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