Quella che si è conclusa è stata una settimana molto importante per i conti pubblici italiani. Venerdì scorso la Commissione Europea ha dato un primo giudizio, non propriamente positivo, sulla nota di aggiornamento al Def. Nei giorni a seguire lo spread ha superato quota 300 e la borsa è stata quasi sempre in perdita. Lunedì il Fondo Monetario Internazionale ha tagliato le stime del Pil ed espresso forti timori per la tenuta dei conti pubblici. Nei giorni a seguire sono arrivati i giudizi negativi dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB), della Banca d’Italia, della Corte dei conti e dell’Istat. Anche l'agenzia di rating Fitch ha bocciato il Def del Governo gialloverde. La risposta dell’Esecutivo è stata quella di confermare i contenuti del documento. Il Ministro dell’Economia Giovanni Tria è intervenuto due volte davanti alle Commissioni Bilancio di Camera a e Senato per ribadire le intenzioni del Governo e per rassicurare il Parlamento sugli effetti di una manovra economica orienta alla crescita. Giovedì, infine, le aule di palazzo Montecitorio e Palazzo Madama hanno approvato le risoluzioni sulla NaDef. Un passaggio necessario per l’approvazione definitiva della prossima legge di Bilancio prevista per il 15 ottobre.

Fmi taglia le stime del Pil italiano

“È imperativo per l'Italia che le politiche fiscali preservino la fiducia del mercati”. Questo è il monito del capo economista del Fondo monetario internazionale Maurice Obstfeld, incalzato durante la presentazione del World Economic Outlook (Weo). “Abbiamo visto lo spread aumentare e questo ha contribuito al downgrade”, ha spiegato Obstfeld riferendosi al taglio delle stime di crescita rispetto ad aprile. Secondo gli economisti di Washington, il Pil italiano salirà dell'1,2% nel 2018 e dell'1,0% nel 2019. Le previsioni risultano invariate rispetto all'aggiornamento di luglio ma se confrontate con il rapporto di aprile emerge una sforbiciata dello 0,3% per quest'anno e di 0,1 punti per il prossimo. La revisione al ribasso rispetto ad aprile è legata al “deterioramento della domanda esterna e interna e all'incertezza sull'agenda del nuovo Governo”. L'Italia “è più a rischio rispetto a potenziali shock ed è importante che il Governo operi nel quadro delle regole europee”, ha rimarcato Obstfeld. Sulle pensioni e il lavoro, l'appello è a preservare la riforma Fornero e il Jobs Act. L'Fmi ha rivisto al ribasso anche le stime di crescita di Eurozona e degli Stati Uniti: preoccupano l'alto livello dei debiti pubblici e i dazi commerciali. Per la zona euro il Fondo prevede per quest'anno un Pil in aumento del 2,0%, ovvero 0,2 punti percentuali in meno rispetto alle stime di luglio (-0,4 punti su aprile); nel 2019 il Pil dell'Eurozona è stimato a +1,9%, invariato su luglio ma in calo dello 0,1% rispetto ad aprile.

Per l’Upb le previsioni di crescita sono troppo ottimistiche

Nell’audizione di martedì pomeriggio davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato sulla NaDef, l'Ufficio parlamentare di Bilancio ha dichiarato “che non sia possibile validare le previsioni macroeconomiche relative al 2019” contenute nella nota di aggiornamento al Def. Secondo l'Upb le previsioni di crescita del Pil reale (1,5 per cento) e nominale (3,1 per cento) sarebbero troppo ottimistiche, come lo sarebbero anche quelle del biennio successivo. Inoltre, l’Upb ha espresso particolare preoccupazione per il mancato rispetto delle regole europee, e in particolare del Patto di stabilità e crescita, un fatto che potrebbe essere considerato “particolarmente grave” dalla Commissione Europea.

Critica anche Bankitalia sulla nota di aggiornamento al Def

Martedì è arrivato anche il giudizio negativo della Banca d'Italia, che ha ipotizzato un forte allungamento dei tempi di abbattimento del debito. Secondo il vicedirettore Federico Signorini, “sarebbe stato possibile ricondurre il peso del debito al di sotto del 100 per cento in circa dieci anni, purché si avviasse subito una convergenza dell'avanzo primario verso il 4 per cento del PIL, in assenza di shock di mercato”. Considerando i “tassi di oggi e ipotizzando una ripresa del consolidamento posticipata al 2022, come annunciato nella Nota, si vedrebbe che il tempo necessario per raggiungere lo stesso livello si allungherebbe, teoricamente, di altri sette od otto anni”. Anche Bankitalia ha giudicato le previsioni di crescita del Nadef eccessivamente ottimistiche: “L'aumento dei trasferimenti correnti, quali quelli connessi con la spesa sociale, così come gli sgravi fiscali, tendono ad avere effetti congiunturali modesti e graduali nel tempo; stimiamo che il moltiplicatore del reddito associato a questi interventi sia contenuto”. Ciò significa che la crescita del Pil nel 2019 si manterrà persino sotto l'1%.

La NaDef non convince nemmeno la Corte dei conti

Critica anche la Corte dei conti, che ha avvertito: “Gli interventi a favore dei trattamenti previdenziali e delle politiche di assistenza che puntino al contrasto della povertà devono essere adottati senza mettere a rischio la sostenibilità finanziaria del sistema”, ha detto il presidente Angelo Buscema. Proprio in considerazione del debito pubblico così elevato, Buscema ha ricordato che “un indebolimento delle riforme che hanno contribuito ad una maggiore sostenibilità del nostro sistema non può non destare preoccupazione”. Nel complesso, la Corte dei conti ha fatto presente che “il quadro macroeconomico programmatico appare ottimistico”, mentre sono contenuti i margini di sicurezza "rispetto a una risalita del debito/Pil”: in definitiva, “la traiettoria disegnata nel quadro programmatico della Nota non appare rassicurante”.

Anche Fitch boccia la Nota di aggiornamento al Def

Dopo l'Ufficio parlamentare di bilancio, Bankitalia, Corte dei conti e Istat, nel giro di poche ore anche l'agenzia di rating Fitch ha bocciato il Def del Governo gialloverde. Ma alle critiche, l’Esecutivo ha risposto facendo muro: “Tutti quelli che hanno promosso i Governi precedenti, è buona cosa che boccino quelli attuali”, ha ribadito il vicepremier Luigi Di Maio, uscendo da palazzo Chigi al termine della prima riunione della cabina di regia sugli investimenti. All'Esecutivo è appena stato notificato il giudizio di Fitch, che vede “notevoli rischi per gli obiettivi” della manovra, in particolare oltre il 2019. Per il 2020 si attende un deficit “più vicino al 2,6%" già previsto in agosto rispetto al 2,1% del Pil indicato dall'Esecutivo, a fronte anche di previsioni di crescita inferiori rispetto a quelle del Governo. Il Pil italiano, secondo l'agenzia, dovrebbe crescere infatti dell'1,2% nel 2019 e dello 0,9% nel 2020, mentre la nota di aggiornamento al Def parla rispettivamente dell'1,5% e dell'1,6%. Per la valutazione, saranno elementi chiave “il dettaglio e l'attuazione delle politiche fiscali”. Insomma, il declassamento a junk, spazzatura, non è un rischio scongiurato, anzi: la prossima revisione è prevista nel primo trimestre 2019, quando la manovra sarà ormai definita e inizierà a dispiegare i primi effetti. È un rischio altissimo per il governo M5S-Lega, che attende ancora i giudizi di Moody's e S&P, che arriveranno entro fine mese.

Camera e Senato danno il via libera alla Nota di aggiornamento al Def

La nota di aggiornamento del Def è passata alla Camera e al Senato. Deluse le opposizioni, che avevano affidato ai loro pesi massimi dell'economia critiche senza appello: Renato Brunetta per FI e Pier Carlo Padoan per il Pd hanno prospettato rischi gravissimi che potrebbero arrivare dal maggior deficit e dalla costante tensione dei mercati. Nonostante le fortissime tensioni politiche e le dure critiche rivolte da UE, Upb, Bankitalia, Corte dei conti, Istat e Fmi il Governo ha non ha ceduto e ha confermato, senza nessun ripensamento, l’inserimento nella prossima legge di bilancio del reddito di cittadinanza e di Quota 100 per le pensioni. Per quanto riguarda le altre norme da varare, la risoluzione di maggioranza approvata al Senato, simile a quella della Camera, elenca una serie d’impegni al Governo del cambiamento: potenziare gli investimenti sull'intelligenza artificiale, diminuire i fondi pubblici per l'editoria, rivedere e ridurre le spese militari e istituire una cabina di regia al Mef per la spending review. Nelle risoluzioni hanno trovano posto anche il percorso per una maggiore autonomia dopo il referendum di Lombardia e Veneto; c’è l’impegno per un taglio dell’Ires ancora più consistente, dal 24 al 15%, sugli utili di quelle imprese che li reinvestono in acquisto di macchinari e attrezzature innovative e nuove assunzioni. Le risoluzioni approvate sono l’ultimo passo prima del varo della legge di bilancio. La volontà del Governo guidato da Giuseppe Conte è stata quella di non correggere i saldi nonostante gli avvertimenti. “Indietro non si torna, semmai acceleriamo”, ha dichiarato Matteo Salvini. “Siamo sereni e determinati”, ha ribadito il premier Conte. Ma il possibile declassamento delle agenzie di rating, per i suoi contraccolpi, crea forti timori nel Governo, tanto che è spuntata l'ipotesi di ampliare il fondo centrale di garanzia a tutela delle banche.

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Settimana economica 6 - 12 ottobre 2018

 

 



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