Recovery Fund, è fumata bianca in Ue sul pacchetto da 1.800 mld

Prima fumata bianca dell'Europa sul Recovery Fund: il Consiglio europeo e il Parlamento hanno trovato un accordo politico, non solo sulle risorse dello strumento comunitario per la ripresa, ma anche sul budget pluriennale 2021-2027. Gli elementi principali dell'intesa riguardano il rinforzo mirato dei programmi decisi dall'Unione europea, un pacchetto da oltre 1.800 miliardi, che combina il prossimo quadro finanziario pluriennale (1.074,3 miliardi di euro) e lo strumento da 750 miliardi di euro Next Generation Eu, il programma che include il Recovery Fund. La concordia politica aumenta le probabilità che i fondi destinati alla ripresa siano erogati rapidamente, il 10% già nella primavera del 2021, ma resta l'incognita del voto dei singoli Stati membri, con Paesi come Ungheria e Polonia che potrebbero alzare un nuovo muro. L'accordo è stato raggiunto a seguito di “intense consultazioni” tra Parlamento e la Commissione in corso dalla fine di agosto, ricorda Bruxelles in una nota. Il pacchetto concordato tra Parlamento e Consiglio Ue comprende un rafforzamento mirato dei programmi dell'Ue, tra cui Orizzonte Europa, EU4Health ed Erasmus+, di 15 miliardi di euro attraverso mezzi aggiuntivi (12,5 miliardi di euro) e riallocazioni (2,5 miliardi di euro) nel corso del prossimo periodo finanziario, nel rispetto dei massimali di spesa stabiliti nelle conclusioni del Consiglio europeo del 17-21 luglio, maggiore flessibilità per consentire all'Ue di rispondere a esigenze impreviste e maggiore coinvolgimento dell'autorità di bilancio nel controllo delle entrate nell'ambito di Next Generation Eu.

Festeggiano i protagonisti delle istituzioni europee: “Ottimo lavoro del Parlamento europeo e del team di negoziati”, scrive su Twitter il presidente del Parlamento europeo David Sassoli, aggiungendo che “l'Europa può cominciare a ricostruire da questa crisi”; “Fumata bianca per Recovery e Bilancio”, esulta il Commissario europeo Paolo Gentiloni; “I negoziati con il Parlamento hanno richiesto tempo, ma alla fine ci siamo riusciti: abbiamo raggiunto un accordo politico sugli ultimi dettagli del prossimo bilancio a lungo termine dell'Ue”, commenta Michael Clauss, rappresentante permanente della Germania presso l'Ue parlando di “un accordo ben equilibrato” che permette di “compiere i prossimi passi cruciali del processo: presentare le diverse parti del pacchetto agli Stati membri e al Parlamento per l'approvazione”. Proprio su questo ultimo punto potrebbe incepparsi il meccanismo europeo dello sblocco dei fondi per la ripresa, l'accordo deve infatti passare al vaglio dei singoli Stati membri, ma alcuni hanno già fatto presagire il loro veto, come l'Ungheria: il primo ministro ungherese Viktor Orbán ha scritto una lettera al presidente del Consiglio europeo Charles Michel sostenendo che l'accordo sui fondi europei non soddisfa i requisiti espressi più volte dall'Ungheria in particolare sul compromesso trovato per quanto riguarda il legame tra il versamento dei finanziamenti e il rispetto dello stato di diritto. Sulla stessa linea la Polonia. La partita resta dunque aperta.

La Bce vede nero su Pil, promette più aiuti più a lungo

La luce che dà speranza, di fronte all'impatto senza precedenti dello shock pandemico, è il vaccino che “toglie incertezza” sia per Christine Lagarde, presidente della Bce, sia per Jay Powell. Ma le prospettive immediate restano fosche: se la ripresa negli Usa “procede solida” è comunque incompleta, mal distribuita e con rischi dai contagi record, spiega il presidente della Fed. E in Europa la Bce vede un'economia che “perde slancio più del previsto”, con una crescita che nel quarto trimestre vedrà un “forte ridimensionamento”. I presidenti delle due banche centrali più potenti del mondo ostentano prudenza di fronte alla buona notizia del vaccino. Lagarde azzarda anche un commento sulle elezioni Usa, anch'esse un fattore d'incertezza in meno nonostante gli strascichi legali. Ma se la buona notizia arrivata dalla collaborazione fra Pfizer e BioNTech delinea un orizzonte meno preoccupante, è l'immediato a dare pensieri. Il presidente della Fed non vede piena ripresa finché, nella psicologia collettiva, non sarà sicuro tornare alla piena attività economica. Visto il ritmo dei contagi, potrebbero volerci mesi e la strada davanti “presenta delle sfide”. Lagarde, per una volta alle prese con un contesto istituzionale europeo più chiaro di quello statunitense, è decisamente più netta. Nel bollettino economico la Bce conferma che è pronta a rimettere mano alle sue munizioni. La presidente insiste su un punto: “Il livello delle misure di politica monetaria è importante, ma la durata di queste misure sarà un fattore altrettanto critico”. Parole che preannunciano un rafforzamento degli aiuti all'economia: alle banche, attraverso maxi-prestiti Tltro che probabilmente avverranno a condizioni ancora più vantaggiose; ai governi chiamati a stimolare l'economia col bilancio, cui la Bce offrirà un rilancio del programma pandemico Pepp la cui scadenza, ad oggi fissata a giugno 2021 e “comunque per tutto il tempo necessario”, potrebbe slittare al 2022.  

Allarme Bce, un occupato su 10 a rischio fallimento

La ripresa estiva si scioglie di fronte al boom dei contagi in Europa. E man mano che arrivano i dati, emerge che già alla fine dell'estate l'industria aveva messo la marcia indietro, tornando in rosso. Che gli investimenti restano al palo, come segnala il boom dei depositi bancari. Con il rischio di un effetto valanga, in grado di distruggere una parte rilevante di tessuto produttivo, visto che le imprese sull'orlo del default in Italia danno lavoro a un occupato su dieci: peggio solo la Spagna. Mentre i mercati guardano al vaccino, il Covid continua a fare danni economici che rischiano di andare ben al di là di una semplice, sia pur prolungata, recessione. Lo stop a molte attività economiche innescato dai contagi e dai lockdown rischia di avverare lo scenario che era stato prefigurato da Mario Draghi nel noto editoriale sul Financial Times dello scorso marzo. La distruzione di base produttiva. In grado di abbassare il potenziale produttivo, mettendo l'economia, una volta che il ciclo economico inverte segno e torna espansivo, di non essere comunque più in grado di recuperare i livelli pre-crisi. Quanto un simile scenario sia realistico lo mette nero su bianco un paper di quattro economisti nel Bollettino economico della Bce: non riflette la posizione ufficiale, ma trova spazio nella pubblicazione di ricerca forse più importante di Francoforte. 

Per l’Istat a settembre la produzione industriale torna a scendere

Dietro front per la produzione industriale. Dopo quattro mesi di crescita il trend a settembre conosce una brusca inversione di marcia con un calo rispetto al mese precedente pari al 5,6% mentre su base annua la retromarcia è pari al 5,1%. Malgrado ciò il terzo trimestre continua a risultare positivo con una crescita del 28,6% rispetto a quello precedente, quando l'emergenza sanitaria ha conosciuto il suo picco. A rilevarlo è l'Istat che osserva come l'indice destagionalizzato mostra diminuzioni congiunturali in tutti i comparti: variazioni negative caratterizzano, infatti, i beni di consumo (-4,8%), i beni strumentali (-3,9%), i beni intermedi (-1,6%) e, in misura meno rilevante, l'energia (-0,3%). Corretto per gli effetti di calendario, a settembre 2020 l'indice complessivo diminuisce in termini tendenziali del 5,1% (i giorni lavorativi di calendario sono stati 22 contro i 21 di settembre 2019). L'Istat sottolinea che, dopo quattro mesi di crescita e il forte aumento registrato ad agosto, a settembre la produzione industriale diminuisce in termini congiunturali, registrando comunque un livello superiore dell'1,3% rispetto a luglio. Rispetto a febbraio 2020, mese immediatamente precedente l'esplosione della crisi, il livello è inferiore di circa il 4% mentre, in termini tendenziali, l'indice corretto per gli effetti di calendario è più basso del 5,1%". Un andamento che preoccupa consumatori e categorie produttive. 



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