La Bce lancia un nuovo Qe da 20 miliardi al mese

La Bce riapre i rubinetti per sostenere la ripresa dell'eurozona. Il consiglio direttivo della Banca Centrale Europea ha deciso di tornare ad acquistare titoli di Stato dell'area dell'euro al ritmo di 20 miliardi di euro al mese da novembre e tagliato il tasso sui depositi a -0,50% da -0,40% per permettere un ulteriore stimolo. Inoltre, la Bce fornirà maxi-prestiti a basso costo alle banche dell'eurozona (Tltro3) per facilitare il credito all'economia reale, con le scadenze prolungate da due a tre anni. Il presidente uscente della Bce, Mario Draghi, ha spiegato che le misure si sono rese necessarie perché “la debolezza dell'economia europea si sta protraendo più a lungo del previsto" per i rischi geopolitici, in particolare per lo scontro sui dazi tra Usa e Cina che sta colpendo anche l'industria europea. La Bce abbassa, rispetto allo scorso giugno, anche le stime sul Pil dell'eurozona all'1,1% nel 2019 e all'1,2% nel 2020, lasciando invariate le previsioni per il 2021, all'1,4%. Tagliata anche l'inflazione, per tutto il triennio. Secondo Draghi i Paesi che hanno spazio per agire con la politica fiscale “dovrebbero usarlo in maniera efficace e tempestiva” per spingere la crescita, mentre i Paesi che hanno un “debito elevato”, come l'Italia, si dovrebbero portare avanti “politiche prudenti”. A chi chiede al banchiere centrale se si siano discussi nella riunione gli effetti benefici del quantitative easing sui conti pubblici italiani, Draghi taglia corto: “Non abbiamo discusso questo aspetto dell'utilità” del quantitative easing per i singoli Stati, perché il pacchetto “non permette ai Paesi di fare più deficit ed è nel pieno rispetto del mandato”.

Nasce l'Europa di von der Leyen, Gentiloni all'Economia

Sarà “una Commissione che farà quello che dice. Guidata con determinazione, concentrata su questioni chiave e capace di dare risposte”. È la promessa di Ursula von der Leyen all'Europa, la più rosa della storia comunitaria, attenta a equilibri geografici e politici, e con Paolo Gentiloni Commissario all'Economia. La presidente tedesca ha parlato di un'Unione delle opportunità, dimostrandosi pronta a lavorare alla ricucitura di quelle lacerazioni geografiche e diseguaglianze sociali che rischiano di far naufragare il progetto comunitario sotto l'onda lunga dei sovranismi. La von der Leyen si è detta disponibile a un nuovo rinvio sulla Brexit e ha spostato in alto l'ambizione della lotta ai cambiamenti climatici, in un Green deal proiettato verso l'obiettivo di emissioni zero entro il 2050. Ma ha puntato anche a portare il vecchio continente all'altezza delle sfide dell'era digitale, a disegnare la partnership con gli Usa e a definire con maggior nettezza i rapporti con una Cina, cercando di mettere l'Unione il più possibile al riparo dalle tensioni commerciali. La squadra della von der Leyen sarà composta da 26 Commissari che avranno il compito di dare sostanza e concretezza alle linee guida del programma per i prossimi cinque anni. Paolo Gentiloni, che occupa la casella dell'Economia, promette: “M’impegnerò per contribuire al rilancio della crescita e alla sua sostenibilità sociale e ambientale”. A tenere salde le redini della nuova Commissione, che si insedierà il primo novembre, saranno i tre vicepresidenti esecutivi: il lettone rigorista Valdis Dombrovskis coordinerà i temi economici oltre ad essere il Commissario ai servizi finanziari. l'olandese Frans Timmermans sovraintenderà i temi ambientali e le azioni per il clima, la danese Margrethe Vestager sarà alla guida delle politiche digitali e responsabile della Concorrenza. In ordine gerarchico i tre saranno al vertice di una piramide, che include altri cinque vice: tra questi, il nuovo Alto rappresentante, lo spagnolo Josep Borrell. Il greco Margaritis Schinas si occuperà di sicurezza, con la responsabilità sulla migrazione, mentre la ceca Vera Jurova sarà a guardia dello Stato di diritto. Tra i Commissari uno dei portafogli più consistenti va alla francese Sylvie Goulard che guiderà la politica industriale.

Gualtieri debutta all’Eurogruppo, parte iter della manovra 2020

L'anno scorso fu Giovanni Tria, quest'anno tocca a Roberto Gualtieri. L'Ecofin informale di settembre, che ogni anno riapre le attività dei Ministri economici europei dopo la pausa estiva, avrà un nuovo protagonista: il neo Ministro italiano, che nuovo di Ecofin non è avendo già partecipato a tutte le riunioni degli ultimi cinque anni in qualità di presidente della Commissione Econ del Parlamento Ue. Ma nella sua nuova veste cambieranno sia il suo approccio che quello dei colleghi europei: stavolta dovrà illustrare all'Eurogruppo il programma del nuovo Governo, raccogliendo le prime reazioni. Le premesse sono buone, di certo migliori rispetto allo scorso anno quando Tria mise in allarme i colleghi preannunciando una manovra che avrebbe poi sforato i vincoli. Stavolta Gualtieri arriva a Helsinki dopo un colloquio con il presidente del Consiglio a margine del Cdm e preceduto dalle parole già rassicuranti del premier Giuseppe Conte: l'Italia vuole far calare il debito, e attuare il suo programma di Governo restando nei parametri Ue. Vuole aumentare gli investimenti, per rilanciare l'economia e modernizzare il Paese, e su questo chiede la comprensione e l'aiuto dell'Europa, un terreno sul quale la nuova Commissione non può tirarsi indietro, visto che Ursula von der Leyen ha sposato gli stessi obiettivi, tanto che la Presidente ha già affidato al nuovo Commissario agli affari economici Paolo Gentiloni il dossier dello schema di assicurazione contro la disoccupazione. A margine delle riunioni di Helsinki, Gualtieri incontrerà il vicepresidente Valdis Dombrovskis, che nella nuova Commissione continuerà a supervisionare i conti pubblici. Con l'ex premier lettone dovrà cominciare a discutere della manovra 2020, quantomeno delle intenzioni sul deficit. La Ue aspetta entro il 15 ottobre la bozza, a cui dovrà dare il via libera entro un mese; l'anno scorso fu rigettata perché sforava vincoli e impegni, ma quest'anno nessuno si aspetta uno scenario simile.

La disoccupazione scende al 9,9%, ma calano le ore lavorate

Secondo i dati dell’Istat sul mercato del lavoro, nel secondo trimestre 2019 il tasso di disoccupazione è sceso al 9,9%, risultando in diminuzione sia rispetto al trimestre precedente sia in confronto a un anno fa. Aumenta quindi l'occupazione dello 0,6% (+130mila posti di lavoro) rispetto al trimestre precedente. È il dato più basso dopo il quarto trimestre del 2011 (9,2%). L'andamento rilevato dall'Istituto di statistica italiano si associa alla stabilità congiunturale e alla crescita tendenziale del tasso di inattività, coloro che non lavorano e non sono in cerca di occupazione, delle persone tra i 15 e i 64 anni.  L'aumento è frutto, in particolare, dell'aumento dei dipendenti permanenti (+97mila, +0,7%) e quello meno intenso dei dipendenti a termine (+16mila, +0,5%) e degli indipendenti (+17mila, +0,3%). Alla crescita dell'occupazione soprattutto nel Nord e più lievemente nel Centro (+0,7% e +0,1%, rispettivamente) si contrappone, per il terzo trimestre consecutivo, il calo nel Mezzogiorno (-0,3%). Nel confronto tendenziale, per il nono trimestre consecutivo si riduce il numero di disoccupati (-260 mila in un anno, -9,3%), coinvolgendo entrambi i generi, le diverse aree territoriali e tutte le classi di età. Ma l'aumento dell’occupazione non deve lasciare andare a facili entusiasmi: siamo di fronte a un quadro fragile. Le ore lavorate sono infatti scese leggermente su base congiunturale (-0,1% sul trimestre precedente) e hanno rallentato la loro crescita in termini tendenziali (+0,4%), cioè rispetto all'anno prima. Tra gli aspetti indagati dall'Istat c'è anche quello della ricerca di lavoro: seppure in lieve diminuzione, continua a prevalere l'uso del canale informale. Rivolgersi a parenti, amici e conoscenti rimane la pratica più diffusa (82,7%, -0,7 punti); seguono l'invio di curriculum (65,4%, -0,5 punti) e la ricerca tramite internet (55,6%, -2,0 punti). Aumenta tuttavia sia la quota di disoccupati che ha contattato il Centro pubblico per l'impiego (22,3%, +1,1 punti) sia quella di quanti si sono rivolti alle agenzie di somministrazione (12,2%, 1,6 punti).

Produzione industriale, nuovo calo a luglio: -0,7%

Per il secondo mese consecutivo a luglio si registra una flessione congiunturale della produzione industriale in Italia. L'indice destagionalizzato della produzione industriale è calato dello 0,7% rispetto a giugno. A giugno la produzione aveva registrato una flessione dello 0,3% su mese (dato rivisto da -0,2%) e dell'1,2% a perimetro annuo. Le attese erano per un calo dello 0,2% su mese e un rialzo dello 0,3% su anno. Corretto per gli effetti di calendario, ha precisato l'Istat, a luglio l'indice complessivo è diminuito in termini tendenziali sempre dello 0,7%. In termini tendenziali, nel mese di luglio, l'indice corretto per gli effetti di calendario è risultato in flessione per il quinto mese consecutivo, ha aggiunto l'Istituto di statistica. Mentre nella media del trimestre maggio-luglio il livello destagionalizzato della produzione ha registrato una flessione dello 0,3% rispetto ai tre mesi precedenti. Quanto all'indice destagionalizzato mensile ha mostrato un aumento congiunturale solo per l'energia (+1,3%); diminuzioni si sono viste, invece, per i beni strumentali (-1,6%) e, in misura più lieve, per i beni di consumo (-0,3%) e per i beni intermedi (-0,2%). Invece gli indici corretti per gli effetti di calendario hanno mostrato due mesi fa un aumento tendenziale accentuato per l'energia (+5,8%) e più contenuto per i beni di consumo (+0,9%); sono diminuiti in modo marcato i beni strumentali (-3%) mentre è stata più moderata la diminuzione dei beni intermedi (-2%).

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Settimana Economica 7-13 settembre 2019



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