C’è ottimismo in Europa sulla ripresa. Il Pil italiano stimato al +4,4% nel 2022
L'ombra della pandemia aleggia ancora sull'economia dell’Europa, ma per la prima volta da un anno a questa parte l'ottimismo prevale sull'incertezza. Le previsioni economiche di primavera della Commissione europea consegnano un quadro migliore delle attese. L'accelerazione della campagna vaccinale, unita ai fondi in arrivo tramite il Recovery Fund, spingono l'ottimismo dell'esecutivo di Bruxelles. Le previsioni economiche di primavera 2021 stimano infatti che l'economia europea si espanderà del 4,2% nel 2021 e del 4,4% nel 2022. L'economia dell'area dell'euro dovrebbe crescere a un ritmo simile, in particolare del 4,3% quest'anno e del 4,4% l'anno prossimo. Si tratta di un significativo rialzo delle prospettive rispetto alle stime delle previsioni economiche d'inverno presentate dalla Commissione a febbraio. I tassi di crescita continueranno a variare tra i diversi Stati membri, ma tutti dovrebbero vedere le proprie economie tornare ai livelli pre-crisi entro la fine del 2022. La spinta viene soprattutto dai fondi comunitari. “Nel complesso si prevede che il Recovery Fund spinga al rialzo il Pil dell'Ue di circa l'1,2% rispetto al Pil dell'Ue nel 2019” commenta il commissario europeo Paolo Gentiloni che aggiunge: “L'economia Ue è destinata a crescere vigorosamente quest'anno e il prossimo”. Una prospettiva che Gentiloni riassume spiegando: “Da un anno presentiamo previsioni molto negative. Oggi, per la prima volta dalla pandemia, vediamo prevalere l'ottimismo sull'incertezza”.
E sull'arrivo dei fondi europei Gentiloni spiega che “l'impatto di Next Generation EU inizierà a farsi sentire quest'anno e il prossimo, ma abbiamo molto duro lavoro da fare, a Bruxelles e nelle capitali europee, per sfruttare al meglio questa storica opportunità”. Di opportunità per quanto riguarda il Recovery Fund si parla soprattutto per l'Italia. Anche per noi le stime di Bruxelles sono decisamente positive. Secondo i calcoli dell'Ue il Pil dovrebbe aumentare del 4,2% quest'anno e del 4,4% nel 2022. Quanto al rapporto tra debito e Pil, l'Ue spiega che dopo essere passato dal 134,6% nel 2019 al 155,8% nel 2020 dovrebbe aumentare ulteriormente fino a circa il 159,8% nel 2021, a causa dell'elevato disavanzo primario. Nel 2022 dovrebbe scendere a circa il 156,6%. Sempre a proposito dell’Italia il commissario Gentiloni rilancia: “È arrivata una dose di ottimismo, è il momento di rimboccarsi le maniche collegando l'impegno per la vaccinazione al rilancio della economia. Bisogna evitare di ritirare troppo presto le misure di sostegno e cogliere la sfida del piano di ripresa coi fondi europei. La sfida principale dovrà mettere in attuazione questi programmi e questi investimenti, se ci riusciamo credo che abbiamo un’occasione irripetibile per uscire da una lunga bassa crescita”. Per Gentiloni “non basta tornare ai livelli del 2019, bisognerà che il 4-4,5% che prevediamo per il 2021-22 lasci un seguito di una crescita più alta dal 2023 in poi e che questo seguito sia il seguito di una crescita di qualità. È possibile. Le risorse ci sono. L'impegno della intera classe dirigente del paese è fondamentale”.
L’Istat vede timidi segnali di ripresa, ma l’industria rallenta a marzo
L’Istat vede dei timidi segnali di ripresa per l'economia italiana con prospettive favorevoli per il Pil e un rafforzamento del mercato del lavoro. Il barometro Istat segna un parziale rasserenamento delle condizioni economiche italiane nei prossimi mesi, anche se a marzo la produzione industriale segna il passo. “La stabilizzazione delle vendite al dettaglio, il miglioramento delle attese della domanda di lavoro da parte delle imprese e della fiducia di famiglie e imprese concorrono a determinare prospettive favorevoli per i prossimi mesi”, rileva l'Istat nella nota mensile di aprile sull'andamento dell'economia italiana mentre per quanto riguarda il mercato del lavoro l'Istituto di statistica osserva “contenuti segnali di miglioramento, in un contesto caratterizzato da elevati livelli di incertezza soprattutto sulle tempistiche di modifica delle misure relative al mantenimento dei contratti di lavoro”.
Per quanto riguarda invece l'industria, a marzo l'Istat segnala la produzione industriale in calo dello 0,1% rispetto a febbraio anche se nella media del primo trimestre il livello della produzione cresce dello 0,9% rispetto ai tre mesi precedenti. Boom invece se si fa il raffronto sull' anno con una crescita del 37% su marzo 2020. Dato peraltro poco significativo in considerazione del lockdown che ha caratterizzato la primavera 2020. Resta il fatto che a marzo il livello dell'indice resta inferiore dell'1,2% rispetto al valore registrato a febbraio 2020, mese precedente l'inizio della pandemia. Più in generale scrive l'Istat “nella media del primo trimestre di quest'anno si osserva un moderato recupero della produzione industriale: alla crescita consistente osservata a gennaio è seguita, nei due mesi successivi, una sostanziale stazionarietà”.
Eurispes: in Italia con Covid persi 444mila posti di lavoro, 312mila sono donne
Le più penalizzate in Italia dall'impatto dell'emergenza sanitaria da Covid-19 sono le donne. Lo afferma il Rapporto Italia dell'Eurispes, secondo cui l'Istat certifica che dopo i primi dieci mesi di pandemia si sono persi 444mila posti di lavoro, 312mila dei quali sono donne, 132mila uomini. Secondo Eurispes, il divario tra tasso di occupazione femminile e maschile continua ad essere tra i più alti in Europa e il Global Gender Gap Report 2020 riporta che l'Italia è solo 76esima nella classifica mondiale sulla parità salariale (ha perso 6 posizioni rispetto al 2019). Il reddito mensile medio delle donne in Italia è inferiore del 18% rispetto a quello maschile; il divario sale al 30% nelle coppie con figli (Eige, European Institute for gender Equality).
Questa disparità è tanto più assurda se si considera che le donne hanno un livello medio di istruzione più alto e migliori risultati scolastici. I motivi sono da rintracciare soprattutto nel fatto che le lavoratrici si trovano più spesso in una posizione debole, con contratti meno stabili, part-time, in settori che non consentono il lavoro a distanza. Se molto si scrive e si parla del genere dei sostantivi decisamente meno si fa per rimediare a disparità come quella ben illustrata dai numeri relativi al mercato del lavoro nazionale ed alla mancanza di adeguati ed efficaci strumenti per la conciliazione tra impegni domestici ed extradomestici. Dover conciliare lavoro e famiglia penalizza le donne anche se più istruite. Carenze che troppo spesso si traducono nella rinuncia o nell'estromissione forzata delle donne italiane dal mondo lavorativo.
Bankitalia è netta: a marzo il debito sale a 2.650,9 miliardi
Nel mese di marzo il debito delle Amministrazioni pubbliche è aumentato di 6,9 miliardi rispetto al mese precedente, risultando pari a 2.650,9 miliardi. Lo ha reso noto la Banca d'Italia che ha diffuso la pubblicazione statistica “Finanza pubblica: fabbisogno e debito”. L'aumento è dovuto al fabbisogno (25,3 miliardi), che ha più che compensato la riduzione delle disponibilità liquide del Tesoro (18,3 miliardi, a 84,6); l'effetto complessivo di scarti e premi all'emissione e al rimborso, della rivalutazione dei titoli indicizzati all'inflazione e della variazione dei tassi di cambio ha ridotto il debito per 0,1 miliardi.
Con riferimento alla ripartizione per sottosettori, il debito delle Amministrazioni centrali è aumentato di 7,7 miliardi mentre quello delle Amministrazioni locali è diminuito di 0,8 miliardi; il debito degli Enti di previdenza è rimasto invariato. Alla fine di marzo la quota del debito detenuta dalla Banca d'Italia era pari al 22,2 % (0,4 punti percentuali in più rispetto al mese precedente); la vita media residua del debito è lievemente aumentata a 7,4 anni. A marzo sono state erogate due ulteriori tranche (per un totale di 5,7 miliardi) dei prestiti previsti nell'ambito dello strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in un'emergenza (Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency, Sure); alla fine del mese i prestiti erogati dalle istituzioni europee al nostro Paese ammontavano nel complesso a 26,7 miliardi.