La BCE conferma lo stop al Quantitative Easing
Come previsto, da Francoforte non è arrivata nessuna sorpresa. La Banca Centrale Europea ha confermato il livello dei tassi d’interesse: quello principale resta fermo allo 0%, quello sui prestiti marginali allo 0,25% e quello sui depositi a -0,40%. Confermato anche lo stop al quantitative easing, con la fine degli acquisti netti da gennaio, ma i reinvestimenti proseguiranno anche dopo l'aumento dei tassi, aumento che, ha ribadito Francoforte, non avverrà almeno fino alla fine dell'estate 2019. La Bce si prepara così a un anno di svolta per la politica monetaria in Europa: oltre alla fine degli acquisti di titoli di Stato del QE (fatti salvi i riacquisti dei titoli in scadenza, che continueranno), in agenda dopo l'estate c'è anche il graduale rialzo dei tassi d'interesse. In conferenza stampa, Mario Draghi ha sottolineato che è ancora necessario uno stimolo monetario per accompagnare il recupero dell'inflazione verso l'obiettivo vicino al 2% che la Bce deve perseguire.
Bankitalia: debito pubblico ancora in salita a ottobre
Il debito pubblico continua a seguire una parabola ascendente. A ottobre il debito delle amministrazioni pubbliche è aumentato di 3,2 miliardi di euro rispetto al mese precedente, raggiungendo quota 2.334,4 miliardi. Nel mese di settembre il debito si era attestato a quota 2.331,3 miliardi. Lo rende noto la Banca d'Italia che ha pubblicato il supplemento al bollettino statistico “Finanza pubblica, fabbisogno e debito”. Se si osserva la ripartizione per sotto settori, il debito delle amministrazioni centrali ha mostrato un aumento di 3 miliardi e quello delle amministrazioni locali di 0,2 miliardi. Il debito degli enti di previdenza è rimasto pressoché invariato. A ottobre le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato sono state pari a 31,4 miliardi, in diminuzione del 2,7 per cento (0,9 miliardi) rispetto al dato dello stesso mese del 2017. Nei primi dieci mesi del 2018 le entrate tributarie sono state pari a 339,7 miliardi, sostanzialmente in linea con il dato del 2017; al netto di alcune disomogeneità contabili si può stimare che l’andamento delle entrate tributarie sia stato più favorevole. La salita del debito pubblico è destinata a proseguire anche a novembre a circa 2.348 miliardi di euro per poi scendere a dicembre tra 2.329 e 2.334 miliardi.
Manovra, deficit al 2,04%, si tratta a oltranza
Dal 2,4% di due mesi e mezzo fa, al 2,04% annunciato a Bruxelles, dopo l'ennesimo incontro del premier Giuseppe Conte con le Istituzioni europee. Ma “non tradiamo affatto la fiducia degli italiani, rispettiamo gli impegni presi”, si affretta a chiarire il premier, che ha giudicato positiva l'interlocuzione avuta con il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, il vice Valdis Dombrovskis e il Commissario Pierre Moscovici. Calcolatrice alla mano, si parla di circa 8 miliardi in meno, che portano la manovra dai 38 miliardi iniziali a circa 30. Di conseguenza il “deficit strutturale calerà”, assicura il premier.
L’UE positiva sul raggiungimento di un accordo con l’Italia sulla manovra
L'impressione che l'accordo sia ormai vicino è stata confermata da Moscovici che ha parlato di “sforzo consistente e apprezzabile” da parte del Governo italiano. Per la Commissione, l'obiettivo è di arrivare a un accordo nei prossimi giorni, così che si possa rispettare sia il calendario parlamentare italiano, e cioè l’inizio dell’esame della manovra in Aula del Senato previsto per martedì 18, sia il calendario di lavoro della Commissione, che mercoledì 19 dicembre terrà la riunione del Collegio dei commissari. Potrebbe essere per l'Italia, in caso di mancato accordo, il giorno del giudizio, con l'apertura della procedura d’infrazione per deficit eccessivo, e la proposta di raccomandazione di misure correttive per ridurre il debito a tappe forzate.
Per l’UE con l’accordo si abbasserà lo Spread
Quanto alle cifre, di cui nessuno vuol parlare perché sono al centro del negoziato in corso, non è detto che le stime italiane su crescita e deficit e quelle della Commissione, ben peggiori, non possano avvicinarsi. In particolare, sul deficit strutturale, il Governo prevede per il 2019 lo 0,8% del Pil, mentre la Commissione paventa che arrivi all'1,2%. Tuttavia, le previsioni dell'Esecutivo comunitario sono fondate sullo spread del mese di ottobre, che viaggiava sui 300 punti base, proiettato su uno scenario di tensione sui mercati per tutto il 2019. Se ci fosse nei prossimi giorni un accordo della Commissione con l'Italia per un bilancio conforme alle regole Ue, la situazione dello spread per l'anno prossimo sarebbe ben diversa. La spesa eccezionale, che non ha impatto sul deficit strutturale, è uno dei punti della discussione. La stessa logica vale per le dismissioni e privatizzazioni, che possono andare nella colonna delle entrate nominali, in certi casi, e delle entrate strutturali in altri. Anche questo fa parte delle discussioni in corso. La Commissione non chiede che le vendite siano effettuate entro 48 ore, ma ha bisogno di qualcosa di più preciso degli obiettivi indicati dal Governo, deve vedere i progetti. Per ora sembra che il negoziato su tutti questi aspetti non stia andando male.
Istat, il pil pro capite del Sud più basso del 45 per cento rispetto al Nord
Secondo l’Istat, la crescita del Pil nel Mezzogiorno nel 2017 si ferma all'1%, nel Centro Italia è dello 0,9%, del 2,2% nel Nord-ovest e dell'1,9% nel Nord-est. Rispetto al 2011, le aree che subiscono le diminuzioni del Pil più marcate sono il Mezzogiorno (-0,5% medio annuo) e il Centro (-0,4%). Nel Nord-ovest si registra una sostanziale stabilità mentre il Nord-est è l'unica ripartizione a segnare un incremento (+0,3%). Nel Mezzogiorno spicca la performance positiva della Campania e dell'Abruzzo, che segnano una crescita dell'1,6% rispetto all'anno precedente, seguite dalla Calabria (+1,1%). All'opposto il Molise registra una flessione dello 0,4%. Il Pil per abitante nel Mezzogiorno nel 2017 è di 18,5 mila euro, poco più della metà di quello del Nord-ovest che raggiunge 35,4 mila euro. È la stima dell'Istat che calcola un valore di 34,3mila euro nel Nord-est e a 30,7milaeuro nel Centro. Il differenziale negativo del Mezzogiorno resta ampio: il livello del Pil pro capite è inferiore del 45% rispetto a quello del Centro-Nord in crescita dal 44,1% nel 2016.
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