Meloni incontra Salvini per un primo confronto sull’esecutivo e le priorità
Giorgia Meloni prosegue le sue pre-consultazioni incontrando Matteo Salvini. La leader di Fratelli d'Italia accoglie l'alleato-rivale nei suoi uffici alla Camera ed è la prima volta che i due si rivedono, dal voto di domenica. Un'ora in tutto, meno del colloquio con Antonio Tajani, quanto basta per fare il punto delle priorità, a partire dal dossier sul caro energia, e scambiarsi opinioni sulla squadra di governo, anche se il risiko di nomi e ministeri è complicatissimo. Entrambi sanno che è solo il primo round, da qui il silenzio sull'argomento: “Non si è parlato né oggi né in questi giorni di nomi o incarichi, attribuzioni di deleghe né di separazioni di ministeri”, fanno sapere da Fratelli d'Italia. Basta mistificazioni sulla stampa, si precisa dal partito di Giorgia Meloni smentendo i presunti veti nei confronti di Salvini, che punterebbe al Ministero dell’Interno, una richiesta per cui la leader della destra sta cercando una via d'uscita e un'alternativa. In realtà le difficoltà di rapporti ed equilibri fra alleati non mancano, quindi anche con il partito di Silvio Berlusconi: il colloquio con Tajani non sembra sia filato liscio, proprio per le richieste di ruoli e rappresentanza che FI avanza e che rivendica al pari della Lega. La conferma viene da Licia Ronzulli: “Gli incontri degli ultimi giorni si sono basati su dei macro temi e si è ribadita la pari dignità tra FI e Lega”.
Ronzulli annuncia un vertice a tre nei prossimi giorni, assicurando che “in quell’occasione certamente si andrà più in profondità e si farà qualche passo in più”. Ieri la “premier in pectore” ha deciso di restare nel perimetro di Montecitorio, per riunioni e telefonate. Così alle 15.00 riceve Matteo Salvini nelle stanze del gruppo parlamentare di FdI, proprio lì dove a fine gennaio aspettava il leader della Lega per ribadire il no alla rielezione del presidente Mattarella ignara che Salvini avesse già detto sì. Otto mesi dopo tutto è cambiato e figlio dell'exploit di FdI anche il clima si è trasformato: “Grande collaborazione e unità d’intenti”, è la versione data dai due partiti in contemporanea alla fine. La nota aggiunge: “Entrambi i leader hanno espresso soddisfazione per la fiducia data dagli italiani alla coalizione e hanno ribadito il grande senso di responsabilità che questo risultato comporta”. Al coro si aggiunge più tardi Salvini con un videomessaggio: “Siamo già al lavoro giorno e notte non sulle poltrone, nomi e ministeri, ma sulle esigenze vere del Paese: affrontare il caro bollette, il problema sicurezza, la qualità della vita, degli stipendi”, parole che fanno da traino all'assemblea convocata a Roma con i suoi quasi 100 nuovi parlamentari. Quindi ribadisce: “Al lavoro uniti, questo ci chiede la gente, senza polemiche ma con idee chiare in testa”.
Il centrodestra si confronta sul prossimo Governo. È iniziato il totoministri
Giorgia Meloni è al lavoro per definire la composizione della squadra di governo, un sudoku complesso che deve tener conto degli alleati ma anche delle aspettative che ci sono sul suo esecutivo. La presidente di Fratelli d'Italia sa che non può sbagliare, è consapevole di essere sotto la lente dell'Europa così come del mondo economico. Ecco perché la lista dei ministri non deve avere sbavature e uno degli ostacoli da superare è la scelta del futuro ministro dell'Interno, poltrona cui ambisce senza mistero Matteo Salvini; per il momento però restano in pole i nomi di Matteo Piantedosi e Giuseppe Pecoraro.
Ma se il Viminale rimane forse il problema principale, diverse sono le caselle sulle quali si è lontani da un accordo: ad esempio, gli alleati avrebbero respinto al mittente l'idea di affidare la presidenza di una delle due Camere all'opposizione. Lo schema prevedeva la Camera al Pd e il Senato alla Lega con Calderoli. L'ipotesi numero due vedrebbe invece palazzo Madama a guida Lega con Roberto Calderoli e Antonio Tajani alla presidenza della Camera, un modo, viene spiegato, per compensare anche il partito di Berlusconi che invece avrebbe mire su un ministero pesante come gli Esteri. Per Fi dovrebbero entrare nella squadra anche Licia Ronzulli e Anna Maria Bernini. L'idea, se Tajani non dovesse fare il ministro degli Esteri, è quella di Elisabetta Belloni con Giulio Terzi di Sant'Agata come vice. Altro nodo è quello dell'economia: rumors danno come ipotesi quella che a via XX Settembre possa restare Daniele Franco come messaggio anche di rassicurazione all'esterno sui conti e la gestione dei fondi per il Pnrr. Il ministero potrebbe essere spacchettato con Maurizio Leo alle Finanze. Fra le ipotesi che piacciono a Fdi c’è sempre Fabio Panetta ma in quel caso senza dividere il dicastero. E gira anche la voce di un ritorno di Domenico Siniscalco.
Al Mise c’è invece l'idea di lasciare Giancarlo Giorgetti ma l'ipotesi non piace alla Lega che avrebbe chiesto anche l'Agricoltura con Gian Marco Centinaio o Matteo Salvini, mentre Giulia Bongiorno andrebbe alla Pubblica Amministrazione perdendo il duello con Carlo Nordio in pole per la Giustizia. Il Welfare andrebbe a Luca Ricolfi, uno dei tecnici invitati dalla Meloni alla conferenza programmatica del partito. Marcello Pera prenderebbe il dicastero delle Riforme, mentre Maurizio Lupi andrebbe ai rapporti con il Parlamento. Letizia Moratti viene data in pole alla Sanità anche se lei vorrebbe candidarsi in Lombardia. Raffaele Fitto potrebbe andare agli Affari Europei o agli Affari Regionali. Un posto al governo potrebbe averlo anche Francesco Lollobrigida, fedelissimo della Meloni, mentre Fabio Rampelli potrebbe essere dirottato ai Beni Culturali oppure all'Ambiente. Ignazio La Russa sarebbe uno dei nomi che gira come sottosegretario alla presidenza del Consiglio insieme a quello di Giovanbattista Fazzolari.
Prime schermaglie tra maggioranza e opposizione sulle riforme costituzionali
Come preannunciato in campagna elettorale, il grande tema destinato a essere al centro della legislatura è la riforma della Costituzione. Anche argomenti che toccano temi concreti come il lavoro e i diritti, in primis il futuro del reddito di cittadinanza e l’aborto, iniziano già da subito a creare dibattito. A innescare le scintille tra le forze politiche le dichiarazioni degli esponenti di FdI, su tutte, quelle di Francesco Lollobrigida: “Nessuno vuole stravolgere la Costituzione” tranquillizza, ma “noi crediamo che occorra una rivisitazione”. A partire dal presidenzialismo: “Non intendiamo toccare i valori fondanti contenuti nella prima parte. Non siamo i primi a chiedere che altre norme vengano riviste: basti pensare al titolo V o alla riforma di Renzi bocciata dal referendum”, spiega, che però mette in discussione anche il principio della sovranità del diritto comunitario su quello nazionale. Il concetto, motiva “è oggetto di dibattito anche in altri Paesi” e “dovrebbe essere oggetto di riflessione”. Sulle riforme anche il coordinatore nazionale del partito Giovanni Donzelli apre al dialogo: “Alcuni temi per noi sono tutti interlocutori. Già Renzi ha provato a fare il braccio di ferro sulle riforme e non è finita bene”.
Fermo no, tuttavia, al presidenzialismo, da parte di Carlo Calenda: “Faremo un’opposizione sempre costruttiva, mai ideologica. Non sono d'accordo, ma ne discuteremo. “Io sono per il monocameralismo. Ci vuole una Camera e basta, e anche Renzi la pensa come me”. Di “attacco all’Ue, come preannunciato”, parla invece il segretario di +Europa, Benedetto Della Vedova, per il quale “discutere la sovranità europea e la prevalenza del diritto Ue dove c’è, significa smantellare l’Europa”. Dunque, rincara “questo non è fare l’interesse dell’Italia. Su queste basi, la bicamerale a maggioranza sovranista è una trappola”. Dura anche la reazione del Pd; Pina Picierno attacca: “In queste ore le parole di Lollobrigida rivelano la volontà di un ritorno al passato. Afferma che ogni Paese può fare da sé, riproponendo una lettura superata della sovranità nazionale. L'Europa deve essere invece intesa come uno spazio politico, in cui garantire l'adeguata dimensione alle soluzioni dei problemi: più sono grandi, più grande deve essere il contesto nel quale si cercano i rimedi. In una parola l'unico luogo dove è possibile esercitare compiutamente la sovranità”. Le opposizioni sono pronte a dare battaglia anche per difendere la legge 194 e contro l’abolizione del reddito di cittadinanza su cui stanno già avvenendo le prime schermaglie.
Il Cdm vara la Nadef. Il Pil frenerà considerevolmente nel 2023
Un'economia che cresce quest'anno più del previsto, ma che sarà in brusca frenata l'anno prossimo, calo del debito, dell'inflazione e soprattutto del deficit che consegna un tesoretto prezioso per il nuovo Governo. È la fotografia tendenziale che Mario Draghi consegna al prossimo esecutivo, un quadro aggiornato che tuttavia evidenzia come, nonostante il “contesto difficile”, ci sono spazi per superare gli obiettivi. Ed è da questa base che la coalizione di centrodestra guidata da Giorgia Meloni inizierà il proprio lavoro per costruire di qui in avanti le scelte di politica economica, terreno su cui il nuovo Governo sembra intenzionato a cimentarsi in fretta, con un nuovo decreto energia possibile forse già prima del varo della legge di bilancio. Il nuovo quadro macroeconomico fornito dalla Nadef approvata dal CdM è insolitamente solo a metà: vista la contingenza della nascita del nuovo Governo, infatti, contiene solo la parte tendenziale e non quella programmatica, con gli effetti della manovra di bilancio che viene demandata al prossimo esecutivo.
I numeri certificano un Pil che migliora quest'anno al +3,3% (dal +3,1% delle stime di aprile) grazie alla crescita superiore al previsto del primo semestre e nonostante la lieve flessione della seconda metà dell'anno. Ma a “subire gli effetti dell'indebolimento del ciclo internazionale ed europeo” sarà il 2023, con una brusca frenata al +0,6% (dal +2,4% nel Def). In discesa il deficit, che cala al 5,1%: un obiettivo inferiore di 0,5 punti rispetto al 5,6% fissato nel Def e già autorizzato dal Parlamento, che lascia uno spazio di manovra tra 9 e 10 miliardi al nuovo Governo per un eventuale nuovo decreto. Cala anche il debito, che imbocca un percorso di discesa (145,4% del Pil quest'anno e 143,2% il prossimo) che lo porterà nel 2025 sotto quota 140% (al 139,3%). E nonostante la Nota fotografi un rialzo dell'inflazione, resta la previsione che il tasso comincerà “a scendere entro la fine di quest'anno”. Previsioni improntate a un “approccio prudenziale”, spiega il ministro dell'economia Daniele Franco che nella premessa alla Nadef usa per definire i dati un aggettivo sicuramente molto pesato, “rassicuranti”.
Nel corso del Cdm è emersa una certa soddisfazione per i risultati di quest’anno e mezzo di governo, con 6 trimestri consecutivi di crescita, ma non ci si è nascosti la preoccupazione per lo scenario che si prospetta “difficile”. “Il Governo conclude il suo operato in una fase assai complessa”, ma “con evidenti segnali di ritrovato dinamismo per l'economia italiana”, sintetizza Franco. Davanti ci sono mesi “complessi”, tra i rischi geopolitici e il probabile permanere dei prezzi dell'energia su livelli elevati, ma le risorse senza precedenti per rilanciare gli investimenti (Pnrr) “potranno dar luogo a una crescita sostenibile ed elevata”. A porre rischi è anche il rialzo di tassi e rendimenti, che se risparmierà il 2022 è destinato ad avere un importante impatto negativo sul Pil nel 2023 (con una spesa per interessi verso il 3,9%). Sulla base di queste previsioni, ora la palla passa alla coalizione di centrodestra che tra poche settimane prenderà le redini del Paese.