Il sindaco di Roma Ignazio Marino sarà ascoltato dalle commissioni Bilancio e Finanze di Montecitorio. Un appuntamento inquadrato nella procedura di conversione del decreto-legge “Salva Roma-ter”, articolato contenente norme di vitale importanza per la tenuta dei conti della Capitale. Ieri il primo cittadino ha avuto modo di spiegare la propria strategia di fronte al Consiglio comunale; è necessario approvare il bilancio 2014 entro il 30 aprile per sapere con esattezza quanti soldi potranno essere spesi dall'amministrazione. Tranquillità fondamentale per progettare al centesimo il piano di rientro triennale imposto dal decreto licenziato dal Governo. La Giunta romana punterebbe a ricavare 150 milioni di euro dall'entrata di soci privati o pubblici in Atac, la società pubblica incaricata della gestione del trasporto pubblico. Un passo che aprirebbe le porte a un ragionamento complessivo sull'assetto di società controllate e partecipate. Accanto al piano di rientro – in base ad una precisa richiesta votata dai componenti dell'assemblea capitolina – dovrà essere stilato un piano di sviluppo triennale. Marino spiegherà ai deputati di voler arrivare ad una normativa simile a quella vigente in Francia, dove Parigi riceve con costanza un miliardo di euro di finanziamenti straordinari. L'inquilino del Campidoglio solleciterà inoltre il Governo per l'allentamento dei vincoli del patto di stabilità e per l'emanazione dei decreti attuativi per il passaggio delle funzioni relative alla legge per Roma Capitale, con il conseguente trasferimento di strumenti e risorse finanziarie legate al pieno riconoscimento del ruolo strategico di Roma come capitale del Paese. Le commissioni riunite Ambiente e Attività produttive, proseguendo la loro indagine sulla green economy, ascolteranno i rappresentanti di Tesla Italia Mobilita' Green, Novamont, Gruppo Mossi e Ghisolfi, Kitegen, i rappresentanti di Finco (Federazione industrie prodotti impianti servizi ed opere specialistiche per le costruzioni), Cobase (Associazione tecnico-scientifica di base), Andia (Associazione nazionale imprese difesa ambiente) e Fater Spa.
Matteo Renzi dovrà mostrare ancora più convinzione e determinazione per riuscire a convincere tutti i suoi interlocutori. La sua prima volta al Consiglio europeo non ha sortito l'effetto sperato. I vertici dell'Unione preferiscono sfoderare cautela e non sostenere a viso aperto il premier italiano. Anzi – per l'ennesima volta in pochi giorni – è arrivato un nuovo richiamo al rispetto del vincolo del tre per cento nel rapporto tra deficit e PIL. Una presa di posizione che ha spinto l'ex sindaco di Firenze a controbattere rivendicando la sua strategia e ricordando, come già fatto nelle altre recenti occasioni, che l'Italia rispetterà tutti i patti. Durante il colloquio con il presidente della Commissione europea Josè Barroso, il premier ha illustrato il suo piano, dalle riforme istituzionali al jobs act, rimandando al Def, che sarà pronto intorno al 10 aprile, per una verifica del rispetto dei vincoli Ue e anche di un eventuale utilizzo del margine tra il 2,6 ed il 3 per cento del deficit. Per il segretario del Pd sarà quindi molto difficile coniugare la crescita con il rigore e i suoi effetti recessivi. A complicare la situazione ci ha pensato poi lo stop dell'UE alla teoria di Palazzo Chigi in cui si affermava che fosse possibile non conteggiare la quota di cofinanziamento ai fondi europei ai fini del rispetto del patto di stabilità. Si dovrà quindi cercare una formula alternativa per riuscire a sbloccare le risorse necessarie per tentare il rilancio dell'economia. Intanto il governo ha accelerato l'iter delle riforme istituzionali; entro la prossima settimana dovranno essere pronti i disegni di legge costituzionali sulla riforma del Senato e sul nuovo assetto del Titolo V della Costituzione. A frenare gli entusiasmi dei renziani potrebbero però essere i componenti della minoranza del Pd e i parlamentari delle opposizioni. Per arrivare a una riforma della Costituzione serve infatti condivisione: pensare di voler cambiare la legge fondamentale a colpi di maggioranza è un'illusione in grado di esporre il presidente del Consiglio a concreti pericoli. Hanno chiesto maggiore coinvolgimento nelle scelte dell'esecutivo anche Comuni e Regioni. Insomma, per Matteo Renzi non sarà facile “cambiare verso” all'Italia.