La Camera è convocata alle 9.30 per l'informativa del governo sulla politica estera. Paolo Gentiloni, inquilino della Farnesina, farà il punto sullo scenario internazionale e, soprattutto, sul ruolo che l'Italia intende assumere in Libia. Il governo si è detto a favore di un'azione diplomatica ma resta comunque molto difficile interfacciarsi con realtà tribali in lotta tra di loro. Al termine dell'informativa riprenderà la discussione delle mozioni in cui si impegna il governo a riconoscere lo stato di Palestina. Il testo su cui saranno chiamati ad esprimersi i deputati è frutto di lunghe trattative andate avanti per tutta la notte. Il Partito democratico intende infatti ricercare l'unità delle forze politiche evitando di toccare tematiche particolarmente divisive. Una strategia che potrebbe però causare i malumori dei più accesi sostenitori della causa palestinese. La scorsa settimana Sel e la socialista Pia Locatelli avevano presentato due mozioni per impegnare il governo a riconoscere subito lo Stato della Palestina. Il testo di Locatelli era stato sottoscritto anche da 32 deputati del Pd, che rischiava di spaccarsi. Sulla stessa lunghezza d'onda una mozione del Movimento 5 stelle, con una parte dispositiva fortemente critica con Israele. Sul fronte opposto Area popolare, che chiede il riconoscimento dello Stato palestinese solo alla fine del processo di pace, quando ci sarà il riconoscimento reciproco tra Israele e Palestina, mentre la Lega chiede addirittura al governo di “non assecondare né agevolare i tentativi unilaterali dell'Autorità nazionale palestinese tesi ad ottenere il riconoscimento internazionale”. Ieri Enzo Amendola e il capogruppo del Pd Roberto Speranza hanno redatto una nuova versione che riprende la mozione approvata ad ampia maggioranza dal Parlamento europeo il 17 dicembre scorso, che impegna il governo a promuovere il riconoscimento della Palestina “di pari passo con lo sviluppo dei colloqui di pace, che occorre far avanzare”. Pia Locatelli del Psi, di fronte a un impegno per il governo, ha ritirato la propria mozione. Dopo un lungo colloquio con Amendola e Speranza, il capogruppo di Sel Arturo Scotto ha detto che il suo partito “non ha bisogno di piantare bandierine ma è interessato a una mozione sostenuta da una ampia maggioranza parlamentare”. In ogni caso Sel manterrà la propria mozione; i vendoliani non intendono infatti edulcorare la propria posizione. Scontata la netta opposizione di Forza Italia: alcuni esponenti del movimento berlusconiani vantano un lungo rapporto di amicizia con Israele. Gli azzurri hanno presentato un proprio testo firmato da Daniele Capezzone e Renato Brunetta che impegna il governo “ad evitare di compiere atti e gesti simbolici che possano rappresentare forme di riconoscimento”. “I negoziati non sono in una fase positiva - spiega Capezzone - c'è la campagna elettorale in Israele, e le organizzazione terroristiche hanno tuttora un peso in Palestina; non si capisce perché il governo dovrebbe compiere atti diretti o indiretti o anche simbolici che accelerino il riconoscimento della Palestina”.

A preoccupare i maggiorenti del Partito democratico non sono solo le problematiche inerenti il diritto internazionale. Ieri è stata una giornata di fortissima tensione tra la minoranza Pd e la componente renziana. Pier Luigi Bersani ha annunciato che non ha nessuna intenzione di partecipare all'incontro organizzato per oggi dal presidente del Consiglio. L'ex segretario Pd non è disposto ad ascoltare cosa avrà da dire Matteo Renzi su Rai, scuola, fisco e ambiente. Con lui mancheranno tanti altri esponenti della minoranza Pd, che soprattutto dopo la vicenda Jobs Act dichiarano di sentirsi presi in giro dal segretario. Bersani ha spiegato a chiare lettere in un'intervista come i decreti legislativi siano incostituzionali e responsabili di porre il lavoratore in una condizione simile a quella presente in Italia prima degli anni Settanta. L'ex segretario invoca un confronto nel merito senza chiusure preventive. Perciò avverte che il governo non può pensare di approvare alla Camera l'Italicum nella versione appena licenziata dal Senato: “Il combinato disposto con la riforma costituzionale rompe l'equilibrio democratico”. La minoranza Pd ha tutti i mezzi per rendere la vita più difficile al governo. Il dibattito sulla conversione del decreto-legge sulla modifica della governance delle banche popolari sarà un ottimo banco di prova. Ieri i deputati vicini alla sinistra dem hanno presentato una settantina di emendamenti capaci di scardinare il progetto immaginato da Palazzo Chigi e dal ministero dell'Economia. Anche Forza Italia e Scelta civica non intendono approvare il ddl nella versione presentata dal governo. Il M5S difenderà il voto capitario.



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