Proseguiranno per tutta la giornata i colloqui e gli incontri bilaterali tra i capi di Stato e di governo riuniti a Ypres. I lavori di ieri si sono infatti conclusi con un nulla di fatto. Dopo ore di proposte, controproposte e discussioni non è stato possibile capire se l'Europa deciderà di intraprendere una politica di sviluppo e crescita. Gli sherpa hanno lavorato per tutta la notte e stamattina le varie delegazioni saranno messe nelle condizioni di potersi confrontare su idee e strategie più chiare e precise. Il punto di partenza è stato individuato nella bozza programmatica  presentata dal presidente Ue Herman Van Rompuy per “esplicitare in modo più chiaro” il tema di una maggiore flessibilità rispetto al documento consegnato precedentemente ai leader. L'Italia, la Francia e i Paesi del sud chiedono a Bruxelles e a Berlino di archiviare la stagione dell'austerità, periodo segnato da un crollo del debito pubblico in tutto il Vecchio Continente. L'Italia è convinta che ci siano spazi per rendere più evidente il legame tra riforme e flessibilità.

Bisogna ancora trovare un'intesa complessiva che consenta di sciogliere il nodo che lega la designazione dell'esponente del Partito popolare europeo Jean-Claude Juncker per il posto di presidente della Commissione europea a un programma di lavoro per il prossimo esecutivo comunitario che soddisfi le richieste degli eurosocialisti di Renzi e Hollande. La richiesta è di andare oltre la formula del mero rispetto dei margini di flessibilità previsti dai Trattati istitutivi dell'Unione europea al presentarsi di alcune situazioni, specificando come questo principio sarà applicato in ogni caso. Ad esempio: concedendo più tempo per la riduzione del debito, oppure eliminando le spese per investimenti produttivi dal calcolo del deficit o concedendo deroghe all'obbligo di cofinanziare con fondi nazionali i progetti che beneficiano degli aiuti Ue. Elementi che hanno già caratterizzato il dibattito politico italiano nelle ultime settimane. Renzi su questo è stato chiaro. “C'è un parere favorevole su Juncker - ha detto al termine del pre-vertice socialista - ma solo con un documento che indichi dove vuole andare l'Europa. Come Partito socialista europeo siamo d'accordo su questo, ora vediamo con gli altri”. Poco prima il segretario del Pd aveva incitato l'Europa a occuparsi “di più di crescita e occupazione” spostando l'attenzione dalla burocrazia alle famiglie. Nella sua battaglia, Renzi può contare sul pieno appoggio della Francia e di quello del vicecancelliere tedesco, l'esponente socialista Sigmar Gabriel. Ma è con la Merkel che occorre fare i conti. La quale, pur avendo aperto al concetto di flessibilità, appare restia ad andare oltre. Anche per non prestare il fianco alle critiche che già così le sono arrivate da industriali e politici tedeschi.

Ma anche sul fronte delle nomine la partita non è affatto semplice. Oltre alla candidatura di Juncker - che appare comunque blindata dal patto stretto tra Ppe e Pse in base al quale Martin Schulz presiederà il Parlamento di Strasburgo - ci sono altre caselle molto importanti da riempire. A cominciare da quella del presidente permanente del Consiglio Europeo. Un fronte sul quale incide negativamente la posizione assunta dal premier inglese David Cameron, fermamente deciso a dire no all'ex premier lussemburghese perché ritiene che “non rappresenti il cambiamento”, bensì un errore che l'Europa sta commettendo. L'opposizione di Cameron a Juncker potrà probabilmente essere superata solo con un voto a maggioranza. Ma intanto sembra aver fatto cadere l'ipotesi di candidare al Consiglio la premier danese Helle Thorning-Schmidt, una socialdemocratica liberista gradita al premier inglese, che ha però fatto sapere di non essere interessata a questo genere di “compensazioni”. La posizione di Londra dovrà comunque essere tenuta in debita considerazione, il premier britannico è arrivato infatti a minacciare l'uscita dalla Ue, un'opzione che finisce per rafforzare la linea dei partiti più euroscettici. Dal canto loro, i leader socialisti insistono per arrivare entro oggi a definire, almeno politicamente, tutto il pacchetto nomine, dalla Commissione al Consiglio passando per l'Alto rappresentante per la politica estera. Il premier irlandese Enda Kenny ha dato corpo alle voci della vigilia dichiarando di ritenere che “ci sarà un nuovo Consiglio europeo il 17 luglio”, dopo che il Parlamento Ue avrà votato il successore di Barroso alla Commissione, per decidere le altre nomine.

Il governo italiano sembra determinato a voler pretendere la poltrona del responsabile della politica estera di Bruxelles, la nomina di Federica Mogherini – attuale ministro degli Esteri – non sembra però scontata. La candidatura messa in campo da Renzi potrebbe rimanere vittima di veti incrociati, per questo motivo Palazzo Chigi avrebbe già pensato a delle contromisure. Si fanno i nomi di Padoan – che potrebbe essere scelto per presiedere l'Eurogruppo, il coordinamento dei ministri dell'Economia dell'Ue – e di Enrico Letta, gradito a diversi Paesi.

Intanto lunedì la commissione Affari costituzionali del Senato inizierà a votare gli emendamenti presentati al ddl governativo sulla riforma della Carta. Il patto raggiunto tra Pd, Forza Italia e Lega Nord potrebbe rompersi alle prime difficoltà. La sinistra Pd ha confermato di non aver cambiato idea sull'elettività.



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