Ieri le Camere hanno dato il via libera senza particolari intoppi alle variazioni apportate dal governo alla nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza. Passaggio straordinario resosi necessario dopo la trattativa tra il ministero dell'Economia e la Commissione europea. Bruxelles aveva infatti giudicato troppo “ardite” alcune norme di finanza pubblica e il conseguente rinvio della riduzione del deficit tra debito pubblico e prodotto interno lordo. Ora dunque, per quanto riguarda la legge di stabilità, si entra nel vivo del testo e parte la corsa alle modifiche. Ma l'intento del presidente della commissione Bilancio di Montecitorio, Francesco Boccia, è chiaro: tornare il più possibile ad una manovra tabellare. Che recepisca cioè solo le grandi scelte di politica economica. Quindi stop alla miriade di micro proposte che normalmente minano il cammino della legge di bilancio. Ma tra le modifiche ce ne sarebbero anche di maggior peso: riguarderebbero - da quanto si apprende - la norma sul Tfr, quella sui fondi pensione, le molte norme (anche piccole) del pacchetto sanità. C'è poi da recepire nel testo i contenuti dell'accordo raggiunto con le Regioni e quello con i sindaci che dovrebbero modificare il mix di tagli lasciando però immutato l'effetto finanziario. I governatori devono avanzare delle proposte per rimodulare oltre 4 miliardi di euro di tagli solo per il 2015. “Abbiamo rimesso in fila tutte le nostre proposte e le abbiamo un po’ arricchite rispetto all'incontro con la presidenza del Consiglio: ho buone ragioni per ritenere che nei prossimi giorni partirà un tavolo tecnico che mi auguro possa arrivare a farci condividere delle proposte che rendano sostenibile la manovra per tutti”, ha spiegato il presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino, al termine della seduta di ieri.” Si punta - ha spiegato il presidente del Piemonte - a rendere più stringente il Patto per la salute già firmato, ad avere risorse per gli investimenti nel campo dell'edilizia sanitaria, costi standard per tutti, razionalizzazione del fondo per il trasporto pubblico locale”. Tra le strade da intraprendere ci sarebbe quindi quella di limare il Fondo sanitario che perderebbe, il prossimo anno, 1,5 dei 2 miliardi di aumento previsti. Questo tuttavia, comporterebbe la riscrittura di almeno qualche parte del Patto per la salute firmato tra Governo e Regioni nell'agosto scorso.

Nel complesso delle Regioni, infatti, la spesa sanitaria costituisce circa il 75-80 per cento del bilancio. Il Fondo sanitario, quest'anno pari a oltre 110 miliardi, sarebbe dovuto passare a oltre 112 miliardi nel 2015 e 115,4 nel 2016, secondo quanto previsto dal Patto per la salute. Con 30 miliardi le Regioni finanziano tutti gli altri settori: principalmente trasporto, welfare, tutela idrogeologica del territorio. Tra le proposte per evitare il taglio da 4 miliardi solo per il 2015 previsto dalla legge di stabilità c'è anche quella di attingere fondi per quasi 2 miliardi dal fondo presso il Tesoro a copertura del rischio di svalutazione dei derivati sottoscritti da alcune Regioni. L'altra partita è l'applicazione dei costi standard, che porterebbero, se applicati anche al comparto statale, risparmi per ingenti, addirittura per 20-30 miliardi. Ipotesi che ha trovato d'accordo anche alcuni governatori delle Regioni del Mezzogiorno. Per quanto concerne l'attuale versione della legge di stabilità si registrano forti malumori anche sulla clausola di salvaguardia inserita nel testo, quella che aumenterebbe l'Iva.

Il testo emendato arriverà, salvo incidenti di percorso, all'aula di Montecitorio dal 24 novembre dove, come accade da anni, potrebbe essere posta la questione di fiducia. E proprio nello stesso periodo dovrebbe arrivare anche la nuova valutazione della nuova Commissione Ue sulla manovra. Poi si passerebbe all'esame del Senato per chiudere il testo prima di Natale con un terzo e formale passaggio di ratifica a Montecitorio. L'istruttoria della manovra di finanza pubblica potrebbe però subire i contraccolpi di un rapporto sempre più teso tra la componete renziana e la sinistra del Partito democratico. Ieri Stefano Fassina e Pippo Civati hanno attaccato il governo su Def e decreto Sblocca Italia. E in serata Pierluigi Bersani ha lanciato un ammonimento a Renzi, perché ascolti i sindacati, ma anche a quella parte di minoranze che puntano alla scissione. Nel fine settimana il presidente del Consiglio dovrà anche riuscire a sbrogliare la matassa rappresentata dalla nomina del successore di Federica Mogherini alla Farnesina. Ieri – secondo alcune indiscrezioni – il presidente della Repubblica non avrebbe mostrato favore per i nomi fatti da Renzi durante un colloquio al Quirinale.



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