Per Tria non si parla di manovra correttiva ma di una correzione di bilancio
Non è stata una manovra correttiva ma una correzione di bilancio in base agli andamenti della finanza pubblica, una correzione molto forte che ha portato a un aggiustamento strutturale dello 0,3-0,4%, “il più grosso degli ultimi anni”, e per di più in una fase difficile per l'economia. Giovanni Tria difende così l'operazione che ha consentito al Governo italiano di evitare la procedura d’infrazione per debito eccessivo e che “ci ha messo anche in sicurezza sui mercati finanziari”. L’operazione non è in alcun modo legata alla partita delle nomine, assicura il Ministro nella sua audizione davanti alle Commissioni Bilancio e Finanze del Senato, ed è fondamentale spiega perché mettere in sicurezza i conti pubblici garantisce l'efficacia degli interventi di riduzione fiscale che altrimenti non hanno effetto: “Non basta ridurre le tasse se c'è una situazione d’incertezza sul futuro, nessuno investe e nessuno consuma perché stanno tutti lì ad aspettare la tempesta”.
La riduzione delle tasse è uno dei punti su cui si sta lavorando per il 2020, il tavolo al Mef è operativo sulla flat tax, del resto lo è da oltre un anno, studiando tutte le ipotesi possibili. Nei prossimi giorni, come annunciato dal premier Giuseppe Conte, partirà a palazzo Chigi un tavolo di lavoro ad hoc: niente numeri né dettagli ma la flat tax “vogliamo farla bene, efficace e incisiva e ovviamente sostenibile sul piano finanziario”. Di certo i margini per il piano leghista della tassa piatta sono stretti, strettissimi. E se la manovra per il prossimo anno “non sarà lacrime e sangue”, come assicura il titolare dei conti pubblici, non per questo ha davanti a sé un cammino facile. Il lavoro per redigere la bozza di Bilancio che deve essere pronta entro il 15 ottobre è già iniziato. La direzione, conferma Tria, è quella indicata dal Parlamento all'approvazione del Def, ovvero scongiurare gli aumenti Iva con misure alternative per non appesantire il carico fiscale e procedere sul sentiero della riduzione del debito, concetto ribadito alla commissione di Bruxelles.
“L'intenzione, abbiamo detto nella lettera, è avere anche in futuro una compliance con il braccio preventivo del patto di stabilità. Non c'è una cifra nella lettera perché bisognerà vedere l'andamento dell'economia e quello che dovrà essere l'obiettivo dell'aggiustamento strutturale per il prossimo anno, che un minimo dovrà essere fatto”. Del resto, se l'Italia ha scampato la procedura, lo sguardo della commissione europea è ben attento, come confermato dalla lettera inviata dal vicepresidente Ue Valdis Dombrovskis e dal commissario Pierre Moscovici: “La commissione terrà sotto sorveglianza l'effettiva implementazione del pacchetto di misure contenente l'assestamento di bilancio e il decreto che congela 1,5 miliardi di spesa dai fondi di reddito e quota 100, monitorerà attentamente l'esecuzione della manovra e valuterà la conformità del programma di bilancio con il patto di Stabilità e crescita”.
Ue, Lega in alto mare: Bagnai congelato e su commissario ipotesi tecnico
La partita europea della Lega sul Commissario rischia di legarsi con un doppio nodo a quella da giocarsi in Italia per il ministro degli Affari Ue. È questo il motivo del lunghissimo vertice di palazzo Chigi che non ha portato ad alcuna soluzione. Matteo Salvini si è presentato al tavolo della riunione con due nomi forti per il dopo Savona, quello di Alberto Bagnai e del ministro Lorenzo Fontana. Sul primo i dubbi dell'esecutivo non sarebbero pochi: le posizioni antieuropeiste del presidente della commissione Finanze del Senato sarebbero mal digerite, viene riferito anche al Quirinale, dove Bagnai dovrebbe passare il vaglio definitivo. Su Fontana invece i 5 Stelle non farebbero problemi, anzi l'auspicio è che in quella casella venga posta una personalità più vicina alle politiche abbracciate dai pentastellati piuttosto che a quelle del Ministro della kermesse di Verona.
Sul Ministro mancante, le cui deleghe sono nelle mani di Conte, la questione dovrebbe risolversi la prossima settimana, con un incontro a latere del tavolo di lunedì prossimo sulle Autonomie. Intanto per quanto riguarda il Commissario Ue Salvini è davvero in alto mare: smentiti da ambienti del Carroccio i nomi di Giulio Tremonti e Domenico Siniscalco, è molto probabile che il leader leghista scelga un nome tecnico per questo ruolo come l'ambasciatore Giampiero Massolo. Tra le fila del Movimento 5 Stelle si tifa ancora affinché sia Giancarlo Giorgetti a volare a Bruxelles per liberare una casella pesante cui notoriamente i pentastellati mirano. Il braccio destro di Salvini però ha già espresso il suo dissenso, ma in caso di necessità sarebbe anche pronto a ingoiare il rospo.
Resta anche in piedi l'ipotesi che l'Italia, senza un nome forte per la Concorrenza, vada ad accaparrarsi con Gian Marco Centinaio l'Agricoltura. Non sono però questi i piani del Capitano che vuole per sé e per l'Italia una poltrona economica e quindi di peso. In questa rebus tornano a farsi forti anche le voci su Giovanni Tria e Enzo Moavero Milanesi, due nomi su cui poi si dovrebbe necessariamente attivare il rimpasto di governo.
Nuovo strappo tra Lega e M5S su emendamento pro-ong al dl Sicurezza bis
La data del 20 luglio è cerchiata in rosso sui calendari del piano nobile di Palazzo Chigi. Sarà la giornata più calda dell'estate politica per il Governo italiano, impegnato sul fronte europeo per le nomine nella nuova Commissione guidata dalla tedesca Ursula von der Leyen, ma soprattutto al bivio tra una crisi che porterebbe dritti al voto anticipato a fine settembre o il proseguire con questo esecutivo ma con una legge di Bilancio che si prospetta molto meno accattivante per l'elettorato. Per far quadrare i conti, infatti, difficilmente ci potranno essere nella stessa manovra la flat tax come intende Matteo Salvini (15% secco), il salario minimo a 9 euro l'ora caldeggiato da Luigi Di Maio e la sterilizzazione delle clausole Iva per oltre 23 miliardi di euro, come pretende Giovanni Tria.
La soluzione al rebus è nelle mani del premier Giuseppe Conte, che ha dovuto dare alcune garanzie importanti alle Istituzioni europee per evitare la procedura d’infrazione per debito eccessivo, ma che soprattutto ha avocato già molti altri dossier, come l'Autonomia, le grandi opere (Tav compresa, ovviamente) e il piano di rilancio del Sud, tanto per citare quelli che infiammano di più il dibattito, sia interno sia esterno alla maggioranza. Senza contare le altre potenziali polveriere, come il sostegno alla famiglia contro la denatalità, l'inevitabile assalto all'arma bianca sui risparmi realizzati nell'anno di esordio dalle misure bandiera di M5S e Lega (reddito di cittadinanza e quota 100) e il braccio di ferro con l'Europa per la fase di accoglienza della gestione dei flussi migratori.
Su quest’ultimo fronte si sta consumando l'ennesimo strappo nella maggioranza, dopo che i pentastellati hanno presentato un emendamento al decreto Sicurezza bis che ha fatto saltare la mosca al naso degli alleati e che arriva proprio alla fine di un'infuocata polemica sul caso Sea Watch 3. Per questo motivo la reazione del Carroccio è molto forte, tanto che il sottosegretario all'Interno Nicola Molteni, uno degli uomini più vicini a Salvini, non usa giri di parole per definire la proposta delle deputate Simona Suriano e Yana Ehm: “L’emendamento pro-ong del Movimento 5 Stelle al decreto Sicurezza bis è gravissimo. I grillini dicano da che parte stanno, con la legge e la legalità oppure con i trafficanti di esseri umani che umiliano l’Italia e le nostre forze dell'ordine”.
La dichiarazione provoca l'immediata risposta dei Cinquestelle, altrettanto piccata: “Non c'è nessun emendamento che apra la possibilità di far entrare imbarcazioni non autorizzate in acque italiane”, riferiscono fonti M5S, “Al contrario, come già ribadito, noi siamo per la confisca immediata dell’imbarcazione laddove questa violi le leggi dello stato italiano e poi darla in dotazione alle nostre forze dell’ordine e abbiamo già pronto l’emendamento”. Il Movimento guidato da Di Maio bolla “qualsiasi altra iniziativa non in linea con questa posizione, che appare come del tutto personale e non riceverà il sostegno del M5S”. Il nervosismo sulla questione migranti fa il paio con l'irritazione dei presidenti leghisti di Regione coinvolti nella partita dell'Autonomia. In Lombardia, ma soprattutto in Veneto, il tira e molla, con continui rinvii, dubbi e perplessità sui testi sta innervosendo i territori, che aspettano di vedere premiati i risultati dei referendum che si sono svolti nel 2017. Senza contare che alle file degli spazientiti si è iscritto anche il governatore dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini, in piena campagna elettorale per giocarsi la riconferma in Regione.