Le Camere si fermano in vista dell’election day

Questa settimana i lavori di Camera e Senato s’interromperanno in vista del primo, grande appuntamento elettorale post Covid-19. Come definito dal decreto elezioni il 20 e 21 settembre si terranno infatti le elezioni regionali, amministrative, suppletive e il referendum costituzionale per la riduzione del numero dei parlamentari. Le regioni che si recheranno alle urne sono sette: Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana, Valle d'Aosta e Veneto. I capoluoghi di provincia saranno quindici: Andria, Arezzo, Aosta, Bolzano, Chieti, Crotone, Fermo, Lecco, Macerata, Mantova, Matera, Reggio Calabria, Trani, Trento e Venezia. Le elezioni suppletive interessano invece due collegi del Senato: il numero 3 della Sardegna e il 9 del Veneto, rimasti vacanti a seguito dei decessi della senatrice Vittoria Bogo Deledda del M5S e del senatore Stefano Bertacco di FdI. 

Come detto i lavori parlamentari s’interromperanno in entrambi i rami del Parlamento con la sola eccezione di alcune Commissioni della Camera che svolgeranno delle audizioni sull'individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund. Nello specifico la Finanze oggi alle 15.00 ascolterà il Direttore dell'Agenzia delle entrate Ernesto Maria Ruffini; la Bilancio assieme alla Finanze domani alle 12.00 audirà il Ministro dell'economia e delle finanze Roberto Gualtieri; la Trasporti domani alle 13.00 ascolterà la Ministra per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione Paola Pisano che interverrà anche sulla realizzazione della rete unica delle comunicazioni.

Sale il pressing su Conte, il Pd evoca il rimpasto dopo le regionali

A una settimana dal voto è il Pd con Andrea Orlando ad aprire le danze nella maggioranza e a portare sulla scena quel riassetto della squadra di governo evocato da mesi ma sempre negato da tutti, a partire dallo stesso Giuseppe Conte. I Dem invocano quella “rinascita” che vuol dire una spinta in più sul Recovery fund, il via libera al Mes, la legge elettorale e soprattutto la modifica dei decreti sicurezza. “È sensato passare da un cambio di squadra”, osservano da Iv. “Ne parleremo ovviamente dopo le elezioni: noi siamo concentrati su referendum e Recovery fund”, taglia corto Luigi Di Maio. Anche se nel M5S c’è chi osserva: “Se il Pd chiederà il rimpasto per stabilizzare il Governo non potremo dire di no”. Solo teoria, per adesso. Conte finora ha sempre cercato di allontanare una formula che definisce vecchia, ma il pressing dei partiti sul premier per avere più peso sembra intensificarsi, anche se i giochi potranno farsi solo dopo che Pd, M5S, Iv e Leu si saranno pesati alle regionali e dopo la prova della ripresa della scuola. Di sicuro non sarà indifferente che le regionali finiscano 3 a 3 (per i Dem sarebbe comunque positivo tenere in regioni come Campania, Puglia, Toscana), 4 a 2 o 6 a 1. Il primo effetto si avrà nel Pd, dove nella minoranza c’è chi già ipotizza in caso di catastrofe le dimissioni del segretario. Mentre Nicola Zingaretti da Modena indica un obiettivo per il Paese più grande della “tenuta del Governo” o del “destino di un leader”, è già venuta allo scoperto l'area (Gori, Marcucci, Nardella) che sostiene l'approdo al Nazareno di Stefano Bonaccini mentre Base riformista è più attendista. 

Il secondo effetto del voto si avrà sul Governo, complici le tensioni accumulate in una campagna elettorale combattuta gli uni contro gli altri. Elemento di garanzia di tenuta potrebbe essere il referendum costituzionale: se vincesse il Sì, tra le fila dei partiti scenderebbe a zero la voglia di tornare al voto per eleggere un Parlamento quasi dimezzato. Pochi scommettono, a meno di un esito del voto con durissimi contraccolpi sui partiti, sulle larghe intese e dunque su un cambio di governo che porti a Palazzo Chigi una figura istituzionale come Mario Draghi. Ecco perché lo scenario su cui più si ragiona in queste ore è quello di un Conte ter, un rimpasto che coinvolga ministeri di peso come la scuola, i trasporti, il lavoro. Da mesi si fanno i nomi di Lucia Azzolina (al suo posto si parla di Anna Ascani o Elena Bonetti), Nunzia Catalfo, Paola De Micheli. Per puntellare il Governo e dare più peso ai partiti c’è chi ipotizza l'ingresso di Andrea Orlando per il Pd e Maria Elena Boschi per Iv, ma si rincorrono anche voci di un incarico da vicepremier per Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio. Di sicuro a pesare sarà anche la pressione dei gruppi parlamentari, perché sia tra i Dem che nel M5S da mesi si denuncia uno scollamento tra il lavoro del Governo e quello delle Camere; infatti non a caso si citano i nomi di Graziano Delrio e Giuseppe Brescia tra quelli che potrebbero passare all'esecutivo. 

Oggi riprende la scuola. Conte: ci saranno disagi ma saremo al vostro fianco

Ieri pomeriggio il premier Giuseppe Conte si è rivolto al mondo della scuola alla vigilia della ripresa delle lezioni dopo sei mesi di stop per via dell’emergenza da Covid-19. “Sarà un momento d’intensa emozione. Così almeno è stato per me, ogni primo giorno di scuola. È un'emozione che vivrò anch’io da capo di un Governo che si è impegnato per il ritorno in sicurezza ma anche da padre di un figlio”, esordisce. E se l'emozione sarà quella di sempre, il premier non nasconde che il primo giorno di scuola dell'era post Covid sarà diverso da tutti gli altri: “Questo rientro in classe è davvero importante, ci saranno difficoltà e disagi, soprattutto all'inizio, ma dovrete fare la vostra parte”, dice rivolgendosi agli studenti. Ai ragazzi Conte rivolge un appello speciale: “Dovete impegnarvi a rispettare le regole di cautela che vi consentiranno di tutelare la vostra salute e la salute delle persone che amate e che vi amano”, scandisce. Il ritorno sui banchi, per il presidente del Consiglio così come per la Ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina, è troppo importante per essere rimandato: “Abbiamo distribuito ai 19mila istituti scolastici italiani 94 milioni di mascherine che saranno nella disponibilità dei dirigenti”, afferma al Tg1 i Commissario straordinario per l'emergenza Covid-19 Domenico Arcuri, che parla di “uno sforzo ciclopico” che ha portato anche 400mila litri di gel igienizzante nelle scuole. “Nessun altro Paese del mondo è riuscito a fare tanto”, afferma. 

Diversi, nei giorni scorsi, i dirigenti scolastici che si sono espressi per un rinvio ma per il Governo è tempo di partire. “La scuola è il cuore pulsante del nostro Paese, un luogo di accoglienza particolarmente prezioso”, sottolinea Conte. Non solo per le nozioni imparate sui libri, però: “Tornate sui banchi per comunicare meglio, per confrontarvi, per coltivare i sogni che avrete, per rafforzare la vostra coscienza critica e per imparare che prima di ogni altra cosa viene il rispetto della persona, a prescindere dalle sue convinzioni”. Giuseppe Conte ribadisce il messaggio già espresso sabato a Paliano dopo aver partecipato ai funerali del piccolo Willy: “La scuola è il luogo che vi fa capire che la forza vera è quella che combatte ogni forma di sopruso e di violenza, non quella che si nasconde nell'indifferenza o sfocia nella violenza”. Conte rivolge infine un ringraziamento particolare agli insegnanti, complimentandosi per il “grande lavoro” svolto durante il lockdown, e alle famiglie, ricordando i sacrifici fatti. Il pensiero finale è ancora una volta per i ragazzi, che quest'anno saranno 8,3 milioni, di cui 5,6 in classe già oggi: “Vi auguro di vivere un anno scolastico con fiducia ed entusiasmo. Impegnatevi nello studio, migliorerete voi stessi”. 

La ricandidatura della Raggi è ancora senza sfidanti. Pd e Cdx attendono regionali

È passato un mese dalla ricandidatura di Virginia Raggi per il Campidoglio e ancora non sono stati scelti i suoi sfidanti. Per averli bisognerà attendere almeno ottobre, dopo le elezioni regionali: nessuno sembra volersi sporcare le mani a Roma rischiando di bruciarsi politicamente. Nel Pd ogni giorno si rincorrono nomi di esponenti locali e outsider come possibili competitor ma la segreteria di Nicola Zingaretti per la Capitale pensava ad un profilo di caratura nazionale. Finora la ricerca non ha dato frutti (sono arrivati i “no grazie” di Enrico Letta e David Sassoli), e alcuni tra i Dem guardano al Ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, ma appare davvero difficile un suo disimpegno dal governo. L'ultima a farsi avanti nel Pd è stata Monica Cirinnà, per quasi 20 anni consigliera in Campidoglio, che si dice pronta a correre per le primarie: da settimane la senatrice sta lavorando all'ipotesi di candidatura e avrebbe fatto realizzare anche dei sondaggi ad hoc sul suo nome; la sua uscita però sarebbe stata accolta tiepidamente tra i Dem per il timore di una riproposizione di volti e contenuti legati a stagioni passate del centrosinistra in Campidoglio.  

Una sponda da sinistra le potrebbe arrivare da Massimiliano Smeriglio, eurodeputato e già vice presidente della Regione Lazio. Prima di lei avevano dato la disponibilità a correre alle primarie i presidenti di Municipio Giovanni Caudo, Sabrina Alfonsi, Amedeo Ciaccheri e il presidente dell'osservatorio “Roma puoi dirlo forte!” Tobia Zevi. In lizza anche il consigliere regionale di Demos Paolo Ciani, legato alla Comunità di Sant'Egidio. Anche a destra manca un candidato, che arriverà dopo le regionali: corrono voci di una possibile intesa tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni in base alla quale al primo spetterebbe la scelta del nome da far correre a Milano e alla seconda quello per Roma. In attesa di sedersi ad un tavolo di confronto, il leader della Lega ha avviato una campagna tematica di affissioni in tutta la città che avrebbe infastidito gli alleati di Fratelli d'Italia per l'invasione di campo. Alcune fonti sostengono che il nome ritenuto ideale sarebbe quello del capo della Polizia Franco Gabrielli, già prefetto cittadino, ma il diretto interessato ha ribadito di non essere intenzionato a correre per il Campidoglio. 

Le Sardine tornano in piazza per dire No al referendum. Polemiche con il PD

È un no al taglio dei parlamentari quello che è emerso dalla manifestazione organizzata a piazza Santi Apostoli a Roma dalle Sardine, da Volt Italia e da Comitato NOstra, ma è anche un grido di dolore verso il Pd che si è schierato per il sì al referendum (molti esponenti delle tre associazioni che ieri hanno dato voce al NO sono vicini ai Dem, o addirittura iscritti come Jacopo Ricci, portavoce di Comitato Nostra). Il Pd non replica alla piazza e nemmeno alle argomentazioni di Beppe Grillo e Luigi Di Maio, che non hanno motivato il sì al referendum con prospettive di ulteriori riforme, ma con argomenti cari al Movimento delle origini. Nonostante le norme anti-Covid gli organizzatori possono dirsi soddisfatti per la presenza soprattutto di giovani. La manifestazione a cui erano presenti anche parlamentari per il No che però non hanno parlato (Andrea Cangini e Lucio Malan di Fi, Roberto Giachetti di Iv, Matteo Orfini del Pd, Emma Bonino e Riccardo Magi di +Europa), è stata giocata sull'alternanza di interventi di vecchi partigiani (Aldo Tortorella, Adelmo Cervi, ecc) e giovani. Il leit-motiv è stato no a un taglio che lede la rappresentanza, a partire da quella delle minoranze. Gli organizzatori hanno insistito nel dire che un’eventuale vittoria del No non metterebbe in discussione la tenuta del Governo, ipotesi che invece Giorgia Meloni ha rilanciato pur ribadendo il suo sì al referendum come anche Matteo Salvini

Dal palco romano parole di fuoco contro M5S, ma la polemica implicita è stata con il Pd reo di essersi schierato per il sì: il malessere è esplicitato proprio da Ricci, iscritto ai Dem, che ha accusato Nicola Zingaretti di aver “barattato la tenuta del Governo con la Costituzione”. Ma a scatenare le polemiche sono le parole del fondatore del Movimento e del ministro degli Esteri. Beppe Grillo invita “il popolo italiano a ricacciare nella foresta i dinosauri del Giurassico, destinati alla estinzione dalla cometa della riforma costituzionale”; duro anche Luigi Di Maio che bolla come “antipolitica chi cambia casacca per restare attaccato alla poltrona, chi in Parlamento è un assenteista cronico, chi pensa solamente al proprio tornaconto personale, chi spera in una pensione d'oro e si batte per riavere i vitalizi”. Per il titolare della Farnesina poi “il fronte del no è molto spaccato e con idee confuse”. Paola Taverna invece ha annunciato che la prossima riforma sarà il taglio degli stipendi dei parlamentari, nessun accenno al superamento del bicameralismo perfetto o la sfiducia costruttiva annunciati appena 24 ore prima dai Dem. “La tesi del Pd di un sì per le riforme annega nelle parole di Grillo e Di Maio. Con M5s è impossibile fare le riforme”, ha ironizzato Matteo Orfini, uno dei Dem per il No. 



Seguici sui Social


2

Nomos Centro Studi Parlamentari è una delle principali realtà italiane nel settore delle Relazioni IstituzionaliPublic Affairs, Lobbying e Monitoraggio Legislativo e Parlamentare 

Vuoi ricevere tutti i nostri aggiornamenti in tempo reale? Seguici sui nostri canali social