Il centrodestra tenta la spallata in Toscana. Il centrosinistra è preoccupato

“Non giochiamo con il fuoco”. Nicola Zingaretti è a Pisa e sa di giocarsi la partita delle partite: se anche la Toscana andasse al centrodestra a rischiare non sarebbe solo il segretario del Pd ma anche l'intero Governo. Il leader dem batte a tappeto la regione e rivolge un nuovo appello agli elettori M5S: “È tempo che il popolo si riunisca attorno a candidature che possano vincere. Non basta testimoniare le proprie idee e farle perdere. Non chiedo di tradire le identità, ma per farle contare bisogna vincere.  Qui in Toscana è Eugenio Giani in grado di fermare boia chi molla”, scandisce. In questa battaglia Zingaretti ha tra gli alleati anche Matteo Renzi e il leader di Iv si dice ottimista: “Penso che la Toscana debba decidere se vuole andare avanti con l'idea di essere una regione europea o se vuole diventare l'appendice della Padania. Io tra Toscana e Padania non ho dubbi su cosa scegliere. Abbiamo una battaglia contro la candidata leghista e Pd e Iv sono insieme, siamo fianco a fianco per un candidato serio che è Eugenio Giani”. 

Oggi a Firenze, nella centralissima piazza della Repubblica, però, ci sarà il centrodestra unito, impegnato fino all'ultimo a tentare di conquistare la regione così da dare la spallata definitiva a Giuseppe Conte. Susanna Ceccardi e Matteo Salvini da giorni sono sul territorio e sognano di confezionare “l'avviso di sfratto” per l'inquilino di palazzo Chigi. Il leader del Carroccio preferisce tenere le carte coperte: “Sarà un voto dei toscani per i toscani. Non useremo quell'eventuale vittoria per chiedere nulla a Conte”, ma i giallorossi sanno che in caso di debacle il leader della Lega partirà in quarta contro l’esecutivo. Giorgia Meloni affronta la questione con meno peli sulla lingua: “Non immagino che il giorno dopo le elezioni, anche con una vittoria schiacciante del centrodestra, il premier Conte vada al Quirinale a rassegnare le dimissioni, perché conosco queste persone. Ma l'istituto dello scioglimento della Camere esiste proprio in caso di una distanza tra maggioranza parlamentare e situazione del Paese. Non immagino dimissioni di Conte ma penso che una riflessione del presidente della Repubblica dovrebbe esserci”, azzarda. Andrea Orlando prova a mantenere la calma: “Non credo che il Governo cadrà o meno sulla base di queste elezioni regionali, certo i riflessi ci saranno”.  

Il centrosinistra rischia molto anche in Puglia. Della vittoria è sicuro Silvio Berlusconi, che interviene a sorpresa al telefono a una manifestazione a Bari: “Il premio per le fatiche fatte lo avrete lunedì, quando finalmente Raffaele Fitto tornerà a governare la Puglia”. Anche in questo caso, come nelle Marche, il mancato accordo con il M5S pesa e non poco e se i Dem attaccano, Luigi Di Maio si difende: “Se vuoi provare a creare una sinergia con l'alleato di governo a livello regionale, non ti riduci alle ultime due settimane. Propongo che nel 2021 si debba provare a traslare la coalizione di governo a livello cittadino”. Il ministro degli Esteri definisce “in salita” quella per il sindaco di Roma, ma non chiude a un possibile accordo: “Bisogna iniziare subito”. 

Il M5S punta tutto sul referendum e sui risultati in Campania e Puglia

Il rush finale per il SI ricompatta il M5S. È Luigi Di Maio, mai come in queste ore, a portare sulle spalle la battaglia del referendum chiamando sul palco di Piazza Carità nel cuore di Napoli tutti i big del Movimento. Ci sono i pasionari della prima ora come Paola Taverna, ministri come Stefano Patuanelli e Alfonso Bonafede, a sorpresa anche il presidente della Camera Roberto Fico. “Il SI unisce tutti gli elettori italiani, è una prova di maturità”, è l'ultimo appello di Di Maio, accorato perché, nel Movimento, le certezze della vittoria del SI non sono solidissime anche se rafforzate dagli ultimi sondaggi. Il fronte del NO è cresciuto e, in tutta la maggioranza, aumenta il timore dello tsunami del centrodestra alle Regionali, tanto che Di Maio frena anche su possibili ritocchi all'esecutivo: “Un rimpasto non è sostenibile”. Anche per questo, per ora, il M5S si gioca il tutto per tutto su due fronti: la vittoria del SI al taglio dei parlamentari e percentuali ben oltre la doppia cifra in Campania e in Puglia, dove gli ultimi sondaggi sembrano dare spazio a un cauto ottimismo; “Il Movimento si salva grazie alla Campania e alla Puglia”, sussurra una fonte di alto rango. Sulle conseguenze delle Regionali, si ragiona tra i pentastellati, peserà invece il dato Toscana: una sconfitta del centrosinistra lì non sarebbe imputabile alla mancata alleanza con il M5S, si sottolinea. Il tema è che i vertici del Movimento, forse anche più di quelli del Pd, chiudono anche al rimpasto. Troppo delicato il post-voto, il rischio è che anche il premier Giuseppe Conte alla fine ne venga investito. 

Sul decreto agosto ci saranno 250 milioni per gli interventi dei parlamentari

Entrerà nel vivo solo a partire dalla prossima settimana l'esame al Senato del cosiddetto decreto agosto, l'ultimo provvedimento urgente varato dal Governo in estate per fare fronte agli effetti economici dell’emergenza da Covid-19. I senatori hanno depositato in commissione Bilancio oltre 2.600 emendamenti ma entro martedì i gruppi parlamentari dovrebbero segnalarne circa 470. I margini per le modifiche non sono molto ampi, visto che a fronte dei 25 miliardi di deficit aggiuntivi per finanziarlo, a disposizione dei parlamentari restano circa 250 milioni. In attesa di capire su quali capitoli i partiti chiederanno di concentrare i ritocchi, il Governo ha depositato un suo emendamento con il quale chiede di inserire nel provvedimento alcune parti aggiornate di altri tre decreti varati durante l'estate, a partire dalle norme per consentire ai genitori di rimanere in smart working in caso di figli in quarantena per contagio da Covid o di casi verificatisi a scuola; entreranno nel decreto agosto anche alcune modifiche al decreto elezioni, con le modalità di svolgimento del voto del 20 e 21 settembre, le misure per il regolare avvio dell'anno scolastico e quelle per la gestione dell’immigrazione a Lampedusa.

Nel Recovery ci potranno essere i tagli alle tasse sul lavoro 

I piani nazionali di ripresa e di resilienza necessari ad accedere alle risorse della Recovery and Resilience Facility, cuore di Next Generation Eu, verranno valutati nella loro interezza, ma provvedimenti che mirino ad esempio a ridurre “il carico fiscale sul lavoro” o a “semplificare” il sistema fiscale, come consigliato dalle raccomandazioni specifiche per Paese, sono “chiaramente eligibili”. Se sono menzionati nelle raccomandazioni, “saremo lieti di vederli nei piani nazionali”, ha spiegato un alto funzionario Ue. Naturalmente, ha specificato, “non considereremmo una compensazione” per una riduzione generalizzata delle tasse come una spesa finanziabile dal Recovery Plan, anche perché “i fondi che verranno resi disponibili sono di natura temporanea” ed è “difficile” finanziare spese di natura strutturale con fondi temporanei. 

La Commissione Europea valuterà i piani sulla base di una serie di criteri che “saranno specificati nella legislazione”, ha aggiunto. Sono tre i criteri più importanti per la valutazione: primo, “in quale misura le riforme e gli investimenti previsti nei piani contribuiscono a rispettare le raccomandazioni specifiche per Paese” del 2019 e del 2020; secondo, in quale misura il piano “contribuisce agli obiettivi della transizione verde e di quella digitale”: il 37% della spesa dei piani dovrà essere indirizzato alla transizione ecologica, mentre il restante 63% deve rispettare il principio 'do no harm', cioè non essere contrario agli obiettivi della transizione verde (la presidente Ursula von der Leyen ha annunciato ieri un obiettivo del 20% della spesa per il digitale); terzo, “in quale misura i piani contribuiscono alla creazione di posti di lavoro sostenibili”. 

La presidente della Commissione “attribuisce molta importanza ai piani nazionali” ed è per questo che è stata creata una task force ad hoc, guidata da un comitato d’indirizzo composto dai tre vicepresidenti esecutivi (Valdis Dombrovskis, Margrethe Vestager e Frans Timmermans) e dal commissario Paolo Gentiloni. Lo presiede la stessa Ursula von der Leyen, ma le decisioni spettano al Collegio dei Commissari. Le linee guida, che comprendono anche un dettagliato template per stendere i piani nazionali, non sono quelle definitive, ma mirano ad aiutare gli Stati membri nella stesura dei piani: il dialogo in materia “è già iniziato” e per la Commissione “è estremamente importante, perché le riforme e gli investimenti non accadranno, se gli Stati membri non le assumeranno” come proprie. I fondi devono essere spesi in modo da produrre “valore aggiunto per l'Ue”. 

 



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