Franchi tiratori all'opera, niente arresti per il forzista Sozzani. Ira M5S

Colpo di scena alla Camera: al primo voto importante dalla nascita del governo M5S-Pd-Leu, a sorpresa e a voto segreto l'Aula di Montecitorio nega gli arresti domiciliari per l'azzurro Diego Sozzani sovvertendo il parere della Giunta per le Autorizzazioni che, lo scorso 31 luglio, aveva deciso, con il Pd e M5s favorevoli, di concedere la misura cautelare nei confronti del deputato chiesta nell'ambito di un procedimento per finanziamento illecito relativo a una fattura di diecimila euro. Si staglia l'ombra dei franchi tiratori nella maggioranza e si scatena l'ira di Luigi Di Maio, che reclama l'abolizione dell'istituto del voto segreto perché “ognuno deve assumersi le sue responsabilità”. Quando il presidente Roberto Fico comunica il risultato della votazione, 235 per la misura cautelare, 309 contro e un astenuto, nell'emiciclo esplode la gioia dei deputati di Forza Italia e Lega, mentre la rabbia di quelli M5S fa pendant con l’immobilità dei Dem.  

Mentre in transatlantico Sozzani, che decide di non parlare con i cronisti, esulta tra i colleghi che lo abbracciano, subito parte la caccia ai 74 che, schermandosi dietro il voto segreto, hanno fatto la differenza. Secondo la vulgata dominante, a votare contro l'arresto con l'opposizione sarebbero stati i deputati renziani in procinto di creare Italia Viva ma non solo: scorrendo i tabulati della votazione si ritiene che i franchi tiratori del Pd sarebbero stati in realtà ben 46. Dopo il voto, mentre qualcuno tra i M5S prova invano a protestare, i capigruppo dei pentastellati e dei Dem Francesco D'Uva e Graziano Delrio si appartano a lungo per parlare. Poco dopo, però, D'Uva si affretta a puntualizzare: “Dire che al primo voto la maggioranza non ha tenuto sarebbe sbagliato: in questa votazione non c’entrava il Governo”. Manlio Di Stefano va giù duro: “Il centrodestra ritrova l’unità con il voto comune di Fi, Lega e FdI (e parte del PD) sul salvataggio di Sozzani. Sul negarsi alla giustizia sono sempre coesi”. Per il Pd Graziano Delrio assicura non essersi trattato di un voto sul Governo. 

40 parlamentari Dem lasciano il partito per seguire Renzi in Italia Viva

Sono 41 (15 al Senato e 26 alla Camera), al momento, i parlamentari che entreranno a far parte di Italia viva, il nuovo partito di Matteo Renzi. Ma “altri sono in arrivo ed entro la Leopolda arriveremo a una cinquantina” assicurano fonti della nuova formazione. Secondo una lista stilata da Corriere.it, arrivano in 38 dal Pd, una da Forza Italia, uno dal Partito Socialista e uno da Civica Popolare

Fra i senatori ci sono Davide Faraone, Giuseppe Cucca, Matteo Renzi, Laura Garavini, Eugenio Comincini, Leonardo Grimani, Mauro Marini, Daniela Sbrollini, Ernesto Magorno, Francesco Bonifazi, Teresa Bellanova, Donatella Conzatti (da Forza Italia), Valeria Sudano, Nadia Ginetti, Riccardo Nencini (dal Partito Socialista Italiano). 

Alla Camera invece ci sono i deputati: Lucia Annibali, Michele Anzaldi, Maria Elena Boschi, Nicola Carè, Matteo Colaninno, Camillo D'Alessandro, Vito De Filippo, Mauro Del Barba, Marco Di Maio, Cosimo Ferri, Silvia Fregolent, Maria Chiara Gadda, Roberto Giachetti, Gianfranco Librandi, Luigi Marattin, Gennaro Migliore, Mattia Mor, Sara Moretto, Luciano Nobili, Lisa Noja, Raffaella Paita, Fabio Portas, Ettore Rosato, Ivan Scalfarotto, Gabriele Toccafondi (da Civica Popolare, la lista elettorale dell'ex ministro della Sanità Beatrice Lorenzin) e Massimo Ungaro.

Effetto Renzi sui partiti, Berlusconi rassicura gli alleati di Lega e FdI

L'effetto Renzi sui gruppi parlamentari non si è fatto attendere e non ha investito solo i dem. Su Forza Italia, ad esempio, la nascita della nuova casa politica renziana ha prodotto fibrillazioni che rischiano di travolgere il partito di Silvio Berlusconi che fa registrare le prime defezioni con la senatrice Donatella Conzatti che ha annunciato il passaggio a Italia viva. Non solo: sarebbero una ventina i deputati e quasi altrettanti i senatori che starebbero riflettendo sulla possibilità imitare Renzi e costituire gruppi autonomi per sganciarsi definitamente dalla Lega di Matteo Salvini

I fari sono puntati soprattutto su Palazzo Madama, dove un gruppo di senatori guarda con sempre maggiore interesse alle mosse dell'ex segretario dem. “Forza Italia rischia di dover competere nell'area dei moderati con un soggetto politico guidato da un leader di grande visibilità e proveniente da una tradizione diversa”, è l'allarme lanciato solo poche ore fa da Mara Carfagna che martedì ha riunito in un ristorante di Roma un gruppo di parlamentari, pur sottolineando che non si tratta di una mossa contro il coordinamento nazionale e che non c’è alcuna intenzione di costituire una corrente. Silvio Berlusconi, riferisce più di un fedelissimo, avrebbe rimarcato come in questo momento non bisogna alimentare le spinte correntizie, che non occorre procedere con strappi o aprire contenziosi. Da qui la sua irritazione per il fatto che qualcuno sul serio guarda all'operazione Italia viva.

Accordo nel centrodestra per le regionali ma permangono le tensioni

I contatti tra Arcore e via Bellerio proseguono in vista delle prossime regionali. Secondo i leader di FI, Lega e FdI sarebbe già tutto predisposto con una sola incognita: la Liguria. Giovanni Toti non sarebbe il candidato azzurro, ovviamente, mentre il Carroccio vorrebbe ricandidarlo come uomo di coalizione. Umbria ed Emilia invece sarebbero affidate alle Lega con Donatella Tesei e Lucia Borgonzoni, la Puglia a Raffaele Fitto (FdI), mentre Calabria, Toscana e Campania a Forza Italia. 

Un bottino pesante negli equilibri della coalizione, che il Cav continua a tenere sul filo del rasoio su due temi sensibili: la manifestazione contro il Governo Conte II del 19 ottobre a piazza San Giovanni e il referendum per il maggioritario. L'ex premier prende tempo e sul tema consegna alle cronache un “vedremo” che non piace al Carroccio e sembra mettere una pietra tombale sul progetto di Roberto Calderoli di cambiare la legge elettorale per votare in tutti i collegi con il maggioritario. Ma a dividere il centrodestra c’è anche l’Europa: nel Parlamento la connotazione azzurra resta europeista e mentre Matteo Salvini si scaglia contro Paolo Gentiloni, neo commissario Ue, l'uomo di Arcore gli dichiara il suo sostegno perché “sarà il guardiano degli interessi dell'Italia”. 

Conte ai sindacati: Remiamo insieme per il Paese. Priorità tasse e lavoro

Un patto di ferro per la manovra 2020, l'inizio di una nuova fase di concertazione “remando insieme per il bene del Paese”. Tra i primi passi del governo giallorosso c'è subito un incontro a Palazzo Chigi tra il premier Giuseppe Conte e i leader di Cgil, Cisl e Uil. Il premier tende la mano, puntando anche sui temi cari dei sindacati, sicurezza e tasse sul lavoro, e le parti sociali sorridono: “È un buon inizio, il canale di dialogo si è riaperto”. Il rendez-vous, durato un'ora e mezza circa, si apre subito con una promessa sulla manovra: i conti saranno tenuti in ordine. E sarà fondamentale una seria lotta all'evasione fiscale. Conte, accompagnato dai titolari di Mef e Lavoro, ne approfitta per tracciare le priorità della legge di bilancio: alleggerimento della pressione fiscale, una nuova agenda d’investimenti verdi e un piano strutturale d’interventi per il Mezzogiorno, il tutto inquadrato in un arco temporale di tre anni necessario, spiega il neo ministro Roberto Gualtieri, “per rilanciare la crescita e l'occupazione”.

I sindacati ascoltano il Governo e sembrano mettere un grande like ai nuovi propositi economici. Per la Uil di Carmelo Barbagallo “si è visto un cambiamento di passo, soprattutto sul fisco” ma avverte: “Se è un governo di svolta deve prima alzare la freccia e poi girare nella direzione giusta”. Il leader Cgil Maurizio Landini apprezza il nuovo metodo di confronto e sottolinea l'impegno del Governo per un altro incontro “prima di arrivare alla definizione della legge di stabilità a metà ottobre”, un mesetto quindi, giorno più giorno meno, per limare il quadro generale, con la speranza dei confederali che le istanze della piattaforma comune vengano ascoltate maggiormente rispetto alla scorsa manovra.  

In un post su Facebook il premier Giuseppe Conte conferma che “in seguito alla pubblicazione della prossima Nota di Aggiornamento al Def di fine settembre, il confronto con i sindacati e le parti sociali tutte proseguirà approfondendo nel dettaglio i singoli provvedimenti”. Anche Annamaria Furlan (Cisl) legge l'incontro a Chigi come un “buon punto di partenza”, seppur con l'invito a individuare un percorso comune con il Governo “per dare una scossa all'economia”. Come? Sbloccando i cantieri, assumendo di nuovo nella Pa e tagliando il cuneo fiscale, ove serviranno degli approfondimenti tecnici per aiutare anche i pensionati. Promesse e rivendicazioni da un lato, ma anche una rassicurazione: sono confermati sia quota 100 che il reddito di cittadinanza, con l'implementazione delle politiche attive del lavoro. Ci saranno nuovi incontri in questa nuova fase e già lunedì la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo incontrerà i leader delle parti sociali per un tavolo su salute e sicurezza sul lavoro. L'obiettivo, infatti, è “quello di remare insieme per il bene del Paese”. 



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