Di Battista attacca il PD e alza la tensione fra gli alleati
Il giorno dopo le tensioni sul caso Sozzani arriva Alessandro Di Battista ad agitare le acque nel Movimento 5 stelle. Il pentastellato ne ha per tutti: “Non vi fidate dell’Unione Europea e della nuova presidente Bce Christine Lagarde, non vi fidate delle notizie sul Medio Oriente, non vi fidate dei nuovi ambientalisti”. Alessandro Di Battista si rivolge agli eletti e ai militanti del M5S per metterli in guardia dal rischio normalizzazione che arriva dall'alleanza di governo con il Partito Democratico. Un lungo post su Facebook arriva alla vigilia del voto tra i militanti su Rousseau a proposito del patto civico col PD in vista delle elezioni regionali in Umbria. Di Battista motiva così l’invito a tenere alta la guardia: “Nelle ultime 48 ore è accaduto tutto ciò che temevo sarebbe accaduto. Prima Matteo Renzi ha formato i suoi gruppi parlamentari, stando attento, sia chiaro, a lasciare ancora qualche suo palo nel PD; poi il Partito Unico Lega-FI-PD-FdI ha salvato l'ennesimo deputato votando contro una richiesta d'arresto da parte dei giudici di Milano. Ora vi faccio una domanda. Davvero tutto questo vi sorprende? Io capisco l'indignazione, ma lo stupore proprio no”.
E ancora: “Leggo in rete lamentele sulla scelta di Ministri e sottosegretari. C'è chi ha avuto i brividi per Paolo Gentiloni commissario in Europa, chi per Dario Franceschini alla cultura, chi per l'entrata nel governo delle varie Malpezzi, Ascani, Morani o dei vari Fiano o Scalfarotto. Perdonatemi ma chi pensavate che il PD avrebbe mai messo, Mandela, Kennedy, Allende?”. Immediata la reazione del PD che con il capogruppo dem al Senato Andrea Marcucci invita il leader pentastellato Lugi Di Maio a tenere a bada le dichiarazioni di Di Battista. In serata parla anche il Premier Giuseppe Conte: “Io mi fido del PD, perché è una forza che responsabilmente ha deciso di partecipare a questo Governo per il bene del Paese”.
M5S e PD ancora distanti sul candidato per l'Umbria
La strada umbra del patto civico fra M5S e PD non è spianata. La Regione andrà al voto il 27 ottobre, ma ancora non c’è l'accordo sul candidato governatore. I Cinque Stelle hanno detto no al nome proposto dai democratici, il presidente di Confcooperative Umbria Andrea Fora, e hanno rilanciato mettendo sul piatto quello del primo cittadino di Assisi Stefania Proietti. A quel punto, però, è stato il Nazareno a rispondere picche. La situazione appare in stallo, anche perché i pentastellati hanno detto che tireranno dritto con la loro proposta, con o senza il PD. Dietro un apparente muro contro muro, però, sembra che gli spiragli per un accordo ci siano e che non siano nemmeno troppo piccoli. Una soluzione potrebbe arrivare a breve, anche oggi, con l'individuazione di un candidato diverso da quelli proposti finora da entrambe le forze. L'accordo per il patto civico prevede che il nome venga scelto al di fuori dei partiti.
Gli spazi di manovra sono ampi. Al Nazareno considerano la partita apertissima: “Sono fiducioso che al più presto si possano trovare convergenze anche su figure unificanti e autorevoli”, ha detto il commissario umbro dem Walter Verini. Con il M5S, ha aggiunto, “c'è una comune volontà di lavorare fino all'ultimo momento utile per una convergenza”. Anche i Cinque Stelle non hanno chiuso la porta, anzi: oggi gli iscritti del Movimento 5 Stelle abilitati al voto su Rousseau saranno chiamati a esprimersi sulla proposta fatta dal capo politico Luigi Di Maio per un “patto civico per l'Umbria”, ovvero sulla possibilità di sostenere alle elezioni regionali in Umbria un candidato Presidente civico con il sostegno di altre forze politiche. La votazione sarà attiva su Rousseau dalle ore 10 alle ore 19.
Il nome può arrivare in un secondo momento. Ed è su quello che si sta combattendo la guerra di posizione. Oltre alla sindaca di Assisi, i pentastellati avevano proposto la presidente della società Terna Catia Bastioli, che però si è sfilata spiegando di “voler proseguire nei suoi attuali incarichi manageriali”. L'imprenditrice poteva andare a genio anche al PD, che cerca un'alternativa di peso, in modo da rendere il più indolore possibile il passo indietro del candidato Dem Fora.
Italia Viva, Renzi fa gruppo al Senato grazie al Psi
Per Matteo Renzi le cose vanno meglio del previsto, ma non esattamente come aveva sperato prima di abbandonare il PD. La sua Italia Viva mette a segno un bel colpo, ma solo in Parlamento, dove l'apparentamento con il Psi, con l'ingresso di Riccardo Nencini, consente alle truppe dell'ex premier di creare un gruppo parlamentare anche in Senato, dopo quello alla Camera. La brutta notizia, invece, arriva dai primissimi sondaggi, che per ora sembrano dimostrare che l'operazione abbia portato più svantaggi ai dem che giovamento alla nuova formazione politica. Inoltre, stando ai risultati di Emg Acqua per Agorà (Rai3), solo il 26% degli elettori del PD pensa che Renzi ha fatto bene a separarsi dal PD. Il progetto, però, va avanti e tra Montecitorio e Palazzo Madama i parlamentari sono già 41 (26 alla Camera e 15 al Senato), in attesa del vero e proprio lancio, fissato per il 19 e 20 ottobre a Firenze, alla Leopolda.
Beatrice Lorenzin entra nel Partito Democratico
Ma in casa del PD non ci sono solo addii: l’'ex ministra della Salute Beatrice Lorenzin ha deciso di aderire al PD dopo aver lanciato Civica popolare alle scorse elezioni politiche 2018; “Rafforzare i dem allargando il campo dei moderati è l'unico modo possibile per fermare Salvini”, ha spiegato. Eppure le offerte non le mancavano, soprattutto da Italia Viva, ma “alla fine, dopo aver riflettuto a lungo, ho fatto la scelta a mio parere più giusta rispetto al percorso che ho fatto in questi anni”. Cresciuta politicamente in Forza Italia, ha preso parte agli anni d'oro del PDl fino all'addio da Angelino Alfano nel 2013, col quale diede vita a Nuovo Centro Destra, prima di provare l'esperienza in solitaria con Cp, venendo eletta deputata nel collegio di Modena nelle file proprio dei democratici. Ora il passaggio è stato definitivamente completato. Ad accoglierla è stato il segretario Nicola Zingaretti, che continua a definire un errore la scissione di Renzi.
Rebus commissioni: Italia Viva ago della bilancia nella maggioranza
L'azzeramento delle commissioni al momento non è all'ordine del giorno. I gruppi di Italia Viva, capitanati da Matteo Renzi, scuoteranno gli equilibri dei due rami del Parlamento ma non avranno alcun effetto immediato sulla composizione degli organi parlamentari. Fonti autorevoli della nuova formazione politica escludono qualsiasi rivoluzione, confermando che si aspetterà giugno 2020, come prevede il regolamento, per rieleggere i presidenti e magari riordinare le proporzioni interne di rappresentanza alla luce della formazione di nuovi gruppi.
Senza contare che il gruppo renziano a palazzo Madama potrebbe ambire alle due commissioni, Sanità e Lavoro, orfane dei presidenti Nunzia Catalfo e Pierpaolo Sileri, entrati nell'esecutivo. Non sono pochi gli organismi parlamentari dove Italia Viva potrebbe far sentire la sua voce e su provvedimenti importanti. Prime fra tutte quelle economiche: in Bilancio alla Camera Maria Elena Boschi e Luigi Marattin potrebbero dare filo da torcere durante l'esame della manovra, cercando di imporsi. Nella Finanze del Senato si avrà la stessa situazione di grande incertezza per i partiti di governo: a dare filo da torcere ai giallorossi ci penseranno i 4 renziani Eugenio Comincini, Francesco Bonifazi, Donatella Conzatti e Leonardo Grimani.
Dopo la legge di bilancio toccherà alla legge elettorale e poi al conflitto d'interesse. Proprio la modifica del Rosatellum potrebbe riservare sorprese interessanti. In Senato, nella commissione Affari costituzionali, la maggioranza conta 13 parlamentari, contro i 12 dell'opposizione; il rappresentante di Italia Viva Davide Faraone potrebbe fare a questo punto l'ago della bilancia. Nell'omologa di Montecitorio l'asse M5S-Pd-Leu dovrebbe essere più forte e quindi non correre pericoli. Altro tema caldo sarà la giustizia, con la riforma Bonafede alla prova del Parlamento, e il conflitto d'interesse. Alla Camera la II commissione conta due esponenti renziani, Lucia Annibali e Cosimo Ferri, mentre in Senato uno solo, Giuseppe Cucca.