Al Consiglio Europeo è disgelo tra Meloni e Macron

Al termine del Consiglio Ue Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron si sono incontrati faccia a faccia per il primo bilaterale dopo gli incontri informali a Roma e a Sharm el-Sheikh a margine di Cop27; nel mezzo, mesi di tensioni, incomprensioni: a determinare la rottura era stata la contesa sui migranti e sulle navi delle Ong. La Premier ha bisogno di sponde europee sui migranti e la riforma del Patto di stabilità, Macron deve creare alleati su nucleare e rilancio della competitività. I due si sono dunque visti al termine dei lavori; sul tavolo una vasta gamma di temi: dai migranti alla riforma del Patto, dall'energia alla competitività. L'incontro con Macron ha chiuso una giornata che Meloni considera positiva. Il tema dei migranti, che nell'ordine del giorno era confinato tra le varie ed eventuali, è stato affrontato a cena, con un report della Commissione Ue sull'attuazione delle decisioni approvate al summit del 9 febbraio. Sul confronto, durato meno di un'ora, la delegazione italiana è soddisfatta perché nelle conclusioni viene ribadita la necessità di attuare gli impegni, fissando una verifica al prossimo vertice previsto in giugno. La condizione della Tunisia, è l'allarme lanciato dalla premier, è “molto preoccupante”, gli arrivi in Italia sono “triplicati” rispetto al 2022 e se questo trend continuerà la prossima estate la situazione sarà “fuori controllo”.  

Per quanto riguarda i temi economici, Meloni ha ribadito che l'allentamento dei vincoli agli aiuti di Stato “non deve creare disparità tra Stati membri” e che gli aiuti devono quindi essere “mirati e temporanei” in modo da garantire parità di condizioni e “pieno funzionamento” del mercato unico. Per l'Italia l'obiettivo principale è invece assicurare da parte europea la “piena mobilitazione dei finanziamenti disponibili” e degli strumenti finanziari esistenti, compresi quelli del Pnrr (su cui il ministro Raffaele Fitto ha avuto un confronto con Paolo Gentiloni). Sulla revisione del Patto di stabilità e crescita, Meloni ha ammesso che “ci sono visioni abbastanza differenti”: “la sfida” deve essere “una governance più attenta alla crescita e non solamente alla stabilità. Per noi sarebbe tragico tornare ai parametri precedenti”. Così come sulla transizione green: “Fermi restando gli obiettivi della transizione, che condividiamo, noi non riteniamo che l'Ue debba occuparsi anche di stabilire quali siano le tecnologie con le quali arrivare a quegli obiettivi”, ha detto, riferendosi allo stop alle auto a benzina e diesel dal 2035. Al centro del summit anche il sostegno all'Ucraina: il presidente Volodymyr Zelensky, intervenuto da remoto, ha ribadito l'appello per l'invio a Kiev di armi a lunga gittata; da parte dei 27 c'è la piena garanzia (a parte i distinguo dell'Ungheria) di un pieno sostegno “per tutto il tempo necessario”, eventualmente anche con un nuovo pacchetto di sanzioni. 

Martedì il Governo presenterà in Cdm il nuovo decreto aiuti

Arrivano nuovi aiuti sulle bollette, ma stavolta, grazie alla discesa drastica del prezzo del gas, basteranno 5 miliardi di euro rispetto ai 20 miliardi previsti nell'ultima legge di bilancio. Il decreto per calmierare le tariffe nel secondo trimestre dell'anno è atteso sul tavolo del Cdm di martedì prossimo e, come spiegato dal ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, confermerà gran parte delle misure già in vigore, introducendo però anche qualche novità. Per il gas, nel periodo aprile-giugno, l'Iva continuerà a essere ridotta al 5%, così come continueranno ad essere azzerati gli oneri di sistema; per l'elettricità invece gli oneri saranno ripristinati, ma con una serie di sconti e benefici che il Mef sta mettendo ancora a punto nei dettagli e che garantiranno comunque un calo. Allo stesso tempo, senza costi aggiuntivi per lo Stato, verrà rinnovato il bonus sociale in versione potenziata, esteso cioè alle famiglie con un Isee fino a 15.000 euro, in modo da coinvolgere come è stato finora una platea di 4,5 milioni di nuclei. I crediti d’imposta per le imprese continueranno ad esistere, ma rimodulati in base all'andamento del prezzo del gas. Nel quarto trimestre verrà introdotto un nuovo bonus termico destinato a tutte le famiglie senza limiti di reddito, una sorta di compensazione che scatterà quando il prezzo del gas supererà una certa soglia e che dovrebbe incentivare, stando alle prime indicazioni, eventuali risparmi, cercando però un equilibrio per evitare di disincentivare l'elettrico su cui invece si è puntato con forza negli ultimi anni. Il costo rientrerà nei 5 miliardi di finanziamento e per questo la nascita del nuovo strumento sarà prevista già nel prossimo decreto. 

Giorgetti chiude sul Superbonus: 120 mld sono debiti. Soluzione per esodati

La stagione del Superbonus 110% è finita: a certificarlo è Giancarlo Giorgetti durante il question time al Senato. Sollecitato sul tema dal Pd, il ministro dell'Economia spiega la strategia del governo dopo settimane di scontro con le opposizioni. Ma è meglio procedere con ordine, partendo dal dato più interessante: “Ritengo ragionevole, al di là della prudenza che mi caratterizza, proprio grazie al lavoro oscuro e non pubblico del Governo in queste settimane, dare notizie positive per tutti gli esodati da provvedimenti di governi precedenti: una soluzione sarà trovata”. Il responsabile del Mef ricorda, infatti, che in commissione Finanze alla Camera il lavoro sul decreto per la cessione del credito sta andando avanti e “sono stati già approvati degli emendamenti tesi a favorire, in particolare, la continuazione delle attività per quanto riguarda l'edilizia residenziale pubblica, le onlus e l'eliminazione delle barriere architettoniche”. Ma, assicura che verrà trovata una soluzione a chi “in questa trappola ci è caduto e si ritrova con crediti incagliati”. 

Poi la stoccata politica: “Ci impegneremo fino all'ultimo minuto utile, perché si tratta di famiglie e imprese che hanno creduto ai fuorvianti messaggi iniziali sulla gratuità per tutti e senza costi per nessuno”. Giorgetti mette sul tavolo “due certezze”. La prima è che “una nuova stagione di bonus al 110%, per tutti, ricchi e poveri, prime e seconde case, al mare o in montagna, non è all'orizzonte”, anche perché i “crediti d’imposta generati per 120 miliardi di euro sono debito che lo Stato dovrà pagare nei prossimi anni, per stimolare interventi che, a conti fatti, va a interessare meno del 5% del patrimonio immobiliare esistente”; la seconda, invece, è “che un dosaggio mirato di percentuali di detrazioni spettanti, con perimetrazione accurata della tipologia d’interventi da consentire sconti e cessioni costituiranno un'ipotesi di futuro sostenibile”. In poche parole, gli incentivi restano per quei nuclei familiari le cui condizioni economiche impedirebbero interventi per l'efficientamento energetico. 

Parte l’esame della pdl sulla maternità surrogata. Critiche le opposizioni

L'esame vero e proprio inizierà soltanto la prossima settimana ma è già scontro sulla proposta di legge targata FdI che introduce la perseguibilità universale del reato di maternità surrogata, una pratica vietata in Italia e punita con la reclusione fino da tre mesi a due anni e multe da 600 mila a un milione di euro. Il testo, composto da un solo articolo e abbinato a un'altra proposta della Lega, è stato illustrato in commissione Giustizia della Camera dalla relatrice Carolina Varchi ed estende l’attuale divieto anche se il fatto è commesso all'estero. Critico il Pd: la proposta “tecnicamente non sta in piedi. Non puoi stabilire che è un reato universale, devi tener conto che ci sono Paesi anche europei dove è legale. Come fai a stabilire che i genitori debbano essere arrestati nel momento in cui mettono piede in Italia?”, osserva la capogruppo dem a Montecitorio Debora Serracchiani, “Noi abbiamo una posizione di contrarietà” alla maternità surrogata ma “questo furore punitivo è terribile come la non trascrizione dei bambini che già ci sono. Se vogliono rendere invisibili le persone per risolvere i problemi per noi è inaccettabile”. 

La posizione di contrarietà di Azione e Italia Viva è netta: “sui diritti dobbiamo evitare strumentalizzazioni e sulle adozioni per le coppie omosessuali bisogna fare invece una riflessione”, afferma Mariastella Gelmini. Fermo anche il no di Mara Carfagna, mentre sul bando universale proposto da FdI “mi riservo di leggere il testo unico che verrà approvato dalle Commissioni e di valutare poi, anche sulla base dei profili di costituzionalità, l'atteggiamento da tenere”. Chi non ha dubbi è, invece, il segretario di +Europa Riccardo Magi, che bolla l'iniziativa di FdI come “boiata incostituzionale”, perché “non si può punire nessuno per una condotta che non è reato nel Paese in cui avviene” e questo “alla faccia del garantismo di cui si riempie la bocca il centrodestra al governo”. Intanto, interpellata durante il Question time in Senato, la ministra della Famiglia Eugenia Roccella ha rimarcato che i diritti dei bambini in Italia “non sono in discussione” anche se nati all'estero con pratiche illegali, in quanto “nel caso di un atto di nascita prodotto all'estero, in cui risultano come genitori due padri, la trascrizione in Italia prevede quella del solo padre biologico”; “Nessuna discriminazione nei confronti dei bambini” dunque, per la ministra, mentre “permane la condanna dell'utero in affitto”. 

C’è tensione nel Pd sui nuovi capogruppo. Schlein al bivio

I capigruppo Pd rischiano di far saltare la gestione unitaria, la decisione di Elly Schlein di indicare due nomi della maggioranza per la guida dei gruppi manda in fibrillazione l'area che ha sostenuto Stefano Bonaccini e mette a dura prova il patto che ha portato il governatore dell'E-R alla presidenza del partito. I gruppi si riuniranno prima lunedì pomeriggio, congiuntamente, per un punto sulla situazione politica con la segretaria, e poi separatamente martedì per eleggere i presidenti; le indicazioni che arrivano dalla segreteria restano le stesse: Francesco Boccia al Senato e Chiara Braga alla Camera, una prospettiva che aveva portato una parte dell'area Bonaccini a parlare di autoconvocazione della mozione se il presidente Pd non avesse preso l'iniziativa: “Così non ci stiamo”, dicono tutti, anche i più dialoganti, “Serve condivisione”. Il problema sarà capire cosa s’intenda per condivisione: una parte della minoranza, gli ex lettiani, l'area di Matteo Orfini, per esempio, chiedono un quadro complessivo condiviso, uno schema che tenga insieme rassicurazioni sulla linea politica, capigruppo scelti in maniera unitaria ma non necessariamente uno di maggioranza e uno di minoranza, riconoscimento adeguato anche in segreteria. 

L'ala più intransigente, invece, minaccia la conta e molti premono su Debora Serracchiani perché si candidi in contrapposizione alla Braga e qualcuno ipotizza di spingere Graziano Delrio perché faccia lo stesso al Senato. Infine, altri propongono una soluzione intermedia: non contrapporre candidati alternativi, ma chiedere comunque che i nomi indicati dalla segretaria vengano votati e non acclamati. È sul fronte Bonaccini che la situazione è molto delicata: senza una qualche apertura da Schlein quell'area unica di minoranza chiesta dal presidente rischia di evaporare prima ancora di nascere. Bonaccini proverà a evitare lo scontro e ha convocato la riunione dei suoi parlamentari proprio per evitare che ognuno si muova per conto proprio e cercherà di portare qualche risultato ai propri sostenitori. Si vedrà se Schlein sceglierà di tendere una mano o meno.



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