Meloni vede Nordio dopo le polemiche sulle intercettazioni
Dopo una settimana di polemiche seguite alle dichiarazioni del Guardasigilli sulle intercettazioni, Giorgia Meloni ha ricevuto il Ministro della Giustizia Carlo Nordio a Palazzo Chigi, un modo per cercare di fermare i malumori della maggioranza. Se FI dà pieno sostegno al Ministro, la Lega non vuole che ci sia un muro contro muro con la magistratura e anche in FdI le parole di Nordio hanno creato un qualche imbarazzo. Per questo domenica scorsa la Meloni era stata costretta a confermargli la sua “piena fiducia”. Il messaggio fatto filtrare è stato: limitare le esternazioni, moderare i toni, evitare gli scontri, ed è stato forse recepito, tanto che giovedì mattina, intervenendo all'apertura dell'anno giudiziario, il Guardasigilli ha usato parole concilianti. Nella convinzione che l'autonomia e l'indipendenza della magistratura costituiscono “un pilastro della nostra democrazia”, ha assicurato che “ogni futura riforma, prima di essere affidata alle valutazioni del Parlamento sovrano, si comporrà attraverso l'ascolto di tutte le voci del sistema giustizia, dall'avvocatura all'accademia e alla magistratura”.
Dopo gli interventi pubblici e i contatti telefonici, comunque, giovedì è arrivato il faccia a faccia tra la Premier e il Ministro, durato circa tre ore, presenti anche il sottosegretario alla Giustizia di Fdi Andrea Delmastro e il sottosegretario alla Presidenza Alfredo Mantovano. Meloni aveva chiesto un cronoprogramma e sul tavolo sono stati messi i temi che devono essere affrontati: l'obiettivo è quello di una riforma complessiva della giustizia perché sia più vicina ai cittadini, garantisca certezza del diritto e certezza della pena. Avanti, dunque, con l'epocale separazione delle carriere e sì anche a un intervento contro l'uso distorto delle intercettazioni. Meloni avrebbe, poi, chiesto un “deciso e radicale cambio di passo” nel fronteggiare la criminalità diffusa e ricordato la necessità di un “grande piano carcerario” per garantire la certezza della pena. Da parte sua, viene spiegato, Nordio ha ricordato il tema della “paura della firma”, fenomeno diffuso tra gli amministratori locali: per questo serve una complessiva revisione dei reati contro la Pubblica amministrazione, che consenta loro di operare con “serenità” sapendo prima se un loro comportamento è lecito o illecito. Per il momento l’incontro restituisce l’immagine di un Governo compatto ma saranno le prossime settimane a dirci fino a che punto.
L’Italia fornirà all’Ucraina solo armi difensive per scongiurare un’escalation
Il Ministro della Difesa Guido Crosetto chiarisce gli obiettivi del prossimo decreto Ucraina: è il primo del Governo Meloni e dopo un passaggio in Parlamento potrebbe essere firmato entro gli inizi di febbraio. “La Russia sta cercando di piegare psicologicamente l'Ucraina attaccando obiettivi civili. Noi non diamo armi che attaccano i russi ma che difendono gli ucraini abbattendo i missili prima che tocchino il suolo. A differenza degli altri cinque, questo è l'unico decreto che ha solo armi difensive”. E si è ormai definita la questione per la fornitura dell'avanzato sistema di difesa aerea Samp-T: Francia e Italia sono vicine alla definizione dei dettagli tecnici e nelle prossime ore il titolare di via XX Settembre incontrerà in Italia il suo omologo francese Sebastien Lecornu. “Stiamo finalizzando” l'intesa “con gli italiani”, che “non è molto lontana”, ha riferito una fonte diplomatica francese alla Reuters; “È stata presa una decisione politica. Ora si stanno solo definendo i dettagli tecnici perché è un sistema complicato”, ha aggiunto un secondo diplomatico, secondo il quale si attende che il presidente francese Emmanuel Macron e la premier Giorgia Meloni rendano ufficiale la decisione. È prevista intanto tra alcune settimane l'installazione dello stesso sistema dall'Italia in Slovacchia, al confine Nato con i territori di guerra e al solo scopo di deterrenza.
Quanto ai soldati di Kiev, sarà necessario saper usare quest'arma di produzione italo-francese: per questo una delle ipotesi più probabili è quella di un programma di addestramento in attesa che gli aiuti si concretizzino poi sul campo di guerra. Di certo in futuro si porrà la questione di sopperire a questa serie di forniture con nuovi finanziamenti per tornare a riempire i magazzini nazionali, anche se al momento, precisa il ministro Crosetto, “gli investimenti sono rimasti uguali a quelli degli anni precedenti. L'invio del materiale in Ucraina non ha aumentato assolutamente la spesa pubblica e gli investimenti italiani, per ora”. Dall'Italia non arrivano però in Ucraina soltanto armi, munizioni ed equipaggiamenti; a ribadirlo è lo stesso Ministro, per il quale nel prossimo provvedimento sono previsti anche aiuti civili, sarebbe stato disposto infatti anche l'invio di generatori di corrente, tende da campo e alimenti: “Gli aiuti che arrivano non sono solo per salvare l'Ucraina, sono un freno all'escalation che la guerra potrebbe avere espandendosi, così invece resta tra due nazioni. Bisogna avere il coraggio di fare scelte difficili per evitare scenari peggiori. I primi a voler evitare l'escalation sono i Paesi europei”.
È bufera sul Ministro Valditara per gli stipendi differenziati degli insegnanti
Stipendi più alti ai docenti che insegnano nelle regioni del Nord: è bufera sull'idea attribuita al Ministro dell'Istruzione e del merito Giuseppe Valditara per contrastare il problema del caro vita decisamente più alto rispetto al Centro e al Sud. Dai sindacati alle opposizioni, innumerevoli le reazioni alle parole pronunciate dal Ministro alla piattaforma di dialogo di PwC e Gruppo Gedi, tanto che già nel primo pomeriggio lo stesso Valditara è costretto a precisare che “non è mai stato messo in discussione il contratto nazionale del mondo della scuola”. Tra i primi e più critici commenti quello di Elly Schlein, candidata alla segreteria del Pd, secondo cui la posizione di Valditara “fa il paio con la pessima proposta di Calderoli sull'autonomia differenziata”. Tradotto, spiega Schlein, “si fotografano le disuguaglianze del Paese, privilegiando le scuole dei ricchi, magari in quartieri belli delle città e dimenticando le scuole dei poveri” rischiando di “desertificare aree senza capire che la scuola è il primo strumento di emancipazione sociale”. Duri anche Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli che parlano di “disegno pericoloso della destra” e di proposta “razzista e discriminatoria”. Dal Pd Giuseppe Provenzano tira in ballo la premier: “L'istruzione pubblica era pensata per fare gli italiani e unire l'Italia. I ministri Calderoli e Valditara, che propone gabbie salariali per gli insegnanti, vogliono definitivamente spaccarla. FdI o figli di serie A e di serie B?”.
Il titolare dell’Istruzione, tuttavia, respinge le accuse: “Io non ho mai parlato di compensi diversi fra Nord e Sud, ho solo riportato una problematica sollevata da alcune regioni riguardo il differente costo della vita nelle diverse città italiane”, e su questo aspetto, precisa il ministro in quota Lega, “si ragionerà insieme con sindacati e Regioni”, con l'obiettivo di trovare “soluzioni adeguate in favore di docenti e personale scolastico”. Contrario a “riesumare” le vecchie “gabbie salariali" anche il leader M5S Giuseppe Conte, secondo cui “la retromarcia” del Ministro “non basta a nascondere una concezione della scuola pubblica che mira a dividere piuttosto che a unire, a escludere piuttosto che a includere”. Chi la pensa in modo diverso, invece, è Carlo Calenda, che si smarca dalle altre opposizioni: per il leader del Terzo polo, infatti, “nelle aree più difficili del Paese non solo bisogna mandare gli insegnanti migliori ma bisogna anche pagarli meglio. Che ci sia una differenza tra un insegnante che percepisce 1.200-1.300 euro e vive a Milano e uno che li percepisca in un'altra Regione che ha un costo della vita inferiore oggettivamente c'è. E questa è una cosa di cui bisogna tener conto”.
Amato e Prodi punzecchiano il Pd e i quattro candidati alla Segreteria
La campagna per le primarie del Partito Democratico è davvero cominciata. I quattro candidati attraversano il Paese senza tregua. Cercano la base, vanno nei bar, entrano nei circoli di provincia. Ma ci pensano due autorevoli voci del centrosinistra a smorzare gli entusiasmi. “Esistono ancora i circoli, sono delle sedi. Ce ne ho una accanto a casa, è sempre chiusa. Finché possono pagare l'affitto forse lo pagheranno”: è Giuliano Amato a ironizzare, poi affonda: “Il Pd non è più un partito, è una dirigenza”. Accanto ha Romano Prodi, che insiste: “Bastano 15 pagine di programma per tornare a vincere, non una rivoluzione”.
L'occasione che mette intorno al tavolo i due ex presidenti del Consiglio è la presentazione del libro di Carlo Trigilia, ministro del Governo Letta. Il tema: la crisi del riformismo. E Amato non si risparmia: la politica nel partito di sinistra? “La fanno tanti piccoli uomini che parlano con altrettanti piccoli uomini” e invece “il Pd avrebbe bisogno di essere un partito come i partiti di una volta, per poter radicare le sue politiche, trasformarle in qualcosa che tutti sentono”. Il giurista lamenta un'assenza di “imprenditoria politica” a sinistra e incita le nuove leve “a creare passioni”. Romano Prodi, invece, pungola con un tono più morbido; per il Professore bastano “15 problemi che interessano alle famiglie” e “20 persone del Partito Democratico che li discutano in rete per una settimana”. Poi sarà compito del segretario comunicare le proposte del partito “riassunte in una pagina”; con una pagina di programma a settimana, secondo la ricetta di Prodi, si arriverebbe così alle “15 pagine per tornare a vincere”, quelle per ricostruire il legame tra la sinistra e “il popolo”.
Eppure, i quattro candidati in corsa per la Segreteria ci stanno provando. Ieri Stefano Bonaccini in Emilia, Elly Schlein in Veneto, Gianni Cuperlo in Puglia, Paola De Micheli a presidiare gli schermi televisivi, quattro o anche cinque appuntamenti al giorno per convincere gli iscritti. Quasi a rispondere ai richiami delle autorità critiche del centrosinistra, i quattro contendenti si ritrovano su un punto: “rinnovare il gruppo dirigente”. A dare il segnale è Stefano Bonaccini, che svela i componenti del suo comitato promotore: “Oggi mettiamo in campo una squadra quarantenne, come età media” dichiara il presidente della Regione Emilia-Romagna. Un'idea di rinnovamento, spiega Bonaccini, “non per allontanare qualcuno, ma per mettere in campo una nuova classe dirigente, anche molto più giovane”. Chi è più giovane ma può già contare su una lunga esperienza in politica, è Elly Schlein, che rilancia la battaglia per la legalizzazione delle droghe leggere e avverte: “Dobbiamo cambiare le vecchie logiche e il gruppo dirigente”; la candidata continua a guardare al cosiddetto campo largo e rilancia: “Sarebbe irresponsabile non trovare alcune battaglie comuni nell'opposizione”. E Cuperlo consiglia: “decidere l'identità prima delle alleanze”.